Shall we dance_
Ciel Phantomhive,
chiuso a dovere nel suo studio, seduto nella sua poltroncina dietro la
scrivania, stava terminando di leggere una lettera consegnatagli poco
meno di dieci minuti prima dal suo fedele maggiordomo, in paziente
attesa innanzi alla scrivania.
Lo sguardo serio e
concentrato del giovane conte dava ad intendere al servitore che il
messaggio non era portatore di buone notizie, o che semplicemente il
suo contenuto non era gradito al destinatario.
Se solo Sebastian avesse
semplicemente alzato lo sguardo dal viso del suo signorino avrebbe
senz’altro scorto un minimo scorcio del profilo di una terza
persona, totalmente estranea alla villa - o quasi.
Alcuni ciuffi di capelli
rossi sporgevano oltre il bordo del muro, così come una parte
del viso, i cui occhi gialli stavano letteralmente incollati addosso
alla figura del maggiordomo.
In particolare, quegli
occhi erano alla ricerca di qualcosa di più della semplice vista
dell’aspetto “esteriore” del demone: se avessero
potuto avere l’onore di vederlo senza quell’uniforme
addosso - che lo faceva comunque tanto sexy - sarebbe stato il paradiso.
Nemmeno di una veduta
“posteriore” potevano godere, dato che la poltroncina del
piccolo conte era in mezzo - e perché Sebastian non era girato
di spalle.
«Sebastian».
Il demone rimase a fissare il padrone.
«Devo
prepararmi» esclamò Ciel, rapido, alzandosi dalla sua
postazione ed avviandosi senza altre spiegazioni alla porta.
Il maggiordomo lo seguì con gli occhi, poi inarcò un sopracciglio e chiese: «Ha un impegno urgente?».
«No».
Il tono svogliato e severo
con cui gli rispose il signorino era una sorta di campanellino
d’allarme per il moro: significava che, qualsiasi luogo fosse la
sua meta, doveva recarvisi per forza, nonostante non ne fosse
entusiasta.
«Sono invitato ad un
ballo che si terrà tra circa...» s’interruppe,
lanciando un’occhiata all’orologio sulla sua scrivania
«... tre ore a casa di Lizzy» spiegò il Phantomhive
con un lungo e rassegnato sospiro.
Elizabeth Middleford, la
sua fidanzata ufficiale, non era esattamente la persona con cui avrebbe
più gradito affrontare una cosa come un ballo: Elizabeth era
ossessionata dagli abiti e gli accessori degli invitati.
Come minimo - e purtroppo
ne aveva già fatta esperienza sulla propria pelle -
l’avrebbe trascinato in giro per la sala da ballo per andare a
commentare gli indumenti di tutti.
Un supplizio che il giovane conte si sarebbe volentieri risparmiato.
«Dovrete venire anche
tu ed il resto della servitù» ordinò un momento
dopo: se doveva soffrire, tanto valeva imporlo anche a loro. Perlomeno
non sarebbe stato solo.
«Certamente,
signorino. Andrò immediatamente ad avvertire gli altri membri
della servitù» rispose Sebastian, inchinandosi in segno
d’ossequio.
La silente spia fuori della
finestra, che aveva udito, anche se soffusamente, tutta la
conversazione, iniziò a provare una grande, profonda
eccitazione: Sebastian era stato invitato ad un ballo.
Se avesse trovato il modo di intrufolarsi, avrebbe senz’altro potuto trovare la maniera per stare con il suo amato.
Stirò le labbra in
un sorriso smaliziato e carico di malsana adorazione: già si
vedeva a volteggiare al centro di una pista da ballo tra le braccia del
suo demone preferito.
Se non avesse smesso alla
svelta con certi pensieri, avrebbe finito col farsi del male da solo,
eppure era così piacevole, immaginare Sebastian con un abito
elegante che non fosse la solita divisa da maggiordomo.
Era certo che l’avrebbe reso ancora più bello e sexy di quanto già fosse di per sé.
Grell iniziò la difficile discesa dalla sua postazione: doveva sbrigarsi.
Era quasi il tramonto, e
doveva prepararsi per l’evento: non fosse mai che Sebastian lo
sorprendesse ad un ballo vestito in modo inappropriato.
«È così
eccitante! Non eravamo mai stati invitati esplicitamente ad una
festa!» esclamò Mey Rin, gioiosa, congiungendo le mani
innanzi al petto.
«Sì, sarà fantastico!» aggiunse Finnian, sorridendo.
«Finalmente anche noi siamo considerati!» commentò Bald.
Per l’occasione, i
tre avevano indossato i loro abiti migliori, gli unici che non avevano
mai avuto occasione di mettere - nonché i soli capi
d’abbigliamento diversi dalle loro abituali uniformi.
Mey Rin indossava un
delizioso e vistosissimo abito viola con lo scollo bordato di pizzo
nero che le scendeva morbido fino alle ginocchia, aderendole
perfettamente al corpo. La parte che le fasciava il ventre era decorata
con un ricamo nero che formava una sorta di falso corsetto.
Bald e Finnian, invece,
indossavano due smoking gemelli, eccezion fatta per i colori, tra loro
opposti: il completo del cuoco era nero con la camicia sottostante
bianca, mentre quello del giardiniere bianco con la camicia nera.
«È solo una
semplice festa» intervenne Ciel in tono annoiato, spostando gli
occhi dal paesaggio esterno alla carrozza alla sua “compagnia
d’eccezione” per quella sera.
«Non è felice
di partecipare alla festa organizzata da lady Elizabeth,
signorino?» domandò Finnian, un po’ deluso
dall’indifferenza ostentata dal padrone.
«Non vedo dove stia
tutta questa eccitazione...» replicò semplicemente il
Phantomhive, che di eccitazione non ne provava nemmeno un po’.
«È davvero
elegante questa sera, signorino...!» osservò la cameriera,
cambiando repentinamente argomento, così da non far morire sul
nascere la conversazione.
L’espressione del conte non migliorò molto in seguito al complimento.
«Non mi pare
d’aver indosso niente di così diverso dal solito...»
disse, privo del benché minimo entusiasmo.
Indossava una lunga giacca
elegante di un liquido ed incantevole blu notte che gli arrivava circa
al ginocchio, sotto la quale portava un gilet dello stesso colore. Il
colletto era l’unica cosa visibile della camicia bianca che
indossava al di sotto di esso ed era chiuso da un plastron a balze
bianche egregiamente annodato.
Le maniche della camicia sbucavano dal fondo di quelle della giacca, aprendosi sulle mani guantate dello stesso colore.
I pantaloni -
anch’essi bianchi - seguivano il profilo delle sue gambe
magroline senza aderirvi, sparendo poco sotto il ginocchio in un paio
di alti stivali neri.
Sulla testa, appoggiato
leggermente di traverso sulla destra, c’era un piccolo cilindro
blu notte con una rosa della stessa tonalità sul lato destro,
circondata da un sottile nastro bianco che formava una
molteplicità indescrivibile di fiocchi che in parte cadevano al
di sotto della falda, sfiorando i capelli del conte.
Era un abito che - se la memoria non lo ingannava - prima d’allora non s’era mai messo: lo considerava troppo... esuberante
per essere portato quotidianamente, ma se non altro immaginava fosse
gradito ad Elizabeth - altro valido motivo perché non uscisse
dal suo armadio.
All’improvviso, sulle
labbra di Ciel comparve una sorta d’increspatura simile ad un
pallido sorriso sghembo d’ignota provenienza.
«Semmai, quello veramente elegante stasera è Sebastian...» aggiunse.
Le guance di Mey Rin
s’imporporarono all’improvviso mentre i suoi occhi si
spostavano verso l’esigua finestrella che aveva innanzi, dalla
quale s’intravedeva un sottile scorcio della schiena del
maggiordomo.
In effetti, Ciel non aveva
tutti i torti: per quella serata, Sebastian aveva abbandonato le
spoglie di semplice “domestico” per vestirne di più
“sofisticate”.
Il demone indossava un
completo nero elegantissimo che gli aderiva al fisico in modo a dir
poco impeccabile, risaltandole il raffinato portamento.
La giacca era nera, lunga, chiusa sul petto ma aperta dai fianchi in giù e gli arrivava fino a metà dei polpacci.
Al di sotto portava una camicia bianca le cui maniche larghe a pieghe sbucavano dal fondo di quelle della giacca.
Un plastron bianco molto
semplice era annodato alla perfezione sotto il risvolto del colletto
della blusa ed infilato nello scollo della giacca.
Appuntate sul petto aveva due rose rosse che davano un ulteriore tocco di raffinatezza al suo abbigliamento.
I pantaloni erano dritti e
privi di tasche, come anche la parte superiore, fatto che aveva
costretto Sebastian ad arrischiarsi ad uscire senza orologio.
Per l’occasione aveva
anche deciso di legarsi i capelli, adesso raccolti da un nastrino rosso
a formare un raffinato codino alla base della testa dal quale tuttavia
era stato escluso il ciuffo di capelli che gli copriva metà
viso. Le lunghe estremità del nastro volteggiavano dietro le sue
spalle, sollevate dal vento creatosi dalla velocità della
carrozza.
Mey Rin stravedeva letteralmente per quel suo look da cavaliere nero. E come poteva non essere? Lei amava tutto di lui.
Sebastian, intanto, spronava i cavalli ad un rapido trotto al fine di giungere quanto prima a destinazione.
Ancora era ignaro di
ciò che l'attendeva, perché altrimenti avrebbe voltato
seduta stante la carrozza e avrebbe lanciato in una corsa sfrenata i
cavalli per arrivare quanto prima a casa.
Impiegarono circa mezz'ora
a raggiungere la tenuta dei Middleford, dove Lizzy attendeva
trepidantemente il suo amato Ciel ed un "invitato dell'ultimo minuto"
aspettava il suo demone prediletto.
Il suddetto demone
fermò la carrozza esattamente innanzi alla grande porta a due
battenti, lasciata aperta per l'occasione.
I tre componenti extra
della servitù di casa Phantomhive furono i primi a scendere, poi
la cameriera aiutò il padroncino ad uscire. Appena furono tutti
fuori, Sebastian mosse la carrozza per andare a parcheggiarla tra le
altre.
Ciel e compagnia riuscirono a percorrere i pochi metri che li separavano dalla soglia prima che il maggiordomo facesse ritorno.
«Wow, Sebastian! Che velocità!» commentò Bald, stupito.
«C'era un posto libero qui vicino» replicò il maggiordomo con un labile sorriso furbo.
«Coraggio, entriamo» intervenne Ciel, precedendo il gruppetto all'interno.
Grell, intanto, era
già dentro, nascosto in un angolino isolato vicino alla porta
d'ingresso, così da poter individuare l'oggetto del suo
interesse non appena avesse messo piede là dentro.
Per il resto degli invitati, intenti a godersi la festa, la sua presenza era decisamente irrilevante.
«Varcherà
quella porta. Me lo sento, tra poco varcherà quella porta...
oww, sarà certamente bellissimo, ancor più del
solito...!» esultò tra sé, senza poter fare
a meno di arrossire al solo immaginare il suo maggiordomo in abito da
sera. Sarebbe stato a dir poco perfetto...!
«CIEEEEL!!!».
Il richiamo che
riecheggiò per tutta la sala attirò l'attenzione dello
shinigami, che concentrò tutta la sua attenzione sulla porta,
verso cui la piccola lady Elizabeth stava correndo con entusiasmo
ineguagliabile. Grell vide comparire sull'uscio il piccolo conte dei
Phantomhive. A quel punto il suo palpito cardiaco iniziò ad
accelerare.
«È senz'altro dietro il moccioso...!» pensò, osservando Elizabeth saltare al collo del nuovo venuto «Se
solo si spostasse da lì...! Non può oscurare così
l'ingresso trionfale del mio Sebastiàn!» aggiunse tra sé, indignato.
Ciel, soffocato dalle
morbose ed imbarazzanti attenzioni della ragazza, si sottrasse
abilmente al suo abbraccio e la salutò con un consueto e
formale: «Buonasera, Elizabeth».
«È Lizzyyy!» si lamentò la piccola lady, assumendo una fanciullesca espressione indignata.
Ciel la ignorò ed
avanzò nella stanza. Dietro di lui entrò il terzetto
della servitù, e per ultimo il tanto atteso maggiordomo nero.
Nemmeno Grell stesso seppe
spiegarsi perché non fosse semplicemente svenuto nel veder
cotanta tenebrosa bellezza. Rimase là a contemplarlo per alcune
- poche - frazioni di secondo, poi abbandonò la sua postazione
con un impeto improvviso, slanciandosi verso il demone; tuttavia, la
sua corsa fu arrestata da un improvviso ed indesiderato assiepamento di
persone davanti a sé.
«Chi è quell'affascinante uomo in nero?»
«È davvero intrigante...»
«Il maggiordomo del conte Phantomhive?»
«Non mi spiacerebbe averlo intorno per più di qualche ora...».
Le donne erano in palese
fermento per il maggiordomo, cosa che mandò letteralmente in
bestia Grell: Sebastian era solo suo. Quelle oche non dovevano nemmeno
provare a toccarlo, altrimenti la sua ira e la sua falce si sarebbero
abbattute su di loro.
L'unica cosa di cui si
poteva vantare in quel momento era il fatto che lui, Grell Sutcliffe,
conosceva il maggiordomo di casa Phantomhive molto più
profondamente di qualsiasi gallina dell'alta società.
«E poi, io sono estremamente più bella...!»
esclamò tra sé, mimando lo spostare una ciocca di capelli
- allora non disponibile sciolta - oltre la spalla sinistra con una
movenza che denotava una gran vanità tutta al femminile.
All'udire l'ennesimo
sussurrato commento d'apprezzamento non proprio casto al suo amato, si
decise a farsi largo tra la folla e reclamare ciò che era suo
per diritto di precedenza.
Sgomitando a destra e a manca in modo non troppo femmineo, Grell riuscì a guadagnarsi la testa del gruppo di donnette.
«Sebastiàààààn...!»
chiamò a quel punto, slanciandosi verso di lui a braccia aperte.
Sebastian si volse
lentamente al suo indirizzo, con un'espressione naturalmente pacata che
si trasformò in una stupita non appena riconobbe la voce e
l'aspetto di colui che l'aveva richiamato.
La sua reazione, in
principio, fu abbastanza prevedibile: come sempre, Sebastian
cercò d'allontanarlo; tuttavia, la sorpresa era stata tale che
non riuscì a contrastarlo a dovere.
Fu così che, finalmente, Grell ottenne di poter abbracciare il suo amore.
Ciel, che si trovava un po'
più avanti assieme a Lizzy, si era girato nell'istante stesso in
cui aveva udito quella familiare voce a metà tra il maschile e
il femminile, ma non riusciva a credere a ciò che vedeva,
benché si sforzasse di farlo.
Non riusciva a capacitarsi
di come quel pazzo incosciente di Grell Sutcliffe avesse potuto
presentarsi in mezzo a dei comuni mortali con il suo vero aspetto,
oltretutto vestito in tutto e per tutto come una donna.
Infatti, per quella sera,
lo shinigami aveva abbandonato il suo quotidiano abbigliamento di
ambiguo genere in favore di qualcosa di più elegante e
nettamente femminile: indossava un lungo abito vermiglio con lunghe
maniche a sbuffo decorate al termine con del pizzo dello stesso colore,
che gli arrivava a coprire metà della mano. La scollatura non
era molto ampia frontalmente - probabilmente perché non c'era
niente da mettere in mostra - ma in compenso lasciava scoperta buona
parte delle spalle.
La gonna dell’abito
era - fortunatamente - priva di spacchi sia laterali che frontali, ma
in compenso era sostenuta da un probabile gran numero di strati di
sottoveste.
Le scarpe erano coperte alla vista dall'orlo dell'abito, che arrivava a sfiorare il pavimento.
Anche i capelli erano stati
accuratamente sistemati per la serata: anziché essere sciolti
come di consueto e leggermente spettinati, erano legati in una lunga
treccia poi avvolta a formare un alto chignon dietro la testa,
sostenuto da una complessa impalcatura di spilloni neri.
Ciel si chiese quante ore
avesse speso per progettare e realizzare un'acconciatura simile,
considerato anche il fatto che, con ogni probabilità, aveva
fatto tutto da solo.
Nel perdersi nelle sue
osservazioni, però, il conte Phantomhive si era dimenticato
momentaneamente di dove fosse e, soprattutto, di chi c'era là
con lui oltre il suo maggiordomo.
Fortunatamente, una domanda improvvisa lo riportò alla realtà.
«Chi è lei, Sebastian?».
Dal tono usato da Mey Rin
pareva che quest'ultima fosse estremamente interessata alla risposta,
anche se il Phantomhive riuscì a carpirvi una decisa sfumatura
di delusione: non era certo un mistero che la cameriera nutrisse
dell'interesse per il maggiordomo. Era prevedibile che il vederlo tra
le braccia di "un'altra" la rattristasse.
Sebastian fece per replicare, ma Grell lo interruppe: «Sono Juliet, la fidanzata di Sebastiàn!».
Il demone non
manifestò alcunché di ciò che provava,
benché non fosse affatto contento della piega assurda che aveva
preso la serata - tra l'altro ancora agli esordi, per cui non voleva
neppure immaginare come sarebbe proseguita.
Chissà perché
quel falso nome diede ancor più sui nervi al demone di quanto
già non facesse il comportamento del Dio della Morte.
Bald sorrise.
«Adesso mi spiego perché ti sei vestito tanto elegante...!» osservò, ironico.
«Ihih... siete davvero una bella coppia!» ridacchiò Finnian.
Se non ci fosse stata tanta gente, Ciel era certo che Sebastian li avrebbe scuoiati vivi dopo un'affermazione simile.
Grell se ne stava
allegramente spalmato sul petto del demone, la cui espressione palesava
in modo conciso il suo incommensurabile desiderio di uccidere
l'artefice di quel disastro.
Era incredibilmente
appagante per il conte vedere finalmente Sebastian Michaelis in
difficoltà per una serie di sfortunate coincidenze che erano
sfuggite persino dalle sue mani di demone.
Però il fatto che ci
fosse un Dio della Morte alla festa inquietava un poco il Phantomhive:
non voleva doversi occupare di calmarlo in caso fosse accaduto un
imprevisto e avesse cominciato ad uccidere a destra e a manca.
Era meglio prendere precauzioni.
«Oh, come sono carini...!» commentò Lizzy, estasiata, contemplandoli.
Ciel fece cenno al maggiordomo di avvicinarsi - richiesta che il moro esaudì con non poca fatica.
«Sbarazzati di lui in fretta, senza dare troppo nell’occhio» ordinò Ciel.
«Yes, my Lord».
Sebastian rispose con un
sorriso all’imposizione del suo padrone: non vedeva l’ora
di togliersi quell’essere disgustoso di dosso.
«Cieeel, guarda quel vestito! È così carinooo!»
esclamò Elizabeth, tirando a sé il fidanzato per un
braccio, correndo via per andare ad infiltrarsi tra la folla.
Dopo pochi istanti si
allontanarono anche il resto della servitù e le nobildonne
affrante - e arrabbiate - per l'arrivo della "fidanzata" del bel
maggiordomo, lasciando il suddetto in balia della perversione dello
shinigami dai capelli rossi.
«Non avrei mai
creduto possibile che la tua follia arrivasse a questi livelli»
asserì pacatamente il demone, guardandolo dall'alto in basso.
Era lampante il suo
più totale disgusto per la sua scelta d'abbigliamento, o forse
per il semplice fatto che l'avesse scelto pur essendo un uomo.
«E io non avrei mai
pensato che tu potessi essere ancora più sexy del
solito...!» replicò Grell tranquillamente, sorridendogli
con malizia.
Con una leggera scossa del
braccio, Sebastian si liberò della morbosa stretta di Sutcliffe,
che però gli si avvinghiò nuovamente all’arto,
anche se in modo meno femminile.
«Sebastiàn,
per stasera saremo fidanzati!» esclamò, felice come non
mai «Ora possiamo baciarci con la lingua...!»
proseguì, estatico, protendendosi verso il moro.
Questo reclinò
indietro la testa, per poi spostarsi all'ultimo istante. Grell
finì con lo sbilanciarsi troppo in avanti, rovinando
scompostamente - e goffamente - a terra.
Si rialzò massaggiandosi la testa e sistemandosi il vestito.
«Non essere disgustoso» gli disse semplicemente il maggiordomo, allontanandosi.
Lo shinigami si
affrettò a raggiungerlo nuovamente, aggiungendo uno smielato:
«Sebastiàn caro, aspettami!».
Il demone - che si era
allontanato a passo rapido - fu raggiunto in pochi attimi dallo
shinigami nei pressi del tavolo del rinfresco.
«Che cosa vuoi,
Grell?» domandò direttamente il moro in tono algido:
sapeva perfettamente che avrebbe continuato a tormentarlo finché
non avesse esaudito il suo desiderio - qualsiasi esso fosse. In
realtà, non voleva saperlo: immaginava già che fosse
qualcosa di riprovevole persino per i suoi standard.
Grell gli sorrise in modo deliberatamente provocatorio.
«Vorrei così tante cose da te, Sebastiàn...! Prenditi la mia verginità e fann...»
«Non essere ancor
più disgustoso» lo interruppe il demone, tappandogli la
bocca, togliendola appena un momento prima che una coppia di ospiti
passasse loro accanto - e ovviamente la donna non poté evitare
di lanciare un'occhiata bramosa all'indirizzo del maggiordomo.
Grell riprese il discorso, avvicinandoglisi: «Almeno concedimi un ballo!».
Sebastian si limitò a guardarlo, inarcando le sopracciglia: non era possibile che volesse solamente ballare.
Quel capriccioso shinigami
non si poteva accontentare soltanto di un ballo, ma prevedere cosa
stesse macchinando la sua mente - eccetto pensieri tutt'altro che casti
su di lui - era impossibile.
Per questo dovette “fidarsi” delle sue parole.
«Vuoi un ballo...? E poi mi lascerai finalmente in pace?» domandò Sebastian.
Dal tono a Grell pareva incline ad esaudire la richiesta.
«Sì!».
Non gl'importava quanto
potesse odiarlo o quanto a malincuore gli stesse concedendo
quell'opportunità, a lui bastava di ballare in coppia con il suo
demone - anche se le sue mire ideali comprendevano anche altri generi
di intrattenimento.
Proprio in quel momento la musica iniziò a diffondersi nella sala.
Senza proferir parola,
Sebastian prese lo shinigami per la mano - scatenando tutta una serie
di reazioni che portarono quest'ultimo a sospirare in modo alquanto
poco virile ed ambiguo - e lo trascinò verso la pista da ballo
facendosi largo tra la folla.
Sutcliffe ammirava la sua
figura armoniosa e bellissima mentre si apriva una strada tra la gente
senza riuscire a togliergli gli occhi di dosso: da lui sentiva
irradiare una sorta d’aura di nero mistero. Era come il frutto
proibito e lui non si pentiva d’esser caduto in tentazione.
Quando furono al centro
della pista, Sebastian si fermò e si volse indietro, tirando a
sé il Dio della Morte, circondandogli il bacino con un braccio,
sistemando la presa della mano.
Per un momento si
guardarono dritti negli occhi e Grell non poté far a meno di
arrossire vistosamente: un contatto del genere tra sé ed il suo
Sebastian per ballare era un sogno che si realizzava.
«Spero che tu sappia
danzare» gli sussurrò il demone, inarcando elegantemente
un sopracciglio con fare inquisitorio.
«Certo, per chi mi hai preso?» replicò lo shinigami, abbandonandosi a lui.
Sebastian cominciò la danza e Grell lo seguì.
Le note iniziali si
succedettero lente le une alle altre in preparazione di un culmine
d’effetto che si svolse in un rincorrersi di suoni crescenti ed
incalzanti.
Il Dio della Morte non
riusciva a staccare gli occhi da quelli di brace del maggiordomo. Il
mondo tutt’attorno era divenuto un insieme di colori che si
confondevano gli uni con gli altri indistintamente. L’unica cosa
importante in quel momento erano loro due.
La musica durò per
circa quindici minuti, il quarto d’ora più lungo e
meraviglioso che Grell avesse mai vissuto.
Quando terminò, Sebastian lo lasciò andare e si volse a dargli le spalle.
«Abbiamo ballato. Adesso vattene» disse, facendo per andarsene.
Lo shinigami rimase fermo
dove si trovava, le guance accese dall’emozione mentre osservava
rapito la schiena del demone, incantato dal portamento elegante e fiero
e dal suo innegabile fascino oscuro.
«Yaaaw ♥
Sebastian...!» esclamò, correndogli di nuovo appresso
spinto da un irrefrenabile desiderio di toccarlo, abbracciarlo,
stringersi di nuovo a lui, ma il maggiordomo si volse con un repentino
scatto e gli affibbiò un pugno nello stomaco che gli
mozzò il fiato di netto.
Un colpo a tradimento che Sutcliffe non aveva nemmeno visto arrivare e che lo costrinse a piegarsi leggermente in due.
«Avevi detto che se
ti avessi concesso un ballo te ne saresti andato» gli
sussurrò nell’orecchio il moro, piegandosi a propria volta.
Spostò la mano dietro la schiena e sorrise.
«Mi spiace, ma non
posso più stare con lei» disse ad alta voce, con un tono
dispiaciuto che in realtà era tutto meno che vero, increspando
le sopracciglia in un’espressione contrita.
Dal modo in cui
parlò era chiaro che stesse cercando di farsi sentire, cosa che
di fatto avvenne: non appena si voltò e si allontanò,
diverse donne cominciarono a seguirlo con lo sguardo tipico di chi sta
progettando un’avance.
Grell non poté far
altro che rimanere lì dov’era stato abbandonato nei panni
di una donna che era appena stata lasciata dal fidanzato, seguendo con
il solo sguardo il demone che se ne andava.
«Questo non sarà il nostro primo ed ultimo ballo insieme, Sebastiàn! È una promessa!» sentenziò tra sé e sé, risoluto.
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