Josh
si sta svegliando.
Forse
è stato il rumore della porta di casa a strapparlo
al sonno, oppure il suono inconfondibile del pick-up di sua madre:
quando lo
mette in moto sembra di sentire un riso asmatico.
Qualche
volta lo ha
guidato anche Josh. Appena giri la chiave, il motore inizia a
sghignazzare e
solo un attimo prima che tu scenda per prendere l’auto a
calci, quello parte.
E’ frustrante! Neanche la soddisfazione di sfogarti un
po’.
Sente
il veicolo
partire sulla strada brecciata ed immagina sua madre colpire lo sterzo
con un
pugno.
Socchiude
gli occhi e
la prima cosa che mette a fuoco sono le pale del ventilatore che girano
lente.
Ha
la fronte imperlata
di sudore e gli fa male la testa: i postumi della sbronza con gli amici.
Per
fortuna la stanza è
in penombra, perché le poche lame di luce che filtrano tra
le imposte bastano a
ferire i suoi occhi.
Josh
si alza a sedere
sul letto e si prende la testa tra le mani. La sente pulsare, come se
dentro ci
fosse qualcuno a suonare la batteria. Il caldo è
insopportabile. Si preannuncia
un’altra giornata torrida in un’estate che sembra
senza fine.
Ancora
intontito dal
sonno, va ad aprire la finestra. Chissà perché,
dopo tutto non c’è proprio
niente da vedere lì fuori. Solo un muro di mais. Un esercito
compatto di
pannocchie che arriva quasi a sfiorare la casa. Non
c’è un giardino intorno
alla baracca in cui vivono, solo campi di mais a perdita
d’occhio,
tutt’intorno.
Una
vampata d’aria
bollente lo investe. Scosta leggermente le imposte scrostate e il sole
accecante gli brucia la faccia.
Ah!
Che idiota!
Richiude
in tutta
fretta. Tutto sommato la
sua stanza gli
sembra un pò meno calda ora.
Si
trascina prima in
bagno, il tempo di alleggerire la vescica, poi passa in cucina, senza
neanche
una sosta al lavandino. Sulla porta è attaccato un post-it.
Ma Josh sbuffa
senza neppure guardarlo. Possibile che sua madre si ostini a
comunicargli ogni
volta che esce a far compere?
Macchissenefrega!
Dove altro potrebbe mai andare? Non è neanche sabato!
Il
sabato lei dà una
mano da Joyce’s: l’unico posto a Hellville dove si
può bere una birra e
mangiare un cheeseburger. E’ così che sua madre
arrotonda la pensione di guerra
che le danno per il marito. Josh non era ancora nato quando il padre
è partito
per il Golfo ed era nato da poco quando lui è tornato
avvolto nella bandiera.
“ellville”
dice il
cartello attaccato alla prima baracca del paese. Si potrebbe pensare
che il
luogo non meriti neppure la maiuscola, ma non è
così. La prima lettera è così
sbiadita che non si legge più.
HELLville
è il nome del posto, e non potrebbe essere più
azzeccato di così.
Poche
baracche sparse
in una radura in mezzo al mare di granturco. La casa
di Josh è ancora più sparsa
delle altre. Bisogna prendere l’auto per raggiungere
qualsiasi posto.
Ci
sono due esercizi
commerciali a Hellville: la pompa di benzina e il negozio di Doyle.
Doyle
vende di tutto,
dagli alimentari all’abbigliamento: jeans e magliette per la
precisione, lì non
serve altro. Tratta anche ferramenta e ricambi per auto. Di tutto un
po’.
Dev’essere per questo che solo di rado ti riesce di trovare
quello che cerchi,
e, con l’aiuto di Doyle, finisci col convincerti che forse
non ne hai veramente
bisogno. Ci sono persino due condizionatori in esposizione, con almeno
tre anni
di polvere depositati sulle confezioni: chi mai potrebbe permettersi un
lusso
del genere a Hellville?
Ah
dimenticavo! Jeremy
Doyle svolge anche le mansioni di sceriffo. Vi starete chiedendo a cosa
serva
uno sceriffo in un posto dimenticato da Dio, dove, infatti, non
c’è né la
chiesa e neppure più una scuola. Non so rispondervi. Non
succede mai niente a
Hellville, 253 abitanti, Contea di Fox. Minnesota.
Josh
preme
l’interruttore.
Il
vecchio ventilatore
con le pale di metallo affilate come rasoi parte singhiozzando.
E’ già da
qualche giorno che fa le bizze, quasi che la corrente arrivi a
intermittenza.
Dura poco però e quasi subito inizia ad andare che
è una bellezza. Josh sposta
la manopola sulla massima velocità. Espone la faccia al
vento artificiale che
gli asciuga il sudore dandogli una piacevole sensazione di fresco.
Strascica
i piedi fino
al frigo e tarda a richiuderne la porta.
“Josh,
chiudi quel
maledetto frigorifero!” urla sua madre. Ma non stamattina.
Stamattina lei è già
uscita e lui può smaltire la sbornia in santa pace, e
godersi l’aria fresca che
esce dal frigo aperto.
Si
siede al tavolo.
Latte freddo e cereali, la sua colazione di sempre, da che ne ha
memoria,
tranne d’inverno: allora il latte lo beve caldo. Mangia
meccanicamente senza
accorgersi neanche del sapore.
I
suoi occhi vagano fuori
dalla finestra, e si posano sulla vecchia Dodge che apparteneva a suo
padre. E’arrugginita
e senza targa, di un colore indefinito, giace sulle ruote sgonfie e si
staglia
contro la muraglia verde quasi come un’opera d’arte
post-moderna. Quante bevute
e quante fumate lì dentro con gli amici.
Se
la Dodge potesse parlare!
Sorride
al pensiero
della faccia che farebbe sua madre se potesse ascoltare certe
conversazioni. Ma
è proprio a questo che serve quella vecchia ferraglia!
La
sua mente è già con
i suoi amici. A nuotare nel mais, fino a raggiungere il canneto che
costeggia il
canale di irrigazione.
Seduti
sul ciglio, con
i piedi nella melma quasi fresca, giocheranno a lanciare le rane e fare
progetti per il futuro, quando lasceranno Hellville ad annegare tra le
pannocchie.
Il
pensiero lo fa
sorridere. La TV è accesa ma nessuno la sta guardando.
E’
successo qualcosa,
ma ancora non comprende bene di che si tratta. Un lieve mutamento nella
percezione, quasi un acuirsi dei sensi in uno spazio che sembra
dilatarsi
all’infinito.
Il
rumore del pick-up
che si ferma sulla ghiaia lo distrae dai suoi pensieri. Sente sbattere
entrambe
le portiere e capisce che sua madre non è sola.
La
vede sulla soglia,
con lei c’è Tom, il ragazzo che lavora da Doyle,
e, all’occorrenza funge da
aiuto-sceriffo. Ha la cassetta degli attrezzi con sé.
“Ciao
mà! ….’giorno
Tom!” li saluta Josh. Ma loro non mostrano di averlo sentito.
Sua
madre lascia andare
le buste della spesa. La bottiglia del latte si rovescia e le mele
rotolano sul
pavimento. Qualcuna raggiunge la pozza rossa che si allarga sotto il
tavolo e
si incanala nello spazio tra le assi del pavimento.
Il
ragazzo di Doyle si
gira e vomita sullo zerbino.
Josh
non capisce.
Che
ci fa la sua testa
sul pavimento? Perché tutto sembra diventato rosso? I
cereali, il tavolo,
..persino il muro è coperto di schizzi.
Chiude
gli occhi Josh.
Sente di non voler capire.
No No!
Non è giusto!
Urla
tutta la sua
disperazione, ma nessuno lo sente.
Ha
sedici anni e i suoi
amici lo stanno aspettando al canneto. Non vuole contemplare altra
realtà che
questa. Esce dalla cucina diretto in camera sua: deve pur vestirsi
prima di
uscire. Sulla porta c’è ancora quello stupido
biglietto. Questa volta lo legge:
Josh caro, esco a fare la spesa.
Non
accendere il ventilatore. Non mi
convince.
Credo si siano allentate le pale.
Chiederò a Tom di venire a dargli
un’occhiata.
A
dopo. Mamma
-Josh!
Josh! – sente sua madre che lo chiama.-
-Josh!
Josh, svegliati! Si può sapere che ci fai lì per
terra?-
-So…sono
morto! Non lo vedi?-
-Certo,
morto di sonno, lo vedo! Quante birre ti sei scolato ieri sera?
Parecchie
direi! Sei caduto dal letto e non ti sei neanche svegliato, da non
credere! Io
sto uscendo, devo prendere alcune cose da Doyle.-
-
Aspetta mamma, voglio venire con te. Ora mi alzo.-
-D’accordo,
però sbrigati!-
Josh
ci mette davvero poco a prepararsi. Ha ancora addosso i vestiti della
sera
prima, gli basta una puntata veloce in bagno e tuffare la testa in un
catino
d’acqua.
Quando
esce, riparandosi gli occhi con le mani, il pick- up sta ancora
sghignazzando
alle spalle di sua madre, ma un attimo dopo si mette in moto e partono
lasciando la polvere a inseguirli finchè non si immettono
sulla strada
asfaltata .
Nel
negozio di Doyle c’è fresco. Josh si guarda
attorno e osserva che uno degli
scatoloni che contenevano i condizionatori non c’è
più.
-Doyle
che fine ha fatto Tom? – chiede sua madre mentre si aggira
tra gli scaffali.
-Non
lavora più qui. I suoi gli hanno rilevato la fattoria dei
Leavers. Sai, era un
bell’appezzamento e Tom sta per sposarsi, così il
nostro Tom diventerà
agricoltore.-
All’improvviso
un’idea
si fa strada nella mente di Josh.
-Posso
venire io
a lavorare da lei, signor Doyle? – chiede Tom a bruciapelo.
Sua
madre lo guarda come
se fosse un alieno,
ma Josh non ci fa
caso. Anche Doyle sembra preso un po’ in contropiede.
-Ecco
Josh… il fatto è che gli affari non vanno proprio
a gonfie vele ultimamente e…-
-Non
si preoccupi signor Doyle, non dovrà darmi dei soldi!
– lo previene Josh.-
-Ah
no?- fa Doyle, e
guarda la madre di Josh
come se lei potesse chiarirgli il mistero.-
-Mi
potrà pagare con quello.- spiega Josh indicando il
condizionatore rimasto sullo
scaffale.-
-Ragazzo
mio, dovrai lavorare tutta l’estate per
quell’aggeggio! Non farà più caldo per
quando avrai finito di pagarlo.-
-Beh,
potrebbe darmelo a credito – insiste Josh. Non ha intenzione
di andarsene senza
aver fatto prima tutto il possibile per convincere Doyle. Alla fine lui
e sua
madre escono dal negozio col cartone tra le braccia.
-A
domani, signor Doyle!- lo saluta Josh, lasciandolo sulla soglia a
grattarsi il
mento perplesso.
-
Josh, sei sicuro di quello che fai? L’estate è
lunga. – indaga sua madre ancora
sorpresa
-Mai
stato più sicuro di così.- le risponde Josh senza
esitare.
-Cos’hanno
che non và i nostri ventilatori?-
-Niente
mamma, ma…non si sa mai!-
FINE
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