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di Grouper
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     "E' ora di andare! Muoviti Eff." Le parole di Rebecca echeggiavano nella testa di Vittoria, ancora a metà strada tra il sonno e la realtà. Con gli occhi che bruciavano a causa del sole più splendente del solito e la bocca secca, Vittoria -per la sua famiglia, Eff- da sdraiata si mise seduta sul letto, e cominciò ad accarezzare il gatto della sorella Rebecca che si era portata dietro quando la era venuta a svegliare. Sempre in modo poco cosciente e razionale, si mise le pantofole e barcollò verso la finestra per chiudere le tende: gli abitanti di Woods non erano abituati ad un sole " che spacca le pietre ": a dire il vero non erano abituati al sole in generale. Per tutto il paese quando quell'enorme stella graziava la città di un po' di luce, era sempre una festa. La cosa buffa? Vittoria odiava il sole. Così oltre a chiudere le tende, accostò pure le persiane, primo passo per superare l'irrazionalità mattutina. Dopo essersi lavata, tornò in camera e cominciò a prepararsi per il grande giorno tanto odiato: il rientro a scuola. Stette per due minuti abbondanti a scrutare e a toccarsi il viso: osservò gli occhi verdi, ma incupiti da un'ombra grigia che in realtà li rendevano ancora più belli e particolari, incorniciati da due sopracciglia nere e folte; la bocca a coniglietto sempre socchiusa; i capelli scuri e gonfi le contornavano il viso piccolo dalla fronte ben spaziata. Concluse quella strana "ispezione" con una smorfia che sottintendeva un "niente di che". 
Quando scese al piano di sotto trovò Rebecca che continuava a guardare l'orologio così spesso che non si era nemmeno accorta dell'arrivo di Vittoria. "Ah eccoti! No, dico:con comodo!" sbraitò la sorella; in tutta risposta, Vittoria alzò un sopracciglio e con un mezzo sorriso divertito andò in cucina a prendere la sua migliore amica: una tazza di caffè. " Ma si può sapere che stai facendo? Lo prenderai a scuola il caffè! Sono, anzi, sei in ritardo, Eff. Mi farai fare una brutta figura già dal primo giorno di lavoro " continuava Rebecca mentre si agitava di qua e di là alla ricerca di non si sa bene cosa, mentre metteva in disordine i capelli rossi a cui tanto teneva, come a tutto ciò che le appartenesse, d'altronde: lavoro compreso. " Calmati, Beck. Sono pronta, e mancano ancora venticinque minuti prima che la campanella suoni " disse in modo quasi scocciato indicando l'orologio della cucina. Rebecca si ricompose, poichè si era resa conto della folle scenata appena fatta, e con un colpo di tosse disse " Si, certo. Allora fai con calma io... ti... aspetto in macchina. Anzi quasi quasi prendo un caffè anch'io e... " ma Vittoria alzando gli occhi al cielo si diresse verso l'uscita di casa, seguita dalla sorella che la raggiunse di corsa dopo essere inciampata due volte, prima sul gatto e poi sulla sua stessa borsa che stava quasi per dimenticare. 
Vittoria non era il tipo da conversazione in macchina, preferiva prima di tutto andare a piedi, e in secondo luogo stare in silenzio e guardare fuori dal finestrino. Non è poi così male questa luce, pensò tra sè Vittoria mentre scrutava i rami degli alti tigli che si estendevano per tutto il viale. Quei tigli profumavano come pochi quando era stagione, ma anche in autunno, quando cominciavano a spogliarsi e a perdere il loro verde intenso, restavano comunque meravigliosi agli occhi di Vittoria. 
"Allora, emozionata?" chiese la sorella nell'intento di fare conversazione. 
"Affatto." rispose Vittoria senza staccare lo sguardo dai raggi di sole che penetravano tra le foglie deboli degli alberi. 
"Non avevo dubbi" sospirò Rebecca "io invece sono agitatissima!" aggiunse sorridendo in modo leggermente isterico. Vittoria rimase zitta, ma mimò con la bocca un "Fantastico!".
La macchina si fermò nel parcheggio della Century High School e solo in quel momento Vittoria si voltò verso la sorella e disse: "Noi non ci conosciamo. Anche se abbiamo lo stesso cognome e la gente probabilmente farà domande e non potrò mentire davanti all'evidenza, sappi che ci ignoreremo. Noi là dentro non ci conosciamo." disse con uno sguardo penetrante ma,anche se strano da credere, senza alcun odio o vergogna nei confronti della sorella. Rebecca stava per controbattere, ma non fece in tempo ad alzare l'indice per parlare che Vittoria le schioccò un bacio sulla guancia e scese dall'auto. 
Arrivò all'entrata della scuola: quello sarebbe stato l'ultimo anno tra quelle mura, e quell'anno sarebbe stato diverso, lo aveva deciso da tempo ormai. Sarebbe stato come un nuovo primo anno, solo con qualche centimetro in più e qualche ricordo non troppo dolce alle spalle. In ogni caso, sarebbe stato un nuovo inizio.




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