"Che cazzo fai?!" mi urlò contro Matt. "Che cazzo ti passa
per la testa Arin?!"
Sospirai, guardando l'orizzonte.
"Avevamo appuntamento con Zacky quindici minuti fa, l'hai
dimenticato?!" sbraitò. "Chissà quanto
sarà arrabbiato!" concluse, dando un calcio al pontile.
Non risposi. Continuai a fissare il mare, e questo lo adirò
ancora di più. Sbuffò e cominciò ad
avvicinarmisi con aria scocciata.
"D'accordo, d'accordo, arrivo" sospirai. Mi alzai e mi incamminai verso
una strada bianca e ciottolosa, che mi avrebbe portato a uno dei bar
più freguentati dal nostro amico. Matt mi seguiva tenendo un
po' di distanza fra noi, nel caso avesse avuto un altro attacco di
rabbia. Dal canto mio, la cosa non mi dispiaceva affatto. Non mi andava
per niente di parlare, tantomeno di dargli spiegazioni per il mio
'ritardo'. È che non mi andava di andarci. Avevo anche
pensato di dire ai ragazzi che stavo male o che avevo da fare, ma non
mi sembrava giusto; quindi mi ero avviato e mi ero fermato al pontile.
Mi piaceva, quel posto. Era abbastanza isolato, in quanto le barche
preferivano l'altro molo e i bagnanti erano troppo pigri per arrivare
fin lì. Ci andavo spesso, soprattutto di notte. Non ero un
fan di tutti quei locali notturni pieni di minorenni ubriachi e vecchi
maniaci che drogano i drink delle ragazze. Non mi piaceva neanche
ballare. Certo, il sapore dell'alcol sulle labbra era sempre il
benvenuto, ma preferivo bere da solo, o con qualche amico. Trovavo i
night club una delle stronzate più assurde e pericolose del
mondo, ma nessuno dei miei amici pareva condividere le mie idee. Non
che mi importasse molto, comunque.
Dopo una camminata di sì e no cinque minuti, entrammo nel
bar. La musica a palla e il nauseante odore di sudore furono la prima
cosa che notai. Arricciai il naso e proseguii. Matt si guardava intorno
e lanciava saluti a destra e manca, pareva quasi che quella fosse la
sua vera famiglia. Mi diedi un'occhiata attorno: i tavoli erano pieni,
e gli sgabelli traboccavano di persone che parevano sul punto di
vomitarsi l'anima da un momento all'altro; i pavimenti erano ricoperti
di cartacce, lattine e mozziconi di sigarette, e le poltrone avevano
visto tempi migliori, ma tutto sommato potevano essere in condizioni
peggiori. Il bancone era sempre zeppo come un'uovo, sia
perché il padrone del locale aveva la fama di essere un gran
simpaticone, sia perché sua figlia era un vero schianto.
Ogni sera decine di giovanotti resi audaci dall'alcol andavano da lei e
le dedicavano poesie e canzoni, ma nessuno aveva mai fatto breccia nel
suo cuore. Credo che Matt ci avesse provato una volta, per scherzo. Lei
mi era sembrata indecisa, ma alla fine non ha avuto il tempo di dirgli
niente a causa di un'ondata improvvisa di clienti.
Ad ogni modo, avvistai Zacky in mezzo alla folla. Era seduto su un
divanetto, circondato da persone e con un boccale in mano. Non sembrava
accorgersi della nostra mancanza, quindi mi girai a guardare Matt. Si
vedeva da lontano un miglio che era contrariato dal comportamento di
Zacky, ma si limitò a scrollare le spalle. Del resto eravamo
noi quelli in ritardo, dovevamo accontentarci.
"Ehy Zacky!" urlò. "Siamo qui!" gridò
sbracciandosi. Zacky si guardò intorno spaesato per qualche
istante e poi ci localizzò.
"Ehy, scansafatiche! Ce ne avete messo di tempo!" disse ridendo. Poi si
alzò, diede un ultimo sorso alla birra e
l'abbandonò su un tavolino vicino a noi.
"Sì, be', Arin si era perso" ci giustificò Matt
lanciandomi un'occhiataccia. Zacky rise e gli mise una mano sulla
spalla.
"Sono cose che succedono, dai!" scherzò. "Piuttosto, vi ho
già presentato Tyler?" ci domandò aggrottando le
sopracciglia. Scossi la testa e Matt alzò le spalle,
aggiungendo che non ne aveva neanche mai sentito parlare. Zacky
corrucciò la fronte stupito.
"Mai?"
"Mai."
Rimase in silenzio qualche secondo annuendo e poi ci indicò
il divanetto.
"Capisco... Be', andate a presentarvi, così capirete un po'
che tipo è" concluse facendo le spalluccie. Annuimmo e ci
avviammo verso il divano. Mi voltai verso Matt, dubbioso su chi fosse
Tyler. Lui mi guardò con aria persa e mi fece cenno di
buttarmi e sperare per il meglio. Feci un respiro profondo e scelsi la
mia 'vittima'. Un uomo di trenta trentacinque anni, con i capelli
lunghi e mossi.
"Ciao"
"Ciao" disse in tono insicuro. "Ci conosciamo?"
Scossi la testa. "Sei Tyler?" gli domandai incrociando le dita.
"No, scusa. Io sono Dave, comunque" si presentò allungandomi
la mano. La strinsi e sorrisi.
"Piacere di fare la tua conoscenza, Dave. Io sono Arin. Scusa se ti ho
importunato" aggiunsi.
"Nah, non ti preoccupare. Se ti va di fare due chiacchiere, sai dove
trovarmi" replicò lui con aria cordiale. Gli diedi il cinque
e mi girai verso Matt. Stava parlando con una ragazza, e aveva un'aria
piacevolmente compiaciuta. 'Stai a vedere che...' mi dissi tra me e me
avvicinandomi.
"Oh ciao! Tyler, questo è Arin! Sembra un po' tocco, ma
credimi, è un tipo a posto" mi presentò facendomi
l'occhiolino. Alzai la mano e feci un sorriso imbarazzato, maledicendo
Matt nella mia testa. Lei sorrise e mi allungò la mano.
"Piacere Arin, sono Tyler! Ma puoi chiamarmi Ty, come fanno tutti"
disse con un volto radiante di gioia. Annuii e lei tornò a
parlare con Matt. Come al solito, la gente non mi notava mai troppo. Ci
avevo fatto l'abitudine, ma faceva comunque male.
Rimasi nella penombra per qualche minuto, sperando che i tre si
riaccorgessero di me, ma fu tempo sprecato. Imprecai sottovoce e
scivolai via, verso il centro della stanza. Potevo sempre parlare con
Dave, dopotutto. Avvicinandomi al divano, vidi che il mio 'amico' stava
discutendo animatamente con qualche suo conoscente. Pensai che forse
gli serviva aiuto, ma quando fui distante pochi passi da lui, capii che
stavano solo scherzando. Per un secondo l'idea di intromettermi tra
loro e unirmi al gruppo mi frullò nella testa, ma poi decisi
che sarebbe stato sciocco. Stavo decidendo se andarmene o meno, quando
Zacky mi spuntò alle spalle.
"Hola!" esclamò buttandomi le braccia al collo.
" Hey" risposi con meno entusiasmo.
"Visto che tipa? Riesci a credere che stiamo insieme?" mi
domandò con aria sognante. Annuii e sorrisi, facendo una
smorfia contenta.
"Sei fantastico, amico!" gli urlai. Lui si pavoneggiò un po'
e poi mi lasciò andare.
"Un'ultima cosa!" mi gridò quando ero sull'uscio della
porta. "Trovati una ragazza, o sarai l'unico sfigato a passare il
sabato sera a giocare ai videogiochi!!"
Imprecai nuovamente e uscii sbattendomi la porta alle spalle.
Che schifo l'amore. Non fa altro che pugnalarti alle spalle, anche
sotto forma di uno dei tuoi migliori amici. Quel bastardo di Cupido si
diverte, lo so, a farmi soffrire così. Ma un giorno gliela
farò pagare, e quello stupido dio dei miei stivali
dovrà pregare perdono per quello che mi ha fatto.
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