9.
Incanto di Neve.
Karen’s PoV
Sospiro, e sul vetro
appare una nuvoletta di vapore. È inverno, e fa freddo.
Tanto, davvero tanto freddo.
Tuttavia, nonostante
io stia indossando una semplice sottoveste di raso, in questo momento
non lo sento poi troppo. Sono nella casa di campagna della mia
famiglia, dove ci troviamo sempre per Natale. È una
struttura antica, anche se rimessa a nuovo, enorme, tanto che ognuno di
noi può avere la sua stanza.
C’è
appena stata una festa in mio onore. La festa per il mio compleanno.
Una festa a cui io mi sono sentita completamente estranea e assente.
Gli invitati erano
abbastanza, amici delle superiori nella stragrande maggioranza,
più qualcun altro a cui mi sento leggermente più
vicina, assieme a mia sorella Jen e alcune sue amiche. Lei era
l’unica della famiglia: con loro avevo già
festeggiato.
La festa è
finita da qualche ora, e alcuni dei partecipanti si sono fermati a
dormire qui: troppo alcol nel sangue per permettermi di lasciarli
andare a guidare con il cuore in pace. Li ho quasi costretti a rimanere.
Nel mio, di sangue,
non c’è niente di più che qualche sorso
di vodka alla pesca. Non mi fa quasi niente, posso berne anche mezza
bottiglia senza stare male. Buffo, considerando che invece basta appena
un sorso di coca-cola e rum per farmi rimettere l’intera
cena, oltre all’anima.
Una
delle mie contraddizioni.
Fuori, uno stormire di
fronde d’alberi spogli, causato da un’improvvisa
folata del vento gelido che tormenta la mia città da qualche
giorno ormai, mi rivela che la bora non se n’è
ancora andata. Io non rabbrividisco nemmeno.
Quando avevamo
risistemato tutte le stanze, tutti quanti mi avevano dato della
ragazzina: ho insistito fino all’esasperazione per
convincerli a creare una piccola nicchia nella parete esterna, in
corrispondenza della finestra.
Ora
c’è una piccola ansa, foderata da un bel cuscino
morbido e caldo che sta esattamente sopra un termosifone. Il tepore si
spande piacevolmente, imprigionato dalle tende che ho appeso per
proteggere questo mio angolino. La lunghezza di questo
rifugio non è altra che quella della finestra, ma per me
basta e avanza. Ho fatto mettere addirittura una lampadina, per ogni
evenienza che coinvolga una probabile lettura di mezzanotte. Attraverso
il vetro pulito vedo il giardino della casa, immerso
nell’oscurità. La totale assenza di luci intense
mi permette di godermi il cielo invernale in tutto il suo splendore.
È
il mio angolino, quest’ansa.
Mi rannicchio qui ogni
volta che voglio staccarmi dal mondo esterno. Peccato che non basti
tirare le tende per cancellarlo, né per fermarlo.
Sento un mugugno
indistinto, e do uno sguardo veloce nella mia camera.
Luke si sta rigirando
tra le lenzuola del mio letto. A giudicare dalla sua espressione, mi
sembra anche che si stia godendo il soggiorno.
Torno a raggomitolarmi
nella mia nicchia, sollevata dal fatto che non si sia svegliato. Non so
come l’avrebbe presa nel vedermi accoccolata qui.
Lontana
da lui.
Sono stata
praticamente costretta a invitarlo alla mia festa, ma l’avevo
visto un po’ brillo e così ho insistito
perché rimanesse. Io però sono l’unica
che conosce, visto che gli altri che si sono fermati erano i miei
compagni. Non voleva stare da solo, quindi mi ha implorata di lasciarlo
dormire con me. E io, ovviamente, da brava scema, ho ceduto.
L’ho
accompagnato in camera mia prima, dicendo che tornavo giù a
salutare gli altri che dovevano ancora andarsene. In realtà,
ci sono voluti altri tre quarti d’ora buoni per rimandare
tutti a casa, più un altro po’ per mettere a posto
un minimo. L’aiuto dei miei compagni ha sveltito, ma comunque
ci è voluta un’oretta prima che tornassi di sopra.
Una volta salita, l’ho trovato addormentato.
Con
mio sommo piacere.
Mi sono cambiata, e
poi sono scivolata qui nel mio rifugio. Lontana da lui. Si è
preso una specie di sbandata per me, credo. Alcuni dei miei amici mi
incoraggiano, ma non capiscono che la cosa è molto
superficiale.
Luke è
bello. Non è quel tipo di bellezza assoluta o folgorante, ma
non è affatto male. A essere onesta, però, mi
mette un po’ in soggezione: ho una corporatura piuttosto
minuta, e lui ha sia una certa altezza sia le spalle robuste. Mi fa
sentire ancora più fragile di quanto già non mi
veda, e questa cosa non va bene. Judith, una delle mie amiche che
spinge perché vorrebbe che ci mettessimo assieme, mi ha
detto che lo vedrebbe bene a proteggermi, ma io mi sento…
minacciata.
So cosa vuole da me.
È la stessa cosa che si vogliono tutti. Ognuno cerca di
ottenere il mio corpo per poi arrivare alla mia anima, ma non riesce
mai ad affondare fino al mio cuore. Forse perché ha anche
poche possibilità.
Perché
c’è lui, tra me e chiunque cerchi di conquistarmi.
Lui, che mi manca terribilmente. Lui, che, nonostante sia mio amico, da
me vuole quello che vogliono tutti gli altri bastardi: vuole il mio
corpo, perché sa che cercare il mio cuore sarebbe
complicato, vista la nostra situazione… così
cerca di accontentarsi. Lui, che invece potrebbe averlo, se solo non
avessimo le vite che abbiamo.
Ryan.
“Sto facendo
del mio meglio per non innamorarmi di te”, mi diceva. Non
credo si aspettasse che fossi io, a cedere ai sentimentalismi.
I miei occhi scuri
tornano a guardare il cielo, si perdono a contemplare la falce di luna
che spunta fuori a tratti dalle nubi. Li sento farsi lucidi, ma le
lacrime restano impigliate alle mie ciglia. Sospiro.
Il vetro mi rimanda il
mio riflesso, un’immagine semplice e perfettamente ordinaria:
iridi brune, viso da bambina, capelli disordinati, occhiali. Niente di
che. Non si vede nemmeno l’inquietudine che si sta
contorcendo dentro il mio petto. Della rabbia verso me stessa che mi
riempie ogni pensiero di disgusto, nessuna traccia.
Mi sento irrequieta,
in questi giorni, e non riesco a trovare pace, né respiro.
Non c’è una ragione precisa, ma i sensi di
estraneità e inadeguatezza non mi abbandonano nemmeno per un
momento.
Il mio disprezzo per
me stessa è forte. Ho queste emozioni insolite, e non dovrei
provarle. Perché la mia è una vita niente male:
un buon percorso di studi, un rendimento soddisfacente, una famiglia
integra e unita, amici con cui andare a ballare nelle serate libere,
nessuna difficoltà imminente dal punto di vista economico.
Obiettivamente, non sono messa affatto male.
Ecco perché
sto ancora peggio quando mi rendo conto di questi sentimenti sgradevoli
che tempestano la mia anima: perché non sono giustificati.
Selene,
un’amica di quelle vere, mi ha detto che semplicemente non ho
ancora trovato il mio posto, la mia strada. Credo che abbia ragione, ma
non saprei cosa fare per tentare di identificare il luogo dove potrei
stare bene. Anche perché sento di non poter abbandonare
ciò che ho qui. Per cosa, poi? Per una meta utopica e
completamente ipotetica? Non saprei nemmeno dove andare. Preferisco
accontentarmi di questa vita sicura, anche se sento di non appartenerle.
La verità
è che mi manca un sogno. La mia vita è bella, ma
io non so che farmene. Non ho nessun talento particolare da coltivare,
nessuna ambizione da inseguire. Mi limito a fare quello che sento di
poter fare, che mi piace, anche se non è la mia aspirazione.
Tutto sommato, basta fare, almeno per tenere la mente impegnata,
lontana da riflessioni come questa.
Qualche volta mi sento
stanca, anche un po’ esasperata, e insofferente verso tutto
ciò che mi circonda. In momenti del genere cerco rifugio nei
soli sogni che posso ancora permettermi: sogni impossibili. Esistenze
alternativo che vivo attraverso la lettura, che costruisco grazie alla
scrittura. È il mondo dell’irrealtà,
dell’invenzione, quello a cui sento di appartenere. Un mondo
che però è fuori dalla mia portata, precluso a
questo universo perché esiste solo a livello creativo. Non
appartiene a questa dimensione più di un riflesso
all’acqua.
Stringo le labbra,
soffocando un gemito di dolore tra le corde vocali. Mi sento sola in
questo momento. Sola e stanca, ma i miei pensieri non mi danno pace.
Nella mia testa si alternano dolore, irrequietezza, rabbia,
esasperazione, impotenza, in un ciclo ripetitivo che toglie il fiato.
Lascio ciondolare la testa all’indietro, con un sospiro.
Succede
all’improvviso, il miracolo.
Tentacoli di silenzio
si avviluppano attorno a ogni cosa, includendo me nel loro abbraccio.
Il tormento causatomi dalle mie riflessioni sembra affievolirsi appena,
la sua presa sulla mia anima ferita si allenta.
Guardo fuori, e vedo
che il prato è imbiancato da una leggera spolverata di
brina. Il candore della rugiada ghiacciata rifulge un poco sotto la
delicata luce sfumata dei tenui lampioni lontani. Il tempo passa, e
sotto i miei occhi meravigliati quel manto chiaro
s’ispessisce, fino a diventare una coltre di neve. I fiocchi
leggeri si attaccano subito, fanno presa senza difficoltà
sul paesaggio già gelato dal freddo del mese invernale.
Sono del tutto
incredula, è semplicemente troppo bello per essere vero.
Apro leggermente la finestra, giusto quello che basta per far passare
la mia mano, dopo aver controllato che le tende siano ben tirate:
l’ultima cosa che voglio è che Luke si svegli
adesso a causa del refolo freddo che si insinua in camera mia, e che
riempie subito il piccolo anfratto in cui mi sono rifugiata. Tremo
appena.
L’aria
fredda di questa notte d’inverno mi punge impietosa la pelle.
Ma il disagio passa in secondo piano, quando avverto tanti piccoli
cristalli di neve sciogliersi al contatto con le mie dita. Stringo il
pugno e lo porto al petto, felice, e richiudo la finestra. Sento gli
occhi farsi lucidi per la gioia, e soprattutto per il sollievo.
Man mano che la neve
ricopre ogni cosa, la quiete s’insinua in me, districa la
matassa ingarbugliata dei miei pensieri e porta un po’ di
tranquillità e di silenzio. Le mie riflessioni da masochista
sono finalmente sopite, e anche se la cosa è temporanea per
ora mi basta.
Mi distendo sul
cuscino, raggomitolandomi, e mi tiro la coperta fin sotto il naso. Con
un braccio sotto la testa, ricoperto dai miei capelli, non levo lo
sguardo dal giardino che s’imbianca, fiocco dopo fiocco.
Socchiudo appena gli occhi, mentre un sorriso inconsapevole distende
sia le mie labbra che il mio volto.
Pace.
Angoletto!
Buongiooorno! Lo so, ho
saltato una settimana. È un mio problema temo, in vacanza
perdo il senso dei giorni e delle settimane... e visto che buona parte
di questa saga è già scritta mi scordo di
pubblicare ^^''''' sì sono un disastro, ne sono consapevole.
Allora, che dire di
questo capitolo? Beh, finalmente cominciamo a scoprire qualche
personaggio in più che fa parte della vita di Karen.
È lontana da Ryan ormai da un po', e per lei è
tempo di ricominciare a lottare un po' ogni giorno. Per quanto ammetto
che sia un personaggio malinconico e un po' lagnoso, devo dire in sua
difesa che sa anche quando è ora di darci un taglio e
ricominciare a mettersi in cammino.
Abbiamo incontrato
un po' di gente in questo capitolo! Abbiamo Luke, che le
darà non pochi pensieri. Abbiamo sua sorella Jen e la sua
amica Judith. E Selene, che per adesso è ancora una presenza
più distante ma non per questo si rivelerà meno
decisiva.
I volti di questa
nuova "folla" li trovate tutti sulla mia pagina autrice di FB, di cui
vi lascio qui l'indirizzo: DreamWanderer
(EFP)
Il prossimo capitolo
lo troverete nella storia Slices
of Life., dove conosceremo un po'
meglio Selene.
E questo
è tutto.
Ci risentiamo
presto, un bacio a tutti voi!
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