E MENTRE STAVA SCRUTANDO LE
STELLE...
"Tu, vai a riempire
d'acqua queste due brocche. Svelta!".
Il padrone mi
scaraventa in mano due grandi recipienti di terracotta e mi spinge in
malo modo fuori dalla porta.
A cosa gli
serviranno due brocche d'acqua a quest'ora della notte?, mi chiedo.
Dopotutto, però, a una povera servetta di Tracia non deve
importare degli affari del padrone.
La notte
è scura e calda, quasi soffocante, l'aria delle stradine
ancora impregnata degli odori del mercato. Vivere nella zona del
mercato è una fortuna per il padrone, per me invece si
tratta solo di uno dei tanti particolari che rendono questa
città, Mileto, diversa dalla mia terra natale. Gli uomini si
scambiano cibi, animali, parole, suoni, gioielli, colori... tutti
diversi da quello che conoscevo.
E a volte, non so
perché, alcuni cittadini si fermano a lungo a parlare con i
mercanti stranieri.
L'unico aspetto che
questa città ha in comune con la Tracia è il
cielo, punteggiato da stelle argentee che, numerose, risplendono come
pietre preziose.
Svolto a destra,
mantenendomi nella zona del mercato, ed ecco che poco lontano da me
vedo la cisterna dell'acqua.
Qualcun altro si
sta dirigendo verso il pozzo, ma nella direzione opposta alla mia.
Allora non sono la sola in giro a quest'ora! Anche se il qualcuno mi
è di fronte non riesco a capire di chi si tratti
perché è ancora troppo lontano, ma a giudicare
dall'abbigliamento è senz'altro un uomo.
Quando,
però, noto la sua andatura (una camminata distratta, assente
e sognante, come se stesse passeggiando sulle nuvole), sospiro e scuoto
la testa sorridendo. E' Talete, l'uomo più strambo della
città, uno di quelli che si fermano a parlare con gli
stranieri. La gente dice che è impossibile conversare con
lui senza che tiri fuori strani argomenti in cui pochi riescono a
capire qualcosa. Alcuni sostengono che è un saggio, ma forse
è solo matto.
Cammina in quel suo
modo sognante, ma ciò che mi sconvolge di più
è che, invece di guardare davanti a sé, se ne sta
con il naso all'insù a fissare il cielo come un babbeo.
Ed ecco che succede
ciò che era inevitabile che succedesse.
Non riesco a
trattenere le risa di fronte a Talete che, l'attenzione fissa alle
stelle, muove un passo nel vuoto e cade malamente nella cisterna
dell'acqua, con un discreto fracasso e schizzando ovunque. Rido ancora
quando vedo la sua testa riemergere, l'espressione confusa.
"Talete il Saggio",
lo apostrofo ridacchiando, "ti concentri talmente tanto su
ciò che sta in cielo, che neanche vedi quello che
c'è per terra!".
Non risponde. Resta
lì, immerso nell'acqua fino al collo, la faccia pensosa.
Alzo le
sopracciglia e sospiro: questo qui manco sa stare agli scherzi. Riempio
le due brocche poi, con un cenno di saluto, mi volto e torno verso
casa: il padrone mi punirà se impiego troppo tempo.
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