Noiosa.
La vita era diventata
noiosa. Bella, soddisfacente, pacifica. E noiosa.
Per essere certo che
quella fosse ancora e sempre la conclusione dei suoi pensieri, lo
scandì a voce
alta nel salotto della sua agiata casa londinese.
-N-O-I-O-S-A!!!-
Suonava un sacco
reale.
Era un rito che
ripeteva ogni volta, forse per confermare la sua scelta, forse per
darsi
coraggio per affrontare quel piccolo, egoistico e infantile peccato.
Nessuno lo sapeva; e
se invece qualcuno lo sapeva, stava ben attento a non sollevare
questioni.
Si passò una mano a
scompigliarsi ulteriormente i capelli, uscì nel cortile
dalla porta di cucina e
si smaterializzò.
Quando sua moglie
rientrò a casa, trovò un biglietto sul tavolo:
“sono ad allenarmi, tornerò
prima di cena”.
Sorridendo di un
sorriso mesto, con il foglietto di carta tra le mani, salì
al piano di sopra.
La piana scozzese era deserta e sferzata dal vento: rapido,
teso e pungente.
“Questo renderà le cose più
interessanti”, pensò l’uomo
osservando come le cime degli alberi si piegassero alla forza delle
raffiche.
Poi sentì il rumore di passi dietro di lui e si prese tutto
il tempo per girarsi a guardare chi stesse arrivando.
Beh, in effetti lo sapeva già.
-Vedo che hai imparato il valore della puntualità,
Sfregiato-, sentenziò la ben nota voce strascicata.
Era iniziata per una
stranissima coincidenza.
Mesi prima Harry aveva
sentito una grandissima nostalgia dei tempi della scuola, di quando la
sua vita
non sembrava fermarsi mai, di quando non passava giorno senza che
accadesse qualcosa
di tragico e inaspettato, di meraviglioso e grandioso.
Dopo, era stato tutto…
Noioso e piano. La scuola per Auror lo aveva accolto a braccia aperte,
lo
stesso era accaduto al Ministero della Magia. Il matrimonio con Ginny
era stato
fin troppo prevedibile e sereno, le cene nel fine settimana da Ron ed
Hermione
ben scontate.
Il lavoro con il tempo
era diventato facile; nel momento in cui aveva pensato di richiedere
missioni
più pericolose ed impegnative, tanto per dare una scossa a
tutta quella placidità
della sua vita, Ginny era rimasta incinta e lui non se l’era
sentita di
rischiare. Essere padre lo aveva estasiato: ma era anche quella stata
una cosa
fin troppo… Serena.
Così, un primo di
settembre si era smaterializzato nei pressi del Lago Nero e aveva
atteso il
calar della notte per veder arrivare le barchette contenenti gli
studenti del
primo anno.
Aveva ripercorso con
un brivido le proprie stesse emozioni di tanti anni prima ed era
tornato a casa
con un angolo della bocca piegato in su per un sorriso malinconico.
Nei giorni successivi
era tornato spesso sulle rive del Lago Nero… Talvolta
perdeva del tempo a
guardare il profilo del maestoso castello di Hogwarts o del campo di
Quidditch…
E poi, una mattina meno fredda delle altre, aveva visto in lontananza
una
figura sottile i cui incredibili capelli risplendevano come platino
sotto la
luce del sole.
“Non è
possibile”, si
era detto…
-Potter, per il cappello di Cagliostro, resterai appoggiato
a quel manico di scopa tutto il resto della giornata?-
-Arrivo, Draco, arrivo…-
-Osa ancora chiamarmi ancora per nome e ti schianto…-
-Vedremo dove sarà finita tutta la tua sfrontatezza quando
ti avrò stracciato a Quidditch per l’ennesima
volta!-
Appena Harry aveva
riconosciuto la silhouette di Malfoy, era stato colto da una risata
vagamente
isterica: di tante persone che poteva beccare in quell’angolo
di Scozia… Ma poi
aveva smesso di sghignazzare: Malfoy non lo aveva notato: guardava il
castello
e aveva… Beh, aveva sul volto gli stessi pensieri, le stesse
emozioni che
avevano regnato sul volto di Harry fino a poco prima.
Harry aveva raccolto
una zolla ben umida e si era avvicinato.
Aveva atteso che
Malfoy avvertisse la sua presenza; appena si era girato lo aveva
schernito e
gli aveva tirato sul costoso cappotto quella manciata di terra fangosa.
Poi aveva atteso,
sentendosi come un bambino di dieci anni. Le mani ben in mostra per
evidenziare
come fosse disarmato.
-Rassegnati, Malfoy, volo meglio di te!-
-Col cazzo! Stupeficium!-
-Merda, questo è barare! Avevo detto “niente
incantesimi”!-
-Sì, Tu l’avevi detto! Io no! Ahahahahahah!-
Malfoy aveva estratto
la bacchetta e socchiuso gli occhi.
Sulla schiena di Harry
era corsa una goccia di sudore e non si era mosso.
Malfoy aveva gettato
di lato la bacchetta ed aveva iniziato a percorrere di corsa la
distanza tra di
loro.
Harry aveva sorriso.
Malfoy pure aveva
sorriso, mentre arrivava di slancio.
Quella sera Harry era
tornato a casa lercio e pieno di graffi e lividi. Avrebbe potuto
curarli con un
semplice incantesimo, ma aveva aspettato di potersi contemplare per un
po’
davanti allo specchio: si sentiva così… Giovane.
-Potter, cadere dalla scopa non farà sì che io ti
consegni
il boccino per pietà regalandoti la vittoria…-
-Oh, Draco, piantala di volteggiare e scendi giù: ho portato
la merenda con me…-
Il giorno dopo la loro
colluttazione, Harry aveva ricevuto un biglietto che riportava un
disegno
animato di Harry stesso mentre perdeva sangue dal naso: lo stile di
Malfoy non
era cambiato per niente.
Harry aveva raggiunto
la piana di Hogwarts in un batter di ciglia.
-Pottonzo, questa roba dove l’hai comprata? –
-Se te lo dico, smetti di mangiarla…-
-No, è troppo buona. Aspetta… Sarà
mica roba babbana?-
-Hai fatto centro, biondino!-
-Sei sleale!-
Da quel giorno,
avevano preso l’abitudine di ritrovarsi almeno una volta alla
settimana; si
pestavano, si insultavano, giocavano sulle scope, duellavano; poi, di
solito
mangiavano e bevevano qualcosa insieme e ritornavano ognuno alla sua
vita
piana, perfetta e soddisfacentemente regolare.
Se si incontravano al
di fuori di quel contesto si salutavano con distacco, ma un fremere
delle
labbra rivelava solo a loro due il loro segreto.
In sostanza, Malfoy e
Potter se la spassavano di nascosto.
Avevano un loro posto,
un loro momento, in cui potevano tornare indietro di oltre
vent’anni.
E, anche se la loro
non era una grande amicizia, era un sodalizio che li salvava dal tedio
della
quotidianità.
Sdraiati sull’erba, testa contro testa, accanto a loro due
Burrobirre,
guardavano le nuvole correre in cielo.
-Sei felice, Potter?
-Eh?!-
-Lo so che abbiamo promesso di non parlare di questo, ma…
Perché veniamo qui senza dirlo a nessuno settimana dopo
settimana? Se fossimo
realmente felici, non dovremmo averne bisogno-, chiese Draco
rialzandosi per fissare
Harry negli occhi.
Era impossibile mentire di fronte a quel colore di pioggia.
-Immagino perché a volte la felicità non
è tutto-, spiegò
Harry. –Immagino che a volte ci siano bisogni sotterranei e
poco comprensibili
a noi stessi e persone fatte apposta per rispondere a quei bisogni, per
quanto
strano possa suonare-.
-Ti ci devi essere impegnato davvero tanto per spremerti
questo discorsone fuori da quel cervellino da piccione, eh?-
-Idiota…-
-No, idiota tu!-
Da qualche parte di
quegli ultimi venti anni, dopo la guerra e le morti, le loro
diversità si erano
perse, i loro rancori si erano smussati. Era come se avessero iniziato
tutto da
capo, nella maniera giusta, nella maniera in cui sarebbe dovuta andare.
Un angolo di Harry si
sentiva in colpa per tutto questo, ma era fuori discussione rinunciare
alla
presenza di Draco, l’unico che aveva tenuto acceso il proprio
fuoco interiore
in tutti quegli anni oltre a Harry stesso.
Come pure era fuori
discussione condividere quella fetta di vita con qualcuno, fosse pure
Ginny,
che amava con tutto il cuore.
-Alla settimana prossima, Draco-.
-Alla settimana prossima… Harry-.
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