Nickname:
OperationFailed
Titolo: Somewhere overe there
[... fading stars are lying around]
Fandom: Sherlock BBC
Personaggi: John Watson
Rating: Pg13
Avvertimenti: introspettivo
Conteggio
parole:
500 con fiumidiparole
Riassunto:
la notte
prima della partenza piange lacrime bollenti, e John Watson cerca il
senso della sua vita tra le stelle, un po' invisibili, un po'
assenteiste. E' davvero necessario cercare se stesso tra i granelli di
sabbia afghana? Non può bastare il grigiore e la frenesia di
Londra?
Note: Partecipa alla
speedy challenge dello Sherlockfest_it
"notti
d'estate, frammenti di passato". L'autrice remvsg
ha trattato questo argomento prima di me, avendo avuto la mia stessa
idea. Se le due fic fossero state molto simili non avrei pubblicato, ma
credo che siano molto diverse e che sia quindi una bella cosa vedere
come la stessa idea viene elaborata diversamente.
Prompt:
Notti d'estate, frammenti di passato
Disclaimer: I personaggi di John H.
Watson e Sherlock Holmes non mi appartengono, per loro fortuna, in
quanto sono stati ideati da Sir. Arthur Conan Doyle, senza il quale noi
non saremmo qui a consumarci cuore e cervello. L'adattamento BBC
appartiene a Moffat e Gatiss e questa fanfiction non è a
scopo di lucro (anche perché ci guadagnerei ben poco) e non
intende offendere la sensibilità di nessuno.
Non poteva
dirsi una notte stellata, quella. A Londra le stelle non
esistevano. O almeno non avevano nulla a che vedere con i miliardi di
scaglie di luna grattugiate sul deserto afghano, spolverate su quel
piatto di pastasciutta a forma di cielo. Quelle stesse stelle che John
avrebbe avuto sulla testa di lì a ventiquattr’ore,
insieme alla sabbia rovente e alla distesa di nulla in mezzo alla quale
si sarebbe trovato.
A Londra, le stelle
erano sospese lassù da qualche parte, slavate dalle luci
violente della città, come qualcosa che sai che esiste ma
non puoi vedere. Come una strada divorata dalla nebbia. A Londra, le
stelle erano tessere di un puzzle abbandonato, disseminate sul
pavimento da un bambino disordinato e volubile, corso appresso ad un
nuovo gioco. A Londra le stelle stillavano pioggia, sciolte dal caldo
anomalo che faceva boccheggiare anche John. Quell’afa in un
certo senso era un regalo, un assaggio di ciò che ci sarebbe
stato nei mesi a venire.
A Londra imperava il
temporale, e ogni goccia rovente moriva al suolo con uno schiocco.
Anche questo, antipasto di future piogge d’armi, fragore di
pallottole che al suolo con sé trascinano giù
sangue e polvere - vita estinta che volteggia nelle correnti del
mondo. Quella
notte di stelle assenteiste e vergognose, John la passò sul
tetto di casa, con le braccia ripiegate sotto il capo e le gambe
incrociate verso l’infinito, gli occhi regalati al cielo.
Quella notte che gli avrebbe portato via l’infanzia, che lo
avrebbe tenuto sveglio a suon di dubbi caotici, che se non fosse che
stava piovendo, gli avrebbe fatto sudare anche l’anima.
Domani, un futuro atteso da mesi sarebbe diventato improvvisamente
presente. Niente di nuovo o particolarmente preoccupante - è
generalmente uso del tempo atteggiarsi a gran pittore e stemperare un
futuro
colorato in un presente più discreto e silenzioso, che muore
e risorge ad ogni respiro - se non che John non sapeva. Non capiva se
quella partenza era davvero il concretizzarsi del suo sogno –
rendersi utile, spendersi per gli altri, strappare alla Morte le
persone da sotto il naso, in una continua avventura che aveva il sapore
di un gioco pericoloso – o era solo per senso del dovere nei
confronti dei sacrifici che la sua famiglia aveva fatto per mandarlo
alla Bart's. Era solo il non volersi sentire un buono a nulla, o era il
suo desiderio di bimbo di guarire il mondo?
John non lo sapeva
– e comunque era troppo tardi per cambiare idea, l'aereo
sarebbe decollato nel giro di poche ore – ma era sicuro che
in un altro pezzo di mondo, sotto un altro pezzo di cielo, sopra un
altro pezzo di terra, avrebbe trovato se stesso.
Perché non
c’è niente da fare, quando cerchi te stesso devi
sempre farlo lontano dai frammenti di te che sono seminati in giro,
alla larga dai boccioli di sogni sfioriti e dai profili nascosti tra
gli oggetti scordati.
Quando cerchi te
stesso il posto migliore è qualcosa che ancora non hai
contaminato.
-
Il mio John è figlio di una generazione di pazzi,
è vittima ed è carnefice di se stesso. E' un
ragazzo confuso, che ha inseguito per tutta la vita uno scopo che ora
non sa se è davvero quel che vuole. Ma i genitori, la
Bart's, i sacrifici fatti.
Il mio John è la fotocopia immaginaria di tanti ragazzi che
oggi non sanno poi tanto dove sbattere la propria vita.
Per questo non penso sia particolarmente OOC, ma se la pensate
diversamente sono pronta a discuterne.
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