-Yamato, forse non hai capito quant’è grave la
situazione!- sbottò PetitMeramon.
-L’ho capita, Piemon, l’ho capita, ma non
è che ne va della tua vita.- rispose il ragazzo continuando
a trafficare con il telescopio.
-No che non l’hai capita!- sbottò il piccolo
digimon –Per colpa di uno degli assurdi esperimenti di
Mugendramon mi sono involuto!-
Yamato lasciò per un attimo il suo prezioso trastullo e si
avvicinò al suo compagno. Era così piccolo in
forma di pallina infuocata, che non riusciva né ad essere
serio, né tantomeno ad arrabbiarsi.
Lo accarezzò e a PetitMeramon la cosa parve non dispiacere
per nulla, salvo poi imbronciarsi e protestare.
-Non cercare di corrompermi così, biondo, non attacca!-
Yamato sospirò –Ok, ok. Ora scendi dal tavolo e
vieni sulla terrazza, non ho intenzione di perdermi le lacrime di San
Lorenzo perché tu sei affetto dalle turbe adolescenziali.-
PetitMeramon gli saltò addosso, divertendosi ad incendiargli
la maglietta.
-MA CHE FAI?!- urlò Yamato battendoci sopra le mani per
spegnerla. E lui, il piccoletto dispettoso, zampettò verso
il terrazzo con fare altezzoso.
-Scusa, colpa delle mie turbe adolescenziali.- rispose. Poi
però si fermò sulla porta e domandò
–Cosa sarebbero queste Lacrime di San Lorenzo?-
-Stelle cadenti.- rispose il ragazzo socchiudendo gli occhi e
sorridendo.
-E molto ci voleva a chiamarle col loro nome?!- protestò il
digimon.
-Hai forse anche le tue cose, caro?- s’incupì
Yamato.
Uscì anche lui all’aperto e
s’appoggiò alla balaustra.
-Si dice che siano le lacrime piante da un santo mentre bruciava sua
una graticola.-
PetitMeramon smise di mordicchiargli le dita e lo ascoltò
attentamente.
Quando si parlava di torture o “divertimenti”
affini era sempre in prima linea.
-Perché un santo è finito sulla graticola?!-
chiese.
Yamato alzò le spalle –Non ne so molto, ma sembra
che all’imperatore di quei tempi non andò a genio
il suo comportamento.-
-Che ha fatto? Che ha fatto?!- saltò impaziente il piccolo
digimon.
-Gli aveva chiesto di consegnargli beni della Chiesa e lui gli aveva
mostrato i poveri che sfamava con le elemosine.-
PetitMeramon sorrise –Figo, questo imperatore. Ma io saprei
uccidere per molto meno.- annuì compiaciuto di se stesso. A
Yamato scivolò una goccia di sudore lungo la fronte. Non
cambiava mai, quello.
Piccolo o grande, Piemon era sempre Piemon.
D’un tratto, un movimento luminoso attirò la sua
attenzione verso il cielo.
E per diversi minuti, il digimon lo perse completamente.
Neppure stuzzicandolo riusciva ad attirare la sua attenzione, allora
decise di accoccolarsi fra le sue braccia e starsene buono. Era strano
che fosse Yamato a stringerlo calorosamente a sé, ma era
bello. Non gli dispiaceva affatto. Quando voleva, il suo piccoletto
sapeva essere davvero dolce, anche con lui.
-Eccone una!- sussultò il prescelto.
Ma ancora PetitMeramon non riusciva a comprendere il perché
di tanto entusiasmo.
Yamato chinò il capo verso di lui –Sai, si dice
che le Lacrime esaudiscano i desideri di chi spera in qualcosa di
bello, in un futuro migliore, rammentando il dolore del santo.-
Gli occhietti azzurri del digimon lo fissarono rapiti.
Era troppo dolce! Voleva assolutamente evolversi di nuovo e…
schiacciarlo contro la parete, prendersi le sue labbra, i suoi sospiri,
i suoi tocchi delicati. Tutto! E se si fosse dovuto affidare a un santo
o a una stella, poco importava.
Non era convinto neppure che funzionasse, ma sapeva che sia lui che
Yamato avevano sofferto abbastanza da poter paragonare il proprio
dolore a quello di quel misterioso uomo morto per la fede.
Trascorsero interminabili minuti e più scie luminose si
staccavano dal manto della notte. I bambini le indicavano con le dita
minute, le loro vocine esclamavano –Eccone una!-
Poi una luce più grande e luminosa e Piemon si
trovò seduto a terra, in tutta la sua grandezza di Mega, fra
le braccia di Yamato.
Si fissarono entrambi per diversi secondi, per poi sorridersi e ridere
–Desiderio esaudito.- dissero in coro.
E dire che c’era ancora chi non capiva come potessero stare
insieme.
A volte non lo capivano neppure loro, in realtà, ma
c’erano momenti in cui erano talmente complici, da non poter
immaginare di non essere anime gemelle.
Come i Fuochi e le Lacrime di San Lorenzo: due modi diversi di definire
un’unica realtà.
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