The Clown Is Dead ...Will The Laughter Return... We'll Never Know...
Una bellissima giornata di sole.
Di quelle che si odiano più dei tristi pomeriggi piovosi.
Il telefono squillò e lui lo prese, meccanicamente, come se
sapesse che di lì a poco avrebbe squillato.
-Yamato?- domandò una voce ben nota.
-Taichi.- rispose lui, atono.
-Stasera ci sarà un concerto alla spiaggia, tu vieni?-
-No.-
Taichi sospirò. Era ovvio che avrebbe rifiutato.
-Yama no..-
-Lo so, Taichi.- rispose seccato l’altro –Lo so che
non dovrei chiudermi in me stesso, che dovrei svagarmi, andare avanti.-
emise un profondo sospiro –Lo so. E sono d’accordo.
Ma non oggi.-
Taichi annuì, ma riprese –Proprio oggi che
è il momento più duro, Yamato, dovresti uscire di
casa e…-
-Basta!- esclamò il digiprescelto dell’amicizia,
nervoso e sull’orlo delle lacrime –Siete tutti
bravi a dire cosa dovrei e cosa non dovrei fare. Ma se Sora morisse, tu
cosa faresti, Taichi? Andresti ad un concerto come se niente fosse?-
Il digiprescelto del coraggio scosse il capo –No.- rispose
–Starei a casa a piangere. E tu staresti al telefono a dirmi
di uscire e provare ad andare avanti. Non posso vedere che ti deprimi e
ti lasci andare così.-
Yamato si sedette lentamente sul pavimento della sua abitazione.
-Io… io non posso divertirmi… non mi sembra
giusto… è come se me ne fregassi di lui, lo
capisci?-
Era scoppiato in un pianto dirotto. Taichi sospirò
profondamente.
-Vengo da te, aspettami.- gli disse piano.
Tre minuti ed era lì, seduto sul pavimento, con fra le
braccia Yamato che tremava e piangeva come un disperato. Il prescelto
si vergognava da morire a mostrarsi così debole di fronte a
qualcuno. Ma non riusciva a mostrarsi forte. Non voleva. Che motivo
aveva per mettere su la sua facciata da uomo vissuto con la situazione
perfettamente sotto controllo?
Cos’aveva sotto controllo?
Nulla!
Credeva di avere tutto sotto controllo esattamente un anno prima.
E cos’era successo?
-Mi sento così… così…
è colpa mia…- si lamentò fra un
singhiozzo e l’altro.
-Non dire così…-
Taichi non sapeva cos’altro dire in quel momento.
Si limitò a carezzargli la testa, ad abbracciarlo mentre
l’amico si aggrappava a lui con tutte le sue forze, mentre le
sue lacrime sgorgavano inarrestabili. Il suo corpo tremava al punto che
il prescelto del Coraggio temeva fosse preda delle convulsioni.
-E’ colpa mia se è morto…- disse con un
filo di voce.
-No, Yamato.- ribatté Taichi –Non ti sei fatto
attaccare di tua spontanea volontà. E lui poteva non
mettersi in mezzo. Ma l’ha fatto di sua spontanea
volontà perché ti ama.- Taichi parve infervorarsi
mentre rassicurava l’amico. Come se potesse così
infondergli la forza di andare avanti. Solo ad un certo punto si rese
conto di star piangendo anche lui. –Piemon era felice, te lo
ricordi?-
Yamato annuì, piano.
-Era felice di aver fatto la cosa giusta.- continuò Taichi
–E piangeva perché temeva di non vederti mai
più.-
Yamato singhiozzò.
-Quanto dovrò aspettare, Taichi?-
-Non lo so.- gli carezzò ancora il capo –Non lo
so. Ma tornerà.-
-Quando?- ripetè Yamato, con un tono infantile che
intenerì ancora di più il compagno
–Quando potrò rivederlo di nuovo?! Sono stufo di
entrare nella mia stanza e vederla vuota! – scosse la testa
–Prima lo spedivo fuori a calci, dicendogli che ero stufo dei
suoi modi di fare da stalker… e invece ora…-
Deglutì quasi strozzandosi con la saliva.
-Ora… lo vorrei qui…- disse nuovamente ridotto ad
un fil di voce flebile e quasi impercettibile.
E cosa poteva fare Taichi se non continuare ad abbracciarlo?
Nulla.
Lui era il migliore amico. Piemon era quello che Yamato amava.
Due persone dai ruoli ben distinti.
E cosa poteva fare Gabumon, lì fermo sulla porta?
Nulla se non aspettare che Taichi riuscisse a dare al suo compagno un
altro po’ di conforto. Forse da umano a umano sarebbero
riusciti a comprendersi di più.
Dopotutto i digimon muoiono e rinascono.
La morte per gli esseri umani è un qualcosa di terribile.
La fine di tutto.
E l’idea di una nuova vita immortale dopo di essa non
cancella certo il terrore per quel breve istante in cui tutto si ferma.
Il cuore smette di battere.
Ma non il tempo.
Quello continua a scorrere per chi resta.
Ogni giorno trascorre interminabile come fossero mille anni e quello
dopo lo stesso. E quello dopo ancora più lento.
Infiniti, sempre più angoscianti, finché la
ferita non si sarebbe rimarginata.
Gabumon poteva solo aspettare.
Consolare Yamato ogni giorno e ogni notte.
Quando non aveva nulla che lo distraesse dal pensiero del corpo di
Piemon dilaniato dalle fiamme di un colpo che non era destinato a lui.
Quando riviveva quell’istante nei suoi incubi e si svegliava
di soprassalto e piangeva e cercava conferma del fatto che fosse solo
un incubo.
E Gabumon una volta gli disse che era così.
Yamato sorrise sollevato. Pianse di gioia.
“Che sogno di
merda...” commentò sorridendo, forse
pensando all’indomani, quando sicuramente si sarebbe
svegliato con Piemon accanto e l’avrebbe preso a cuscinate
perché chissà quante ore era che lo fissava
mentre dormiva.
E quando poi si era svegliato, Gabumon lo vide guardarsi intorno con
disappunto. La certezza della realtà prese il sopravvento.
Yamato si era alzato dal letto di corsa. Aveva chiamato
l’altro, supplicandolo di andare da lui, di non scherzare.
Era arrivato persino a salire sulla ringhiera del terrazzo, minacciando
Piemon che se non si sarebbe fatto vivo si sarebbe buttato di sotto.
E lo fece.
Eccome se lo fece.
Gabumon ringraziò di trovarsi lì in quel momento,
perché salvò il compagno appena in tempo
evolvendosi in Garurumon. Yamato neppure aveva sentito il morso del
terrore che la morte arreca.
Giaceva fra le sue zampe con lo sguardo vitreo.
Come se nel momento in cui Piemon fosse morto la vita fosse finita
anche per lui.
No, Gabumon non poteva capire, perché era un digimon.
Ma se quel giorno non l’avesse afferrato, avrebbe compreso
fin troppo bene cosa provava Yamato.
*
Perdonatemi se è dannatamente triste.
Oggi mi è venuta un po' così.
Non che sia depressa. Solo che mi andava. Mi piace scrivere di momenti
tristi. La cosa strana è che quasi me la piangevo pure io.
Ok, sono sentimentale, ma fra tutti i personaggi che amo, Yama
è quello a cui sono più legata fin da quando ero
una funghetta di 11 anni. Mi immedesimo troppo ecco.
Se vi può rassicurare, non lascerei Pie morto per troppo
tempo, quindi alla fine tutto si risolverà.
Ero piuttosto indecisa se mettere Taichi o Gabumon. Prima ho pensato
Taichi. A metà fic mi sono fatta un esamino di coscienza.
Taichi è il migliore amico umano, ma Gabumon capisce Yama
più di ogni altra persona. Almeno finché non si
tocca il tasto morte.
Insomma, questa fic doveva essere molto più corta finire in
modo freddo, triste. Con solo Taichi in quella casa con Yamato. Non
dico che ora l'ho finita meglio, ma Gabumon c'è e ci
sarà sempre, ecco tutto.
E non so chi possa aver ucciso Pie o quale battaglia abbiano affrontato
i digiprescelti. Di idee ne ho tante, ma il nemico ora non conta,
pensate un po' chi volete. Uno potentissimo o uno debole ma infido.
Libera scelta. Grazie per aver letto ^^
Ps: La citazione e il titolo vengono dalla canzone "The clown is dead"
di Axel Rudi Pell. Parecchio triste.
Questa
one shot partecipa all'iniziativa di BlackIceCrystal, The One Hundred
Project, Prompt # 65.
Morte
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