Disclaimer: tutti i personaggi appartengono a © J.K.Rowling
I Malandrini in:
Wolf’s Dream
di Yuki Delleran
Prima parte
«Non ho nessuna
intenzione di avere a che fare con lei né con nessuno della sua sporca razza! »
«Stupido, patetico
uomo! Ti pentirai amaramente degli insulti che mi stai rivolgendo! »
«No! No, lasciami!
Aaaaah!!! »
«Remus! Oh, mio Dio! »
«Cosa sei tu? Stai
lontano da mio figlio! Non avvicinarti, MOSTRO! »
Il ragazzino si svegliò di soprassalto madido di sudore.
Aveva sognato per l’ennesima volta il momento più brutto della sua vita e come
sempre si era svegliato all’urlo della madre del suo vecchio vicino che lo
chiamava “mostro”.
«Non ha torto. » pensò
avvolgendosi nelle coperte ancora tremante per le emozioni violente del sogno.
Doveva essere molto presto, la luce che filtrava attraverso
le pesanti tende tirate era pallida e rosata. Dai tre letti accanto al suo
giungeva il respiro regolare e il leggero russare dei suoi compagni di stanza.
Le tre persone che più si avvicinavano al concetto comune di amici che avesse
avuto da molto tempo. Perché lui, Remus J. Lupin, non osava più avvicinarsi
troppo alle persone dopo le brutte esperienze passate. Pur mantenendosi gentile
e disponibile nei confronti degli altri, aveva eretto una sorta di muro tra sé
stesso e il resto del mondo. Non voleva affezionarsi a nessuno perché lui aveva
un segreto che non doveva essere scoperto per niente al mondo. Anche se quei
tre stavano rendendo ardua la sua impresa…
In quei momenti gli tornavano in mente le favole che sua
madre gli raccontava quando era piccolo. Crescendo aveva cominciato a chiedersi
perché fossero tanto diverse da quelle che venivano raccontate agli altri
bambini.
«Le favole
tradizionali in realtà si sbagliano. » era solita rispondere sua madre alle
sue domande. «Succede perché le persone
si fermano troppo alle apparenze. Prendi il lupo per esempio. Tutti dicono che
sia cattivo ma in realtà non è così. Il lupo si sente triste e piange perché
non è ancora riuscito a realizzare il suo sogno. Quando ci riuscirà, sarà
felice e non piangerà più. Allora nessuno dirà mai più che è cattivo. »
Si rese conto di essersi riaddormentato quando si sentì
scuotere da qualcuno e aprendo gli occhi ambrati vide sopra di lui il viso
dall’espressione vispa dietro gli occhiali quadrati di quello che in un certo
senso era il capo del bizzarro gruppetto che si era formato.
«James? Cosa succede? » chiese sbadigliando.
«Succede che di solito sei tu a svegliarci per tempo, ma
siccome oggi te la dormivi della grossa, siamo nel più ritardatario dei
ritardi. »
La sua espressione si aprì in un sorriso rilassato e per
nulla preoccupato, ma Remus scattò a sedere sul letto, la mente improvvisamente
lucida. Alla sua destra Sirius Black, un ragazzino dai capelli neri un po’ più
lunghi del normale e dall’aria sveglia, si trovava in quel momento per metà a
testa in giù nel proprio baule strepitando che non trovava la cravatta. Alla
sua sinistra Peter Minus, grassottello e biondiccio, raccoglieva freneticamente
i fogli e i rotoli di pergamena che aveva sparso sul pavimento nella la fretta.
Sul primo letto della stanza, accanto alla porta, James Potter si era seduto
tranquillamente, completamente vestito e pronto per uscire, anche se l’aspetto
impeccabile era decisamente guastato dai capelli corvini arruffati e
dall’espressione birichina.
Remus allontanò le coperte e prese a indossare l’uniforme
con la mantellina nera che aveva diligentemente ripiegato ai piedi del letto,
poi afferrò la borsa con i libri preparata la sera prima e aprì la porta.
«Abbiamo la McGranitt alla prima ora, se non ci sbrighiamo
ci beccheremo una punizione. » disse. «Sirius, lascia perdere la cravatta.
Peter, ho io tutti gli appunti che ti possono servire. James…»
«Sono pronto, mio capitano! » esclamò l’interpellato scattando
sull’attenti al suo fianco.
«Bene, allora corriamo! »
Quando raggiunsero trafelati e trasandati l’aula di
Trasfigurazione, scoprirono che l’intera classe del secondo anno di Grifondoro
era già presente e attenta. Al loro ingresso la professoressa McGranitt,
austera vicepreside, scoccò loro un’occhiata severa da dietro le lenti.
«Potter, Black, Lupin
e Minus. E’ il secondo ritardo in meno di una settimana. » disse. «Si
tratta di semplice negligenza o ne devo dedurre un disinteresse verso la
materia? »
Remus abbassò gli occhi. Come gli aveva fatto notare James,
solitamente era lui a svegliare gli altri.
«E’ colpa mia, professoressa. » mormorò. «Io…ultimamente
dormo male e…»
«Ehi, non sta scritto da nessuna parte che tu debba per
forza farci da sveglia! » intervenne Sirius. «Sono stato io a perdere tempo,
non trovavo la cravatta! »
«E io ho rovesciato gli appunti! » esclamò Peter.
Lo sguardo della professoressa saettò su tutti loro fino a
fermarsi, esasperato, su James, come in attesa dell’ennesima giustificazione.
«Io? » fece il ragazzino mostrandosi stupito. «No, no, io
non ho proprio niente da dire. Non mi sono svegliato. Punto. »
L’intera classe fu scossa da un risolino e l’insegnante si
accigliò.
«Da sempre la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts
vanta serietà nell’insegnamento e nella disciplina. » declamò. «Non tollererò
altri episodi di questo tipo. Ora andate a sedervi. Lupin, se soffri
d’insonnia, fatti visitare da Madama Chips. Ah, Black, vedi di far saltar fuori
quella cravatta!»
Sirius si sedette accanto a Remus in fondo all’aula
reprimendo una risata.
«Ce la siamo cavata anche stavolta! » bisbigliò. «‘Da sempre
serietà e disciplina…’ Da sempre era prima che arrivassimo noi! »
Remus, suo malgrado, si lasciò sfuggire un sorriso: di una
cosa era certo, stando in compagnia di quei tre non ci si annoiava mai.
La lezione proseguì senza altri intoppi fino a quando la
tazzina di Peter, invece di Trasfigurarsi diligentemente in un topo, saltò giù
dal banco e prese a correre per la classe fino a fracassarsi contro la gamba
della sedia di Remus. La professoressa McGranitt aveva un’espressione
indecifrabile che sembrava indecisa tra il riso e il pianto. Notandola, Remus
raccolse i frammenti della tazzina, la riparò con un colpo di bacchetta e la
riportò a Peter.
«Guarda, si fa così. » spiegò pazientemente. «Uno, due, tre…
Feraverto. »
La tazza prese le sembianze di un roditore e Peter batté la
mani entusiasta.
«Che bravo, Remus! »
Il ragazzino tornò a sedersi. Accanto a lui il topo di
Sirius galleggiava a mezz’aria sospeso probabilmente dall’incantesimo Wingardium Leviosa che il suo
proprietario gli aveva lanciato. Due banchi più avanti James tratteneva per la
coda il suo topo che stava tentando una fuga disperata, mentre con la mano
libera tirava le trecce di una ragazzina dai capelli rossi seduta davanti a
lui.
«Smettila! » esclamò lei ad un tratto attirando l’attenzione
dell’insegnante.
«Cosa succede, signorina Evans? Vedo che alla sua tazzina
non è ancora spuntato neanche un pelo.»
«Mi scusi, professoressa. » rispose la ragazzina. «E’ che
oggi sono un po’… distratta. »
Lanciò a James uno sguardo irritato che lui ricambiò con un
sorrisone innocente.
Quando tutti riuscirono a Trasfigurare correttamente la
propria tazzina, l’ora era ormai terminata. Remus venne fermato dalla
professoressa mentre si accingeva ad uscire con i compagni.
«Ritengo che tu debba farti dare davvero un’occhiata da
Madama Chips, Lupin. » gli disse. «Non è saggio riposare male quando si hanno
compiti e lezioni da seguire. »
«La ringrazio, professoressa, lo farò. »
Più avanti nel corridoio, Sirius lo apostrofò con
schiettezza.
«Accidenti, deve tenerci proprio tanto la McGranitt alla
nostra puntualità! »
«Già. » rispose Remus, anche se non era stato quello il suo
primo pensiero. «Ha paura che me ne vada
in giro a fare il matto anche quando non c’è la luna piena? »
Era stato un pensiero istintivo, ma ancora prima di finire
la frase, si era reso conto che il plenilunio sarebbe stato quella notte
stessa. Dopo quasi sette anni, il suo corpo lo percepiva ancora prima che la
mente avesse terminato il conto dei giorni. Dopotutto il sogno che aveva fatto
era l’indizio maggiormente rivelatore. Quella notte sarebbe precipitato di
nuovo nell’incubo, poi, per un altro mese, avrebbe potuto tornare a fingere di
essere un normale studente.
Quella sera la Sala Comune di Grifondoro era particolarmente
gremita di studenti. Il gelido vento invernale soffiava contro le vetrate
minacciando neve da un momento all’altro. I ragazzi erano raccolti in gruppetti
a chiacchierare, a studiare o a progettare le prossime vacanze natalizie.
Accanto al camino, raggomitolato su un’enorme poltrona,
James sfogliava distrattamente il Manuale
degli Incantesimi volume secondo.
«Cosa ne pensate di un bel Dissendium? Sarebbe l’ideale. » disse rivolto agli amici che lo
guardavano senza capire.
«Apre le cose, no? Potrebbe servirci per intrufolarci nella
Sala Comune di quegli stupidi Serpeverde e combinare un bello scherzo! A
Mocciosus Piton, magari. » continuò allegro. «Ora che quell’orribile Lucius
Malfoy ha lasciato la scuola, potremo divertirci a piacimento! »
Un grugnito giunse dalle parti del tappeto.
«Problema della parola d’ordine a parte, verrei di corsa se
non fosse per questo stupido compito! » brontolò Sirius. «Sono sicuro che
Lumacorno ce l’ha con me. Non è giusto, avrebbe dovuto prendersela con te! »
«E per quale motivo? Io non ho tentato di avvelenare Piton. »
«Sì, però io non ho fato esplodere la mia pozione addosso
alla sua allieva preferita. »
«Quante storie, era una Soluzione Esplosiva e doveva essere
sperimentata. Evans mi sembrava solo la persona adatta. Guarda il lato
positivo, se Piton tenterà di vendicarsi, saprai come reagire. Il bezoar è un
antidoto praticamente universale. »
«Oh, sicuramente! Nel qual caso farò in modo di procurarmi
una capra e mi premurerò di toglierle un sasso dalla pancia e ingoiarlo. »
James scoppiò in un’allegra risata.
Poco più in là, abbarbicato su un pouf, Peter si disperava
sul libro di Erbologia.
«Ancora non riesco a capire la differenza tra le radici di
Mandragola e il Cavolo Carnivoro Cinese. Mordono tutti e due, no? »
«Sì, ma hanno proprietà molto diverse. Dal Cavolo Carnivoro
non puoi estrarre l’antidoto alla pietrificazione. »
Tutti si voltarono verso il proprietario della voce e videro
Remus venire verso di loro con indosso sciarpa e mantello.
«Torni di nuovo a casa da tua madre? » chiese Sirius dal
pavimento.
«Non sono ancora riuscito a capire bene che tipo di malattia
ha. » disse James scrutandolo con sguardo indagatore.
Remus si irrigidì.
«Bhè… lei ha… una strana forma di… »
«Lupin! »
L’esclamazione che lo interruppe gli fece tirare un sospiro
di sollievo e rivolse uno sguardo riconoscente a Lily Evans.
«Cosa ci fai ancora qui? La professoressa McGranitt mi ha
detto di dirti di andare subito da lei. »
Remus la ringraziò e Lily annuì con un gesto del capo,
rivolse un’occhiata sprezzante a James e si allontanò, seguita da una
linguaccia del ragazzo.
«Credo che l’Espresso di Hogwarts sia arrivato. Allora ci
vediamo, ragazzi. » li salutò Remus sforzandosi di apparire allegro e se ne andò.
Dopo l’uscita del compagno, James si stiracchiò sulla
poltrona.
«Strano tipo Remus, vero? » disse.
Dal tappeto giunse solo un «Mh. » di assenso.
«Bravissimo ragazzo, per carità! » continuò il ragazzino con
gli occhiali. «Credo sia il nostro coetaneo più diligente che abbia mai
incontrato, però… »
«Mh. » ripeté il tappeto.
«Secondo te cos’ha sua madre? Voglio dire, era già malata
l’anno scorso. Quale Guaritore prescriverebbe come rimedio una dose mensile di
Remus? Carissimo ragazzo, davvero, però… »
«James! » esclamò Sirius seccato. «Se continui a cianciare
non finirò mai questo tema e per questa sera dovrai scordarti l’esplorazione.
Se davvero vuoi sperimentare l’incantesimo Dissendium
allora FAI SILENZIO! »
Per quasi tutta l’ora seguente gli unici rumori che si
sentirono furono il cicaleccio degli studenti più grandi che a gruppetti si
ritiravano nei dormitori e il ritmico russare di Peter che si era addormentato
con la guancia appiccicata alle pagine di Mille
Erbe e Funghi Magici. Dopo quella che a James sembrò un’infinita eternità,
Sirius si alzò dal tappeto spolverandosi i pantaloni e massaggiandosi i gomiti
indolenziti. Si guardarono negli occhi per un attimo e annuirono all’unisono
con espressione monella.
«Serpeverde, arriviamo! »
Cinque minuti dopo si aggiravano pei i corridoi deserti
celati dal vecchio Mantello dell’Invisibilità di James. Sirius era stato
entusiasta quando l’amico glielo aveva mostrato la prima volta, soprattutto
pensando a tutte le scorribande che avrebbero potuto fare senza correre il
rischio di essere scoperti, e questa volta non faceva eccezione. Scesi dalla
Torre di Grifondoro, stavano attraversando il corridoio del primo piano quando
James si fermò di botto.
«Dovremmo sperimentarlo quell’incantesimo, prima. » disse. «Se
non funziona e ci facciamo beccare in territorio nemico, sai che figura? »
«Temo tu abbia ragione. » ammise Sirius ed estraendo la
bacchetta si avvicinò al busto di Paracelso dall’altra parte del corridoio che
lo fissava con aria vagamente allarmata.
«Dissendium! »
esclamò.
Il busto non si mosse, tranne forse un impercettibile
sospiro di sollievo.
«Sei sicuro che sia così? Forse è sbagliato il movimento. »
«Ho avuto un secolo per studiarlo mentre finivi il tuo
stupido tema. Certo che è così! » confermò James.
Puntò la bacchetta verso la statua di una brutta strega
gobba e orba e ripeté: «Dissendium! »
A sorpresa la gobba della statua si aprì rivelando una sorta
di scivolo di pietra che si perdeva nell’oscurità.
«Direi che funziona! Eccome! » esclamò James con gli occhi
che brillavano.
«Per la miseria! Questo è… un passaggio segreto! » fece eco
Sirius che si tratteneva a stento dal saltellare su e giù per l’eccitazione. «Sapevo
che ne esistevano ma non avrei mai pensato di scoprirne uno così per caso! »
James scrutò le profondità oscure del passaggio mentre sul
suo volto si disegnava un’espressione furba.
«Vuoi mettere quei tonti di Serpeverde con questo? » chiese sornione. «Che ne dici?
»
La titubanza di Sirius durò circa mezzo secondo, poi il
piccolo Black fu pronto a tuffarsi nell’ignoto.
«Dico che quando l’avventura chiama è praticamente un dovere
rispondere! »
Detto fatto, si sfilarono il Mantello dell’Invisibilità e si
lasciarono scivolare nel buio oltre il passaggio. La discesa fu piuttosto lunga
e terminò fortunatamente su un pagliericcio ma nell’oscurità più totale.
«Lumos. »
I due ragazzini accesero le punte delle bacchette e si
guardarono attorno incuriositi e per nulla intimoriti. L’idea di stare facendo
qualcosa di potenzialmente pericoloso e contrario a tutte le regole della
scuola non li sfiorò minimamente. Quando individuarono il lungo corridoio
scavato nel terreno che si snodava dinnanzi a loro, lo imboccarono senza
esitazione.
Dopo quasi un quarto d’ora che camminavano, Sirius cominciò
a dare segni di impazienza.
«Uffa! Non c’è niente di entusiasmante in un buco per terra.
» sospirò. «Di questo passo sbucheremo solo dall’altra parte del parco, e poi
comincia anche a fare freddo. »
«Insomma, dov’è finito il tuo spirito d’avventura? » lo
sgridò James. «Andiamo avanti ancora un po’. Se hanno costruito un passaggio
segreto, condurrà pure in qualche posto più interessante del parco. »
Sirius annuì, in fondo la curiosità era forte, e
proseguirono per altri lunghi minuti fin quando la debole luce delle bacchette
illuminò una scalinata di pietra che conduceva verso una botola di legno. La
risalirono velocemente mentre la noia per il lungo percorso svaniva ad ogni
gradino e si infilarono di nuovo sotto il Mantello prima di sbucare
all’esterno.
«Si direbbe una cantina. » disse James leggermente deluso.
Sirius alzò la testa e prese ad annusare l’aria.
«Dolci. » sentenziò godendosi l’aroma invitante che si
sprigionava dalle casse attorno a loro.
L’espressione di James si illuminò all’improvviso di
comprensione e il ragazzino prese a saltellare eccitato.
«Oh, non ci poso credere! Eppure perché no? E’ incredibile!
Potrebbe essere davvero… »
«Cosa? » fece Sirius confuso. «La scorta segreta di Silente?
»
«Ma no, sciocco. Vieni con me. »
Sempre sotto il Mantello, lo trascinò su per una seconda
scala, questa volta di legno, fino ad una porta che aprì con un semplice: «Alohomora. »
Si ritrovarono in un ambiente piuttosto ampio, con alti
scaffali ricolmi di tutte le qualità di dolci immaginabili. Barattoli, scatole
e sacchetti pieni delle più sfiziose e deliziose prelibatezze magiche rendevano
quel posto il paradiso del goloso. Gironzolando per il negozio, di quello
chiaramente si trattava, si riempirono le tasche di Zenzerotti, Piume di
Zucchero, Scarafaggi a Grappolo, chewingum Bolle Bollenti e tutto quanto
attirava la loro attenzione, fino a fermarsi davanti ad uno scaffale tappezzato
di tavolette di cioccolato dalle confezioni rilucenti. James ne prese una, la
rigirò tra le mani e lesse l’etichetta animata. Cioccolato finissimo con ripieno al caramello. Mielandia. Produzione
propria.
«Avevo ragione! » esultò alzando le braccia in gesto di
trionfo e facendo scivolare il Mantello.
«Su cosa? Che Silente spaccia dolci come secondo lavoro? »
chiese Sirius con la bocca piena di Zuccotti di Zucca.
«Dice Mielandia! » gli fece notare James impaziente. «Non ti
ricorda niente? »
All’espressione perplessa dell’amico, continuò: «Siamo a
Hogsmeade! In teoria non ci sarebbe permesso venire qui fino al prossimo anno.
Questo è l’unico villaggio di soli maghi di tutta l’Inghilterra! »
«Sì, ricordo che mio padre me ne aveva parlato. » disse
Sirius. «Cioè, quando ancora mi rivolgeva la parola, prima che venissi smistato
in Grifondoro… »
Per distrarlo dal cupo pensiero della pessima famiglia che
si ritrovava, James prese a passargli manciate di tavolette.
«Ne portiamo anche a Peter! » esclamò tutto allegro.
«Sì, e anche a Remus. Ho l’impressione che adori il
cioccolato. » fece eco Sirius ritrovando il sorriso.
Quando le loro tasche furono stracolme e dopo aver lasciato
un paio di Galeoni sul bancone («Non sia mai che ci accusino di essere dei
ladri! »), Sirius mosse un passo verso la cantina e la strada da cui erano
venuti.
«Dove te ne vai? » lo fermò James. «Non vorrai tornare a
scuola adesso? Voglio dire, siamo a Hogsmeade!
»
«E chiusi dentro un negozio, James. »
«Alohomora. »
La porta a vetri del negozio si aprì tintinnando dolcemente
e Sirius si sentì praticamente in dovere di tornare sui suoi passi.
«Da queste parti dovrebbero curare di più la sicurezza
pubblica. » disse. «Comunque se insisti così tanto e con argomenti così
convincenti, vorrà dire che resterò. Dove si va? »
James sorrise raggiante.
«C’è un posto che ho sempre voluto vedere. Da un po’ gira
voce che sia la casa più infestata del Paese. La Stamberga Strillante. »
La neve aveva cominciato a cadere in grandi fiocchi mentre
due figure solitarie si affrettavano sulla via che usciva da Hogsmeade. Un
vento gelido spazzava la strada deserta allontanando dal cielo le pesanti
nuvole scure e mettendo in risalto la splendida luna piena che gettava riflessi
argentei su tutto il paesaggio imbiancato.
«Spero che la Stamberga Strillante sia riscaldata, » disse
Sirius stringendosi addosso la veste leggera dell’uniforme. «o che almeno sia
abitata da qualche fantasma ospitale. »
James stava per rispondere quando le sue parole vennero
interrotte da un grido agghiacciante che squarciò il silenzio della notte. I
due ragazzini si bloccarono in mezzo al sentiero avvicinandosi istintivamente
l’uno all’altro e alzarono lo sguardo. Davanti a loro, a pochi passi, la via
era sbarrata da uno steccato e da diversi cartelli di pericolo. Oltre ad essi
si apriva una piatta distesa innevata che disegnava una sorta di radura attorno
alla piccola catapecchia di legno al centro.
«Era… era… Cos’era? » balbettò Sirius tentando di non
apparire troppo spaventato.
«Ehm… un fantasma che soffre d’insonnia? » ironizzò James al
quale comunque tremavano le gambe.
«Non dovremmo avere paura, in fondo Hogwarts pullula di
fantasmi. »
«Hai perfettamente ragione. Andiamo… forza. »
Mossero un paio di passi avanti poi Sirius si fermò di
nuovo.
«Forse è meglio se ti stacchi dal mio braccio, James. »
«Cos…? Oh, non mi ero reso conto…»
«No, infatti… »
«Allora andiamo. »
«Andiamo, sì… »
Avanzarono ancora nella neve fino a raggiungere lo steccato.
James vi appoggiò cautamente le mani e quando vide che non succedeva niente
sembrò rianimarsi un po’. Tutto attorno era silenzio quando tornò a rivolgersi
a Sirius.
«Forse prima ci siamo sbagliati. Cioè, magari era solo, che
so, un gufo. »
«I gufi non urlano, James. » obiettò l’amico.
«Neanche i gufi molto molto arrabbiati? Molto offesi perché
la loro preda è scappata? Senza contare che più che un urlo sembrava quasi… »
Alle sue spalle, il suono si ripeté facendolo sobbalzare. Un
lungo, acuto e straziante ululato di dolore. E proveniva chiaramente dalla
Stamberga. James si voltò di scatto ma non poté muovere più di un passo che si
trovò Sirius praticante in braccio. Barcollò sotto il suo peso e finirono
entrambi a terra nella neve inzuppandosi da capo a piedi. Si rialzarono
spolverandosi la neve dai vestiti, ma la situazione non migliorò.
«Brutto affare. Se restiamo qui così bagnati e al gelo, ci
beccheremo una polmonite. » disse il ragazzino con gli occhiali con espressione
dispiaciuta.
«Hai ragione. » concordò il morettino al suo fianco
passandosi una mano tra i capelli umidi. «Dubito che i fantasmi siano forniti
di fuoco. Non che io abbia paura di andare a chiederglielo…»
«Oh, nemmeno io, ma probabilmente non ce l’hanno. »
«Sarebbe un viaggio a vuoto, e poi sembrano di cattivo
umore. »
«Vero, vero. Meglio non disturbarli quando sono così, lo
dice sempre anche Sir Nicholas e lui è un esperto…»
«Li omaggeremo di una nostra visita la prossima volta. »
Parlando in questo modo, avevano cominciato a camminare a
ritroso sempre più velocemente fino a quando si erano trovati a correre a rotta
di collo verso l’ingresso di Mielandia. Finalmente lo raggiunsero ansanti e si
sbatterono la porta alle spalle mentre l’ululato terrificante riecheggiava di
nuovo nella notte gelida.
Quando rientrarono alla Torre di Grifondoro trovarono la
Sala Comune ovviamente deserta data l’ora molto tarda, eccezion fatta per Peter
che nel sonno era rotolato giù dal pouf finendo sul tappeto sempre stringendo
amorevolmente il suo manuale di Erbologia. Passandogli accanto Sirius gli diede
un calcetto per svegliarlo. Il ragazzino alzò la testa stropicciandosi gli
occhi e mostrando la scheda del Cavolo Carnivoro Cinese che gli era rimasta
impressa sulla guancia come una decalcomania.
«Cosa succede? Oh, Siri, sei tu. Hai finito il tema sul
bezoar? » Lanciò un’occhiata all’orologio. «Accidenti, com’è tardi! »
Sirius trattenne a stento una risata.
«Il tempo vola quando ci si diverte, amico. » disse. «Era un
argomento talmente interessante che non riuscivo a smettere di scrivere! »
Scambiò uno sguardo d’intesa con James ed entrambi salirono
nei dormitori seguiti da un confuso Peter che nella nebbia del sonno si
chiedeva cosa ci fosse di interessante in un sasso.
Remus rientrò a scuola a pomeriggio inoltrato del giorno
successivo, quando le lezioni si erano ormai concluse. Da quella mattina aveva
trascorso il tempo in infermeria e solo ora Madama Chips gli aveva dato il
permesso di uscire. Nonostante questo si sentiva più sciupato e “rattrappito”
del solito ed era sicuro che questo stato d’animo non fosse dovuto al lungo
squarcio all’interno dell’avambraccio, accuratamente celato dalle bende e dalla
manica della veste. Quello, anche se pulsava ancora dolorosamente, sarebbe
guarito in giornata diventando l’ennesima cicatrice. No, il motivo era un
altro: quella notte lo aveva sfiancato. La bestia dentro di lui aveva sentito
odore di carne umana nei pressi del suo rifugio e, impossibilitata a uscire,
era diventata particolarmente violenta. Remus era giunto al punto di chiedersi
per cosa valesse la pena sopportare tutto questo dolore.
Sulla strada per la Torre diversi compagni avevano salutato
ignari il suo ritorno, informandosi sulle sue condizioni di salute («Sei
pallido, Lupin. ») e su quelle di sua madre («Spero guarisca presto.»). Remus
ringraziò tutti gentilmente e si defilò il più in fretta possibile verso i
dormitori, desiderando solo il silenzio e la quiete della sua stanza. Appena
aprì la porta però si rese conto di quanto ingenuo fosse stato il pensiero. Una
pioggia di quelle che sembravano biglie lo colpì sulla testa sparpagliandosi ai
suoi piedi e un coro di esclamazioni lo raggiunse, seguito da un tonfo sordo.
Remus era allibito. La stanza era nel caos, c’erano pezzi di carta e di stoffa
sparpagliati un po’ dappertutto e un barattolo gocciolante di vernice dorata in
mezzo al pavimento. James, che fino a un attimo prima si trovava sopra il baldacchino
del letto di Peter, era ruzzolato a terra in un groviglio di tende tentando di
calarsi da una colonna. Alle sue spalle, appeso per un solo lato alla parete di
fronte alla porta, si vedeva un drappo di stoffa rossa afflosciato e macchiato
di vernice. Sirius, probabilmente spaventato dall’ingresso improvviso, aveva
fatto precipitare le biglie che levitavano in giro per la stanza e che si
rivelarono essere in realtà caramelle. Peter si era bloccato a mezz’aria mentre
stava posando sul letto di Remus un grosso pacco quadrato avvolto in una carta
luccicante. Tutti e tre i ragazzi avevano l’aria colpevole di chi è appena
stato colto in fallo.
Remus avanzò nella stanza spezzando l’innaturale silenzio
che vi era appena calato.
«Cosa state combinando? » chiese.
La quiete desiderata era ormai solo un vago ricordo.
Peter abbandonò il pacco e schizzò verso di lui agitando
freneticamente le braccia.
«No! Cosa ci fai qui? Vai via! Via! »
«Uffa, non potevi startene fuori ancora un po’? » sbuffò
Sirius.
Remus rimase immobile davanti all’ingresso, la testa
affollata da mille ipotesi. Forse i suoi compagni di stanza stavano
organizzando qualcosa che non prevedeva la sua presenza. Forse il suo ritorno
aveva rotto loro le uova nel paniere. Forse sarebbe stato meglio, pensò deluso,
se fosse rimasto in infermeria fino al giorno dopo. Si stava già voltando per
andarsene quando la voce di James, attutita dai tendaggi da cui stava tentando
di districarsi, lo fermò.
«Ragazzi, insomma! Così fraintenderà. Ecco, avete visto? Ci
è rimasto male. »
Quando fu di nuovo in piedi, si avvicinò a Remus sorridendo.
«Non fare quella faccia, Rem, non volevamo mandarti via. »continuò.
«E’ solo che sei tornato un po’ troppo presto e ci hai beccati prima che
finissimo di preparati la sorpresa. »
Ormai Remus non sapeva più cosa dire e nemmeno cosa pensare.
Sotto i suoi occhi sgranati, Sirius riprese a far volteggiare le caramelle e
con un colpo di bacchetta James appese l’altra estremità del drappo rosso che
si rivelò essere uno striscione con dipinto uno sgargiante “BENTORNATO!”. Peter
lo afferrò per un braccio e trascinandolo verso il letto.
«Bhè, visto che ormai sei qui… Vieni! Guarda che meraviglia
hanno trovato Siri e Jamie! »
«Non chiamarmi in quel modo, sembri mia madre! »brontolò
James mentre Sirius sghignazzava.
Il braccio di Remus gli provocò una fitta sotto le bende
quando Peter lo strinse, ma lui lo ignorò, troppo incredulo per quello che
stava succedendo. Quando gli infilarono in mano il pacco luccicante, non poté
far altro che aprirlo, lasciandosi cadere in grembo un mucchio di tavolette di
cioccolato di tutte le varietà immaginabili.
«Ragazzi…» mormorò mentre uno strano nodo iniziava a farsi
spazio nella sua gola. «Ma come…? Avete saccheggiato le cucine? »
«Assolutamente no! » esclamò Sirius. «Questo te lo posso
garantire! »
«Le sorprese non sono finite! » continuò James estraendo da
sotto il suo letto un grosso grammofono che assomigliava pericolosamente a
quello personale della professoressa McGranitt.
«Siete matti! Vi metterò in punizione per un secolo! »
squittì Peter.
«Ma no, è stata così felice di prestarlo a Sirius. » rispose
James con un sorriso sornione che lasciava intendere come l’amico l’avesse
sicuramente preso senza permesso. «E ora, musica! »
Colpì il grammofono con la bacchetta e quello iniziò a
suonare. Non si trattava però della musica di un disco, notò Remus, era Un Calderone Pieno di Forte Amor Bollente
di Celestina Warback, una cantante molto in voga nel periodo.
Sirius storse il naso mentre James diceva con aria di scusa:
«Trasmette solo Radio Strega Network e una stazione radiofonica Babbana, non è
una gran scelta. »
Peter cominciò a canticchiare sotto lo sguardo inorridito di
Sirius:
«Vieni, mescola il mio calderone
e se con passione ti riuscirà
il mio forte amor bollente
questa notte ti scalderà…»
Quando anche James attaccò il ritornello:
«Oh, mio povero cuore, dov’è andato?
Per un incantesimo mi ha lasciato…»
per il giovane Black fu decisamente troppo e colpì il
grammofono con un gesto deciso della bacchetta. Questo cambiò musica iniziando
a trasmettere qualcosa di più ritmato.
«Ecco, è la radio Babbana. » fece Peter in tono deluso.
Sirius invece si rianimò.
«Io lo conosco questo! La cugina Andromeda dice che è il
preferito di suo marito Ted. Si chiama Larry Bright! »
«Barry White. » lo corresse Remus. «Il marito di tua cugina
ha ragione, la disco-dance Babbana non è niente male! »
Gli sembrava un sogno trovarsi lì in quel momento, con le
mani piene di cioccolata e circondato di amici che si divertivano al ritmo
della musica. Tutto quello era stato organizzato per lui ed era talmente
meraviglioso da non sembrargli vero. Il sorriso nacque spontaneo sulle sue
labbra, allargandosi e illuminando gli occhi ambrati solitamente malinconici.
Sirius e James se ne accorsero e si scambiarono un’occhiata
d’intesa.
«Fantastico! Stai sorridendo! Ce l’abbiamo fatta! » esclamò
il ragazzino con gli occhiali. «Lo dicevo che quello di cui aveva bisogno era
una sana risata di gusto! »
«Benissimo, allora abbiamo quasi raggiunto il nostro scopo! »
ribadì Sirius. «Questa è musica da ballare, vero? Allora balliamo! »
Rivolse lo sguardo e la bacchetta verso James con un
sorrisino che non prometteva niente di buono.
«Tarantallegra! »
Le gambe del ragazzino cominciarono a muoversi
incontrollabilmente costringendolo a saltellare su e giù per la stanza.
«Si-Si-Sirius! No-no-non è divertente! Questa me la
pa-paghi! De-de-densaugeo! »
I denti davanti di Sirius presero ad allungarsi fino a
raggiungere il colletto slacciato della camicia e Remus non riuscì più a
trattenersi, scoppiando in un’allegra e fragorosa risata. Era incredibile
quanto riuscisse a sentirsi rilassato in compagnia dei tre amici. Amici? Li
aveva definiti amici? In effetti erano le uniche persone con cui si sentiva
pienamente sé stesso, un ragazzino di dodici anni senza preoccupazioni e che
amava divertirsi. Loro avevano organizzato tutto questo per lui, per farlo
sentire meglio nonostante non avessero idea del reale malessere che lo
affliggeva. I primi veri amici che avesse mai avuto. Si rese conto che era nato
in lui il desiderio di non perderli e se in altri casi lo aveva preoccupato,
questa volta lo rallegrò. Tutto poteva rimanere com’era ora. Non era necessario
che sapessero. Dopotutto anche lui aveva diritto alla sua oasi di pace.
Trascorsero la successiva mezz’ora a spulciare i libri di
Remus alla ricerca di un controincantesimo che fermasse le gambe di James e
riportasse i denti di Sirius alle dimensioni originarie, dopodiché, invece di
scendere a cena, si concessero la più grande
scorpacciata di cioccolato che ognuno ricordasse. A sera inoltrata erano
ancora sdraiati sul pavimento a prendersi in giro e a giocare con le caramelle
che volteggiavano pigre sopra le loro teste.
«Sorprese mal riuscite come questa andrebbero organizzate più
spesso. » disse James ad un certo punto. «Sono liberatorie, vero, Rem? »
«Hai perfettamente ragione. » annuì Remus.
«Inoltre permettono di approfondire la conoscenza tra
compagni di stanza. » continuò Sirius. «Prendi il nostro Remus, ad esempio.
Sembra un tipo tanto perfettino e invece si è sporcato tutto di cioccolata. »
Così dicendo afferrò la manica della veste del compagno ma
quando ritirò la mano le sue dita non erano macchiate di marrone bensì di rosso
scarlatto.
A quella vista Remus sbiancò irrigidendosi, Sirius sgranò
gli occhi e gli altri due ammutolirono.
Come aveva potuto essere tanto stupido da pensare che
sarebbe filato tutto liscio? L’imprevisto che sarebbe bastato a metterlo nei
guai era sempre in agguato e questo ormai Remus avrebbe dovuto averlo capito.
Solo aveva voluto illudersi per una volta, per una sera, che tutto fosse
normale.
«Sirius…» cominciò, ma il ragazzino era già passato
all’azione.
L’aveva afferrato per il braccio, sollevando la manica fino
al gomito e cominciando a sciogliere le
bende.
«Siri… aspetta, mi stai facendo male! » protestò Remus ma
l’altro srotolò imperterrito l’ultimo strato di bende scoprendo il lungo taglio
all’interno dell’avambraccio.
Era arrossato e la ferita si era riaperta macchiando di
sangue le bende e la manica.
«Cos’è questo? » esclamò Sirius.
Sembrava davvero arrabbiato e Remus se ne chiese il motivo.
In genere la gente si arrabbiava dopo aver
scoperto il suo segreto.
«Non è niente… davvero. » balbettò. «Sono un po’ maldestro,
lo sapete che mi faccio male spesso. Mi sono graffiato con… ehm… un chiodo. Non
dovete preoccuparvi. »
«Ma sei stupido?! Cos’hai nella testa? » lo aggredì Sirius
facendo ritrarre Peter dallo spavento. «Te ne stai qui a ridere e scherzare
invece di andare di filato da Madama Chips! »
«Veramente io…»
«Sirius, se non l’hai notato una medicazione c’era già e tu
l’hai disfatta. » lo interruppe James. «Può capitare a tutti di ferirsi, non è
il caso di farne un dramma. Cerca soltanto di non fargli più male tu con la tua
delicatezza da elefante. »
James sembrava perfettamente tranquillo e si avvicinò a
Remus con un sorriso rassicurante.
«Aspetta, ci penso io. »
Avvicinò la punta della bacchetta al suo braccio mormorando:
«Ferula. » e delle bende pulite
sostituirono quelle sporche di sangue ora a terra.
Sirius però non sembrava intenzionato ad arrendersi.
«Uno può essere maldestro fin che vuoi, ma ferirsi così
spesso e così gravemente è per lo meno strano, non trovi? Nemmeno io che sono
più scalmanato di lui mi faccio male a quel modo! »
«Forse perché, conoscendoti, fai un po’ più di attenzione. »
ironizzò James.
«Sì, comunque…»
Lo sguardo che James lanciò all’amico stupì persino Remus.
Era uno sguardo perfettamente calmo, ma freddo come se lo stesse rimproverando
di qualcosa.
«Basta, adesso non ho voglia di parlarne! »
Quella parole suonarono come un capriccio, infatti Sirius si
imbronciò infastidito, ma Remus ebbe la netta impressione che James volesse in
qualche modo evitare di approfondire il discorso.
Una volta a letto, Remus non riuscì a prendere sonno per
parecchio tempo. Rimase sdraiato girandosi di tanto in tanto e ascoltando il
respiro regolare dei suoi compagni addormentati. Si sentiva inquieto. Sirius
aveva reagito troppo nervosamente alla scoperta della sua ferita, James invece
era rimasto troppo calmo. Due atteggiamenti opposti ma comunque anomali. Era
molto preoccupato. Forse sospettavano qualcosa. Non voleva perderli, erano gli
unici amici che aveva! Doveva assolutamente pensare a qualcosa per depistarli,
trovare una scusa plausibile. Se solo il braccio non gli avesse fatto così male
dove, prima Peter poi Sirius, l’avevano stretto… Se solo non fosse stato così
stanco… Mentre tentava di riflettere e riordinare le idee, i suoi pensieri si
sparsero come foglie al vento e Remus si addormentò profondamente.
Continua…
NOTICINA DI YUKI:
Originariamente questa
fanfiction doveva essere interamente incentrata su Remus, senza punti di vista
di altri, ma a quanto pare non riesco a stare senza James♥… ^_^ (fan di
Rem perdonatemi!) Ci tengo a precisare che l’ispirazione per scriverla,
specialmente le scene finali della seconda parte, mi è venuta leggendo la meravigliosa dojinshi
di Shisinden “Lagrangian Points”. A chi fosse interessato dico che è possibile
scaricare le scanlation in italiano dal sito www.mangadreamland.it ve la consiglio
caldamente, personalmente la trovo stupenda! Riesce a rendere lo stato d’animo
dei Malandrini in modo davvero commovente.
Un bacio e a presto
per la seconda parte!
YUKI-CHAN