A
R., per le cui pene d'amore un vademecum sarebbe superfluo.
Il
vademecum
• Dovete comportarvi
come se lei fosse il centro
della vostra esistenza.
Apollyon
Pringle trovava che Arthur Weasley
fosse uno strazio. In quanto custode, a ben vedere, era fermamente
convinto che
tutta Hogwarts abbondasse ostensibilmente di strazi di notevoli
dimensioni – ma
si riteneva abbastanza obiettivo da riconoscere che nessuno, quanto a
raccattare le pluffe durante le partite, poteva competere con quel
Weasley.
Era per
questo che, quando lo beccava fuori
dal letto oltre l’orario consentito, si limitava a
infliggergli tremende
punizioni della durata di un solo giorno e non invece,
com’era tentato di fare,
di un’intera settimana.
Il
diciassettenne Arthur Weasley, tuttavia,
pareva non percepire la gentilezza di Pringle nel riservargli quello
speciale
trattamento, perché nel ripulirgli da cima a fondo quel
vecchio e muffito
ripostiglio che il custode si ostinava a chiamare studio non vedeva
nulla di
speciale. Eppure lui, Arthur, ci vedeva benissimo.
In quel
momento, un’espressione sconfortata
in viso, vedeva perfettamente quanto fosse inutile continuare a
insistere con
lo straccio su quell’indefinita, sospetta macchia
bruno-verdastra che
incrostava la scrivania di Pringle. Quanto desiderava di poter
formulare uno
sbrigativo “Gratta e netta”, ma quel maledetto
custode gli aveva proibito
rigorosamente di utilizzare la magia.
Decise
mentalmente che, a punizione conclusa,
sarebbe passato dall’infermeria, per accertarsi di non aver
contratto nessuna
malattia mortale in quello sgabuzzino.
D’un
tratto conservò le braccia al petto e
iniziò a fissare ostinatamente la macchia, forse sperando
che quella,
intimidita dallo sguardo feroce di lui, decidesse di sparire da sola.
La
macchia però, a
quanto pareva, aveva
abbastanza coraggio per resistere al suo sguardo, per quanto feroce
fosse.
Arthur, alto
e magro, il viso latteo
spruzzato di lentiggini e i pantaloni della divisa che gli andavano
forse un
po’ corti sulle caviglie, si accorse in un unico, glorioso
istante di lucida
euforia, uno di quelli in cui il Destino in persona sembra
picchiettarci con
l’indice sulla spalla e indicarci benevolo la via, di un
volumetto impolverato
proprio a due dita di distanza dalla sua acerrima nemica, la macchia.
Il volume,
rilegato in cuoio e dalla
copertina un po’ sgualcita, titolava: “Quando la
magia non basta: trucchi per
conquistare una strega”.
Fu fulmineo:
lo fece scivolare in tasca e,
quella sera, quando venne via dall’ufficio di Pringle, lo
portò con sé.
Chissà
cosa ne avrebbe pensato il vecchio Apollyon.
Si trovava
sul suo letto, al dormitorio di
Grifondoro. I suoi compagni dormivano tutti, compreso Albert Pickwick
che
ronfava nel letto accanto al suo.
Sfogliò
velocemente il libro, facendo
scorrere le dita sulle pagine.
Ne venne
giù un bel po’ di polvere ed il frammento
di non si sa più che cosa, ma era meglio non indagare.
Arthur
fremette: il libro giungeva proprio al
momento giusto. Era quasi un anno ormai che usciva con Molly Prewett e
si era
accorto (come poteva non farlo!) di provare … ecco, qualcosa
… sì, insomma. Era
convinto di amarla. E capiva che era giunta l’ora di
dirglielo. Lei voleva
sentirlo, glielo leggeva negli occhi, quando i suoi splendidi occhi
castani
s’illuminavano d’aspettativa ogni volta che
incontravano i suoi. Doveva
dirglielo e basta.
Così
si era lambiccato il cervello per una
settimana, pensando al come, al dove e al quando. Ma ogni volta che
aveva
progettato il come, si trovava nel dove e l’orologio batteva
proprio il suo
quando, il coraggio gli veniva meno, rivelando così una
capacità finora ben
dissimulata: l’inettitudine ad esprimere i propri sentimenti.
E aveva
dovuto, talvolta, sostituire il
silenzio imbarazzato, denso di attesa delusa, con qualche sua sciocca
scoperta
sul funzionamento di frigoriferi o succhiapolveri (così
chiamava gli
aspirapolvere) o altri aggeggi babbani. Molly, col più
entusiastico dei
sorrisi, aveva finto eguale trasporto e così, entrambi,
complici nel loro
reciproco imbarazzo, avevano messo una pezza sull’occasione
mancata ed erano
andati avanti.
Lesse dal
primo capitolo:
Regola1:
dovete farla sentire
come se fosse il centro
della vostra esistenza*.
Circondatela
di attenzioni, quand’è
presente lasciate ogni altra occupazione e rivolgetele tutta la vostra
concentrazione. Dovrà credere di essere come
l’acqua per un Avvincino:
essenziale. Siate un Avvincino credibile!
*eccetto
il Quidditch, naturalmente.
La
mattina seguente, un pallido sole
faceva del suo
meglio per penetrare la foschia e illuminare un’Hogwarts che
andava
svegliandosi lentamente. Arthur aveva letto tutta la notte ed era
fermamente
convinto di poter riuscire, seguendo i consigli del libro, a confessare
finalmente il suo amore a Molly.
Decise, per
sicurezza, di consultare anche il
suo amico Albert.
“Dovresti
dirglielo velocemente e così
toglierti il pensiero”, sosteneva con la voce di chi si crede
un esperto in
materia, “Non darle il tempo di dire nulla, appena la vedi
glielo dici. Così,
ti amo. Pensa di dirlo allo specchio, lo stai dicendo alla tua immagine
riflessa, a nessun altro. Che male può fare? Ti amo. Ecco,
magari biascicalo,
non dirlo troppo chiaramente. Non usare un tono squillante, altrimenti
saresti
troppo teatrale. Come se lo dicessi al tuo gatto, ecco”.
Arthur
annuì nervosamente. Prese nota di non
consultare mai più Bertie per le questioni amorose.
Era intento
a farsi il nodo alla cravatta,
operazione che richiedeva sì e no quindici minuti ogni
mattina, quando il
centro della sua esistenza fece il suo ingresso nel dormitorio
maschile.
Arthur
sorrise, in modo non troppo convinto,
mentre sentiva il battito cardiaco aumentare.
Calmati,
si disse, nemmeno avessi visto il Gramo, dai, calmati…
Sudava
abbondantemente.
Molly gli
sorrideva con tenerezza, ma lui non
riusciva a guardarla. Soprattutto perché oltre il suo capo,
Albert s’agitava
entusiasta, continuando a sussurrare: “Diglielo,
dai… ora! Diglielo!”.
“Buondì,
tesoro”, squittì dolcemente Molly.
Calmati,
respira, calmati, respira… E’ il centro della tua
esistenza.
“Non
troppo chiaramente, mi raccomando”.
“Ciao…”,
riuscì finalmente a formulare lui.
Non è un
gramo, è il centro della tua…
“Biascicato,
come se avessi una sciarpa in
bocca…”
Della tua
esistenza… della… oh, zitto Albert…
non è un Gramo
“Pss!
Al tuo gatto, parla al tuo gatto”
“Oh,
accidenti! Si può stare un po’
tranquilli?!”, sbottò spazientito Arthur
all’indirizzo di Bertie.
Ma il guaio
era fatto: sul viso di Molly
passò prima un’espressione ferita e poi una
offesa. Strinse pericolosamente le
labbra.
“Ma
certo, ti rendo la tua tranquillità”.
Stava
girando sui tacchi e lasciando il
dormitorio, mentre Arthur cercava di rimediare, strepitando e
confondendosi:
“No! Non tu! Lui!”, indicò Albert,
“No, tu… tu non Gramo, ma il centro! Sono il
tuo Avvincino!”.
Afferrò,
d’impeto, una cornetta con tanto di
filo appeso, solo una fra le varie cianfrusaglie babbane che teneva sul
baule.
“Tesoro! Ti prego, io ti…”
Molly aveva
già lasciato la stanza, quando
completò la frase:
“…amo”.
Strinse
disperatamente la cornetta al petto.
“Caspita,
amico… sei capace di dirlo a
quell’inutile chincaglieria babbana e non alla tua ragazza?
La situazione è
proprio grave”.
• Fatele sempre un
regalo originale
La Sala
Grande si stava svuotando dopo il
pranzo. Gli studenti, appesantiti dal generoso pasto che gli elfi delle
cucine
preparavano ogni giorno, stavano lentamente diradandosi, il passo
intorpidito e
lo sguardo beato. Arthur s’intratteneva al tavolo dei
Grifondoro, a leggere
altri passi del Manuale.
E’
essenziale che la riempiate di doni.
Fatele sempre un regalo originale, perché se ne possa
vantare con le amiche. Se
è sensibile alle lusinghe, ciò la
renderà entusiasta e sarà assolutamente
vostra. Evitate i classici mazzolini di fiori, siate fantasiosi e
intraprendenti!
E in basso,
nelle note:
L’autore
diniega ogni responsabilità in
caso vengano travisate le parole di cui sopra e venga recapitato un
uovo di
drago, un corno di Erumpent o simili pericolosi oggetti, il cui
traffico
illecito non è da noi in alcun modo incentivato.
Fu
così che si convinse: le avrebbe fatto
recapitare un magnifico pattino a rotelle! Ma sì, un pattino
a rotelle! I
Babbani ne andavano pazzi e, quando lui lo aveva trovato, abbandonato e
solo in
un parco di Londra l’estate scorsa, il pattino aveva subito
suscitato il suo
più spiccato interesse. Aveva ruote, era di plastica e non
una sola goccia di
magia! Cosa c’era di meglio?
Fu per lui
più che immediato convincersi
dell’assoluta genialità della sua pensata e si
congratulò con se stesso. Molly,
intenerita, l’avrebbe perdonato, sarebbe corsa da lui e in
quel momento esatto,
in quel magico momento, le avrebbe rivolto quelle agognate parole
d’amore.
Corse in
Guferia. Adocchiò un solitario
barbagianni, un tantino spennato e dall’aria traballante. Ai
suoi occhi però,
accecati d’amore, era perfetto. Gli consegnò il
pacchetto col prezioso
manufatto babbano e lo istruì perché lo
recapitasse a Molly.
Sospirò
di sollievo. Ecco fatto. Sorrise
compiaciuto.
Era fatta.
Peccato che
non lo fosse nel senso che
intendeva lui.
“Cosa
diavolo sarebbe?!”
“Non
ho idea… sembra una scarpa. Però
c’è il
nome di Molly sopra”.
Due ragazze
commentavano un nuovo,
particolare ornamento che pendeva da uno degli angoli della Bacheca,
giù alla
Sala Comune di Grifondoro. Riderellarono fra loro per altri dieci
minuti e si
allontanarono.
Il pacco, a
quanto pare, non era giunto a
destinazione: il barbagianni, ballonzolando al vento, era riuscito ad
entrare
nella Torre da una delle finestre, fiondandosi dritto dritto contro il
muro.
Doveva essere, questa, una sua usanza a giudicare
dall’aspetto scarmigliato. La
confezione, durante il volo instabile e nell’urto,
s’era andata erodendosi,
sicché adesso il pattino giaceva lì, appeso sotto
lo sguardo divertito o
perplesso dei Grifondoro. In molti notarono il biglietto recante il
nome di
Molly.
Ci
furono grandi pettegolezzi attorno alla faccenda, qualche risata e un
po’ di
colpevoli allusioni, poi, col tempo, la vicenda perse
d’interesse e il pattino
finì con l’assumere la personalità
anonima di un tachimetro, per dirla alla
Babbana. Ma il babbanese lì, purtroppo per Arthur, non lo
parlava quasi nessuno.
Molly, per
parte sua, liquidò la faccenda
come uno squallido, incomprensibile scherzo.
• E’
opportuno scriverle un biglietto affettuoso ed elegante
Sgonfiato
dal fallimento della sua ultima
impresa, angosciato dalle chiacchiere inutili di Albert su come
riconquistare
la sua Molly (“Ma devi farlo sembrare casuale, hai capito?
Non deve capire chi
le abbia stretto la mano nella folla. Come se stringessi una foglia
morta!”),
Arthur si ritirò in dormitorio a leggere il manuale e
pensare.
Gli occhi
gli caddero su un particolare
paragrafetto:
Le
streghe vanno vezzeggiate con gesti,
parole, ma anche lettere e poesiole, se sete in grado di elaborarle (e
in caso
non lo foste, potete sempre trovare l’ispirazione in
componimenti altrui).
“Ma
questo tipo t’invita a scopiazzare!
Forte!”, fu il commento di Bertie, che leggeva da sopra la
sua spalla.
Scrivetele
un sonetto! Se abbastanza spiritosa, lo apprezzerà. Anche
nel caso la poesia
non fosse nelle vostre corde, è opportuno, di tanto in
tanto, scriverle un
biglietto affettuoso ed elegante. Ecco di seguito qualche esempio:
1)Tesoro,
hai su di me l’effetto di un
litro di Whisky Incendiario.
Teneramente tuo,
2)Sei
il Lumos che illumina la mia vita.
Ti amo.
3)Quando
Beda pensò ad una bellissima
principessa per farne la protagonista della sua fiaba,
vide
il
tuo viso.
“Quella
sul Whisky è la migliore”, decretò con
sicurezza Albert.
Arthur
lo guardò ma non disse nulla.
Poche
ore dopo, Bertie fu spedito da Molly per consegnarle un biglietto.
Trottorellò
giù, tutto giulivo d’esser il prescelto Cupido,
prima per le scale e poi al
parco.
La
trovò nei pressi del Lago.
Alla
sua vista, Molly inarcò le sopracciglia, mentre Bertie, per
nulla sconsolato
dalla fredda accoglienza, sventolò allegramente la mano
nella sua direzione. La
raggiunse.
“Ciao
Molly”, cominciò lui, ma fu subito interrotto.
“Ti
ha mandato lui, eh? Ti sei messo a fargli da portavoce? Digli che non
ne voglio
saper niente!”, e fece per andarsene.
Bertie
le fu subito dietro, la mano che iniziava a rovistare nella tasca per
cercare
il biglietto.
“Ma
che dici! No! Io sono venuto qui per …”, e nel
frattempo cercava.
Lei
lo aveva distaccato di qualche metro già, quando,
trionfante, estrasse il
biglietto.
“Eccolo,
ce l’ho! Molly…”, ma lei non si voltava,
“Molly, guarda un attimo … è
… è … è”.
E
fu un soffio di vento, fu una distrazione, fu il disperato tentativo di
fermarla e di trovar le parole adatte. Fu tutto questo
nell’attimo in cui perse
la presa sul pezzetto di pergamena che, con un elegante volteggio a
mezz’aria,
finì in acqua.
“Accio
biglietto!”. Ma era tardi ormai. La scritta era illeggibile e
la pergamena
fradicia.
Molly
si allontanava, mentre polvere e foglie si alzavano a danzare in un
turbinio
violento ed il sole morente rendeva il suo garbato tributo al castello,
irradiandolo d’arancio.
Albert
pensò saggiamente che non era opportuno dare la notizia
dell’insuccesso
personalmente ad Arthur. Così scrisse un biglietto a sua
volta, reclutò uno
studente del primo anno e lo spedì sulle sue tracce.
Arthur,
sono il Nox che
spegne ogni tua
speranza. Scusa, eh.
• Siate
sempre voi stessi
Arthur
Weasley si era definito disperato diverse volte in vita sua: quando sua
madre,
Cedrella, aveva scoperto la sua passione per la babbanologia e,
nell’intento di
spingerlo verso più alte ambizioni, gli aveva sequestrato
ogni suo manufatto
babbano; o quando Pringle lo aveva sorpreso la prima volta a
gironzolare per i
corridoi di notte e lo aveva relegato fino all’alba nel bagno
femminile del
secondo piano, dove aveva dovuto sorbirsi gli ininterrotti piagnistei
del
fantasma di quella strana ragazza.
O anche quando ho
conosciuto Albert,
pensò risentito.
Ma
solo adesso capiva che si era sbagliato: questa,
solo questa era disperazione. Tutto quello che aveva provato
prima era solo
stupido risentimento, minimo sconforto, al massimo un filo
d’angoscia.
Nient’altro.
Fu
proprio la disperazione a spingerlo ad aprire il libro. Sarebbe stata
l’ultima
volta, ma lui non lo sapeva ancora.
L’autore
si scusa per l’apparente
banalità delle parole che seguiranno, che pure sono le
più importanti: per
conquistare una strega, per rapire il suo cuore, occorre che ne siate
veramente
innamorati. Dunque bisogna chiederlo:
cos’è
l’amore?
E’
trepidante felicità, è totale
dedizione, è irragionevole fervore, è distrazione
costante, è dorata
incoscienza, è beata ossessione, è gioia
sconfinata, è disperata incertezza, è
aggrovigliata speranza, è foga altalenante, è la
singolare favilla che balena
solo negli occhi di un amante.
Se
capite quello che ho scritto, allora
vuol dire che amate. A questo punto siete già in possesso di
tutto quello che
vi serve per conquistare la vostra strega, perché il segreto
per riuscire è il
seguente: siate sempre voi stessi. Tanto basterà, parola di
mago.
E’
un segreto, lo
so, che rende questo libro
inutile.
E’
per questo,
cari lettori, che ve lo svelo
solo alla fine.
Fine,
il libro era finito. Seguivano due pagine vuote, forse per prendere
appunti.
Lì
per lì, non lo comprese, gli parve una fine deludente. Lo
gettò di lato e prese
a tamburellare nervosamente con le dita sul tavolo,
l’espressione imbronciata.
Nella Sala Grande il chiacchiericcio andava crescendo, man mano che gli
studenti vi si riunivano.
Arthur
teneva lo sguardo basso, tutto ingobbito ed intristito, con una mano si
scompigliava i capelli. La personificazione della disperazione. Rimase
così per
qualche minuto, finché non gli parve di udire dei passi
avvicinarsi. Dei passi,
sì, e l’eco di una voce. Sentì una
risata cristallina, ne avvertì il
profumo,
così inebriato d’amore o, forse, solo
troppo disperato, si voltò a destra, balzò in
piedi e gridò:
“Io
ti amo!”.
“Cosa?!”
Un attimo. Non era la voce di Molly. Di fronte a lui, lo fissava
sbalordito
Albert.
“Cosa?!”
gli fece eco Arthur stesso, gli occhi strabuzzati. Aveva detto il suo
primo “Ti
amo” ad Albert. La consapevolezza per poco non lo uccise.
“Cosa?!”,
il terzo venne da dietro. Ed era, lo comprese subito, la sua voce.
Si
voltò, cercando di spiegare, ma non ce n’era
bisogno: lei sorrideva.
“Ti
amo anch’io”. E come suonarono dolci alle sue
orecchie quelle parole!
Si
unirono in un bacio, ridendo, mentre lui tentava di scusarsi per tutto
il
pasticcio combinato.
Rimasero
abbracciati, mentre gli studenti si addensavano lì intorno.
Qualcuno, da
qualche parte, fischiò, ma loro parvero non accorgersene.
“Aspetta,
c’è Lumacorno!”, squittì
Molly in allarme.
“Faremo
finta di non vederlo”, rispose in un sussurro divertito
Arthur, “Lo
snobberemo”.
Siate voi stessi
… “Saremo
due snob”.
Molly
ridacchiò, “Dai, ci vedrà
…”
“Oh,
non me. Sono sempre stato invisibile ai suoi occhi”.
“Bè,
non io però”, obiettò lei.
“Molly”,
le rivolse uno sguardo di rimprovero, “nemmeno agli occhi di
un cieco saresti
invisibile, tu”.
Entrambi
sorrisero, guardandosi dritti in viso. Si appartenevano e da quel
momento, lo
sapevano entrambi, si sarebbero sempre appartenuti.
“Comunque
anche io ti amo, amico”, Albert gli diede una pacca sulla
spalla e passò oltre.
NdA:
Apollyon Pringle fu effettivamente custode
ad Hogwarts ai tempi di Arthur e Molly, come
riferito da
Molly stessa nel Calice di Fuoco.
Albert Pickwick è invece un personaggio di mia invenzione.
L’Avvicino è un
demone acquatico
cornuto che si trova nei laghi di Gran Bretagna e Irlanda, come
riferito ne Gli animali fantastici:
dove trovarli. Il Gramo, infine, è un grosso cane nero che
viene
considerato, in
Divinazione,
presagio di morte.
Questa
storia ha avuto il gran cu...ore di partecipare al contest indetto da Bell25_
(se non andate a sbirciare nel suo profilo vuol dire che avete l'animo
di Custodi di Hogwarts) "Quel TI AMO maledetto". Ed anche se mi sono
ritirata prima della scadenza, la giudiciA è stata
tanto gentile da pubblicare ugualmente il giudizio, nonchè
un banner strafigo. La ringrazio infinitamente e, se mai trovassi un
Manuale che spiega come ringraziare abbastanza una strega, non lo
userei, visti i risultati che ne ha ottuneto Arthur.
Grammatica: 10/10
Stile: 10/10
Originalità della trama: 10/10
Caratterizzazione: 10/10
Gradimento personale: 5/5
Totale: 45/45
Ci tengo a precisare che il giudizio è stato scritto prima
del tuo ritiro!
Scrivo un giudizio diverso dagli altri, iniziando a dire che la tua
grammatica e il tuo stile sono assolutamente perfetti. La tua storia
era ordinata e piacevole da leggere, senza riscontrare errori di
grammatica o di punteggiatura. La lettura è venuta
così naturale da non crederci :) la caratteristica che mi ha
colpito di te, più che della tua storia, è la tua
naturale ironia, che riesce a strappare una risata sincera. Per
l’originalità niente da dire, la tua storia
è assolutamente originale. Per la caratterizzazione nemmeno,
perché i personaggi erano IC e quelli inventati, e quelli
comunque non descritti dettagliatamente nei libri, avevano una
descrizione della personalità bellissima.
Non mi resta che farti i miei complimenti poiché
è inutile dire che la storia mi è piaciuta: il
5/5 del gradimento personale parla da solo! :)
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