I swear I'll take my revenge
Avevano raggiunto il
fronte africano per combattere contro Germania e Italia e America non
vedeva l'ora di scendere in campo per dimostrare il suo valore in
guerra.
Eppure...
«Inghilterra, ce ne hai ancora per molto?».
... eppure si trovava ancora nella tenda che condivideva con Arthur a fare un bellissimo e noiosissimo niente.
«Sei irritante»
asserì l'inglese, lanciandogli una fulminante occhiata di
sbieco: non solo lo infastidiva il fatto che lo stesse tormentando
verbalmente - e quando ci si metteva, in quel senso Alfred sapeva
essere dannatamente stressante - ma anche - e soprattutto - il modo assolutamente scomposto e volgare che aveva di sedere a tavola.
L'americano se ne stava
letteralmente stravaccato sulla sedia, quasi sdraiato, il braccio
destro al di là dello schienale al quale si teneva ancorato per
non cadere. Le gambe erano distese in tutta la loro lunghezza e
sparivano sotto il tavolo.
La testa era appoggiata sul
bordo dello schienale ed il suo sguardo annoiato vagava dal soffitto
all'alleato ai dintorni senza una meta definita.
Il suo giubbotto da
aviatore era stropicciato e stava mezzo sollevato a causa della
posizione del braccio destro, scoprendogli gran parte della casacca
dell’uniforme color terra, solitamente appena visibile.
Come facesse a star comodo in una posizione tanto assurda, per il britannico era un mistero.
«Dobbiamo andare a combattere!» esclamò Alfred in tono lamentoso.
«Li abbiamo fatti
ripiegare di parecchio e non avranno modo di riconquistare il terreno
perso: i miei soldati stanno sorvegliando il fronte»
replicò tranquillo Kirkland.
«E allora? È noioso stare a guardarti mentre bevi il thé»
«Nessuno ti ha
chiesto di rimanere qui. Puoi anche andare a combattere da solo:
né te né qualche bifolco tedesco riuscirete ad impedirmi
di gustare il mio sacrosanto thé delle cinque» rispose in
tono sostenuto Arthur, accavallando le gambe, continuando a sorseggiare
il suo Lady Grey.
Certe strane abitudini
degli inglesi, America era certo che non le avrebbe mai capite, ma
neanche ci avrebbe provato: era tempo perso.
Kirkland sembrava godersi il momento senza minimamente pensare alla loro missione.
Effettivamente, l'ex madrepatria stava assaporando in totale tranquillità l'aroma ed il gusto intenso del Lady Grey, l'ideale per distendere i nervi dopo una mattinata passata a sbraitare ordini a destra e a manca.
La bevanda era ancora
bollente, ed il suo profumo inconfondibile si spandeva nell'aria
assieme al vapore che si alzava dalla sua superficie.
Appena ebbe svuotato la tazzina, l’inglese la riempì una seconda volta dalla teiera situata sopra il tavolo.
Alfred sbuffò, annoiato: sarebbe mai finita l'ora del thé?
Come se le sue preghiere
fossero state seriamente ascoltate da qualcuno, all'improvviso un colpo
di pistola esplose fuori della tenda, mentre Arthur si portava alle
labbra la tazzina. Il proiettile entrò lacerando la stoffa ed
attraversò l’interno del padiglione, colpendo proprio
la tazzina di porcellana, mandandola in frantumi, lasciandone solamente
il minuscolo cerchietto del manico stretto tra le dita di Kirkland.
Una pioggia di thé
bollente cadde sui pantaloni dell'inglese, che dovette mordersi a
sangue il labbro inferiore per impedirsi di gridare: il thé gli
era finito proprio sulle “parti basse”.
Il dolore per il liquido
bollente lo indusse ad alzarsi di scatto in piedi imprecando, dando
così modo anche all’altro di vedere la macchia scura che
gli “decorava” il cavallo dei pantaloni.
Alfred si raddrizzò subitaneamente sulla sedia al vederlo e scoppiò a ridere sguaiatamente.
«Che cos’hai da ridere, idiota?!» sbottò Arthur a voce alta, paonazzo per la vergogna e la rabbia.
Alfred non riusciva nemmeno
a respirare tanto forte rideva. Piegato in due dalle risate, si
addossò contro lo schienale con le mani sulla pancia, che gli
faceva male dal tanto sghignazzare.
Kirkland ebbe l’impulso istantaneo di mandarlo a quel paese, ma prima doveva pensare ad un altro problema.
Ansimando e con le lacrime
agli occhi, finalmente Jones riuscì a formulare una frase:
«Inghilterra... te la sei... fatta sotto?».
«IDIOTA!» ribadì Arthur, mentre slacciava la cintura per togliersi i pantaloni bagnati di thé.
Una raffica di colpi
d’arma da fuoco riecheggiò all’esterno della tenda
e, per la sorpresa, il povero inglese sobbalzò e cadde seduto a
terra, imprigionandosi i pantaloni sotto il sedere.
Alfred invece si
alzò in piedi e si avvicinò all’imboccatura del
padiglione a piccola corsa mentre Arthur lottava contro la fibbia della
cintura che gli s’era impigliata in un occhiello sfilacciato dei
pantaloni - e che venne via con un sonoro strap, portando con sé pure l’ostacolo.
E tanti saluti ai frammenti
di pazienza che Inghilterra cercava di raccogliere un po’
dovunque in sé: dalla bocca dell’inglese cominciò a
fuoriuscire un fiume di insulti in lingua madre che lasciarono di
stucco l’americano, anche se solo per un momento.
«Sono arrivati i
tedeschi» avvertì America quando si riprese, girandosi
verso l’altro nello stesso attimo in cui li raggiunse un grido
familiare da fuori: «Venite allo scoperto e arrendetevi, cani
inglesi!».
Inghilterra digrignò
i denti, le mani che tremavano per la pelle scottata e per la rabbia
mentre si inginocchiava e tentava per l’ennesima volta di
togliersi i pantaloni, i quali stavolta erano fermati dal peso del suo
corpo che faceva perno sulle sue ginocchia.
Imprecò a mezza voce
contro Germania con un’espressione in viso che l’americano
trovò decisamente buffa: gli occhi smeraldini iniettati
d’ira contrastavano in modo stridente con la smorfia di sforzo
che gli deformava le labbra, mentre lottava con i calzari. Come se
ciò non bastasse, il quadretto era completato dalle sue guance,
tinte d’un violento color porpora che esplicitava in modo chiaro
la portata del suo imbarazzo.
Altri colpi esplosero,
mettendo ancor più fretta all’inglese, rovinando
ulteriormente i suoi tentativi di spogliarsi: doveva muoversi e andare
ad impartire ordini ai suoi uomini, ma allo stesso tempo aveva bisogno
di cambiarsi i vestiti.
«Avevi lasciato i
soldati a fare la guardia, eh?» lo sfotté Alfred
guardandolo da sopra una spalla, ridacchiando in modo irritante
«Be’, non importa...» aggiunse, scrollando le spalle.
Si tolse il giubbotto con
un gesto rapido e l’innegabile intento di mostrarsi superiore,
quindi prese la sua mitragliatrice nera con doppio calcio che aveva
appoggiato vicino all’ingresso quand’era rientrato.
«... l’eroe
salverà la situazione!» esclamò, impugnando fiero
l’arma a due mani e avviandosi fuori a passo di marcia, un
sorriso sghembo ed emozionato sul viso.
Arthur riuscì a
togliersi finalmente i pantaloni e si rimise in piedi con indosso
solamente i suoi boxer con la bandiera britannica, anch’essi
disastrati dall’accaduto di poco prima.
L’inglese si diresse
dolorante verso la sua brandina e si chinò sotto di essa,
mettendosi a cercare nella sua borsa un paio di mutande e di pantaloni
per cambiarsi, mentre da fuori udiva le grida concitate ed esaltate di
America, che a quanto pareva si stava divertendo da matti a mettersi in
mostra. Lui, in quel momento, avrebbe semplicemente voluto sparire sotto terra: svergognato a quella maniera da un imbecille come America per un incidente tutt’altro che prevedibile.
Tutto ciò rodeva enormemente a lui e feriva profondamente il suo orgoglio.
Il biondo si
affrettò a cambiarsi per recarsi quanto prima sul campo di
battaglia: non poteva lasciare che l’ex colonia si prendesse
tutta la gloria.
Nell’attimo in cui
fece per infilarsi la cintura, udì di nuovo la voce di Germania:
«Inghilterra! Vieni fuori, codardo!».
Nessuno poteva dargli del codardo e passarla liscia, men che meno un villano come Germania!
Oltretutto, quello che gli
era appena accaduto era colpa sua e del suo maledetto esercito e non
aveva la minima intenzione di lasciarli impuniti: gli avevano fatto
fare una pessima figura con America, distrutto un paio di pantaloni e
per giunta rovinato il thé delle cinque, facendogli sprecare
dell’ottimo Lady Grey.
La sua ira funesta si sarebbe abbattuta implacabile su di loro, annientandoli definitivamente.
Allacciata che fu la cintura, l’inglese corse all’ingresso della tenda ed uscì tuonando un furente: «GERMANIA! Ti giuro che questa te la faccio pagare!».
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