Pinole Valley High School, 1989-1990,

di Neal C_
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16 Febbraio 1990


Mein Gott, che settimana. Un delirio dalla mattina alla sera.
L’avrò anche avuta vinta il primo giorno, con quelle storie sulla pulizia ma è stato maledettamente difficile mantenere la situazione tutti e cinque i giorni.
Adesso che ci penso cinque giorni fuori di casa sono un casino.
I miei non mi hanno chiamata e dubito persino che mi abbiano cercata.
Questo mi confonde un po’ devo dire, perché pensavo che avrebbero mobilitato la polizia, l’FBI, i pompieri, avrebbero assoldato un detective privato e vattelapesca.
Insomma, chi non lo farebbe per la propria figlia?
Meggy mi ha raccontato che, qualche anno fa, lei aveva avuto la brillante idea di trasferirsi da alcuni amici per un paio di giorni mentre i genitori erano in viaggio.
Peccato che i suoi avessero deciso di tornare un giorno prima, e, non trovandola a casa, si sono agitati, facendo l’impossibile per ritrovarla.
E invece con me... mah.

Che sia una strategia genitoriale-educativo-pedagogica e altre stronzate simili?
Comunque dicevo che è stato davvero difficile spiegare ad una casa intera che quando prendi una cosa poi devi rimetterla al suo posto, che quando finisci una bottiglia di birra è buona abitudine gettarla invece di collezionarle come trofei e medaglie al valore, quando fumi sarebbe bene usare un posacenere per non dover spazzare il pavimento per la cinquecentesima volta e così via.
Ogni tanto milito avanti e dietro con passo marziale, guardando  i poveri malcapitati con lo sguardo più cattivo e intransigente  che mi riesce, anche se dopo un po’ non faccio più paura a nessuno.
E Mike biondo-platino non mi aiuta per niente!
Beh forse avrò anche qualche pretesa ma almeno, non so, una mano a mettere a posto oppure ogni tanto una scenata ai suoi amichetti casinari mi sarebbero davvero utili.
Siamo già a venerdì, alle sei e mezza di venerdì e io sto preparando la colazione.
I cereali, il latte, il caffè e all’occorrenza i biscotti. Questo è tutto.
Almeno sono riuscita a comprare qualcosa.
In effetti ho dovuto attingere ai miei libretti di risparmio ma sempre meglio che vedere i miei degni compari rubacchiare in giro.
Ho dovuto penare anche per costringerli ad accompagnarmi a scuola ad un orario decente.
Non so come ho fatto a sopravvivere senza libri ma devo dire di essere meno ansiosa di prima, meno nevrotica, più rilassata. Insomma meno me, cosa che ha abbastanza stupito quelli che conoscevo.
Ho conosciuto un certo Fred che è davvero simpatico, un po’ idiota ma fa un sacco di battute carine e soprattutto, cosa che mi interessa più di tutto, ha una specie di furgoncino perciò lo ho subito ingaggiato perché accompagni a scuola me, Mike-biondo-platino, Billie, Al, Jason e una certa Christine, noiosissima, depressa e senza un minimo di personalità o autostima.
Poi ho scoperto che Al glielo chiedeva da secoli e lui gli rispondeva sempre per le rime.
Credo che non si stiano molti simpatici.
Bah, a me poco importa, l’essenziale è che arrivo alle otto meno un quarto.
Tra l’altro Fred mi adora, penso farebbe qualunque cosa per me.
Non so cosa adori di me visto che, agli occhi di quasi tutti, sono  “la rompicoglioni della squatter”.
E invece mi obbedisce come un agnellino e appena può  accompagnarmi o farmi un favore subito si presta con un entusiasmo inspiegabile.  Contento lui.
Sono le sette meno venti e se non si sbrigano vado in camera e li caccio dal letto a pedate.
Alla fine mi hanno dato la brandina di Jason nella camera con il matrimoniale e hanno cacciato quel poveretto a me sconosciuto mandandolo a dormire nel cubicolo, assieme a Patricia.
Grazie a Dio sono riuscita a convincere Dirnt che con quella là ci volevo avere a che fare il meno possibile.
Quindi per tutta la settimana ho dormito nella stessa stanza con Billie, Mike-biondo-platino, Jason e Al.
Quello che mi ha stupito stamattina, quando mi sono alzata, un quarto d’ora fa e ho dato un’occhiata
ai ragazzi che ronfavano alla grande ho notato che erano solo in tre...

Io sono l’unica mattiniera qui e non pensavo che Billie fosse il tipo da svegliarsi più presto del dovuto.
Ancora mi chiedo dove sia andato.

“Cristo, c’è del caffè? Sto cadendo dal sonno.”
“Ah!”
“Embè? Che c’è? C’hai una faccia...”
“Mi hai spaventata!”
“Scusi tanto, Ms Foster, suonerei il campanello se ce ne fosse uno.”
“Ma a che ora ti sei alzato?”
“Boh, verso le cinque e mezza.”
“Ma...perchè? Hai dormito solo due ore!”
“Non avevo sonno.”
“Cos’hai in mano?”
“Niente.”
“E dai, fammi vedere quel foglio!”
“Quale foglio?”
“Quello che tieni in mano!”
Gli indico il pezzo di carta mezzo stropicciato che sta cercando di nascondere nella sinistra.
Lui mi guarda con finto stupore e con l’espressione indulgente con cui si fissano i vecchi rincitrulliti o i malati cronici.
Mollo il mio mug con i cereali sul tavolo e mi avvicino alla sua mano sinistra, minacciosa.
Lui indietreggia ridacchiando, e io mi slancio per afferrargli il braccio, ma lui si scansa.
Faccio qualche altro tentativo ma Billie continua a sfuggirmi nascondendosi dietro il bancone della cucina, l’unica cosa in condizioni più o meno decenti in questa stamberga.

“Armstrong, prima o poi lo prendo!”

“Ah si?”
“Scommettiamo?”

Quello annuisce, accettando la sfida mentre io studio un modo per aggirare il banco e catturare il fuggiasco.
Ma lui, con mio grande stupore solleva la camicia della divisa scolastica, apre il primo bottone dei jeans e si caccia il foglio nei pantaloni.
Poi mi fa, con tanto di sorrisetto irritante e voce strafottente:

“Adesso prova a prenderlo!”
 
Non so cosa ribattere e metto il broncio.
Lui continua a prendermi in giro, dandosi qualche colpetto sulla patta dei jeans e invitandomi a vincere la scommessa:

“Dio, a prima mattina sei anche peggio del solito!”

Detto questo torno al mio caffelatte, stizzosa, e lo ignoro mentre lui afferra un bicchiere, lo riempie di caffè e ci inzuppa i biscotti dentro, mettendosi proprio accanto a me.
Ovviamente lo fa per provocarmi ma non me ne frega niente, che si tenesse i suoi stupidi segreti; sarà un’altra delle sue sdolcinate canzoncine d’amore.
Improvvisamente compaiono Jason, senza l’uniforme, come da protocollo, e Fred, con le chiavi della macchina in mano,  che sbadigliano e reclamano la loro colazione.
 Quante sorprese stamane, di solito devo svegliarli con i cannoni!


“Accidenti, oggi siete mattinieri!”
“E grazie al cazzo! Sono quasi le sette e venti!”
“Sempre molto fine Jay...COSA?!?!?!?”
“Ehi Virgin, che ti prende?”
“Fred, sono già le sette e venti?!?!?!? SIAMO IN RITARDO, CAZZO!!!”
“Rilassati Ms scommettiamo-così-perdo-perché-mi-cago-sotto”
“Armstrong, muori sotto un tram.”

Insomma, morale della favola, usciamo alle sette e mezza, con un mostruoso ritardo di un quarto d’ora, dopo aver appurato che quel giorno né Al né Mike-biondo-platino avrebbero mosso il culo.
Io mi ero quasi dimenticata della loro esistenza mentre incitavo Fred a mettere la quarta e ad andare almeno a cento all’ora, quando poi Billie si è lasciato sfuggire che Mike aveva un colloquio di lavoro part-time in un negozio di dischi, quello di cui parlava da giorni, e Al invece non aveva specificato il motivo.
Non sono abbastanza in confidenza con Al per insistere e poi siamo in ritardo quindi ho lasciato correre.
Durante il tragitto Fred accosta davanti ad un locale e Jason scende.
Io cerco di urlargli contro che è l’ennesima assenza che fa, che Mike biondo-platino sarebbe d’accordo con me nel dirgli che non deve bigiare anche oggi, e blablabla.
Peccato che lui se ne freghi altamente e mi sbatta la portiera in faccia.
Costringo Fred a mettere il turbo perché sono già le otto meno un quarto, orario a cui di solito io sono già là e giuro sulle pene dell’inferno che se non arriviamo prima delle otto li prendo a calci nel culo fino a che non saranno costretti a chiedere pietà.
E il mio caro Freddy, come al solito, esegue.
Arriviamo che non sono ancora scoccate le otto e io sono abbastanza compiaciuta nel constatare che abbiamo coperto una distanza di mezz’ora in circa venti minuti.
Io e Billie scendiamo;  saluto Fred con la mano e lui risponde suonando il clacson e stonando me e tutti i poveri malcapitati che stanno all’ingresso della Pinole Valley.
Comincio ad avviarmi di corsa sulle scale mentre noto il mio compagno più calmo e serafico che mai.

“Billie! E muovi il culo! Poi glielo spieghi tu alla Carson l’ennesimo ritardo?”
“Ok, se la vedi salutamela che io vado dal nostro coordinatore*.”

Non posso fare a meno di fermarmi di botto e mi giro a guardarlo, con un’espressione di sorpresa e meraviglia stampata in faccia.
Lui sembra pensieroso e non si degna nemmeno di spiegarmi questo mistero, nonostante la mia muta richiesta.
Alla fine lo aspetto, battendo il piede sulla scala, in segno di impazienza e sbotto, troppo curiosa per lasciar correre:

“Perché vai dal coordinatore?”
“Per fargli leggere quella lettera.”
“E cosa c’è scritto in quella lettera?”
“Vuoi leggerla?”
“Si”
“Allora prenditela.”
“Intendi cacciarla fuori dai pantaloni davanti al prof?”
“Se è necessario, si.”

Dio, quanto mi fa incazzare! Lo fa apposta!
Si diverte a fare lo stronzo, usa un tono mieloso, e ti guarda con quell’aria di sfida, tanto che vorresti prenderlo a schiaffi, quel bambinetto troppo cresciuto! Ma dove si avvia!
Dimostra appena quindici anni! Ma che tornasse al college!
Ma io non ho intenzione di cedere...che mi invento?!

“Aehm...anche io dovrei andare dal coordinatore*.”

Ah ah! L’ho stupito!
Mi guarda diffidente mentre prendiamo le scale per il secondo piano, affrettando il passo: nonostante le sue spacconerie nemmeno lui ha voglia di prendersi una sgridata, dal coordinatore poi.

“E che devi fare?”
“Davvero vuoi saperlo?”
“...”
“Davvero davvero?”
“Lo dici per dire...”
“Assolutamente no. Devo VERAMENTE chiedergli una cosa!”
“Cosa?”
“Non te lo dico.”
“Perché non hai niente da dire... e sei lenta a mentire.”
“Non è vero!”
“Si”
“No!”
“Si invece.”
“Nooooo!”

 

Continuiamo a rimbeccarci come bambinetti dell’asilo fino alla porta del ufficio del prof, quindi gli faccio segno di fare silenzio, poi busso.
All’inizio non si sente niente, poi una voce profonda e severa ci invita ad entrare.
Io mi infilo e vedo che lui esita ad entrare per cui finisco per afferrarlo per un braccio e trascinarlo dentro.
Una volta dentro lui sembra prendere coraggio e avviarsi verso la scrivania del prof, in silenzio.
Il foglio è misteriosamente ricomparso nella sua mano.
Per rompere quell’atmosfera un po’ tesa azzardo un “buongiorno” rispettoso e il prof sembra rispondermi con un grugnito.
Senza dire una parola Billie Joe si ferma dietro alla cattedra e porge all’insegnante quel foglio di carta spiegazzato.
Il prof lo spiega e da un’ occhiata avvicinandolo alle lenti degli occhiali e leggendo quasi a fior di labbra, troppo  velocemente perché io possa decifrare il suo labiale.
Dopodiché lo vedo alzare gli occhi con una freddezza che gela e una punta di disprezzo e sento la sua voce che dimostra un disinteresse sconcertante:

“Lei chi è?”

Non posso fare a meno di sentirmi ferita per il trattamento che sta riservando a Billie, una crudele e inutile umiliazione qualunque cosa lui abbia messo per iscritto.
Sa perfettamente lui chi sia, è un suo allievo, ne avrà massimo una quindicina, tutti schedati, e, di questi tutti, Billie è sicuramente quello che ha visto più volte e di cui ha sentito parlare di più! 

Chissà quante lavate di capo gli ha fatto!
Armstrong non sembra particolarmente colpito da quella ostilità e aggiunge, con tono grigio e neutro:

“Se per favore vuole segnarlo, la lettera gliela lascio. Il mio indirizzo ce l’ha.”
“Lei è nato nel febbraio del ’72?”
“Il diciassette.”
“Oh, allora non ci sarà bisogno del suo indirizzo o mi sbaglio*?”
“No.”
“Può andare.”
“Addio.”

Billie mi passa davanti senza vedermi. È una maschera di indifferenza e io ancora non sono sicura di aver capito cosa è successo in questa stanza.
Sento i suoi passi che si allontanano e vorrei corrergli incontro quando lo sguardo del coordinatore mi cattura.

“Ms Foster, buongiorno. Non l’avevo riconosciuta.”
“Buongiorno.”
“Ha qualche richiesta da farmi?”
“...Io...”
“Cerchi di accorciare i tempi, lei ha una lezione e io avrò sicuramente il mio daffare. ”
“Si...mi scusi...pensavo di...insomma...”
“Si?”
“Di...iscrivermi a...un corso di orientamento, si.”
“Capisco. A quale è interessata?”
“Aehm...quello di...medicina”
“Università?”
“L’UCLA, sir.”
“Quale prego?”
“University of California.”
“Oh, adesso la capisco.”
“Si, mi scusi.”
“Bene, allora le farò sapere quando potrà avvenire l’incontro con il docente di competenza.
Riceverà una lettera da noi al più presto, le farò fissare un appuntamento per la settimana prossima.
Il referente sarà il Prof.  Wellington.”
“Grazie, arrivederla e buona giornata.”
“Buon proseguimento.”

Esco alla svelta e per poco non mi vengono i brividi.
Che cosa diamine c’era scritto in quella lettera?! E perché tutto quel gelo?

Mi dirigo pensierosa e nemmeno tanto di corsa verso l’aula di fisica.
Tanto ho già fatto tardi, ne approfitterò per saltami l’ora di inglese.
Ho un’ottima scusa, è un’occasione per non vedere la brutta faccia della Carson, perché esitare?

*****************

Quando esco di scuola trovo ad attendermi Juls.
Sono talmente felice che gli corro incontro e mi getto fra le sue braccia.
Dopo sette ore di scuola sono distrutta e avevo proprio bisogno di vedere una faccia amica.
Lui sembra ignorare suo fratello, Mike, che ci sorpassa senza nemmeno un cenno, come se non esistessimo.
è inutile. Mike non mi parla e non mi ascolta.
Mi ignora ma in un modo ancora più crudele di quanto faccia Jenny.
Lei almeno è sparita e non si è fatta più vedere né trovare.
Mike invece frequenta le mie stesse lezioni, parla con Meggy e con Sab davanti ai miei occhi ma quando si tratta di me sembra che io non esista.
A pranzo, se mi siedo vicino a lui e alle altre del gruppetto lui si alza e se ne va.
Quando c’è lui con Sab o Meggy o chiunque altra delle mie compagne, loro sono costrette ad ignorarmi. E le capisco poverine.
In fondo sono quasi cinque anni che scelgono gli stessi corsi, fanno le stesse attività, escono insieme, e si sentono un gruppo solido e non sarò io, una arrivata quest’anno,  a mettere in dubbio la loro amicizia
Non me la sento nemmeno di metterle in difficoltà in questa maniera e quindi ho preso l’abitudine, a pranzo, di sedermi una volta con una, una volta con l’altra, una volta in compagnia di altri studenti, magari anche a me sconosciuti o conosciuti di vista.
Così do la possibilità a Mike di mantenere i suoi spazi, le sue amicizie senza creare grandi imbarazzi.
E poi dice che sono io la stronza. 
Tornando a Juls, non mi sembra affatto sconvolto del comportamento di suo fratello e, davanti ad una mia occhiata interrogativa, scrolla le spalle, indifferente:

“Abbiamo litigato.”
“Perché?”

Lui non risponde e si avvicina a me, superando la distanza di sicurezza.
Mi bacia dolcemente sulle labbra, sfiorandomi il naso.
Piuttosto casto come bacio, tiene la lingua a posto, ma rimane lì appoggiato alle mie labbra per un tempo che sembra infinito.
Dopo un po’ mi allontano, un po’ a malincuore, ma non ho nessuna intenzione di darlo a vedere.
Con quest’uomo bisogna mantenersi forti e intransigenti perché rimanga docile come un agnellino.
E poi ormai sono talmente abituata a fare il generale nazista che mi viene quasi spontaneo farlo con il mio ragazzo.

“Juls, perché avete litigato?”
“Uff...perchè lui ha scoperto di noi due. Ha visto tutto dalla finestra, quello stronzetto.”
“Embè?”
“Beh, sai com’è Mike. Quando pianta le sue grane diventa insopportabile.”
“Cristo...”
“Già.”

Gli mollo la mia borsa, con una smorfia di stanchezza sul viso e ci avviamo, abbracciati verso la sua auto.
Lui lascia la mia cartella sul sedile posteriore e si mette alla guida, io accanto a lui e gli schiocco un bacio sulla guancia prima che metta in moto.
Qualche volta anche io ho qualche moto di affetto, specie per questa specie di idiota patentato che è rimasto a fare il pesce lesso per tutto il tempo prima di essere preso all’amo dalla generale nazisten in questionen, ya woll.

“Ehi, domenica Jenny se ne va.”
“Di già?”
“Vig, lei doveva già partire una settimana fa.
Ha ritardato perché aveva degli ultimi ordini da portare a termine.”
“Vuoi salutarla e scusarti con lei?”
“Io non ho niente di cui scusarmi.”
“Lo sai cosa intendo, Juls.”
“Non ho proprio niente di cui scusarmi, Vig.”
“Julian, per piacere.
Certo non è stato carino quello che le abbiamo fatto!”
“Vig, io ho sempre fatto così con tutte. Se lo doveva aspettare.”
“Me lo devo aspettare anche io?”
“Amore, non dire stupidaggini.”

Non so se chiami “amore” tutte quante ma questo basta a sciogliermi.
Gli sorrido, un sorriso idiota, cotto, come solo quello di una ragazzina innamorata può essere.
E lui non è da meno. Che coppia.

“Gli Sweet Children pensavano di organizzare una festicciola con concerto alla squatter per salutarla, domani.”
“è una splendida idea! Così magari riesco a parlarci!”
“Davvero vuoi parlarci?”
“Juls, non ricominciamo.”
“Sai, secondo me, gli unici con cui dovresti parlare sono i tuoi.”
“Cosa?”
“Mammina e paparino. Mr e Mrs Foster.”
“O meglio detti il cornuto ingenuo e la puttana stronza.”
“Non fare la stupida, amore.
Non lo sai se è andata veramente così.”
“E come altro cazzo potrebbe essere andata, eh?!
Erano a letto! Insieme!”
“Ma lo ammetti anche tu che erano completamente vestiti e solo accostati l’una all’altro.
Secondo me ti fai i film.”
“Ah e io mi farei i film?!?!?”
“Amore...io volevo presentarti ai miei e vorrei la stessa cosa con i tuoi.”

Questo mi lascia davvero a bocca aperta.
Ma se stiamo insieme da una settimana a malapena!
Gli ha dato di volta il cervello?!
Perché non mi fa una proposta di matrimonio, già che c’è?!

E poi cos’è quest’ansia di conoscere i miei?!
Quest’uomo è davvero strano.

“Juls, io e te siamo fidanzati da cinque giorni.
Ma quali presentazioni e presentazioni!”
“Perché?”
“Mica ci dobbiamo sposare!
Adesso metti ansia!”
“E questo che cazzo mi significa?”

Sento la sua voce indurirsi. Oddio, ma perché devo proprio litigare con tutti in questi giorni?!
Va bene, le mie capacità diplomatiche non sono un granché, forse faccio male a dire ciò che penso, forse sono troppo brusca ma non è colpa mia se le persone dicono idiozie e poi vogliono anche che gli si spieghi perché sono stronzate!
Ma non voglio litigare con Juls, cazzo.
Mi sento così bene quando c’è lui, quando mi stringe, gli basta un sorriso e la mia giornata si fa soleggiata. Mi sento troppo bene per litigarci.

“Hai ragione, scusa amore, sono stata un po’ brusca.
Non volevo dire che non ti presenterei mai ai miei ma solo che forse è un po’ presto.”
“Vig, io quest’estate vorrei trasferirmi a Los Angeles e voglio che tu venga con me.”
“Cosa?!”
“Amore, io farò il conservatorio e tu potrai scegliere la facoltà che vuoi.
Io ho già un appartamento che mi ha procurato un amico e i miei hanno già versato tutto in un fondo per pagarlo. Tra un mese avrò quell’appartamento e tra sei mesi vorrei stare lì, con te.”
“Il c-conserv-vatorioo?”
“Suono il piano, è l’unica cosa che mi interessi davvero. Per questo ho abbandonato la scuola.
Non mi interessa studiare quella roba lì. Io voglio fare il conservatorio e basta. ”
“Tu...hai abbandonato la scuola?!”
“Si. Ma ho intenzione di studiare sodo a Los Angeles e magari fare un concorso per la cattedra di composizione.”
“C-comp-posiz-zione?”
“Amore, sarò anche la capra della famiglia ma sono pur sempre il fratello di Mike.
E scrivo anche qualche pezzetto per piano jazz.”
“Ah”

Non ci posso credere.
Stiamo decidendo il mio futuro a tavolino?
Prima nello studio del coordinatore, con quello scherzo dell’UCLA e adesso con Juls e i suoi progetti di trasferirsi a LA.
Sono sconvolta.
Punto uno: non conoscevo tutte queste cose di Jules, mi sembrava un imbecille qualsiasi e invece...
Punto due: andare a vivere insieme a lui significa che è una cosa seria. O no?
Punto tre: ma davvero voglio fare medicina all’ UCLA?!?!


“Vig, non dici niente?”
“Non so che dire.”
“In che senso?”
“Beh, non avevo mai pensato al mio futuro, non così in fretta almeno.”
“Allora farai pace con i tuoi?”
“Io...ci proverò.”
“Perfetto”

Improvvisamente lui sembra invertire la marcia e cambiare strada.
Sul momento non faccio domande, anche se mi sembra abbastanza strano almeno quanto la sua risposta, ambigua.
Poi quando mi accorgo che stiamo andando esattamente nella direzione opposta a quella che dovrebbe essere chiedo, accigliata:

“Juls, non ti sei nemmeno imparato la strada?”
“Oh, la so benissimo, tranquilla.”
“Ma stai andando nella direzione opposta!”
“Stai tranquilla che siamo quasi arrivati.”

Con orrore lo vedo imboccare Ramona Street e poi fermarsi proprio davanti casa mia.

Lui scende e viene ad aprirmi la portiera.
Mi appoggia le sue mani sulle spalle e mi guarda fisso con quei suoi occhi scuri.

E allora sento che farei anche miracoli per lui. Dio, quanto sono ridicola.
Ci scambiamo un altro bacio e stavolta, prima di allontanare il suo viso dal mio, mi da un piccolo morsetto sulle labbra. Poi è la volta di un sorriso di incoraggiamento e di una carezza sul viso.
Mi sussurra all’orecchio:

“Stendili tigre. Ricordati, io e te a LA.”

Scendo dall’auto, rincuorata.
Qualunque cosa mi dicano, io ho intenzione di andare a vivere con Jules a LA e nessuno mi fermerà.
Adesso che ho capito che la cosa è vera e non una sua fantasia allora voglio mettercela tutta, per me, per lui e per il nostro futuro.
Non so se farò veramente medicina ma non sarebbe una cattiva idea...
Ok, basta Vig, concentrati.
Busso alla porta e quasi spero che non apra nessuno. Poi mi trovo davanti papà.
Papà?! Ma oggi è venerdì! Lui dovrebbe essere a lavoro, all’UCLA!
Ci guardiamo, io ancora stordita dalla novità e lui dall’emozione.
Ha le occhiaie. Probabilmente non dorme bene da almeno tre giorni.
Non ci posso credere. Non va a lavoro e non dorme...per colpa mia?!
Questa cosa mi fa sentire un verme e sento venire meno anche la mia rabbia e la mia arroganza.

“Virginia”
“Papà.”
“Entri?”
“Si.”

Si fa da parte e io metto piede in casa, finalmente.
Passo per l’ingresso, arrivo in salotto e mi siedo sul divano, lui mi segue e mi lascia in attesa mentre sale al piano di sopra, probabilmente a chiamare la mamma.
Se papà è in queste condizioni come starà mia madre?
La mia mammina quasi al settimo mese.
Questo però non le ha impedito di scoparsi Frank!
Ma...sarà vero?

Devo aspettare davvero poco. Nel frattempo scorgo, dietro la poltrona, in un angolo del salotto degli scatoloni appena arrivati di abitini per neonati, di salviettine, di pannolini e cose simili.
Dio, quanto mancherà ancora?
Prima Franz sembrava così lontano e invece adesso mancano solo due mesi e mezzo e i miei hanno già ordinato e preparato la roba per il bambino.
E intanto chissà quanto hanno sofferto per colpa mia.
I miei sensi di colpa aumentano ogni secondo che passa e comincio a mangiucchiarmi le unghie, imprecando perché i miei ci mettono così tanto a scendere.
Avevo voglia di fare loro una scenata e comportarmi da perfetta adolescente intrattabile ma mi sta passando la voglia.
Anzi mi mordicchio il labbro furiosamente e sento immediatamente la gola secca.
Mi allungo in cucina per prendere un bicchiere d’acqua e scorgo decine di confezioni di pappette per neonati, latte in polvere e altre schifezze varie, compresa una grossa confezione di cioccolato.
Quella sarà per mamma credo, anzi spero.
Ma lei sarà ancora in grado di reggersi in piedi o sarà diventata talmente grossa da non riuscire più a spostarsi?
Improvvisamente cominciano ad assalirmi mille paure, che le possa succedere qualcosa, che possa succedere qualcosa a Franz...MEIN GOTT, BASTA!
Calma, Vig.
TuSeiArrabbiataTuSeiArrabbiata...anzi Incazzata nera!

Quando torno in salotto trovo mia madre sul divano e la sua pancia mi sembra occupare tutto il divano.
Lei tende le braccia con un sorriso commosso e quasi piange di gioia nel vedermi.
E io rimango lì come un’idiota, presa in contropiede.


“Virginia!”
“Mamma...mi dispiace.”

Senza un minimo di amor proprio, corro ad abbracciarla e mi sembra così fragile mentre è china su di me in una posizione davvero scomoda. Così la sua pancia urta contro il cuscino del divano su cui è seduta e non le fa bene che qualcosa le faccia pressione, da nessuna parte, men che meno sulla pancia.

“Mamma...così ti fai male.”

“Hai ragione. Ma siediti vicino a me, ti prego e raccontami dove sei stata e cosa hai fatto in questi giorni.”

Ritira le braccia, le labbra stirate in un pallido sorriso, serafica, sembra che le sue rughe si distendano ora che sono lì vicino a lei.
Comincio a raccontare tutto, senza censure, prima di Mike, di Juls, poi della squatter, e in quel caso devo omettere qualcosa, ma, se mio padre ogni tanto aggrotta la fronte, gli occhi di mia madre continuano a brillare per tutto il tempo finchè fra noi non cade il silenzio.
è Josh Foster a rompere per prima quell’atmosfera un po’ imbarazzante, almeno per me che sto annegando nei sensi di colpa.

“Allora, Virginia, sei stata a dormire da questo amico, Mike.”
“Si, ma non Mike Edwards, Mike Dirnt...cioè Pritchard.”
“Capisco. E quel ragazzo di cui ha parlato la mamma, biondo e scapestrato?”
“Chi?”
“Quello lì che ti ha accompagnato a casa sei giorni fa.”
“Ah lui...”
“Quello è Mike Pritchard?”
“...si.”
“Capisco.
Vig, vorrei che passassimo sopra a tutta questa storia della mamma.
Capisco che tu ci abbia visto un po’ più lontani e invece hai sentito la presenza di Frank come un’invasione in famiglia ma in parte è anche colpa mia.
Avevo promesso che ci saremmo visti più spesso e invece questa è la prima volta che vengo a casa, dopo un mese.
Ma adesso ti posso giurare che verrò ogni week-end perché equivoci del genere non capitino più.
E poi tu sai bene che la mamma è prossima al parto.
Quindi vorrei davvero dimenticare la questione e concentrarci sull’arrivo di Franz.
Saremo una magnifica famiglia felice. E ti vogliamo con noi.”
“Papà...è per me che non sei tornato all’università?”
“Ho voluto esserci e dare tempo al tempo.”
“Grazie papà. Scusatemi tutti e due, sono stata...una stupida.”
“A questo punto però vorrei farti una richiesta”
“Anch’io.”
“Si, dimmi.”
“No prima tu.”

Scorgo uno sguardo preoccupato di Josh Foster che saetta verso la mamma.
Sembra un argomento delicato da come esita ad affrontarlo.
Gli sorrido per rassicurarlo. In questo momento mi sentirei disposta ad ascoltare qualunque richiesta,
anche la più pazza.
Per un attimo tutta la questione di Frank mi sembra irrilevante. Non saprei dire se la mamma è veramente innocente poiché nessuna argomentazione mi ha veramente convinta eppure non mi importa.
Papà si fida, e decido di fidarmi anch’io.
Quanto mi è mancata la mia famiglia!

“Ci hai raccontato tutto e questo è stato molto bello da parte tua anche se sono rimasto abbastanza perplesso nel sentire nomi sconosciuti e questo vale sia per me che per la mamma.
E, a questo punto, vorrei incontrarli, conoscerli, vedere che gente frequenta mia figlia.
è gente che non hai mai portato a casa, di cui sentiamo parlare solo ora ma che, suppongo, conosci da tempo visto che ti ha ospitato e ti ha trattato con tanta familiarità.
Magari sapere qualcosa dei loro genitori, dove vivono, cosa pensano di fare nella vita.
Vogliamo partecipare della tua vita.
Poi non ti seccheremo più, potrai stare da loro quanto vorrai, perché oramai mancano pochi mesi ai tuoi diciott’anni e ne avresti anche il diritto.
Pensi che sarebbe possibile invitarli domani o dopodomani?”
“Ah. Aehm...si, certamente...”
“E vorrei anche rivedere quella deliziosa Jenny e chiederle qualcosa sul tubo di scappamento della moto che ha qualcosa che non va.”
“Ok...vedi, domani c’è una festa di addio per Jenny. Lei si trasferisce da uno zio a Los Angeles che ha bisogno di qualcuno che badi alla sua officina. Parte domenica.”
“Josh,  non sarebbe carino organizzare la festa qui?”

Mia madre mi lascia a bocca aperta certe volte.
Ma Jenny non accetterebbe mai di venire ad una festa organizzata a casa mia, se lo sapesse!
Già. Se lo sapesse, ma altrimenti...
Ok, devo organizzare i dettagli.

“Ottima idea mamma! Papà avrò bisogno del garage con le prese!”
“Le prese?”
“Beh, per gli amplificatori. Hanno una band e sicuramente vorranno suonare qualcosa.”
“Oh, questa non è roba per me. Chiedi a tua madre che sa tutto di band e di scapestrati di strada.
è la sua adolescenza non la mia.”

“Io mi occuperò del buffet, sarà una festa con i fiocchi!
Amore, quante persone più o meno?”
“Beh, ci saranno molti infiltrati quindi...facciamo una settantina?”
“Una settantina?!?!”
“Sai pà, si usa così. E poi non so esattamente quanti amici abbia Jenny.”
“Va bene, lascio a te e alla mamma organizzare tutto.
Basta che una volta alla festa mi presenti tutti quelli che ho sentito nominare:
quel Mike, quel Bill, quel Jason, quell’altro...Al, o Fred o George o che so io.”

Si alza, soddisfatto e decisamente rasserenato, adesso che abbiamo preso un accordo.
Quasi quasi tira un sospiro di sollievo. Come dargli torto?
Deve essere un incubo fare questi discorsi con una figlia adolescente. Ecco perché non avrò mai figli.
Per un attimo penso a Juls e mi ricordo che è ancora fuori in macchina, probabilmente sintonizzato su chissà quale canale rock o jazz o che so io.

“Aspetta papà!”
“Si?”
“Anche io devo farvi una richiesta.”

Si risiede e solo adesso mi accorgo che devo introdurre un discorso un po’...delicato.
Il fidanzato. Come parlare del proprio fidanzato con i tuoi?
Adesso mi toccherà ingegnarmi per spiegarglielo nel modo più soft possibile.
Gli parlo del nostro incontro, del litigio con Jenny, del fatto che è il fratello di Mike Edwards, di come la loro sia un’ottima famiglia beneducata ecc ecc.
E alla fine azzardo:

“Pensavo di andare a fare medicina all’UCLA e lui ha un appartamento a Los Angeles.
Vuole fare il conservatorio. Studia piano-jazz.”
E...pensavo di condividere con lui l’appartamento.
“Non se ne parla! Non lo conosciamo nemmeno!”

Ecco lo sapevo.
Fortunatamente mamma fa sentire la sua voce alzando la mano come se questo potesse calmare l’indignazione di papà.

“Amore, forse siete un po’ precipitosi?”
“Mamma, tra poco dovrò scegliere la mia facoltà, e certo non rimarrò qui a Rodeo, né a Berckley o in altri posti sconosciuti. Voglio studiare a LA e là avrò bisogno di vitto, alloggio, sostegno... quale occasione migliore?”
“Prima vogliamo parlarci.”
“Ok, ve lo chiamo.”
“Cosa?”
“è qui fuori che mi aspetta in macchina.”
“Guida la macchina?! Ma quanti anni ha?!”
“Ventuno.”
“E non si è ancora iscritto all’Università?!”
“è stato bocciato un anno e poi si è preso un anno sabatico.”

Meglio che non gli dica che ha abbandonato la scuola anche lui.  Poi non avrei speranze.
I miei non sembrano molto convinti ma alla fine cedono e io corro a chiamare Juls.
Lui subito si distoglie dalla musica rumorosa che sta ascoltando e mi chiede come è andata.
Non gli dico una parola, lo prendo per mano, lo invito a seguirmi e lui non fa altre domande.
Per un attimo, mentre superiamo la soglia di casa lancio un’occhiata ai suoi soliti vestiti.
Jeans chiari e scoloriti, maglietta intima bianco panna che spunta fuori dalla camicia di flanella a quadrettoni rossastra, nera, giallina,  in perfetto stile country.
E quando giunge al cospetto dei miei posso vedere le occhiate indagatrici di mio padre e il sorriso divertito di mia madre.

“Buongiorno.”
“Ciao, tu sei...?”
“Julian Edwards.”
“Capisco. Il fratello di Mike.”

Mamma tace.  È papà a condurre l’interrogatorio.
Gli chiede di tutto, della sua famiglia, dei suoi studi dei suoi interessi, le sue conoscenze, come mi ha conosciuta, dei suoi progetti per il futuro compreso l’argomento “LA” e persino come trovi sua figlia e cosa pensi di lei e della nostra famiglia e come ha intenzione di conviverci.
Ogni tanto, imbarazzata, mi schiarisco la voce per avvertire papà che sta esagerato, e lui qualche volta mi ascolta e qualche volta no.

“Non hai ancora fatto niente con mia figlia, no?
Solo qualche bacetto, qualche carezza, niente mani addosso, vero?!”
“PAPA’!”
“Aspettate ancora un anno, ammesso che andrete davvero a vivere insieme.
Mi raccomando!”
“Stia tranquillo,  signor Foster, sua figlia aveva già ribadito questa regola, tempo fa.”
“Bene, me ne compiaccio, figliolo. Ho una ragazza saggia, io.
E tu chiamami pure Josh.”

Le sue ultime tre parole bastano a farmi scoppiare il cuore di felicità.
è fatta! L’ostacolo papà è superato!

****************

Ieri, dopo l’incontro con i miei, Juls mi ha accompagnata a prendere le mie cose, per trasferirmi di nuovo a casa mia.
Ho riferito l’idea di mamma a Mike-biondo-platino e a Billie;
Dirnt non ci ha trovato niente da ridire anzi l’ha trovata un’ottima idea, anche perché, fra il mio giardino e il garage c’è molto più spazio in cui ospitare gente, poi c’è il prato, si sta all’aria aperta, e, quando gli ho detto che mia madre si sarebbe occupata di torta e vivande è rimasto piacevolmente impressionato.
Billie è stato più difficile da convincere:

“No.”
“Perché no?”
“Sarebbe una grande idea se non ci fossero i tuoi.
Non voglio essere guardato come se fossi un animale da circo o magari l’essere più immondo di questa terra!”
“Billie, mio padre ha espresso il desiderio di conoscervi...hai in programma di cambiare aspetto e personalità nel giro di qualche giorno?
Dovrete incontrarvi prima o poi e questa è un’ottima occasione, perché ci sarà tanta di quella gente che ti assomiglia che lui sarà sconvolto dal contesto e non ti giudicherà più mostruoso di altri!”
“Innanzi tutto che cazzo se ne fottono i tuoi di chi sono e cosa faccio nella vita!?
Adesso anche un illustre sconosciuto deve farsi i cazzi miei?!”
“Senti...fallo per me e Juls, ok? Era una delle condizioni per considerare il progetto “LA”!
Come puoi essere così crudele!”
“Non me ne fotte un cazzo del vostro nido d’amore! Suonerò una merda per colpa tua!”
“Allora lo farai? Grazie, Billie Joe!!!”
“Vaffanculo.”

Insomma, a modo suo, anche lui mi ha detto di si.
E questo mi ha aperto la strada. Il concerto veniva spostato al numero 2388 di Ramona Street!
L’unico problema era riferire a Jenny che il posto era cambiato e che per di più la cosa si faceva a casa mia, la stronza che le aveva rubato il ragazzo.
Alla fine abbiamo concordato uno stratagemma, una brillante idea di Fred: siccome bisognava organizzare delle macchine e dei furgoncini che portassero gli invitati a casa mia, Fred sarebbe andato a prendere Jenny insieme ad altre dieci persone e l’avrebbe portata alla festa.
Con tutta la confusione che c’è sempre in auto, di canti, di grida e cazzate varie certo lei si sarebbe accorta troppo tardi della destinazione e una volta arrivata avrebbe trovato un’accoglienza da nobel e non avrebbe certo osato girare i tacchi e andarsene. O almeno spero.
Intanto io e papà, ieri sera,  abbiamo appeso dei fili su cui andranno i teli che dipingeranno Matthew, Fred e Jason, stile festoni, dedicati a Jenny, poi ho tosato l’erba del prato, spazzato il vialetto, accatastato la roba che stava in garage nello stanzino, papà ha spostato la macchina, all’esterno e la moto in fondo alla parete del garage e l’ha coperta con un panno, abbiamo pulito il garage.
Stamattina, ci siamo alzati tutti presto, la mamma ha fatto diversi dolci, tutti enormi per la gioia mia e degli invitati, al cioccolato, alla crema pasticcera e panna, pandispagna e tiramisù e  mio padre ha montato i due barbecue per sedici (quindi in tutto trentadue, si...non so perché ce li abbiamo in casa ma meglio così. Risaliranno al periodo in cui mamma guardava le televendite...mah...) e ha comprato cinque chili di hamburger e salsicce, almeno trenta confezioni di pomodori e di insalatina di contorno, il burro d’arachidi, otto chili di panini all’olio, dieci chili di pizza, fra margherita, quattro stagioni, patatina e wurstel e prosciutto e funghi, poi dieci chili di banane e di mele, due casse di coca cola, cinque casse d’acqua, su mia specifica indicazione, sei casse di birra, tre scatole di patatine e ovviamente buste e buste di carbonella.
Non so se vogliano offrire anche il caffè ma non me ne stupirei.
I miei hanno davvero un grande senso dell’ospitalità.
Per qualsiasi emergenza abbiamo due scatole piene di buste del caffè. Non si sa mai.
Dire che si strafogheranno è poco.
Abbiamo trascinato in giardino e nel garage dei tavolini di plastica e delle panche su cui appoggiare il cibo, piattini, bicchieri, forchettone, coltellini di plastica e tovagliolini di carta.
Papà si è già messo ad accendere la carbonella, anche perché ci vuole un po’ prima di poter cuocere un hamburger che non esca una schifezza.
Io mi sono assicurata che mamma non si affaticasse troppo.
Lei sembra così tranquilla e serena, specie dopo il mio ritorno;
io invece, ho sempre paura per lei e la sua pancia.
Adesso dobbiamo solo aspettare e, tra meno di un’oretta la gente comincerà ad arrivare.

Juls è il primo ad arrivare e porta gli Sweet Children con tutte le attrezzature musicali.
Stanno già cominciando a scaricare quando mio padre li raggiunge con aria indagatoria.
Juls è il primo a salutare ma nessun altro dei ragazzi si accorge di Josh Foster che continua a fissarli, ogni tanto schiarendosi la voce e tentando così, inutilmente di attirare l’attenzione.
Come al solito il mio ragazzo interviene per non creare imbarazzi:

“Ragazzi! Vi presento Mr Foster! Josh come andiamo?”
“Bene, figliolo.”
“Chi?”
“Cos...ah...aehm...buongiorno. Piacere, Mike Dirnt.”
“Ah, si, scusi tanto. Piacere, Billie Joe Armstrong.”
“Buongiorno. Sono John Kiffmeyer.”
“Io Jason, Jason Relva.”
“Io Matthew Addiso...UOOOH!!!”
“MA PORCA PUTTANA MATT!!! Che cazzo hai al posto delle mani, dei budini?!?!
Se qualcuno mi scassa un altro fottutissimo amplificatore, prendo quello che ne resta e glielo ficco nel culo!!!”
“Aehm...Billie...”

Mio padre è rimasto allucinato. Sposta lo sguardo fra Matt che ha dovuto appoggiare l’attrezzatura a terra per non incorrere in ire funeste e salvare la pelle e Billie che si è fatto tanto rosso in faccia che sembra esploda da un momento all’altro; o forse lancerà fiamme, non so, comunque non sembra davvero un buon momento.
Tra l’altro Armstrong non è per niente scandalizzato, anzi, si rivolge a mio padre, ancora incazzato e commenta, quasi aspettandosi che lui gli dia ragione:

“Sa quanto costa un amplificatore come si deve? O anche uno di merda...costano tutti un patrimonio!
Ma le pare normale che devo spaccarmi il culo per ripagare un cazzo di amplificatore solo perché è la terza volta che me lo scassano in un anno?!”

Io lancio uno sguardo disperato a Mike-biondo-platino che ha la faccia di quello che sta per schiattare dalle risate ma che si trattiene a stento.
Tutti gli altri sembrano annuire e dare ragione a Billie facendo sentire il povero Matt una specie di verme.
Lancio un’occhiata terrorizzata a mio padre ma lo vedo improvvisamente calmo.

“Hai perfettamente ragione, ragazzo.”

Per poco non svengo. Oddio, ho sentito bene?!
Josh Foster, non solo non fa una scenata, non si indispone per la sequela quasi ininterrotta di parolacce che Billie è riuscito a pronunciare in sole cinque frasi, non lo guarda con quell’ espressione scandalizzata che si aspetterebbe chiunque sano di mente, ma gli dà pure ragione!
Cosa è successo a mio padre negli ultimi sei giorni?!?!

“Oh, beh, grazie.
Scusi, dov’è che possiamo scaricare tutto? Avete delle prese?”
“Venite pure. In garage.
Toglimi una curiosità, ragazzo, tu sei quello che ha rifiutato l’uniforme, quello di cui si parlava all’inizio dell’anno?”
“Beh...si.”
“Me lo immaginavo.
Vig, quale è stato il mio commento quando ci hai raccontato quell’episodio?”
“Un ragazzo con le palle.”
“Già proprio così.”
“Ah...ecco...grazie.”
“Allegro allegro, ragazzo, sbrigatevi a sistemare la vostra roba.
Suonate voi no?”
“Si, infatti.”
“E allora ad accordare le chitarre, a provare gli strumenti, march!”

Osservo Billie passare dall’imbarazzo per il “complimento” ad un’espressione piacevolmente sorpresa, tanto che gli esce spontaneo un sorriso entusiasta.
Poi tutti insieme tornano a scaricare le attrezzature e Jason mi consegna i teli.
Ci facciamo dare una scala e ci arrampichiamo fino alle funi che abbiamo appeso e li attacchiamo.
Sono bellissimi. Hanno fatto un lavoro stupendo.
Sono un incrocio di arancione, rosso, nero, giallo, tutti graffiti, e riportano queste frasi:

GOOD LUCK! JUST  KNOCK’ EM ALL OUT!
ALWAYS ONE OF US!
WE LOVE U  YEEEEEH YEEEEH YEEEEH!
NEVER FORGET, U’R FROM BERCKLEY!!!
GET OUT OF THIS FUCKIN’ PLACE AND AIN’T COME BACK!
WE WANT U IN LA!!!*


Poi devo complimentarmi con loro, come si deve.

Il posto si è riempito e gli Sweet Children si sono subito messi in azione.
Hanno suonato già un paio di canzoni che ho ascoltato con un orecchio si e uno no.
Abbiamo attirato un sacco di gente ma ancora non vedo Fred con il suo veicolo e Jenny.
Che lei abbia scoperto tutto e si sia rifiutata di venire?
Spero di no.  Devo dire che mi tremano le mani all’idea di incontrarla.
è davvero la nostra ultima possibilità di rinsaldare la nostra amicizia o almeno per convincerla che non sono il mostro insensibile che crede lei.
Non ci sono riuscita fin ora, ho anche smesso di provarci...ma adesso? Mi ascolterà?
Osservo papà che serve wurstel e hamburger ben caldi, poi  sento la mano di mia madre che mi richiama gentilmente e riporta la mia attenzione sulla musica.

“Ma lo sai che mi ricordano la mia adolescenza, la mia band con Joe, Katia, Max e Jamie?”
“Mamma, voi faceva jazz –blues mica punk rock!”
“Beh, amore, ai miei tempi era abbastanza rivoluzionario il jazz.
Il punk ancora non sapevamo cosa fosse e forse non esisteva neanche.”
“Allora ammetti di essere vecchia!”
“Scema.”

Poi dal microfono esplode un urlo.  Armstrong che fa l’esibizionista.
Cominciano sempre giovani.

“AAAAAALLLRIIIIIGHT PEOOOOPLE!!!
THIS SONG IS CALLED “KNOWLEDGE”! PUT YOUR HANDS UP IF YOU KNOW IT!
IT’S MY FAVORITE OF THEM!
THREETWOONE GO!*”
 
I know things are getting tougher,
When you can’t get the top off the bottom of the barrel,

Wide open road of my future now...
It’s looking fuckin’ narrow!
All I know is that I don’t know
All I know is that I don’t know nothing


Mia madre continua, persa nei suoi ricordi mentre osserva in lontananza i ragazzi che partono in quarta:

lei sembra tornata ragazzina, con le guance rosee dopo essere stata vicino al barbecue ad aiutare papà a servire i piatti.
Sicuramente questo è il primo concerto organizzato come si deve della carriera degli Sweet Children, con tanto di rinfresco della miglior specie poi; speriamo che non si adagino sugli allori.

“Anche Katia faceva degli acuti niente male ma i ruggiti ad un concerto ancora non li avevo sentiti.”
“Oh, per loro sono pane quotidiano.”
“Vedo.
Tuo padre è rimasto un po’ scosso dalle presentazioni con i tuoi amici, sai?”
“Beh, ha reagito bene.”
“Credo che in parte se lo aspettasse.  E poi in fondo sono solo un po’ vivaci.”
“Ci metterai una buona parola?”
“Ci proverò, tesoro.”

Weeeeeeeeeeeee get toooooold tooo deciiiiiiiide,

Just like! As if! I’m never gonna change my miiind!

Sto quasi cominciando ad appassionarmi quando vedo arrivare la macchina di Fred.
Oddio, è qua! Sta per arrivare! Adesso scenderà inferocita da quell’auto o magari si rifiuterà!
CazzoCazzoCazzoCazzoCazzoCazzoCazzoCazzoCAZZO!!!
Fred le apre la portiera.
Vedo Jenny imbufalita che sembra imprecare contro il suo autista che l’ha messa in questa situazione.
Anzi, lei si sporge e afferra la portiera quasi volesse richiuderla, tirando con forza e strattonandola con violenza.
Alzo entrambe le mani cercando di fare segno a Billie e indicargli che Jenny è arrivata.
Dannazione non mi vede!
Continua a cantare come un galletto che si pavoneggia in un pollaio.
A furia di sbracciarmi attiro l’attenzione di Mike-biondo-platino che coglie al volo il momento e si avvicina ad Armstrong urlandogli qualcosa nell’orecchio senza mai smettere di suonare.
Lo vedo finalmente girarsi verso l’auto.
Ormai Jenny, incazzata è scesa dall’auto e fa per allontanarsi sul vialetto fra la folla, cercando di passare inosservata.
Ma un urlo rauco la inchioda sul posto.

“JEEEEEEENNY!!!! HEY PEOPLEEEEE!!! JEEEENNYYY IS HEEEEEEREEEE!!!
COM’ON! WITH ME!!!
JEN-NY, JEN-NY, JEN-NY, JEN-NY, JEN-NY!!!
J-E-N-N-Y!!!*”

Vedo un centinaio di persone che, prese dalla foga, prendono a battere le mani a ritmo e a urlare prima “JEN-NY!” poi sillabano il suo nome mentre lei osserva tutti impietrita, incapace di fare un altro passo avanti o indietro.
Sento addirittura un gruppetto di ragazze urlare a squarciagola:

“GIMM’A J! GIMM’AN E! GIMM’AN N! GIMM’AN N! GIMM’A Y!
JEEEENNYYY!!!*”

Poi alcuni ragazzi, non contenti di averla allucinata corrono verso di lei la afferrano e se la passano, facendole fare una specie di bagno di folla.
Io sono sconvolta almeno quanto lei che si lascia prendere e portare in giro come una specie di bambola di pezza.
È vero che alcuni di questi ragazzi sono delle vere e proprie bestie, ma...insomma queste robe succedono ai concerti! Questa è una festa diamine! E vorrei la festeggiata ancora viva, se è possibile!
Dopo un po’ finalmente la rimettono a terra e le persone la vengono a salutare, una ad una, la abbracciano, la baciano, le parlano in testa, e la vedo smarrita come un cucciolo.
Mi metto in fila, mentre la osservo sorridere meccanicamente mentre tenta di riprendersi dallo shock iniziale.
Quando finalmente arrivo a salutarla all’inizio non sembra nemmeno riconoscermi e mi abbraccia poi la sento irrigidirsi e si discosta da me, dandomi una spinta e allontanandomi da lei.
Rimaniamo a guardarci mentre attorno a noi si forma una piccola folla e noi siamo al centro dell’attenzione.
Persino gli Sweet Children sembrano smettere di cantare, pur mantenendo un sottofondo musicale di basso e batteria,
Io le tendo la mano ma quella fa una smorfia ostile e non fa un passo, continuando a fissarmi malissimo.

“Ehi Jenny...mi dispiace.”
“Non me ne fotte un cazzo. E non dire stronzate.”
“Jenny, scusa...ti chiedo scusa da parte di Juls.
E mi dispiace se hai creduto che fossi io la stronza.
Non ho mai voluto che vi lasciaste.”
“Ma adesso state insieme, non è così?! Vedi che fottutissima bugiarda che sei?!”
“C-come lo sai?”
“Certo tu non me l’avresti detto, stronzetta, eh?!”
“Jenny, io voglio solo che torniamo almeno a salutarci.
Sto una merda, ok?
Ho cercato di parlarti per settimane e tu niente!
Che cazzo devo fare perché tu ritorni a rivolgermi la parola?!
Dovrei lasciare Jules? O magari trasferirmi in un’altra città?!
Non lo so...leccarti i piedi, lavarti i panni, pulirti i pavimenti?!
So che le scuse non bastano. È una questione di fiducia e tu non ne hai più in me.
Ma se non ci proviamo nemmeno allora dimmelo subito e mi dovrò rassegnare.
E allora chi sarebbe la stronza?”
“...”
“Perdonami, ok? Solo questo...prima che tu parta...”

Per un attimo non sento il sottofondo musicale ritmato, solo un eco lontano.
Sto sudando sette camicie e nel frattempo continuo a guardarla fisso in faccia, senza mai abbassare gli occhi nemmeno per un istante.
La mia speranza è anche quella di cogliere i suoi pensieri ma il suo volto mi appare davvero impenetrabile.
I secondi passano e io comincio a disperare quando sento un coro cominciare in sottofondo, prima con un bisbiglio, poi a voce sempre più alta.

“Forgive her, forgive her, forgive her, forgive her, forgive her, forgive her, FORGIVE HER!!!
COME ON!!! ”

Continuano così finchè praticamente tutto il cortile non lo canta e un coro semi stonato risuona per tutta Ramona Street.
Qualcosa mi dice che i vicini avranno mooolto di cui lamentarsi, Frank compreso.
Ma tanto di Frank non me ne fotte un cazzo, può anche spararsi.
Jenny resiste ancora un po’, tenendomi il broncio, poi sbotta, esasperata, alzando gli occhi al cielo:

“E va bene, Cristo santo!!!  Si, ti perdono perché mi hai fottuto il ragazzo e perché sei una stronza ma sono stata pur sempre una delle tue migliori amiche! Sicuramente l’unica, visto che sei decisamente insopportabile!”

Tutto il gruppo scoppia a ridere e prendono a fischiare, urlare e battere le mani con un entusiasmo che finirà per farli esplodere.
Finalmente tiro un sospiro di sollievo e la abbraccio, al colmo della gioia.
Dio, quanto è bello fare pace con le persone a cui si vuole bene!
Presto ricomincia la musica spacca timpani e io lascio le scene, andandomi a rifugiare in bagno.
Poi non ce la faccio più e scoppio in lacrime, di liberazione.

****************


   
Note

* Il coordinatore sarebbe uno degli insegnanti che segue un determinato corso e quindi è il punto di riferimento del gruppo di studenti che segue quel corso. A lui ci si può riferire per qualunque cosa, incluse richieste come cambiare corso di studi, essere trasferito da una classe all’altra, rinunciare agli studi o definire un orientamento universitario.
Anche qui in Italia abbiamo una forma di coordinatore anche se è molto più blando e spesso è legato a progetti scolastici per cui ci si riferisce al proprio “coordinatore”che poi è un coordinatore di classe e quindi ha davvero poco potere.
Decisamente c’è molta meno elasticità nel nostro programma di studi, ma se sia un bene o un male ognuno c’ha le proprie opinioni.

*Quando uno studente decide di rinunciare agli studi, se minorenne, si dovrebbe inviare una lettera alla sua famiglia per metterla al corrente della sua decisione e per confermarla.
Ma siccome ci mette almeno un giorno di viaggio dal momento in cui viene spedita (e tra l’altro è anche venerdì e non so se le poste lavorano nel week-end) per allora BJ sarà maggiorenne e sarebbe fuori luogo se non contro il suo diritto alla privacy informare la famiglia che non ha più nessuna responsabilità del suo futuro scolastico.

*GLOSSARIO:  GOOD LUCK! JUST  KNOCK’ EM ALL OUT! *Buona fortuna, stendili tutti!*
ALWAYS ONE OF US!  *Sempre una di noi.*
WE LOVE U YEEEEEH YEEEEH YEEEEH!  *cit. dei Beatles da “She loves you”*
NEVER FORGET, U’R FROM BERCKLEY!!!  *Non dimenticarle mai che sei di Berckley*
GET OUT OF THIS FUCKING PLACE AND AIN’T COME BACK!
CAUSE WE WANT U IN LA! *Vattene da questo fottutissimo posto e non tornartene perché ti vogliamo a Los Angeles.*
Naturalmente l’ultimo è inteso come incoraggiamento per il futuro, anche perché loro considerano Berckley un posto sfigatissimo rispetto a LA e tornarsene sarebbe roba da perdenti xD
Per quanto riguarda l’ “ain’t” so che in genere va a sostituire la forma negativa del verbo essere, a volte quella del verbo avere ma nello slang americano può sostituire anche la forma “do not” e quindi l’ho inserito proprio con quest’uso.

* GLOSSARIO: AAAAAALLLRIIIIIGHT PEOOOOPLE!!! *Bene, gente!!!*
THIS SONG IS CALLED KNOWLEDGE! PUT YOUR HANDS UP IF YOU KNOW IT!
*Questa canzone si chiama Knowledge. Alzate le mani se la conoscete!*
IT’S MY FAVORITE OF THEM! *è la mia preferita delle loro! (rif. Operation Ivy, Cover)*
THREETWOONE GO! *TreDueUno VIA!*
Dovremmo esserci con i tempi visto che la cover di Knowledge esce con il loro primo album ma probabilmente era già uno dei loro pezzi preferiti.

* GLOSSARIO: “JEEEEEEENNY!!!! HEY PEOPLEEEEE!!! JEEEENNYYY IS HEEEEEEREEEE!!! *Jenny! Hey gente! C’è Jenny!*
COM’ON! WITH ME!!! *Forza! Con me!*
JEN-NY, JEN-NY, JEN-NY, JEN-NY, JEN-NY!!!
J-E-N-N-Y!!!
Ovviamente bisogna considerare lo spelling del nome nella sua lingua originale quindi i suoni saranno
“gei-i-en-en-uai” xD

* GLOSSARIO: GIMM’A J! GIMM’AN E! GIMM’AN N! GIMM’AN N! GIMM’A Y!
JEEEENNYYY!!!  *Dammi una J! Dammi una E! Dammi una N! Dammi una N! Dammi una Y!
Jenny!*
Per la pronuncia delle lettere stesso discorso di sopra... ù.ù


Angolo dell’autrice.

Darlings, le tessere del mosaico stanno andando tutte a posto, ne?
Vi rassicuro che non sarà una di quelle belle cose a lieto fine, perché altrimenti mi verrebbe il voltastomaco oltre che il diabete...essì io sono per i finali aperti o comunque non molto finali ù.ù
Bene, stavolta ho parecchio da dire nel commento.
Innanzi tutto la scena di Billie che consegna la lettera di rinuncia agli studi non è completamente inventata bensì è basata su un piccolo aneddoto riportato in “Green Day: New Punk Explosion” compresa la citazione della frase “Lei chi è?”, tratta da un’intervista riportata nel libriccino in questione .
Come dicevo la mia più grande paura era quella di scrivere della riconciliazione con i genitori, perché dopo quel poco che Vig ha detto ai suoi, ce ne vorrebbe per rimettere a posto la questione una volta per tutte.  Ma alla fine non ho poi calcato la mano, facendo sciogliere Vig abbastanza in fretta...
Perché?
Innanzi tutto ho pensato che ormai i bollori erano raffreddati da entrambe le parti e c’era davvero nostalgia oltre che senso di colpa un po’ da entrambe le parti, eh sì, anche da parte dei genitori che pensano di aver sbagliato con questa figlia che era sempre stata la bambina-ragazzina modello e improvvisamente sembra esplodere come un tornado.
Poi, non so voi, ma io ho notato sempre una sorta di indulgenza nei genitori quando si ha a che fare con una figlia adolescente (se poi è un figlio difficilmente riescono a negargli qualcosa, quindi, come si dice da me, co’ssalute!) seguita da frasi, dette sottovoce o comunque pensate, tipo: “sta attraversando un momento difficile” o “che età ingrata” “è la pubertà” (quando poi la pubertà, alla veneranda età di diciassette anni è bella che finita, ma si sa che la gente parla senza ascoltarsi o comunque straparla), insomma si comportano un po’ come i giapponesi con i bambini e gli ubriachi.
L’importante è assecondare, il ragazzo sragiona, passa da un estremo all’altro, non è molto attendibile e quindi va tenuto d’occhio senza soffocarlo o comunque senza che lui se ne accorga perché altrimenti si rischia di peggiorare la situazione.
Insomma, per questa serie di comportamenti, per questa mentalità molto diffusa ho voluto dipingere così la scena anche se temo che sia un po’ ANACRONISTICA tutta questa tendenza al dialogo, alla psicologia dell’adolescenza e tutte queste stronzate su cui sono stati scritti fiumi di inchiostro...
Ma come ho già detto sono “sensibile” all’argomento “adolescenza”, o forse non si vede?!
Quindi, vi bastino queste ragioni.
Per il resto confesso che è stato un po’ noioso da scrivere ma spero che sia più piacevole e appassionante da leggere. Fatemi sapere!
Ormai siamo agli sgoccioli però vi anticipo che mi sta nascendo un’altra ideuzza collegata sempre a questa fic o meglio al personaggio di Vig.
Vedremo, dears, vedremo...
Have a good time!

Misa

 
P.s e stavolta ho scritto due poemi: 21 pagine di chappy e quasi 1 di Angolo dell’autrice.
Andiamo sempre peggio <.<





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