Nella squadra nazionale...
“Il pacco
è arrivato!” trillò Ken, entusiasta.
Si
riferiva alle maglie per l’imminente nuova convocazione della
nazionale: siccome dovevano presentarsi già in divisa, i
completi erano stati inviati per posta a tutti i convocati.
Ken
entrò nell’appartamento che divideva con Kojiro,
Takeshi e Yasu e appoggiò il voluminoso involucro sul
tavolo, dando appena il tempo ai suoi coinquilini di togliere i piatti
dalla sua traiettoria.
“Ken,
staremmo mangiando” ringhiò Yasu, ma era come
parlare a un sordo: il ragazzo stava già aprendo il pacco e
ravanandoci dentro con trasporto. Aveva una vera fissazione per le
divise nuove: era sempre stracurioso di vederle e provarle.
Passò
la lettera accompagnatoria, senza degnarla di uno sguardo, a Sawada
che, invece, si mise diligentemente a leggerla. Il portiere
lanciò le rispettive divise ai due compagni. Quindi
l’espressione del viso da eccitata si fece torva. Gli occhi
si ridussero a fessure e sibilò:
“Se
è uno scherzo non fa ridere, se è un errore sono
dei coglioni”.
Così
dicendo, tirò fuori tenendola per un angolino come se gli
facesse schifo una divisa diversa dalle due precedenti su cui
campeggiavano il numero 1 e la scritta
“Wakabayashi”.
“No,
aspetta”, continuò senza dare il tempo agli altri
di reagire. “C’è anche la mia, disse
tirando fuori un quarto involto. “ma… sono
diverse”.
Era
vero: oltre che avere una colorazione leggermente diversa, il pacco di
Ken era più voluminoso.
“Nessun
errore” intervenne allora Sawada. “La divisa in
più non è quella di Genzo inviata per
errore… è per Yasu”.
“Beh,
carina, al posto delle solite magliette dello
staff…” osservò la ragazza, aprendo il
cellofan che avvolgeva quella che, a quanto pareva, era la sua divisa.
“No,
Yasu” continuò Sawada. “Qui dice che,
oltre alla nostra amichevole, ci sarà una partita
dimostrativa per la futura nazionale giovanile femminile e vogliono che
tu ne faccia parte”.
“CHE
COSA????” gridò la ragazza, sconvolta.
“Ma non ho mai giocato in una squadra!”
“Ti
prego, Yasu” si lamentò Kojiro. “Non
ricominciare con la storia del non essere all’altezza. Se ti
hanno chiamato vai, punto e basta”.
Il
ritiro era cominciato tre giorni prima e, dopo la presentazione delle
squadre (la famosa cerimonia a cui dovevano presentarsi in uniforme),
Ken e Yasu, presi dai rispettivi allenamenti, pur alloggiando a poche
centinaia di metri di distanza, non erano più riusciti a
vedersi, se non da lontano. Finalmente, quel pomeriggio, ce
l’avevano fatta a organizzare un incontro presso il piccolo
chiosco appena fuori il J-Village.
Ken
sedeva sotto il pergolato, il cappello calcato sugli occhi nel
tentativo di non farsi riconoscere, i gomiti sul tavolino, le mani a
sorreggere la testa, prendendo ogni tanto un sorso dalla cannuccia del
frappé che gli stava davanti. Scrutava impaziente il
sentiero da cui sarebbe sbucata Yasu.
“Ommioddio-ma-quello-è-Ken
-Wakashimazu!” una vocetta stridula e fastidiosa
arrivò da dietro le spalle. Il karate keeper
sospirò, preparandosi a salutare l’ennesima fan
squeante, a sorridere per l’ennesima fotografia e a chiedere
con gentilezza l’ennesimo nome per scrivere la dedica.
Sebbene, a causa della sua natura riservata queste persone lo
infastidissero un po’, l’educazione gli impediva di
trattarle male o anche solo con sufficienza. E poi, diciamoci la
verità, quelle attenzioni un po’ lo lusingavano.
Eppure
scorgere Yasu al posto della fan, che si aspettava, gli
strappò un sospiro di sollievo e gli dipinse sul volto un
bel sorriso. Si alzò di scatto e la strinse forte.
“Shhhh”
la rimproverò allegramente, abbassando la testa per
sfiorarle le labbra con un bacio. “Non vorrai attirarne
qualcuna davvero…”
“Bah,
è inutile che ti metti cappello e occhiali da sole per
restare anonimo e ti lasci i capelli sciolti in bella vista…
è come se avessi il collarino col
nome…” disse passandogli un dito fra le ciocche
corvine.
“Parla
quella che il nome ce l’ha scritto sul cappello”.
Yasu
scrollò le spalle con sufficienza. “Un regalo di
mio fratello… come se avere un cappello uguale al suo fosse
la mia massima aspirazione…”
Ken
la guardò divertito, dall’alto dei quindici
centimetri che li separavano. “Forse non proprio la massima,
diciamo… la seconda in ordine di importanza”.
Yasu
si staccò e fece per dargli un pugno nel petto, che Ken
bloccò facilmente.
“’fanculo”
mormorò lei ridendo e baciandolo di nuovo.
“Allora”
fece lui, tornando a sedersi. “Cosa si prova a essere il
portiere titolare incontrastato della nazionale?”
“Che
scemo! Mica è vero!” esclamò lei,
sedendoglisi vicino. “Ho un secondo niente male e soprattutto
c’è il terzo portiere che, se non si fosse
infortunata durante il ritiro, sarebbe il primo. La signorina Matsumoto
-”.
“C’è
anche lei?”
“Sì,
è lei il primo dirigente. Mi ha spiegato che quando Nozomi
Fukumoto si è infortunata, solo pochi giorni fa, non
sapevano che pesci pigliare e a lei sono venuta in mente io. Mi ha
detto: ‘Te l’avevo promesso che prima o poi ti
facevo giocare in una squadra? Altro che Toho Girls… hai la
Nazionale!’”
“Già
la famosa diatriba sulla squadra femminile del
Toho…”
“Si
beh, quella è partita persa… Non so se hai
presente la media delle nostre compagne”.
“Già…
sarebbe più proficuo far giocare Kumi o
Sanae…”
“A
proposito! Sai che Yukari non è niente male? E’ un
difensore migliore del suo fidanzato… peccato non abbia la
stazza del cugino”.
“Oddio,
credo che così sia più
carina…” commentò, fermando di nuovo a
mezz’aria la manata di Yasu in arrivo.
“Maschilista
sciovinista. Qui si parla del bene della squadra non del concorso di
Miss Nazionale…”
“…
e comunque quella saresti tu” concluse lui con voce suadente.
“Maschilista,
sciovinista e ruffiano” rispose Yasu con un sorriso sghembo.
“Fammi vedere cosa c’è da mangiare, che
per venire qui ho saltato il pranzo”.
Come
evocata, le apparve davanti una generosa porzione di onigiri. Yasu li
guardò con uno sguardo fra il cupido e il sorpreso.
“Mi
sono permesso di ordinare per te, immaginando le tue rimostranze per il
salto del pasto…”
“Mi
conosci troppo bene, amore, stai superando mio
fratello…”
“Beh,
almeno in questo” sibilò Ken volgendo lo sguardo
altrove.
Yasu
fermò a mezz’aria la mano che stava portando il
primo onigiri verso la bocca aperta. Posò la polpettina di
riso e alzò le mani.
“Perdonami,
non volevo…”
“Tranquilla,
il problema è mio…”
“Consolati
pensando che stavolta mettere me e lui in porta è
più una questione di… marketing che
altro… Mi dispiace per te e per Ayumi, il mio
secondo… credo che chiederò di farle giocare
metà partita… io sono solo…”
fece una smorfia. “Pubblicità”.
“Finiscila,
ci sarai arrivata in modo poco ortodosso ma te lo meriti… e
anche tuo fratello”.
“E
anche tu”.
“Ma
non parliamo di me” tagliò corto, con una
scrollata di spalle. “Come è andato oggi
l’allenamento?”
“Per
essere i primi allenamenti vanno bene… se non fosse che
abbiamo la partita fra pochi giorni… non sono male, le
ragazze…”
“Lascia
perdere le altre… Quanti ne hai presi?”
“Che
stronzo, io non te la metto mai così…”
mugugnò.
“Oh,
sì che lo fai…”
“Vero”
sorrise Yasu birichina. “E comunque
nessuno…”
“Wow”
“…quasi.”
“Ah,
ecco. E chi è la grande bomber capace di segnare alla Super
Girl Goal Keeper?”.
“Hyuga.
Naoko Hyuga”.
“Na-chan?
Ommioddio, mi ricordo quando la tenevo sulle
ginocchia…”
“Invece
è lei il futuro della nazionale femminile, te lo dico
io… è giovane ma ha molto talento e molto
carisma… infatti l’avevo proposta come
capitano… ma hanno deciso altrimenti…”
concluse con un’alzata di spalle, mentre s’infilava
in bocca un onigiri.
“Ah
sì? E chi hanno scelto?” chiese Ken, il volto
poggiato sulle mani e lo sguardo curioso mentre succhiava il
frappé.
Continuando
a masticare, Yasu si frugò in tasca e ne tirò
fuori una fascia azzurra con una “C” rosa cucita
sopra e la sventolò.
“Kamisama,
sto insieme al portiere titolare e capitano della
nazionale…”
“Già”
commentò lei col solito sorriso sghembo. “Te
l’ho detto, il mio cognome fa
pubblicità… e poi sono la più vecchia.
Ma che ti devo dire… comunque vada, questa partita
sarà un bel sogno”.
Quel
rigore non ci voleva proprio.
“E
poi non c’era assolutamente” sentenziò
Jun, sistemandosi in modo da avere una buona visuale. Se il portiere
non parava, la partita era davvero chiusa.
Ken
deglutì a vuoto, pallido in volto. Ora era tutto nelle sue mani. Non era
la prima volta che doveva parare un rigore, eppure lui non era mai
stato così male. Tanto che, quando vide
l’attaccante sistemare la palla sul dischetto, per un attimo
ebbe la tentazione di chiudere gli occhi. Ma ovviamente non poteva.
Seguì quindi con attenzione ogni movimento: la rincorsa, il
piede che colpiva la palla con forza, la traiettoria del tiro: potente
ma non troppo angolato.
E
la parata, bellissima, di Yasu.
Di
colpo la tensione svanì e si sentì solo
profondamente orgoglioso della sua ragazza. E del fatto che aveva
seguito i suoi consigli sui rigori.
“Bah”
protestò Genzo sprofondato nella poltroncina della tribuna
d’onore. “Avrebbero dovuto mettere mia sorella fin
dall’inizio”.
Il
primo tempo era stato una discreta disfatta e le ragazze avevano
incassato tre goal. Su richiesta di Yasu, fino al 45° aveva
giocato Ayumi, mentre lei era entrata nella seconda parte della gara e
per ora aveva salvato il risultato.
Il
pallone respinto fu recuperato da Yukari, che dribblò due
avversari e poi lanciò lungo verso l’area
avversaria.
“Visto?”
esclamò Ryo tronfio. “Quella è la mia
ragazza!”
“Non
si direbbe” insinuò Soda beffardo.
“E’ bravissima”.
“Di
più” rincarò la dose Urabe, passando un
braccio attorno alle spalle di Ishizaki. “Sa giocare a
calcio, lei”.
Ryo
li guardò torvo ma, prima che potesse ribattere, fu Jito a
intervenire.
“Che
ci volete fare, la scuola calcio Hirado sforna solo grandi
difensori” affermò, con una delle sue sonore e
contagiose risate.
“Beh”
sospirò quindi Yayoi. “Quantomeno quelli della
nazionale femminile sono veri difensori”.
“Cosa
vorresti insinuare?” ringhiarono all’unisono
Matsuyama e Misugi.
Intanto
il passaggio di Yukari era stato raccolto da una compagna che, non
appena vide accorrere il loro numero nove, le servì un
assist perfetto.
Naoko
Hyuga segnò, in zona Cesarini, il goal della bandiera.
Uno
splendido goal della bandiera.
Quando
il tiro della giovane Hyuga si insaccò alle sue spalle, il
portiere rimase immobile. E immobile rimase, per un attimo, tutta la
tribuna, finché Sanae non scatto in piedi gridando a pieni
polmoni: “Goal!”.
La
Nakazawa, era tornata, per un breve attimo, la vecchia Anego e, da
buona capo-tifosa trascinò col suo entusiasmo tutto lo
stadio.
Tsubasa
sorrise e dette uno sguardo al cronometro. In qualità
capitano della squadra maschile, alla fine della partita doveva andare
in campo a salutare tutte le giocatrici. Si avviò dunque
verso l’uscita e, passando vicino a Hyuga, gli dette una
pacca sulla spalla mormorando: “buon sangue non
mente”. Kojiro rispose con un sorriso particolarmente aperto
e uno sguardo pieno di orgoglio.
Tsubasa
consegnò ad ognuna una piccola medaglia e salutò
con particolare affetto Yukari e Naoko. Infine arrivò di
fronte a Yasu, cui consegnò una targa, quindi i due capitani
si misero in posa per le foto.
“Non
ti crucciare del risultato, come prima prova è stata
comunque positiva. E tu sei stata bravissima”.
“Grazie,
Tsubasa, ma non ci crucciamo affatto, a dire il vero siamo soddisfatte.
E’ un ottimo inizio e comunque è tutto da
vedere” insinuò guardandolo di sottecchi.
“Che
cosa?” chiese il centrocampista sbattendo le palpebre.
“Quale
sarà la prima nazionale giapponese a vincere la Coppa del
Mondo” concluse calzandosi il berretto e mettendosi in posa
per la foto successiva.
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Riferimento a Una vacanza diversa
Note di chiusura:
Grazie a Sanae78 per
l'inconsapevole ma preziosissimo spunto. Non tutte le sviste vengono
per nuocere;)
Grazie a releuse per le
scene in tribuna.
Grazie alle ragazze del Nadeshiko
Japan per averci fatto gridare "Il Giappone
è campione del mondo!!!"
E di nuovo buone vacanze!!
berlinene
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