Di
Stelle e Ricordi
di Arwen 297
Iscritta al concorso One
Shot dell'Estate - Categoria: Originali
- Drammatico.
1^Classificata
San Lorenzo, io
lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade,perché
si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
[Giovanni Pascoli. X Agosto]
Quella che sta calando
è la notte di San Lorenzo. Nominata ogni anno dagli
astronomi per via delle spettacolari stelle cadenti che illuminano la
volta celeste, dicono che sia la notte dei desideri che si avverano. E
allora perché il nostro desiderio più grande
espresso un anno fa non si è avverato? La risposta era
semplice: erano tutte fandonie. Frutto del desiderio umano di credere
in qualcosa per andare avanti e superare i grandi ostacoli che ci pone
la vita, credendo e illudendosi che un giorno o l’altro quei
desideri urlati alle stelle si avverino.
Ora sono qui, esattamente come un anno fa ma sono solo, tu non ci sei.
Invece che fare avverare i nostri sogni, le stelle cadenti hanno fatto
si che la mia vita durante quegli ultimi dodici mesi fosse un autentico
inferno in cui ho navigato come uno sperduto Caronte annegando nel
dolore e nella rabbia. Ripenso alla nostra storia, a te con cui ho
condiviso cinque anni della mia vita costruendo insieme il nostro nido
d’amore, felice, spensierato. Reso ancora più
forte dalla notizia che aspettavi un bambino e dalla decisione di
andare a vivere insieme nonostante i nostri miseri ventiquattro anni.
Avevamo posto le basi per realizzare tanti progetti, troppi. E come
spesso accade, il destino ha giocato noi un brutto scherzo. Scherzo che
ha stroncato la tua giovane vita e con lei quella del nostro futuro
bambino.
Lo ricordo come se fosse ieri. Stavamo tornando dal mare, erano quasi
le otto di sera e la strada era ancora illuminata da
quell’immenso spettacolo naturale che era il tramonto: il
cielo rosso si rifletteva nel mare rendendolo del medesimo colore,
mentre i raggi del sole producevano mille scaglie di luce sulla
superficie. Eravamo tranquilli. Tranquillità che venne
prontamente distrutta nel giro di cinque minuti. I cinque minuti
peggiori della mia vita, un tempo relativamente piccolo, ma che aveva
spezzato l'esistenza di Ilaria e con lei, anche il mio cuore
irrimediabilmente fatto a pezzi. Le lacrime iniziarono a scendere
copiose dai miei occhi mentre mi avvicinavo al tuo corpo inerme
sull’asfalto, acqua salata che si mischiava al sangue sparso
sul suolo rovente, nessuno sopravvive a un impatto di quelle
dimensioni, tanto meno se vieni sbalzato dall’auto veicolo
per poi cadere a terra come una bambola di pezza. Ormai era palese che
non c’era nulla da fare, ma non riuscivo ad arrendermi mentre
continuavo a disperarmi, a chiamarti sperando nel profondo del mio
cuore che fosse solamente un brutto sogno, e che presto la sveglia mi
risuonasse lontano in testa. Ma ciò non avvenne. Non avevo
il coraggio di interrompere quel contatto con quella pelle che man mano
diveniva sempre più pallida e fredda, dovettero costringermi
tre poliziotti chiamati dai presenti, mentre il dottore riduceva in
polvere quei pochi pezzi di anima che mi erano rimasti, dando la
conferma a ciò che era inevitabile.
Il tuo decesso.
Il Decesso del nostro bambino.
La mia rabbia.
Il mio dolore.
La sensazione che un pezzo di me stesso ti abbia seguita nella tomba.
Il dolore si fece man mano più intenso mentre in ospedale
aspettavo il risultato dell’autopsia, che per quanto crudele
era necessaria per definire con estrema accuratezza i dettagli della
tua morte. E non ebbi la forza di lasciarti sola, nonostante quei
corridoi mi apparissero più freddi che mai, mentre preso da
un moto di rabbia mista a disperazione colpivo con forti pugni il muro
davanti al viso, mentre le lacrime non sembravano volersi congedare
definitivamente dai miei occhi color nocciola. Il risultato
dell’autopsia confermò i suoi pensieri: morta sul
colpo.
I poliziotti si avvicinarono a me, esprimendo tutto il loro dolore per
via della mia perdita, ma quasi mi venne da ridere quando mi dissero
che hanno preso il pirata della strada. Mi dicono che era ubriaco, che
a loro serviva una mia deposizione per confermare la versione
dell’assassino. Come se ce ne fosse realmente bisogno! Non
basta che abbia stroncato due vite innocenti solamente per provare
l’ebbrezza di un’ora? A quanto pare no non bastava.
Sembra così tanto una macabra barzelletta, ora che colei che
per me era tutto, era l’aria che respiravo, il porto sicuro a
cui approdare dopo una giornata massacrante passata a lavorare.
L’unica amica che realmente avrei voluto se non
l’avessi avuta al mio fianco. Colei che per me era tutto, non
era più niente. Era solamente un corpo freddo, senza vita
adagiato su quel letto in acciaio del frigorifero
dell’obitorio. Questi sono i pensieri che albergavano in me,
uniti ai ricordi più belli che ci vedevano felici, allegri.
A quelli recenti delle vacanze appena passate insieme, ma anche a
quelli più lontani: vivido era ancora in me il giorno in cui
mi aveva detto che aspettava un bambino. Il nostro bambino. Poi veloci
nella mia mente passarono immagini dei nostri compleanni, del nostro
ultimo anno di Liceo, dell’ansia della Maturità
vissuta insieme. Quel senso di libertà che si era
impadronita di entrambi quando avevano letto i risultati degli esami.
Ricordi che mi tenettero compagnia nella settimana infernale che mi
divideva dal nostro estremo e ultimo saluto. Riempiendo il mio cuore di
un dolore incolmabile che nessuno poteva capire.
L'ira era forte dentro me, la rabbia per l’ingiustizia di
questo mondo, che condanna gli innocenti, uccisi da degli svitati che
quasi sempre rimangono indenni. Se avessi potuto avrei inflitto a quel
bastardo lo stesso dolore che inflisse a te, mentre lentamente ti
spegnevi. Ma che soprattutto sto sentendo e vivendo io, i tuoi
genitori, alle persone che più ti amavano e che saranno
presenti anche tra qualche giorno a salutare il dolcissimo viso
circondato da quei capelli neri come la notte, che contrastavano gli
occhi così chiari, dolci e che esprimevano con un solo
sguardo tutta la voglia di vivere che ti portavi dietro. Voglia di
vivere e allegria che non ti hanno salvata contro il destino che
scorreva inesorabile.
Il giorno del funerale giunse inarrestabile, e io ero li
sull’altare quasi fossi uno sposo; lo sposo che non
potrò mai essere, che aspetta la sua sposa. Non vi era
alcuna emozione in me, no il dolore al contrario ancora forte, e
sentivo gli occhi farsi nuovamente colmi al pensiero che da li a cinque
mesi questo matrimonio con la morte si sarebbe verificato, ma in altre
più felici e liete circostanze. Passano lenti i minuti che
mi dividono dall’ingresso del tuo corpo dentro alla bara in
legno seguito da uno strascico di tulipani rosa, i tuoi fiori
preferiti. Lo stesso strascico che poggio dopo la sepoltura sulla tua
tomba, come se fosse una dolce e fragile coperta che possa tenerti al
caldo, ora che non posso farlo io.
Chissà dove sei adesso, se sarai felice, triste. Se in
questo momento dall’alto del cielo osservi questo piccolo
terrazzo sulla terra e mi osservi, proprio come io ho il mio sguardo
rivolto al cielo. Mentre nella mia testa rimbombano quelle parole che
tu mi dissi proprio un anno fa, mentre eravamo abbracciati sdraiati in
terra a guardare gli astri. “ Sei la mia ragione di vita, la
persona con cui fin dal primo momento ho sentito che c’era
qualcosa di speciale. Non vedo l’ora di dividere ogni istante
della nostra vita futura con te” avevi detto. E io che ti ho
riempita di baci, carezze. Ignorando che sarebbero state le ultime.
Guardo le stelle e penso a te piccolo dolce angelo, che mi proteggi da
lassù, le lacrime luminose del cielo e come se esprimessero
il mio, il nostro dolore. Perché sono sicuro che tu
nell’arco di quest’anno sei sempre stata al mio
fianco,e lo sei ancora adesso mentre guardo gli astri piangere il mio
dolore, nell’attesa che un giorno forse non troppo lontano io
possa stringerti tra le nuvole. Un dolore che ci accomuna a milioni di
questi dolori, così diversi e così uguali.
Così ingiusti. Provocati solo dall’ebbrezza che
uno sconosciuto voleva concedersi durante un’ora.
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