Capitolo I
‹‹È
successo tutto tanto tempo fa, quando non avevo incontrato ancora quella
'buonanima' di mia moglie... Maria era bella sì... ma quell'altra... dolce,
gentile e delicata come una rosa... quel disgraziato. Con un inganno me la
portò via, sono stato derubato. Se mi avesse sposato altro che “Pasta Giordano”››
raccontava il Signor Raffaele Russo nella sua pizzeria “Rafel o’ scugnizz’ ”.
Ad
ascoltarlo, i ragazzi suoi dipendenti, tra cui il nipote Diego. Tutti loro
conoscevano a memoria quella storia.
L'uomo
aveva capelli neri, con qualche striatura di bianco qua e là. Col passare del
tempo era diventato un po' stempiato, portava il pizzetto sale e pepe e delle
rughe d'espressione contornavano i suoi occhi a mandorla color cioccolato. Il
suo naso era un po' aquilino; non era molto alto e da qualche anno gli era
spuntata anche un po' di pancetta.
‹‹Secondo
voi lui l'ha mai raccontata a qualcuno?›› chiese tra sé. ‹‹Di certo no.››
UNTOLD STORY
‹‹...Lui
fa il ricco imprenditore ed io il povero pizzaiolo, nessuno sa quello che mi ha
fatto... non l'ha detto neanche al figlio secondo me... solo per un motivo sono
felice che le cose siano andate così... per la mia Piccirella... altrimenti non
sarebbe mai nata... ed è la gioia della mia vita.››
Quello
che Raffaele non raccontava in giro era un importante particolare delle due
famiglie: i Russo erano Mutaforma da generazioni ed i Giordano erano una vecchia
famiglia di Licantropi.
Per
intere generazioni erano stati vicini di quartiere ma da vent’anni a questa
parte ogni volta che s’incontravano, non facevano che scontrarsi. Specialmente
quando i Licantropi scoprivano che qualcuno dei Mutaforma aveva osato
trasformarsi in Lupo.
La
gente, ignara, quando sentiva degli ululati durante la notte credeva che fossero
dei normali randagi. Invece erano i Giordano ed i Russo che nella loro forma
animale si battevano senza pietà alcuna.
L’inimicizia
era nata principalmente per una donna ma l’altro motivo scatenante era stata la
gelosia per la “razza”.
Gennaro non
aveva mai accettato che Raffaele si potesse trasformare anche in lupo. Il secondo, giovane e presuntuoso, si era sempre
vantato di quella particolare qualità e anche del fatto di potersi trasformare
quando gli pareva. Gennaro, invece, in quanto licantropo riusciva a trasformarsi
solo in situazioni fisiche di malessere, di rabbia e con l’influsso della Luna
Piena.
Raffaele
nascondeva questo particolare perché il segreto era a conoscenza dalla famiglia
stessa.
‹‹Povera
creatura mia. Non ha mai festeggiato il suo compleanno. S’è sempre rifiutata da
quando le dissi che sua madre era morta mettendola al mondo. Per il suo
diciottesimo compleanno non ci sono scuse... lo deve per forza festeggiare.››
‹‹Bravo
zio. Ho pensato già a tutto›› commentò il chiassoso nipote, lo zio lo
interruppe senza aver ascoltato neanche una parola di quello che aveva detto.
‹‹Ho
pensato, visto che è carnevale, ad una festa in maschera›› i dipendenti del
ristorante rifiutarono categoricamente la proposta.
‹‹Non
vi mascherate? Ed io vi licenzio›› tutti i ragazzi allora furono costretti ad
accettare.
‹‹Ah
zio, senti questa, oggi ho litigato di nuovo con Bruno Giordano... se non ci
avessero diviso, lo avrei mandato all'ospedale.››
Diego
somigliava ad un gangster messicano. Aveva gli occhi a mandorla e la carnagione
scura (aiutata dalle lampade abbronzanti che andava a fare una volta a
settimana), portava i capelli neri sempre pieni di gel. Dello zio aveva preso
il naso e l'“altezza”, tipicamente Russo. Ed era un Mutaforma.
‹‹Perché
diavolo fate questo? Voi che c'entrate?›› disse l’uomo adirato.
‹‹Loro
ci odiano e ci considerano razza inferiore.››
Il
motivo scatenante era stato perché Diego ed i suoi fratelli si erano messi ad
ululare alla luna (che non c’era, visto che il litigio era avvenuto di giorno),
facendo il verso ai Giordano.
‹‹Che
ve ne importa? Lo sai che è solo invidia. State attenti è gente senza scrupoli.››
Alla
fine della stessa strada situato più avanti, c'era il “Club Forza Napoli”, un
circoletto sportivo. Il proprietario Antonio Prisco, detto Tony, stava
discutendo con tre suoi clienti abituali: Alessandro Giordano, suo cugino Bruno
ed un loro amico d'infanzia, e nipote di Tony, Maurizio Prisco. I tre erano i
teppistelli del quartiere, combinavano guai ogni volta che s’interessavano a
qualcosa e non c'era una ragazza del rione che non era stata una loro conquista.
Tutti e quattro erano licantropi.
Alessandro
era il più quotato, tutte adoravano quei capelli castani, che portava sempre
spettinati sulla testa, ed il viso sempre imbronciato che gli davano un tono da
“ribelle” del paese. Gli occhi azzurri, da bambino, contornati da ciglia così
lunghe da far invidia a qualsiasi donna. Era molto alto ma troppo magro, il
ragazzo detestava essere così poco muscoloso.
Maurizio
invece non era molto alto, era abbronzato tutto l'anno (stessa tecnica di
Diego) e aveva i capelli ricci castani ma così corti che gli si arricciavano
appena sulla testa. I suoi occhi erano grigi ma molto piccoli, tanto che era
difficile che si notasse il colore. La parte più bella del suo viso erano le
labbra pronunciate.
Bruno
era un po' più basso di Alessandro, era biondino e portava i capelli
cortissimi. I suoi occhi erano castani ma le cose che notavano di più le
ragazze era il suo fisico da rugbista e la faccia da “cicciobello”.
Tutti
e tre vestivano maggiormente con jeans “blue-used”, scarpe sportive molto
grosse, polo, t-shirt e felpe con il cappuccio decorate con loghi di band e
disegni psichedelici.
‹‹Bruno
non dovresti essere a lavoro? E voi altri un’altra volta filone? Ale, mi
meraviglio di te›› esclamò Tony.
Tony
era un normale trentenne, una volta a settimana andava in palestra (una volta
sola, senza esagerare). Aveva il fisico asciutto ed era abbastanza alto.
Somigliava molto a Maurizio per gli occhi ed i capelli, che lui però portava
più lunghi e modellati dal gel. Era solito avere le braccia incrociate al
petto, in attesa forse di qualcosa...
‹‹Ah,
ti meravigli di lui, zio, e di noi, no? Quello organizza sempre lui tutto››
rispose Maurizio.
‹‹Lo
vedi con quella faccia da scemo ma... è peggio di noi…›› aggiunse Bruno facendo
un cenno agli altri per far notare quanto Alessandro fosse distratto.
‹‹La
guardi ma quella non ti può sopportare...›› disse Maurizio ad Alessandro nel
momento in cui si accorse di ciò che lo distraeva. Stava, infatti, passando
davanti al Club la solita ragazza insieme ad un’amica.
‹‹Tony,
se sapessi quante gliene ha dette...›› spifferò sorridendo Bruno.
‹‹Chi
è? Non l'ho vista›› chiese Tony girando la testa verso la vetrina.
‹‹Quella
che passa sempre qua avanti›› rispose Bruno.
‹‹Mica
la guardo chissà perché...è lei che mi fissa›› si giustificò Alessandro.
‹‹Eh
già, da quello che ti ha detto non sembrava proprio interessata›› commentò con
acidità Maurizio.
‹‹Si
può sapere cosa le hai fatto?›› s’incuriosì Tony.‹‹ Le hai azzannato le chiappe
durante la Luna Piena?››.
‹‹Molto
divertente, Tony. Vogliamo ricordare quante figuracce hai fatto durante
l’ultima Luna Piena? Non ce la fai più a correre.››
‹‹Il
fatto è che fumo…›› tossì l’uomo imbarazzato.
‹‹Ora
te lo spiego io. Te la ricordi Martina? Quella con cui Alessandro è stato...
poi l’ha lasciata... poi l’ha ripresa... poi l’ha tradita... poi l’ha rivoluta
e così via? Quella che è appena passata era una sua amica di classe... un
giorno lo fermò fuori la scuola›› spiegò Bruno.
‹‹E
cosa gli disse? Che c'entrava lei?›› domandò Tony.
‹‹Disse:
Senti io non ti conosco ma da quello che ho sentito FAI SCHIFO. Lascia in pace
la mia amica. Non ti vergogni di come sei? Ritirati.››
Dopo
la versione di Maurizio, con tanto di interpretazione, i tre iniziarono a
ridere a crepapelle tuttavia Alessandro non lo trovò tanto divertente.
‹‹E
tu che hai risposto?›› chiese Tony. ‹‹Te lo dico io, testimone oculare...
NIENTE. Rimase senza parole...›› tenne a precisare Maurizio.
‹‹E
cosa dovevo dire... è una ragazza. Ma poi chi la conosce... ?›› si giustificò
ancora Alessandro.
‹‹Lasciatelo
stare… le donne sono la rovina degli uomini. Uagliù vi dovete abituare tra poco
chiudo a’ baracca›› Tony comunicò la notizia.
‹‹Ma
allora hai deciso?›› chiese Alessandro interessato.
‹‹
E dove lo trovi un altro “branco” che ti sopporta?›› domandò Bruno coprendo la
voce di Alessandro.
‹‹Ed
io me ne vaco lo stesso. Ragazzi ma che sto facendo qua? Non ho famiglia, né un
soldo… me ne vado in America a diventare milionario.››
‹‹E
sì…zio, una volta si facevano i soldi andando in America, ora i ghetti stanno
peggio di noi nei quartieri di Napoli…e ci sono pure più cacciatori.››
‹‹Fatto
sta che me ne vado. E questa volta faccio sul serio››.
Mentre
gli altri due non facevano altro che prenderlo in giro, l’unico a prenderla
davvero male fu Alessandro: chi l’avrebbe salvato dai guai e dall’ira del padre
come faceva da sempre? A chi avrebbe fatto “certe confidenze”?
‹‹Ma
che c'è Alessandro? Non ti senti bene?›› chiese Bruno.
‹‹Ma
che mi avete fatto fumare?›› disse il ragazzo cambiando man mano colore del
volto.
‹‹Ma
comm' l'ho comprata io: Prima Qualità›› commentò Bruno. Alessandro corse in
bagno a vomitare.
La
misteriosa ragazza che aveva tenuto testa a Alessandro non era altro che
Manuela Russo, la figlia del pizzaiolo, che stava passeggiando insieme alla
sorella di suo padre. La zia Mimì, che nonostante la giovane età, era stata per
lei come una seconda madre poiché il padre dopo la scomparsa della moglie si
era dedicato con tutto se stesso al lavoro.
La
zia era alta sul metro e settanta, ed era molto formosa, portava un taglio di
capelli -neri e lisci- corto all'ultima moda. Occhi grandi e color cioccolato,
aveva la faccia di una che la sapeva lunga ed a cui non avresti potuto mentire.
Vestiva sempre in modo molto appariscente, non per i colori, anzi di solito
portava sempre il nero, ma per le vertiginose scollature ed i pantaloni
aderenti. Anche lei era un Mutaforma, la sua trasformazione preferita era una
gatta nera.
Come
caratteristica dei Russo, anche lei aveva il naso aquilino.
‹‹Sembrava
non ti piacesse nessuno e poi mi fai passare di qui per vedere quel ragazzo››
disse la zia.
‹‹Ma
non è assolutamente vero.››
‹‹Ah
no? Guarda che secondo me se n’è accorto anche lui. E poi quello non è roba per
te.››
‹‹Come
sarebbe?››
‹‹Quello
è uno dei Giordano...››
‹‹Giordano?
Quei Giordano?››
‹‹Sì,
l’originale, figlio unico di Gennaro, Mr Licantropo…ma poi, dico io, tanti bei
ragazzi nella pizzeria, ti vuoi mettere proprio nei guai?››
‹‹Ma
quando mai. Io ci ho pure litigato con quello. Te lo stai inventando tu. E poi
anche se fosse papà non avrebbe nulla in contrario, non gli piacciono queste
cose…››
‹‹Tuo
padre no, ma Diego sì. E poi l’altra famiglia… sarebbe uno scandalo se si
abbassasse ai nostri livelli…››
‹‹In
ogni modo nella pizzeria, non ce n’è uno decente.››
‹‹Neanche
Roberto?››
‹‹Quello
vuole andare subito al sodo.››
‹‹No,
allora, cambia aria…››
‹‹Cambiare
aria? Ma se me l’hai proposto tu.››
‹‹E
poi pensaci, devo prima affrontare le trasformazioni. Come farei a spiegare ad
un ragazzo “normale” il motivo per cui a letto trova un animale invece che me?››
ironizzò la ragazza.
‹‹Per
andare a letto con qualcuno, questo qualcuno deve conoscere il tuo “dono”. Devi
fare quel passo solo se ti fidi di lui.››
La
ragazza continuò a passeggiare tenendo la testa bassa pensando a qualcosa che
neanche lei sapeva dove potesse portarla.
Dopo
poco giunsero alla pizzeria dove fu accolta dalla solita allegria del padre che
usava ancora chiamarla “Piccirella” come ormai tutti. Diego si accorse subito
che qualcosa non andava in sua cugina e cercò di informarsi, ma zia Mimì
intervenne e per evitare l’argomento si mise a scherzare un po’ su Roberto.
‹‹Ehi
tu. Cerca di fare bene il tuo lavoro e stai lontano dalla Piccirella.››
‹‹Ma
cosa le ho fatto?›› rispose il povero ragazzo tirato in ballo per gioco.
‹‹Bello,
io conosco le tue intenzioni, perciò…››
‹‹ODDIO
zia smettila.›› Manuela cercò di fermarla già tutta rossa in viso.
‹‹Picciré,
vieni a darmi una mano in cucina›› la richiamò il padre. Fu così che tutti
tornarono a lavorare.
Bruno
aveva riaccompagnato Alessandro a casa con la sua Fiat Punto blu elettrico,
insieme a Maurizio. I due amici lo prendevano in giro mentre lui pallido si
riprometteva di non fumare più.
‹‹È
l’ultima volta che mi faccio passare una canna da voi››. Con questa frase
chiuse lo sportello dell’auto ed entrò nel suo palazzo. Era così debole che si
trasformò per le scale, per fortuna nessuno lo vide. Grattò la porta e la colf,
scorgendo dallo spioncino un bellissimo lupo bianco e grigio, lo fece entrare.
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