C’è un silenzio
infernale, che uccide i timpani. Quei silenzi che vorrebbero urlare, ma
che si
limitano a riempirti la testa di mille pensieri, e fanno rumore. Non
capita
spesso che nel tour bus tutti rimaniamo in silenzio, tranne quando
dormiamo,
ovviamente. Qualche volta Zac russa, ma la cosa è diversa.
Solitamente c’è sempre
qualcuno che ride, suona, o parlotta tra sé cercando di
capire se preferisce
mangiare i cereali per stare attento alla linea, oppure dei biscotti al
cioccolato, fregandosene della costante dieta.
Non
so bene
che fare, così continuo a leggere il libro che mi ha
regalato Taylor il Natale scorso,
soffermandomi sempre sulla stessa riga, incapace di concentrarmi.
Alzo
gli
occhi, quasi a sentirmi osservata, ed eccoli lì, i suoi
occhi nei miei. Sono
così intensi che, come sempre, non riesco a distogliere lo
sguardo, perché il
tocco in cui il suo mi avvolge è un posto in cui mi sento
bene, al sicuro, quasi.
Come quando da piccola guardavo Casper – era il mio cartone
preferito – e
volevo essere stretta tra le sue braccia, così inarrivabili
da star male.
Sorrido
a
Josh, con una scarica elettrica che parte dalle punte dei capelli e
finisce all’unghia
più piccola del piede. Succede sempre, e non riesco a farci
l’abitudine. Il
peggio però arriva quando lui risponde al sorriso,
inclinando in quel modo
terribilmente sexy le labbra. Dentro il mio stomaco comincia un rumorio
strano,
e credo siano le famose ali delle farfalle che sbattono forte. Il
cuore, poi,
prende fuoco.
‘My
heart, it beat. Beats for only you’ solo
per lui, continuo a ripetermi,
quello che ti ha stregato quando eri ancora una bambina, e che ancora
ti fa
sognare e soffrire allo stesso momento. Maledizione, non posso andare
avanti
così. Ora c’è Chad, e non voglio farlo
soffrire, non anche lui.
Distolgo
lo
sguardo rapidamente, tornando alla pagina del libro. Niente, non riesco
a
capire una parola di quello che leggo. E
sì che l’inglese lo parli da quando sei nata, Hay,
penso. Ma penso anche ad
altro, e pare che la mia testa sia improvvisamente diventata enorme e
pesante.
«Bomba,
che
succede?», chiede Jeremy abbracciandomi le spalle. Lui
è la cosa più preziosa
che mi abbiano donato, e se davvero è stato Dio, beh,
ringrazio Dio con tutta
l’anima.
Lui,
col suo
sorriso caldo e dolce, con le sue braccia forti che sono sempre pronte
a
cingermi le spalle, con le sue mani, che quasi istintivamente stringo
quando
gli cammino al fianco.
Allaccio
lo
sguardo con il suo, sicura che in pochi secondi troverà le
sue risposte dentro
i miei occhi verdi, che forse sono pure un po’ lucidi. Mi
accarezza i capelli,
avvicinando piano la fronte alla mia, poi chiude gli occhi e sospira.
«Che cosa
devo fare con te?», sussurra tra sé.
«Voglio vederti sorridere come quando sei
su quel palco, come quando tutti urlano il tuo nome».
«Sto
già
meglio», dico, e anche se la mia voce è quasi
impercettibile, esce con un tono
convinto.
Jerm
apre
gli occhi, e sorride debolmente. «Vestiti».
«Come?»,
chiedo sorpresa.
«Mettiti
qualcosa addosso – così ti scambierebbero per una
barbona pantofolaia – che ti
porto in un posto. Muoviti, dobbiamo anche prepararci per
stasera». Dicendolo
lancia un’occhiata agli altri, e io seguo il suo sguardo:
Josh, che è chino su
un block notes a righe ormai da ore, come se tutto ad un tratto avesse
avuto
l’ispirazione per una nuova canzone, come sempre continua a
succhiarsi il
pearcing al labbro; Zac, stravaccato a letto con la PSP in mano,
è tanto
eccitato dal nuovo gioco che gli abbiamo regalato, che ogni tanto si
sentono
degli urletti di vittoria, e poi c’èTaylor, che
è in contemplazione di non si
sa bene cosa, forse uno dei tanti libri d’arte che sua mamma
gli ha inviato.
Penso proprio di sì, dato che si rivolta il libro bianco in
mano, girandolo,
chiudendolo, e capovolgendolo di nuovo.
Io
e Jerm ci
guardiamo, e sorridiamo. Stasera ci sarà un concerto, ma a
quanto sembra non siamo
molto concentrati.
«Sono
pronta
in un secondo», dico, e corro ad acciuffare le prime cose che
trovo sopra al
letto. Metto anche un po’ di trucco, e pettino alla
bell’e meglio i capelli
tornati nuovamente rossi.
Jeremy
fa
una faccia strana vedendomi arrivare. «Già pronta?
Ma tu sei
miss-sono-sempre-in-ritardo- e-ci-metto-una-vita-a-prepararmi, non puoi
essere
già pronta!».
Rido
forte,
e lo prendo sotto braccio. Sono così piccola a confronto di
lui che mi sembra
quasi di abbracciare un orso di peluche. Il mio orso di peluche.
«Fammi
divertire», sorrido, e me ne vado, senza incrociare di nuovo
i suoi occhi.
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