“E’ terribile,
ragazzi! REMUS E’… E’ UN… UN LUPO MANNARO!!!”
James giurò di aver
avvertito uno strano rombo alle orecchie proprio allora, come se il sangue gli
fosse fluito alla testa, e si convinse di non aver udito bene, quando
incontrando gli occhi smarriti di Sirius capiva che non si era sbagliato.
Sirius era pallido, incredibilmente pallido, ed era arretrato fino ad
inciampare sul suo baule, cadendo a bordo del letto con un tonfo sordo. Sudava
freddo, anzi, tremava. Peter si era liberato di ogni dignità, e piangeva come
il più viscido dei vermi, ai piedi di James; non piangeva neanche per Remus, ma
per se stesso, a cui era capitata la sciagura di annunciare ciò che aveva visto
con i suoi stessi occhi.
Moony
Ancient Moon
Povero Pete: sembra proprio che il mondo intero ce l’abbia
con lui, chissà per quale ragione, poi.
Va bene fare l’ennesima brutta figura dinanzi alla classe,
va bene diventare rossissimo davanti ad ogni essere di sesso femminile, ma quello che gli era capitato durante
la mezz’ora precedente superava ogni concetto possibile della parola “sfiga”.
Inoltre, le scale che portavano alla sala Comune di
Grifondoro non erano mai parse così numerose al piccolo Peter, che tuttavia
trovò gradevole il fatto che decisero di star ferme.
"Alle scale piace cambiare", ma chi è che si è
divertito ad inventare una cosa del genere?
“Una persona che non ha niente da fare fa una partita a
Gobbiglie, o gioca a Quidditch, o mangia qualche prelibatezza di Mielandia, o
chessò… di certo non inventa delle scale ad alto rischio di rottura di collo!”
– pensò Minus proprio allora, e la scala parve leggergli nel pensiero, perché
pochi secondi dopo il gradino sul quale stava poggiando il piede si abbassò d’improvviso,
facendolo cadere clamorosamente a pochi passi dal traguardo.
Per fortuna riuscì a frenare la caduta sulle sue stesse
mani; poi, rialzatosi, si diresse verso l’entrata della sala comune.
E’ da notare che quando giunse davanti al ritratto della
Signora Grassa – la quale festeggiava con un’ostentata dignità la vigilia di
Ognissanti - la sua divisa era ormai consunta a tal punto da presentare molti
strappi in tutto il tessuto.
"Parola d'Ordine?" - chiese il dipinto, agitando
con velato sdegno un ventaglio di pizzo, che ben si intonava col vestito da ella
stessa indossato. Ospitava nella cornice una dama vestita di nero, la quale –
alla prima occhiata – apparve come una pettegola di prim’ordine. E infatti, non
appena vide Peter conciato in quel modo, scoppiò in una fragorosa risata.
Si susseguirono momenti di silenzio, in cui il dodicenne
guardò smarrito le donne, come in cerca d'aiuto: non si ricordava la parola
d’ordine.
"Emh... uh... giuro che la so! Aspetti... è per caso
Leone Rampante?"
La risposta fu... sbagliata, come al solito: la Signora Grassa lo scrutò con
cipiglio severo, poi riprese a parlare con la dama al suo fianco, totalmente
indifferente nei confronti del giovane Grifondoro.
E già, è in questi momenti che ti crolla il mondo addosso:
hai bisogno d’aiuto, ma tutti pensano a come complicarti l’esistenza.
*
"Ma và, Pete. Non c'è bisogno che mi ringrazi. Dovere
di Grifondoro." - esclamò Yori, mentre faceva entrare il ragazzetto dagli
occhi acquosi, rivelando una parola d'ordine davvero fuori dal comune: "si
vis pacem para bellum".
Yori era un conoscente dei Malandrini, noto ovunque come il
logorroico della scuola, simpatico, ma a tratti insopportabile per quel suo
vizio di parlare troppo.
"Forse faresti meglio ad annotartela: cambiano spesso
la parola d'Ordine di questi tempi, anche se non ho capito bene il motivo di
tutta questa sicurezza. A proposito di parole d’ordine, sai che…”
Ma Minus non ebbe il tempo necessario per ascoltare certe
sciocchezze, perciò si scusò per l'ultima volta col quattordicenne, prima di
attraversare la sala comune ad ampie falcate e così dirigersi verso i dormitori
maschili.
Quando entrò nella camera condivisa con gli altri tre
Malandrini, vi trovò Sirius che, seduto sul suo letto, parlava a James della
prossima partita che Grifondoro avrebbe dovuto affrontare.
Quest’ultimo lo ascoltava distrattamente, adagiato sul letto
in tutta la lunghezza, piuttosto assorto nell'osservare il modellino di una
partita di Quidditch, regalatogli dai suoi genitori per il suo compleanno, con
un profondo, quasi maniacale, interesse.
Inutile dire che faceva finta: più che altro ora la sua
attenzione si era spostata su Peter, ma sembrava non volerlo dare a vedere.
Remus non c'era: un gran peccato, dato che era la notte di
Halloween, e tutti se l'erano spassata alla grande.
Purtroppo, la famiglia di Remus viveva un brutto momento, e
il ragazzo si recava una volta al mese in visita della madre, la quale si era ammalata
gravemente.
Non che questi viaggi gli facessero bene: ogni volta che
tornava sembrava sempre più vecchio e lacero, e profonde borse gli scavavano la
faccia.
Ognuno reagiva in modo diverso nel vederlo così simile ad un
fantasma: Sirius gli comprava chili di cioccolata (probabilmente con i galeoni del
tesoro Black), Peter lo guardava pietosamente, incerto sul da farsi, ma un più
sottile James Potter sospettava che Remus nascondesse qualcosa.
In ogni caso, non appena Minus fece la sua tumultuosa
entrata, il silenzio calò nella stanza, prima che i due ragazzi lo salutassero
con entusiasmo, chiedendogli dove fosse stato fin ad allora.
Peter li interruppe con uno strano gridolino: era come se
volesse dire qualcosa, ma la voce - o, meglio, il coraggio - l'avesse
abbandonato.
Sirius trattenne a stento le risate, mentre James lo guardò
con un’ostentata vena sarcastica.
“E' successo qualcosa, Peter? Ci eravamo dati appuntamento
alle dieci e mezza, e tu sei in un ritardo pauroso, il coprifuoco sarà già
scattato da un pezzo.
Di questo passo non riusciremo ad eludere la sorveglianza e...”
- ma James si interruppe improvvisamente quando si rese conto delle condizioni
in cui versavano le vesti del ragazzo, il quale anche nell’aspetto sembrava
aver dovuto affrontare un Ungaro Spinato.
“Ehi... cosa hai combinato?”
“James! Sirius! E’... è successa una cosa orribile a Remus!”
La preoccupazione per il Malandrino si diffuse negli istanti
successivi a questa affermazione: James rizzò a sedere, incredulo, mentre
Sirius si alzò, e in uno scatto fu subito dinanzi allo sfortunato messaggero,
che iniziò a scuotere con forza crescente, in cerca di ulteriori notizie.
Il pensiero di poter perdere uno dei suoi migliori amici
ebbe un effetto incredibilmente violento su di lui: uno strano bagliore
aleggiava nei suoi occhi chiari, e la sua faccia – visibilmente contratta in
un’espressione a dir poco disorientata – pareva terribile e rabbiosa come
quella di un grosso cane.
“PARLA! Cosa è successo a Remus?” – quasi esplose, mentre
urlava tali parole, rendendo Peter ancora più piccolo di quanto già non fosse,
impaurendolo, se possibile, ancora di più.
James, che fino ad allora aveva reagito quasi passivamente,
a causa dello stupore, intervenne per la prima volta, alzandosi da dove era
seduto e costringendo Sirius a mollare la presa con una forza pari, se non
superiore, alla sua.
“Basta, Sirius! Dacci un taglio, anche io e Pete siamo
preoccupati per Remus nel tuo stesso modo!”
Potter non scherzava affatto, anzi
squadrava l’amico con occhi seri dietro i suoi occhiali cerchiati di corno ramato,
che ben si intonavano col colore nocciola delle sue iridi.
Pochi secondi dopo si rivolse a
Minus, non preoccupandosi nemmeno di fingere un sorriso d’incoraggiamento, di
cui il biondino sembrava proprio aver bisogno, e porse nuovamente la domanda
fatta in precedenza da Sirius.
“Allora… cosa… cosa è successo?” – con suo grande stupore,
proprio mentre parlava, si rese conto di una grande insicurezza insita nei suoi
verbi.
No, qualcosa in lui non voleva saperlo, perché forse sapeva
già la risposta.
Maledì la sua viltà subito dopo, ricordandosi che ora la
vita di Remus era la cosa più importante, ed invitò il più piccolo dei
Malandrini a rispondere, nuovamente.
La titubanza di Peter negli attimi che seguirono gli fece
tremare il cuore, quando tutto d’un tratto Minus si gettò a terra, legandosi
con le mani alle sue gambe, implorando aiuto in un modo alquanto pietoso e al
contempo vomitevole: Sirius lo dette a notare pienamente, bofonchiando qualcosa
come
‘che scena rivoltante’.
“E’ terribile, ragazzi! REMUS E’… E’ UN… UN LUPO MANNARO!!!”
James giurò di aver avvertito uno strano rombo alle orecchie
proprio allora, come se il sangue gli fosse fluito alla testa, e si convinse di
non aver udito bene, quando incontrando gli occhi smarriti di Sirius capiva che
non si era sbagliato.
Sirius era pallido, incredibilmente pallido, ed era
arretrato fino ad inciampare sul suo baule, cadendo a bordo del letto con un
tonfo sordo.
Sudava freddo, anzi, tremava.
Peter si era liberato di ogni dignità, e piangeva come il
più viscido dei vermi, ai piedi di James; non piangeva neanche per Remus, ma
per se stesso, a cui era capitata la sciagura di annunciare ciò che aveva visto
con i suoi stessi occhi.
“Peter, stai scherzando, non è così? No, dai… non è
divertente. Insomma, non può essere. Remus un lupo mannaro… che fesseria! Non
può essere.” – James avrebbe ripetuto quel ‘non può essere’ centinaia di volte,
per persuadere Peter che sicuramente si era sbagliato.
Ridacchiò nervosamente, come per convincersi che lui aveva
ragione, e non Peter.
Sirius, a quelle parole, si voltò speranzoso verso il
piccolo Malandrino, con la stessa immediatezza con cui un cane fiuta un’usta
fresca.
“No. S-sono sicuro… Malfoy… m-mi ha r-rubato il set nuovo di
Gobbiglie che mi ha inviato mia madre. Poi… poi mi ha detto che se lo rivolevo…
insomma… dovevo andare al Platano Picchiatore senza di voi e riprendermelo. Io
avevo paura. C’era la luna piena, e strani ululati provenienti da quella parte.
E…”
“Tsk.” – Sirius lo interruppe subito, stizzito. Non ci
credeva ancora, non poteva credere che Remus, suo grande amico, fosse un essere
così… così… ignobile sarebbe stata la parola giusta? – “La Foresta è piena di lupi mannari.
Come fai a sapere che è lui?”
“L-l’ho visto t-trasformarsi… lui non mi ha percepito,
credo, e sono riuscito a scappare prendendo dalla Foresta. Mi sono pure
graffiato tutto, ecco. James… tu… tu mi credi, non è così?” – tirò su col naso,
fiducioso nei confronti del ragazzo, nei confronti del quale nutriva una
fanatica ammirazione.
James lo guardò, adesso sorpreso.
Sembrava essersi ripreso in fretta, ed un grosso sorriso era
stampato sulle sue labbra rosate, seppur lievemente forzato.
“Ma certo che ti credo, Pete. C’ho pensato, sai? Remus è
sempre stato un tipo… ‘speciale’, ecco.
Non importa che cosa lui sia in realtà: vampiro, zombie, o
lupo mannaro, ciò non cambia che lui è un nostro amico. Sirius, tu che dici?”
Sirius squadrò i due con occhi truci, profondamente scavati;
ombre nere incupivano le sue iridi chiare, rendendole fredde, gelide.
“Io non credo si possa essere amici di un lupo mannaro.” –
rise, emettendo un cupo latrato – “Impossibile, vi dico. Lo so, è Remus. Ma
potrebbe fare del male non solo a noi, ma anche a tutti gli altri studenti di
Hogwarts. La scuola potrebbe chiudere se combinasse dei danni, no? Dobbiamo
avvertire Silente, è la cosa migliore. Non può più stare qui.”
James avvertì in quel momento una rabbia incontenibile, che
l’avrebbe portato ad uccidere Sirius, se solo lui non fosse stato il suo
migliore amico.
Già, amico: lo stesso che ora Sirius stava tradendo con
parole che mai si sarebbe aspettato da lui.
In quell’istante si chiese quale sarebbe stata la sua
reazione se fosse stato lui al posto di Remus, e con grande dispiacere si rese
conto che probabilmente sarebbe stata la stessa.
Sirius… un traditore.
Quella parola gli rimase a lungo nella mente, cosicché anche
parecchi anni dopo se ne sarebbe ricordato, stringendo un patto con la persona
sbagliata.
“Sei uno sporco egoista. Anteponi te stesso agli amici, che
pena che mi fai...”
Il moro smise solo allora di ridere in quel modo grottesco,
adesso mostrando con rabbia i suoi canini bianchi, leggermente più lunghi del
normale.
“Ma tu cosa ne sai di me, eh? Cosa ne vuoi sapere? E’ questo
il problema, tu non sai proprio nulla, James!”
“Dici?” – rispose fulmineo James, cogliendo subito la palla
al balzo – “Eppure credo di essere il tuo migliore amico, e di conoscerti da almeno
due anni. Qual è il problema, Sirius? Hai paura di tornare dalla mammina?”
L’altro si alzò, afferrando la bacchetta, e spinse James
fino al muro, sbattendolo con violenza e puntandogli contro la sua tredici
pollici di mogano rosso.
Peter era atterrito, e anche se avesse avuto i riflessi per
impedire a Sirius di giungere fino a James, non sarebbe mai stato capace di
fronteggiare Black, molto più bravo di lui in Incantesimi.
Potter, da parte sua, pareva tranquillo, anzi non si era
nemmeno preoccupato di prendere la sua, di bacchetta, nonostante da quella di
Sirius ora fuoriuscissero scintille rosso acceso.
Stava così, con la schiena adagiata al muro, le braccia
lungo i fianchi e le mani serrate a pugno, fermo in una convinzione
inamovibile.
“Avanti, lancia il tuo incantesimo… ma sii sicuro di centrare
il colpo, mi raccomando.” – qui fece una breve pausa, arruffandosi con un gesto
scomposto i capelli corvini, con fare arrogante. – “Ti dimostri un Black, alla
fine. Tua madre ne sarà fiera, hai
tradito un amico e ne stai per uccidere un altro… la tua prossima mossa quale
sarà, quella di passare a Serpeverde?”
Proprio allora Peter si mostrò coraggioso per la prima volta
nella sua vita: si asciugò le lacrime con la manica della divisa, e con voce
decisa, seppur tremante, si schierò dalla parte ‘dei buoni’.
“Io sono d’accordo con James, Sirius! Remus è nostro amico,
ed abbiamo il dovere di aiutarlo… starà soffrendo.”
Potter lo guardò, sorridendo, poi tornò faccia a faccia con
Sirius, inarcando il sopracciglio destro, come a dire: ‘ti fai battere da
Peter?’
Sirius abbassò la bacchetta, ma non pareva voler demordere
nella sua convinzione: James aveva valicato un sottile confine, la linea
invisibile del suo orgoglio.
Aveva tirato in ballo sua madre, gli aveva dato del Black,
cose per lui del tutto inaccettabili.
“Forse hai ragione, James. Non sono maturo come te, anzi
sono sicuro che mi consideri un traditore. Ma non sono così stupido da farmi
sbranare. Ora, scusatemi…”
Aprì la porta della camera, e uscì sbattendola con tutta la
forza che aveva in corpo.
Gli altri due Malandrini si rabbuiarono, e Peter cominciò a
farfugliare qualcosa.
“Forse me ne sarei dovuto stare zitto…”
“Non pensarci neppure, Pete. Non è stata colpa tua. Sirius è
un tipo impulsivo… cambierà idea sicuramente.”
Ma lo avrebbe fatto sul serio?
James stesso non sapeva se le sue parole erano veritiere, ma
era certo che così dicendo Peter si sarebbe rassicurato, e così fu: sapeva che
Peter lo stimava moltissimo, e credeva ciecamente a ciò che gli diceva.
Gli faceva pena, Pete: era piccolo, grassoccio e semplice;
sembrava quasi un enorme topo, a causa dei suoi piccoli occhietti acquosi e dei
suoi capelli biondi talmente chiari da essere quasi incolori, grigi.
Si diresse verso la finestra della camera, osservando il
paesaggio al di fuori.
Da lì si scorgeva il Platano Picchiatore: chissà se avesse
potuto vedere Remus trasformato, mentre lottava contro il suo alter ego.
Una grossa luna piena, cremisi, come se stesse grondando di
sangue, era stagliata nella volta celeste, priva di stelle.
Era una luna antica,
vecchia di millenni, bugiarda e crudele come le vecchie streghe nei pensieri
Babbani.
Chissà perché ogni tanto la luna cambiava colore, diventando
rossa o gialla… erano poche le volte che aveva visto tale fenomeno, e tuttavia
solo ora si poneva tale domanda.
Forse Remus lo sapeva: dopotutto ormai erano quasi le due, e
se non ricordava male quella notte la luna si sarebbe ‘eclissata’ verso le tre
del mattino; perciò perché non andare a chiederglielo direttamente?
“Peter… fra un’ora che ne diresti di andare al Platano?”
Spiegò all’amico del suo piano, e di tutto ciò che avevano
bisogno; Minus acconsentì di accompagnarlo, al contempo intimorito ed
entusiasta.
Vedeva in James una specie di eroe, e adesso che erano solo
loro due – senza Lupin o Black – lui era il suo piccolo, fedele aiutante.
James anticipò poi a Peter un suo piccolo sogno, che ora
sarebbe stato ancora più bello da applicare, dato il ‘piccolo problema peloso’
di Remus.
Era un progetto estremamente difficile per dei ragazzi che
nemmeno avevano raggiunto i GUFO, ma loro non erano dei ragazzi normali, e niente
era impossibile per i Malandrini.
L’ora intanto passò velocemente.
Uscirono dalla camera alle tre precise, stretti sotto il
Mantello dell’Invisibilità, le bacchette sguainate al di sotto.
Imboccarono una strada celata da una grossa statua poco
distante dall’ufficio del professor Lumacorno, ovviamente conosciuta solo dai
Malandrini, e si inoltrarono verso la fine del tunnel; il viaggio fu breve e
tranquillo, dato che sapevano di gran parte dei passaggi segreti del castello, alcuni
probabilmente oscuri anche allo scorbutico Gazza.
Giunsero al di fuori quando l’orologio Babbano di James, lui
lo riteneva utile ed interessante, indicava le tre e mezza.
“Al Platano, giusto? Dobbiamo stare attenti all’albero più
che a Remus, quello vuole veramente la nostra morte…”
Peter ridacchiò sommessamente alla battuta di James, poi i
due si incamminarono verso la loro destinazione.
L’unico rumore che scuoteva leggermente l’aere era quello
dell’erba fresca, bagnata da una leggera rugiada, che crepitava allegramente
sotto ogni loro passo.
La luna era sparita da nemmeno dieci minuti, quando i due si
gettarono nel buio della notte, cercando l’amico.
“Manca poco…” – pensò James proprio allora, mentre l’ombra
del Platano si faceva sempre più vicina, e così il loro obiettivo.
La prima cosa che notò era che l’albero, stranamente, non si
dimenava, né i suoi rami sferzavano con violenza la prima cosa che si
avvicinasse al suo fusto.
Quando fu abbastanza vicino all’arbusto, finalmente lo vide:
un ragazzo vi si sosteneva a fatica, premendo un nodo nella corteccia; perdeva
molto sangue, e diverse ferite erano sul suo corpo, in particolare sulle
braccia.
Aveva folti capelli castani che gli arrivavano alla nuca, e
il suo volto era smunto e pallido, mentre i suoi vestiti presentavano ovunque
strappi e segni di una dura colluttazione.
Peter e James lo riconobbero subito, e col cuore in gola lo
chiamarono all’unisono.
“Remus!” – gridarono, e proprio allora giunsero dinanzi a
lui.
Remus sembrò al contempo sorpreso e felice: anche se avevano
appena scoperto il suo segreto, si sentì incredibilmente rincuorato alla vista
degli amici; d’altronde, lui stesso sapeva che prima o poi la verità sarebbe
venuta a galla, in un modo o nell’altro.
Si lasciò cadere sulle ginocchia, mentre James si abbassava
su di lui, per verificarne le condizioni, accorgendosi di un grosso taglio
aperto sul suo petto.
Caldo sangue ne fuoriusciva a fiotti, sporcando di rosso
l’erba sotto di lui: sembrava essersi ferito da solo, non trovando niente da
mordere, da rendere mannaro.
“Accidenti, Remus… sei ferito…” – sibilò James.
“Non è niente…” – disse Remus, biascicando le parole. Abbozzò
un occhiolino a Peter, nel vano tentativo di convincerli che stava veramente
bene. Si accorse allora che erano solo in due. – “E Sirius… dov’è…?”
“L-lui… n-non è qui.” – balbettò Minus, convinto che mentire
sarebbe stato inutile.
“Capisco. Immaginavo… che per lui sarebbe stato difficile
accettare…”
Asserì questo con una semplicità ed una rassegnazione
innaturale, che sorprese parecchio James.
Lui, invece, non se lo sarebbe mai aspettato dall’amico: era
rimasto inorridito alle parole di Sirius.
Perché Remus lo accettava in questo modo?
Era forse stupido?!
Sirius lo aveva tradito, aveva tradito la loro amicizia,
perché lui prendeva tutto quello con una tale leggerezza d’animo?
Un’improvvisa rabbia prese James, mentre pensava a tutte
quelle cose, un turbinio di pensieri ricolmi di delusione e tristezza.
“James… Sirius ha le sue buone ragioni. Tu e Peter siete un
po’ pazzi per venire a cercare un Lupo Mannaro” – disse Remus ridacchiando,
interpretando l’espressione dell’amico.
Un’improvvisa fitta lo colse: si toccò la ferita, la quale
ora si era gonfiata, ed una smorfia di dolore apparve per la prima volta nel
suo volto.
“Andiamo in infermeria, Madama Chips saprà cosa fare. Se
chiede cosa è successo mi inventerò una storia…” – mormorò James, il quale
parve non aver ascoltato le sue precedenti parole.
“Non c’è bisogno… Silente, Chips, i professori… sanno
tutto.”
“Ancora meglio” – irruppe in risposta Potter, facendo
appoggiare il ragazzo su di sé, ed aiutandolo a camminare verso il castello.
In quelle condizioni sarebbe stato impossibile stare sotto
il mantello tutti e tre, ma data l’ora era improbabile che qualcuno li
scoprisse, così avanzarono, ben visibili allo sguardo.
Attraversare il prato in quelle condizioni fu più stancante
del previsto: James, indebolito dalla mancanza di sonno, non sembrava più poter
sopportare da solo il peso di Remus, il quale non aveva più alcuna forza e si
lasciava trascinare dall’amico.
Peter era inutile: oltre a disporre di poca forza fisica,
era basso rispetto a James e a Remus, perciò non avrebbe fatto altro se non
rallentarli.
Fu proprio allora che un quarto ragazzo afferrò Remus per
l’altro braccio, aiutandoli in quella dolorosa traversata.
Nascondeva il proprio volto dietro i ciuffi mori dei suoi
capelli, ma un sorriso affabile era stampato sulle sue labbra.
“Non volevate prendervi tutto il divertimento, spero.”
“Sirius…” - sussurrò Remus, sorridendo a sua volta.
James e Sirius si guardarono, per un solo, interminabile
attimo: erano tornati gli amici di una volta, era bastato quel semplice gesto
per farli ritornare ‘i fantastici due’.
“Pensavo non avresti cambiato idea…” – iniziò reticente
Potter, notando che le luci del castello diventavano via via meno tenui.
“Anch’io. Ma certe volte ho bisogno di riflettere un po’ da
solo per mettere da parte l’orgoglio Black. Ho capito a quanto tengo a Remus, e
a tutti voi, che siete i miei unici, veri amici. Sapevo che, se avessi agito in
quel modo, vi avrei perso.”
“Eh… ecco il Sirius che conosco!” – esclamò James, ed i tre
risero, a parte Peter, che pensava ancora a quanta paura aveva avuto.
*
Erano passati tre anni da quella notte in cui i Malandrini
avevano rafforzato il loro legame, stretto ora ulteriormente dal segreto di
Remus.
Tante cose erano cambiate: Sirius era diventato molto più
avvenente e al contempo responsabile, mentre James molto più arrogante (segno
ne era quel suo scombinarsi i capelli in continuazione), seppure anteponeva
ancora l’amicizia a tutto il resto.
Remus era diventato prefetto, e, seppur spesso pallido e
malaticcio, aveva un non so che di attraente; era inoltre il più maturo fra i
quattro, oltre ad essere quello che riusciva maggiormente nello studio.
Peter era quello che era mutato di meno, invece: era sempre
basso e bruttino, ed inoltre aveva rafforzato quella sua abitudine di vedere
James come un dio, e quest’ultimo glielo lasciava fare con voluta tranquillità.
Quell’anno i Malandrini avrebbero dovuto affrontare i
‘terribili’ GUFO: Peter in particolare sembrava temerli, mentre James e Sirius
erano sicuri di ottenere un Eccellente più o meno in tutto; allo stesso modo lo
era Remus, il quale tuttavia aveva paura di prendere un brutto voto in Pozioni,
nel quale era decisamente un disastro.
Lumacorno non lo apprezzava, affatto: un Lupo Mannaro non
sarebbe mai diventato celebre o importante, e il professore sembrava evitarlo
con una certa accuratezza.
Remus si faceva quindi aiutare da una certa Lily Evans,
anche lei Prefetto di Grifondoro, la prediletta di Lumacorno.
Avevano avuto modo di conoscersi proprio quello stesso anno
sul treno, ma lei non aveva dato segno di apprezzare i suoi amici, in
particolare James Potter, ennesimo pallone gonfiato della razza maschile.
Lily pensava infatti che Remus fosse tra i Malandrini
l’unico da prendere, ed anzi si sorprendeva che un tale ragazzo stesse in
compagnia di quei tipi, uno peggio dell’altro.
Anche Peter non era male, se solo non si lasciasse
sodomizzare da quella serpe di Potter; Sirius invece era odioso quanto il
compare, e si divertiva a spezzare tanti cuori solo perché era di bell’aspetto.
Era un soleggiato giorno di Marzo quando Lily e Remus erano
in biblioteca a ripassare Pozioni, ed il resto dell’allegra banda Malandrina
fece il suo trionfante ingresso, sovvertendo completamente l’antica regola del
‘non parlare’.
James fu il primo a fiondarsi su Remus, giungendo alle sue
spalle ed arruffandosi i capelli in modo che Lily potesse vederlo.
La rossa, da parte sua, sembrò non gradire, anzi borbottò chiaramente
le parole ‘insopportabile’ e ‘montato’.
“Dobbiamo dirti…”
“…una cosa importantissima!” – completò Sirius, sopraggiunto
proprio allora, mostrando un sorriso a trentadue denti.
Cinque ragazze svennero subito dopo.
“Ma cos’è tutta questa fretta?” – chiese Remus, mentre gli
altri tre lo spingevano con foga all’interno della stanza delle Necessità:
sembrava che non riuscissero a trattenersi, anzi dovessero raccontare tutto
immediatamente al ragazzo.
Non aveva avuto nemmeno il tempo di scusarsi con Lily della
sua dipartita: James gliel’aveva impedito trascinandoselo via, nel vero senso
della parola.
“Allora…” – iniziò James, sfregandosi le mani con aria
divertita. La stanza si mostrava come uno dei tanti cortili della scuola,
giacché il loro desiderio era stato semplicemente quello di trovare un luogo
dove nessuno fosse potuto entrare. – “Io, messer Ramoso…”
“Ed io, messer Felpato…” – aggiunse Sirius.
“Ed io, messer Codaliscia…” – disse Peter, un po’ titubante.
Remus li guardò, alzando il sopracciglio con aria
interrogativa.
Cos’erano quei soprannomi?
Oltre ad essere incredibilmente ridicoli, pensò divertente
il fatto che James si fosse dato del ‘ramoso’, perché in qualche modo gli fece
venire alla mente qualcosa di cornuto… ed il binomio James-cornuto era a dir
poco esilarante…
“…siamo lieti di annunciare al messer Lunastorta che i qui
presenti sono riusciti a diventare Animagi, per cui io so trasformarmi in
cervo…”
“…mentre io in cane…”
“…ed io in topo!”
Dichiararono i tre mantenendo l’ordine di prima, lasciando a
dir poco di stucco Remus, che si rese conto di avere anche il soprannome più
decente fra i quattro.
Lunastorta rise proprio allora, raggiante, conscio che da
quel momento non sarebbe stato più solo, nemmeno durante le interminabili notti
di luna piena.
“Ragazzi… è fantastico!”
“Ed ora il nostro giuramento!” – disse Felpato, ridendo a
sua volta.
Ramoso, Codaliscia, Lunastorta e Felpato allungarono le
bacchette, incrociandole l’una sopra all’altra, mentre scintille rosse e dorate
fuoriuscivano da ognuna di esse.
“Giuro solennemente di non avere buone intenzioni!” –
esclamarono tutti insieme, felici, uniti da un’amicizia indissolubile.
“Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli
occhi.”
Fine.
Siamo arrivati alla
seconda storia su Remus Lupin. Speriamo che vi sia piaciuta!
Sicuramente Moony
gradirà tantissimo i commenti…datele notizie! Siamo curiose anche noi di sapere
che ne pensate! Prongs e Padfoot