N.d.A.: sono ancora qui con – ovviamente - un’altra
storiellina spuffy!!!^^ Per la cronaca: dovrebbe essere di circa otto-nove capitoli… spero di non esasperarvi prima!
Riassunto: sesta serie, dopo “Doublemeat Palace”. Dietro suggerimento dell’assistente sociale, Hank Summers decide di
trascorrere un week-end a Sunnydale. Ma per quale motivo Buffy decide di passare quei simpatici
tre giorni fingendo che Spike sia il suo fidanzato? Lo scoprirete fra
poco… Spuffy, come sempre.
Disclaimer:
come sempre… tutto di Joss Whedon.
Sorpresi, vero?
Capitolo 1- Un interminabile
weekend
“Ti ho già detto che ti odio,
vero?”. Dawn sta guardando male il mio riflesso nello
specchio della sua camera, mentre raccoglie i libri per metterli nello zaino.
“Sì, circa diciotto volte”. Lei
si gira per un momento, aggrottando le sopracciglia.
“Intendevo dire questa mattina”.
Okay, ricalcolo velocemente.
“Allora cinque”. Mia sorella apre
un cassetto, prendendo un mascara e passandoselo sulle ciglia. Un secondo… ha
bisogno della mia autorizzazione per truccarsi! Okay, quanto sembravo credibile
da uno a dieci? No, se la scala è da uno a dieci non
si possono usare numeri negativi.
“Ti odio. Fanno sei”. Prende un
rossetto, ma io glielo tolgo di mano. Mi fa una linguaccia, pestandomi un piede
(ricambio con una gomitata), per poi ripiegare su un
lucidalabbra.
“Solo perché oggi ho la giornata
libera?”. Spiego: il Doublemeat Palace
è un posto stupido, questo si sapeva. Il punto è che, come ho scoperto ieri, è
anche disorganizzato. Infatti oggi non lavoro, ma
domani - sabato - sì… e tutto il giorno!
“Il problema non è la giornata
libera in sè, ma il fatto che la tua giornata libera
sia durante la settimana! Mentre io sarò a scuola, a…”.
La interrompo.
“…chiacchierare
con le tue amiche e cercare di rimorchiare qualche povero innocente”. Il
lato positivo è che, se incontra il potenziale
fidanzato di giorno, teoricamente questo non dovrebbe essere un vampiro (una
simpatica novità, da queste parti). È da notare che ho detto teoricamente. Perché
le eccezioni ci sono sempre... come qualcuno di mia conoscenza, che di giorno
se ne va in giro brancolando allegramente con una coperta sulla testa.
“In ogni caso tu sarai a casa,
probabilmente anche a letto”. Con chi? A fare cosa? Restiamo in tema, appunto.
“Ma se
non sono nemmeno in pigiama! E comunque ricordati che
domani, mentre tu sarai a casa a
dormire… io sarò al lavoro. Con un
doppio turno da fare, soprattutto ”. Lei mi risponde senza nemmeno alzare gli
occhi.
“Certo che di questi tempi ci
vediamo un sacco, vero?”. Incrocio il suo sguardo che, per un istante, è uguale
a quello che mi rivolgeva da piccola quando non volevo giocare con lei: da
cucciolo abbandonato. Ma è solo un momento, dato che
la sua espressione torna subito normale (sempre
secondo il concetto di normalità degli ultimi tempi, ovviamente): stizzita ed
esasperata.
“Dawnie…”.
Ma non faccio in tempo a continuare, perché dalla
cucina arriva un urlo.
“Donne di questa casa? Il vostro
tassista preferito è qui! C’è nessuno? Queste ciambelle sono incustodite,
allora?”. Scendiamo, per trovare Xander al tavolo…
con un piatto pieno davanti a lui.
“Anya
ti ha messo a dieta?”. Lui ingoia quello che stava masticando, mentre Dawn gli si siede accanto e comincia a mangiare.
“No, perché?”. Alzo le spalle,
andando ad aprire il frigorifero. “Sbaglio, o qui è meno affollato del
solito?”. Mi verso un bicchiere di succo d’arancia, per poi rispondergli.
“Willow
è già all’Università. Si è svegliata talmente presto che ho sonno solo al
pensiero”. Perché mi guardano male? Dawn si alza in piedi, prendendo la sua borsa e una manciata di biscotti. La saluto, e la guardo uscire di casa
inseguita da Xander, che si lancia in un monologo
riguardante il divieto assoluto di mangiare sulla sua macchina: i sedili, a quanto pare, sono
allergici alle particelle di cibo.
Dunque,
cosa posso fare nella mia giornata libera? Potrei andare a trovare qualcuno a caso, per esempio. Ma tanto per fare una passeggiata, e non perché io abbia degli
strani intenti.
Okay, forse è meglio lasciar
perdere quest’idea. Decisamente sbagliata. Per la
persona, la situazione… tutto quanto. Scuotendo la testa, preparo la mia
colazione, per poi sedermi e cominciare a mangiare. Non mi volto nemmeno al
rumore della porta sul retro che si apre di scatto: come faccio a mantenere i
miei buoni propositi, se la giornata comincia così? Un bacio atterra sul lato
del mio collo. Riconoscibilissimo, e non solo per le labbra gelide.
“Vattene”. Per nulla scoraggiato,
Spike si siede di fianco a me. Perché deve giocherellare con i miei capelli?
Credevo che non gli piacessero, con il nuovo taglio. Eppure,
sono stupidamente sollevata per essermi sbagliata. Il che è assurdo: non li
avevo tagliati proprio perché ero arrabbiata con lui? Evviva, la schizofrenia è
vicina. E tutto grazie a questo qui.
“Buongiorno anche a te,
passerotto. Oggi sei particolarmente dolce”. Si avvicina di nuovo,
probabilmente per lanciarsi ancora all’attacco del mio collo. Io cerco di
evitarlo: mi giro e cerco di tenerlo lontano mettendogli una mano sulle labbra.
Questo non gli impedisce di baciarmi le dita. Mi alzo in piedi, sbuffando.
“Che ci
fai qui?” gli dico, esasperata. Il che non è certo quello che una parte di me
vorrebbe, se non fosse per la solita vocina nella mia testa che ricomincia con
la litania ‘Spike è un vampiro/è cattivo/dovrebbe
essere ancora il mio nemico mortale/non ha un’anima’… insomma, nulla di nuovo.
“Sei in casa da sola, quindi…”.
Fa dei gesti abbastanza eloquenti.
“Mi spii?”. Ci manca solo che si
mette ad imitare Mata Hari, e siamo a posto.
“Veramente me lo hai detto tu.
Ieri notte, ricordi?”. Perché, abbiamo anche parlato…
oltre al resto?
“No, cerco di rimuovere i miei
errori. E ieri è stato certamente uno di quelli”. Vado
in soggiorno, ma Spike mi segue.
“Allora degli ultimi tempi non
ricordi nulla”. Si siede sul divano, accanto a me – che gli lancio
un’occhiataccia. “Si, qui è decisamente più comodo.
Certo, preferirei la tua camera, ma posso accontentarmi”. Allora, cerchiamo di
fare un ultimo ed estremo tentativo per salvare la situazione.
“Accontentarti per cosa,
esattamente?”. Fa un sorrisetto, e poi via con i suoi
collaudati metodi per convincermi.
“Per qualcosa che anche tu vuoi fare… e non credere che
non lo sappia” mormora al mio orecchio, stringendomi e sé.
Forse Dawn
aveva ragione, riguardo alla possibilità che avrei
passato le prossime ore a letto…
Sottolineo
che non ho detto a dormire.
***
Chi è quell’idiota
che suona il campanello mentre… insomma, in un momento del genere?
“Non rispondere. Prima o poi la smetteranno”. Spike è seduto sul letto,
mentre io corro in giro per la stanza alla ricerca dei miei vestiti. Il che è praticamente come si conclude di solito ogni nostro
incontro. Bè, quasi: al momento non sto scappando,
non gli sto lanciando degli insulti di ogni tipo ma,
soprattutto, non siamo nella sua cripta.
“Non posso,
potrebbe essere importante. Voglio dire, a quest’ora Dawn
è a scuola, e gli altri saprebbero che la porta è
aperta. E non posso nemmeno spostare le tende, perché
altrimenti tu ti polverizzeresti. Vedi come sono gentile oggi?” dico, prima di
correre giù per le scale, mentre fuori suonano di nuovo. “Un
attimo!” strillo, con il classico tono da crisi isterica in corso.
Okay, nessun demone o simili
suonerebbe il campanello, giusto? Apro la porta, preparandomi al peggio: una
nuova Apocalisse, magari? Ma non siamo ancora a
maggio…
Sorpresa! Non è la fine del
mondo: è molto, molto peggio.
“Papà?”. Lui sorride.
“Ciao, Buffy. Posso entrare?”.
Gli faccio segno di sì, mentre chiudo la porta dietro di lui.
“Che ci
fai qui?”. Voglio dire, non è mai stato il tipo da
visite a sorpresa. Gli altri mi hanno detto che, durante l’estate, qualche
volta ha parlato al telefono con Dawn, ma mai con me.
Okay, lo so che è ovvio. Intendevo dire che lui non ha mai parlato con il robot
(ho sentito qualcosa riguardo ad una riunione a scuola particolarmente
disastrosa… mia sorella e i miei amici hanno pensato bene di tenerla alla larga
dal telefono, per evitare gaffe o incidenti simili).
“Ho ricevuto una telefonata da
un’assistente sociale e, dato che avevo in programma un viaggio di lavoro a Los
Angeles, ho pensato di trascorrere il fine settimana da queste parti”. Oh, che
gioia. Si nota che sprizzo allegria da tutti i pori? “A proposito… ho
interrotto qualcosa?”. Cerco di sistemarmi i capelli, mentre noto con orrore
che ho allacciato i bottoni della camicia completamente sfalsati. Prima che io possa replicate, lui ricomincia: “In effetti, mi hanno detto
che in questo periodo il tuo modo di vivere è un po’…”
“C’è qualche problema, amore?”.
Spike sta scendendo le scale – più vestito di me, per
fortuna. Non credo di essere mai stata più felice di
vederlo. Mio padre guarda interrogativamente sia me
che lui.
“Non credevo che avessi un
ragazzo. In effetti, avevo capito… bè, altro”.
Cerco di riassumere mentalmente
la situazione. Mio padre crede che:
-
io stia con Willow
-
questa casa sia popolata da
drogati
-
farebbe meglio a portare Dawn in Europa.
Invece, ho tre giorni di tempo
per convincerlo che:
-
Willow è solo una mia amica
-
questa casa è abitata da
un’allegra famigliola stile pubblicità dei biscotti (ecco, questo è già più
difficile da credere)
-
Dawn può - e deve - rimanere
qui
Noto lo sguardo quasi speranzoso
di Spike, sentendomi estremamente in colpa. Sarà per quello
che dalla mia bocca esce una frase che - lo so già - sarà solo foriera di guai.
“Sì, lui è il mio ragazzo, S…”
Spike si avvicina a me, facendomi scivolare un braccio intorno alla vita.
“William Stanford.
Piacere di conoscerla, signor Summers”
dice, stringendo la mano a mio padre… che lo guarda vagamente impressionato
(positivamente, sembrerebbe).
Non so perché ma, mentre esibisco
un sorriso plastificato, vengo colta da una
folgorazione: sarà un weekend interminabile.
N.d.A.: allora? Cosa ne
dite? Continuo o lascio perdere? Vi
prego recensiteeeeeeeeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!