I
Meeting with the
Devil
Dopo
un’intera giornata passata china sui libri per preparare quel maledetto mattone
malefico qual era Diritto Privato e senza averci capito una benemerita mazza, Elisa
decise che fosse il caso di smettere e di dedicarsi ad altro.
Come
concludere in bellezza una giornata di merda, cominciata di merda e continuata
di merda?
Ma
pulendo il bagno, ovviamente.
Alle
volte, il suo adorato moroso dimostrava una spiccata allergia alle pulizie,
soprattutto quando si parlava della zona di “scarico”.
“Tesoro,
sai che sono allergico ai prodotti per pulire, e se mi metto i guanti di
lattice è la fine: il mio corpo non tollera nemmeno quello.”
Però
il tuo pisello sì,
avrebbe voluto rispondergli, ma non riusciva mai a resistere a quello sguardo
così tenero che riusciva a farle sempre dimenticare il motivo delle loro
discussioni.
Elisa,
madida di sudore per il troppo caldo, si chinò sul water e versò il
disinfettante.
O
santiddei del paradiso, se questa non è una giornata di merda!
La
porta di casa scattò: Luca era finalmente tornato dal lavoro! Almeno una nota
positiva: non vedeva l’ora di farsi una bella doccia, magari con lui e poi
buttarsi sul divano e farsi coccolare un po’.
“Tesoro!
Studiato bene oggi?” la salutò, affrettandosi a raggiungerla.
Sembrava
sprizzare gioia da tutti i pori e spalancò le braccia, come per abbracciarla.
“Fermo,
sono fradicia!” lo ammonì, ma questo non bastò a fermarlo.
Dopo
una poderosa stretta, con un dito le bloccò una gocciolina di sudore che le
stava colando dalla fronte e la baciò.
Elisa,
per la prima volta nel corso della giornata, cominciò a vedere rosa.
“Ah,
per questa sera non abbiamo programmi, vero?” le chiese lui.
“No,
nulla!”
“Beh,
perché mia madre ha chiamato e ha chiesto se dopo cena andiamo a bere qualcosa
da loro. Non vedono l’ora di conoscerti e ho accettato!”
Elisa
amava immensamente il suo ragazzo, ma c’erano certi momenti in cui gli avrebbe
semplicemente staccato la testa a morsi per vederne il contenuto. Probabilmente
il cervello di Luca in quel momento non funzionava ed era anche colpa sua se
era andato in tilt: una maglietta bianca, che per la sudata le stava
spiaccicata alla pelle, doveva aver fatto fluire il sangue nella direzione sbagliata.
“Che
cosa?”
Voleva
che glielo ripetesse. Voleva capire se aveva udito bene, perché magari la
demenza senile l’aveva colpita prima del tempo, o magari non si era pulita bene
le orecchie o forse aveva bisogno dell’apparecchio acustico.
“Sì,
ho detto a mamma che saremmo da lei verso le otto e mezza, nove. Non sei
felice?”
Ma
mi prendi per il culo?
Elisa
lanciò uno sguardo all’orologio digitale sulla mensola del trucco e si chiese
se suo moroso nei sei mesi di relazione non avesse finto di possedere un’intelligenza,
per intortarla e farsela: erano le sette e cinque minuti.
“Amore,
non so in che pianeta vivi, ma voglio insegnarti una cosa sulle donne. Sai,
molte ragazze hanno i capelli lunghi, come me. Metti poi che si mettano a fare
le pulizie di casa, è normale che poi puzzino come delle capre. Quindi le
suddette fanciulle devono lavarsi. Giusto per capirci, hai la più pallida idea
di quanto mi ci voglia per asciugarmi i capelli, farmi la messa in piega,
truccarmi, senza poi contare che non so che cosa mettermi! Otto e mezza, nove?
Come minimo arriveremo là alle dieci!”
“Ma
stai tranquilla, è la mamma!”
Ma
che, stava cercando di rassicurarla così? Demonio, esci dal corpo dell’uomo che
amo e ridammelo così come l’ho conosciuto!
“Comunque,
cara, non preoccuparti. Finisci con calma e poi andiamo. Ci mangiamo qualcosa
di rapido per strada e vedrai che andrà tutto bene!”
Luca
lasciò il bagno, lasciandola pietrificata sul posto con espressione da
imbecille e spugnetta netta-cessi in mano.
Si
ripeté, di nuovo, che quella era davvero una colossale giornata di merda.
Si
concesse altri cinque inutili secondi di panico e poi si diede da fare per
somigliare almeno vagamente a un essere umano.
***
“Ti
ripeto, stai tranquilla. È vero, né la mia ex né il moroso di mia sorella gli
sono piaciuti, ma fidati: con te sarà tutto diverso!”
Elisa
voleva il numero telefonico di un esorcista: sia per il suo lui, sia per la
paura che le stava attanagliando le budella e quasi provocando un conato di
vomito, di quelli che avrebbe rimesso pure la prima poppata di latte che aveva
bevuto appena venuta al mondo.
O
forse era solo l’effetto della trippa traballante del signore di fronte a lei,
che non solo aveva avuto la brillante idea di indossare dei pantaloni a vita bassa,
ma pure una maglietta troppo stretta e troppo corta per contenere la sua
pancia.
Elisa
si sentiva un po’ come prima di un’interrogazione importante: aveva il terrore
di suonare scema ad ogni frase e le gambe le tremavano in modo talmente
visibile, che la nonnina di fianco al tipo la fissava come se fosse una matta.
Ci
teneva a dare una buona impressione, cavoli!
Quanto
invidiava Luca, che in quel momento sembrava sereno e rilassato.
“Ah,
ho dimenticato di dirti che i mie bevono volentieri del vino!”
Bene,
dalla sua allora aveva il potere socializzante dell’alcol! Wow, che figata.
Decise
di guardare fuori dal finestrino dell’autobus, per distrarsi un po’.
Non
che la cosa la aiutasse più di tanto, perché la strada era avvolta dalle ombre
dei palazzoni, che, imponenti, nascondevano il sole. Solo dal lato del
conducente si poteva intravedere, all’orizzonte, il cielo aranciato del
tramonto.
“C’è
sempre una luce alla fine del tunnel! Siamo quasi arrivati!” esclamò Luca.
Giuro,
che se non la pianti con questo tuo umorismo del cazzo, ti pianto qui seduta
stante!
E
così il grande momento era giunto.
Esisteva
un santo a cui votarsi? Una cosa del tipo: Santo protettore delle nuore dalle
suocere? O se fosse stata una divinità, avrebbe persino rinnegato la sua fede per
diventare la discepola più fedele del nuovo culto.
Calmati
Elisa, stai solo sparando un mucchio di stronzate.
Luca
le strattonò la mano per farle cenno che dovevano scendere. Si alzò e lo seguì.
Si
accese una sigaretta, mentre si avviano verso l’appartamento dei suoi.
Sì,
ce la posso fare. Non sono poi tanto male, cazzo! Forse è meglio se limito le
parolacce, però.
Il
suo ragazzo le stava sorridendo teneramente, come per darle forza.
“Ho
paura come te, sai. Per me sei davvero importante, spero che anche i miei lo
capiscano e ti accettino.”
Elisa
era veramente contenta di quello che le aveva detto; anche se, magari se glielo
avesse detto un po’ prima, avrebbe apprezzato di più.
Si
fermarono davanti a un robusto portone di legno.
Elisa,
sempre impanicata, ridimensionò il suo terrore e prese teneramente con una mano
quella di Luca, intrecciando le dita con le sue.
Non
ce la poteva fare.
Ce
l’avrebbe fatta.
***
Questa
one-shot mi è venuta proprio così, dal cuore, mischiando racconti pervenuti da
amici e esperienza personale. Spero che vi abbia fatto sorridere e vi abbia
donato un po’ di allegria. Torno sui libri, e per fortuna non mi aspetta
diritto privato! :D
Laverne