Capitolo
uno: l'inizio di un nuovo anno.
Il
primo giorno di scuola era sempre, inevitabilmente e non molto
inspiegabilmente una mastodontica scocciatura- e questo giusto per
riportare in parole povere ciò che Lulu pensava riguardo il doversi
alzare a quell'ora indecente dopo tre mesi di vacanza.
La
ragazza,
ancora avvolta alla bell'e meglio dalle lenzuola lilla
aggrovigliate, ancora con gli occhi serrati, ficcò una mano
sotto il cuscino con l'impellente desiderio di far tacere quel
dannatissimo cellulare.
Quando
finalmente la musica si arrestò e la camera tornò in silenzio, la
ragazza bofonchiò al cuscino: «Ancora cinque minuti, solo cinque
minuti» prima di tornare in quello che i medici riconoscerebbero
senza alcuna difficoltà come stato di catalessi.
I
proverbiali cinque minuti erano già passati da un pezzo quando Lulu
si svegliò di soprassalto, assordata dai colpi secchi alla porta
che, stupidamente, nel sonno, aveva scambiato per spari.
Subito
dopo
i colpi alla porta si aggiunse la voce di sua madre a perforarle le
orecchie.
«Lucrezia,
scendi subito da quel letto!».
«Mmh»
mormorò la ragazzina. «Ora, ora».
«Finalmente»
la sentì borbottare dall'altra parte della porta. Il ticchettio dei
tacchi di quella donna era come un martello pneumatico nella testa di
Lulu. Che poi, chissà perché si era già messa le scarpe. «Ah,
sbrigati. Questa mattina ho un appuntamento, non posso
accompagnarti».
Ecco
svelato il mistero.
Lulu
si
destò subito. «E me lo dici solo ora?» le urlò di rimando. «Non
farò mai in tempo!».
«Certo
che
sì tesoro mio. La colazione è sul tavolo. Divertiti a scuola».
Lulu
sbuffò, passandosi una mano tra i lunghi capelli scuri tutti
annodati. Recuperò il cellulare da sotto il cuscino, sperando con
tutto il cuore che quella spiritosa di sua madre l'avesse presa solo
un po' in giro.
In
alto a
destra, scritto chiaramente in nero, l'ora segnava 7.45. Non ci
voleva un genio in matematica per capire che non ce l'avrebbe mai
fatta a fare tutto e ad essere a scuola alle 8.10.
Lulu
sorrise alla foto di sfondo, dopodiché si decise finalmente ad
alzarsi dal letto.
Mentre
si
trascinava in bagno come uno zombie, poté constatare che il mal di
testa della sera prima non le era ancora passato- allo stesso modo,
la sensazione di nausea le attanagliava ancora lo stomaco
brontolante.
La
prima
cosa che vide una volta arrivata in bagno, oltretutto, non migliorò
affatto né il suo umore né la sua salute.
Eccola,
era lì, lì che la guardava con quella sua aria insolente, di sfida.
Lulu
avrebbe davvero voluto prenderla a pugni, farle del male, ma tanto lo
sapeva che non sarebbe servito a niente. Era solo una stupidissima
divisa, e combattere una divisa era ancor più difficile che
combattere una persona in carne ed ossa- ma d'altronde quell'orrido
completo era l'incarnazione del male.
Dopo
essersi lavata, pettinata- la sola cosa impiegava diversi minuti- e
truccata per quanto potesse truccarsi, Lulu si avvicinò alla divisa
appesa alla gruccia.
Sapeva
che
era una cosa alquanto improbabile, ma avrebbe potuto giurare che quel
mostro la stesse guardando dall'alto in basso.
Strinse
l'orlo della gonna grigia, pensando, per quella che doveva essere la
duecentesima volta in due anni di carriera scolastica, che l'obbligo
della divisa era proprio un bel paradosso.
Fra
tutti,
proprio loro.
Naturalmente
la sua era una scuola famosa, prestigiosa e anche a pagamento, per
quanto la quota fosse modesta, su questo non v'erano dubbi.
Era
altrettanto vero, però, che la loro era una scuola di moda e
sartoria.
Passavano
le giornate a studiare le caratteristiche fisiche delle persone e, di
conseguenza, a tagliare, progettare e cucire in base a queste
caratteristiche.
E
allora, si chiese frustata mentre indossava la polo blu, perché
lei era obbligata a indossare quell'abominio che le faceva le gambe e
il busto ancor più corti di quanto già non fossero?
Per
non
parlare di quando sarebbe arrivato l'inverno. Lì le sarebbe toccato
anche mettere le calze- allora sì che si sarebbe sentita come un
vero spaventapasseri in miniatura.
Rassegnata,
Lulu agguantò al volo la cartella per tre quarti vuota dalla
scrivania, infilò il cellulare in tasca, scese al piano di sotto,
agguantò al volo il pezzo di torta per la colazione e uscì di casa
senza rendersi conto di non aver chiuso la porta a chiave.
Stava
correndo quando qualche pazzo che gridò il suo nome la indusse ad
inchiodare.
«Lulu,
ehi, Lulu!».
La
ragazza
si voltò in fretta. Aveva riconosciuto la voce. L'aveva riconosciuta
subito, e subito i suoi istinti omicidi si erano placati. Se avesse
ritardato, sarebbe entrata alla seconda ora, non era poi la fine del
mondo.
Lasciò
cadere la cartella, che si accasciò, ripiegandosi su se stessa, sul
cemento.
In
meno di
un secondo, Lulu aveva ripreso a correre, ma questa volta nella
direzione opposta, questa volta in direzione del ragazzo che l'aveva
chiamata. In men che non si dica l'aveva già raggiunta e gli era già
letteralmente saltata in braccio.
Il
ragazzo
scoppiò a ridere: «Lulu, Lulu, mi stai tirando il collo!».
«Scusa,
scusa» si affrettò a dire, per poi sistemarsi meglio, incrociare le
gambe attorno alla vita del ragazzo e senza accennare di volerglisi
staccare di dosso. «Ora va meglio, dico bene?».
Sorridendo
il ragazzo disse semplicemente: «Mi sei mancata tanto».
Lulu
gli
stampò un bacio sulle labbra.
«Anche
tu». Il suo tono era serio, stranamente serio. Lo guardò un attimo
negli occhi, gli occhi color cioccolato che aveva imparato a leggere
così bene in quegli anni. «E immagino che tu rimanga sempre...».
«...irrimediabilmente
gay, esatto».
Ancora
stretta a lui, Lulu sbuffò. «E per fortuna. Altrimenti mi sarebbe
toccato contenderti con tutte le galline che ti sarebbero
letteralmente saltate addosso».
«Lulu,
non
esagerare» le disse. «E poi ti starebbe bene. Io devo contenderti
continuamente».
Lulu
sciolse la presa e atterrò dolcemente. Fece una piccola smorfietta.
Per un attimo, in braccio al suo migliore amico, si era sentita alta.
«Dai,
raccogli la cartella, o qualcuno te la calpesterà».
«Sissignore».
Erano
ormai
vicinissimi alla scuola e per qualche strana ragione- o più
semplicemente per quella che doveva essere stata l'addizione fra una
corsa perdifiato e una sostanziale dose di fortuna non erano più in
ritardo.
«Com'è
andata la festa ieri?».
Lulu
continuò a camminare. Al solo sentire nominare la parola “festa”
la nausea tornò a farle visita- non che se ne fosse mai
completamente andata, a dirla tutta.
In
un flash
che dovette durare al massimo un secondo, ecco passarle davanti agli
occhi i momenti peggiori della serata, colorati delle tonalità di
tutto ciò che aveva osato ingerire.
«Ehi,
Lulu?».
«Non
lo
vorresti sapere, Jamie, non lo vorresti proprio sapere» gli rispose
infine in tono lugubre. «Non so nemmeno se Dave sia riuscito a
tornare a casa, a dire il vero».
James
reprimette una risata. «Certo che sì. Vedrai, oggi sarà pronto e
pimpante ad aspettarci».
«Sarà»
si limitò a replicare la ragazza. «In ogni modo siamo arrivati a
destinazione. Yu-ooh».
I
due amici
osservarono la scuola.
Il
cancello
nero, in ferro battuto, impreziosito da pretenziosi ghirigori era
aperto, pronto ad accoglierli tutti, come sicuramente avrebbe
annunciato la preside al discorso di inizio anno.
L'edificio,
imponente nella sua struttura simile a quella bizantina, con le sue
finestre piccole ma luminose, gettava ombra sul cortile popolato da
studenti in grigio e blu.
Da
quella
distanza era pressoché impossibile distinguere qualcuno, qualche
faccia famigliare, o anche solo gli studenti dai bidelli, anche loro
con l'imposizione di tali colori nelle loro divise.
James
prese
la mano dell'amica.
«Andiamo,
Lulu, non fare troppe storie. Sai benissimo che a te non potrebbe che
andar bene». Le regalò un sorriso d'incoraggiamento prima di
continuare dicendo: «E poi lo sai benissimo che il mondo ti trova
bellissima anche con la divisa».
In
tutta
risposta, la ragazza gli pestò il piede, si liberò dalla stretta
della sua mano e, avventurandosi oltre quel cancello che per qualche
ragione le aveva sempre messo inquietudine, iniziò a cercare il
resto del gruppo.
«Dave!
Ehi, Dave!».
Un
ragazzo
non poi molto più alto di lei si girò. Sventolò la mano in segno
di saluto.
«Venite,
venite».
La
voce era
ancora in qualche modo impastata, le ombre violacee che gli
circondavano gli occhi appena più chiari di quelli di James lo
facevano sembrare pallido, se non grigio. Eppure, non appena furono
abbastanza vicini, il ragazzo non esitò a correre a salutarli.
«Jamie»
fece, accompagnando il nome con una pacca alla spalla dell'amico.
«Com'era la Grecia?».
«Esattamente
come l'anno scorso» gli rispose, restituendogli la pacca sulla
spalla. «Avete fatto baldoria ieri sera, eh».
Dave
esibì
un mezzo sorriso: «Me l'han detto».
Lulu
rise.
Dopodiché si guardò attorno.
«Gli
altri
dove sono?».
Dave
scosse
la testa. «Non ne ho la più pallida idea. Comunque vige la solita
regola, se non ci si becca qua, ci si vede all'ingresso dell'Aula
Magna».
Il
rumore
metallico e monotono della prima campanella dell'anno, quella più
temuta dagli studenti, quella che segnava l'inizio di un altro anno
di fatiche dopo i mesi estivi riempì l'aria.
«Come
non
detto» disse James. «Andiamo».
shootingstar_'s
angle.
Buongiorno a tutti. Ovviamente
nessuno mi conosce- piacere, sono shootingstar_, fino a qualche giorno
fa "nota" come Minnie e sono qui a presentarvi la mia prima, nuova,
long fic originale. Con questo non vi voglio dire di essere clementi.
Al contrario, se c'è da tartassare, fatelo *additt
Come ben si capisce, Paper Plane si
presenta come un'altra commedia scolastica. Tuttavia ho deciso di
ambientare la storia in una scuola di moda, tanto per cambiare un po' e
per dare un tocco di originalità.
In questo primo capitolo appaiono i
primi tre personaggi: Lulu, diminutivo di Lucrezia (cognome Poschini),
Jamie (James Dukas) e Dave (Davide Belotti). Tuttavia, se le cose
procederanno secondo i piani, i personaggi saranno molti di più :3
Ovviamente la scuola è fittizia,
ambientata possibilmente in un posto fittizio, il sistema scolastico è
altrettanto fittizio- nel senso che non seguirà i nostri regolari
canoni, così come fittizzie sono le situazioni eccetera eccetera.
Inoltre, vi chiedo di tenervi bene
a mente il cellulare di Lulu e la foto di sfondo che ancora non è stata
descritta ma che, sempre secondo i miei piani, dovrebbe rivelarsi
importante ai fini della storia.
Ecco, è tutto, almeno credo.
Spero vivamente di avervi
incuriositi, spero che recensiate e che qualcuno mi segua :3
Grazie mille per la pazienza, vi
prometto che cercherò di aggiornare al più presto!
shootingstar_
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