Life
Starts Now
Seduta
dove sono, posso tenere d’occhio tutti i binari della
stazione. Alcuni sono occupati dai treni che hanno finito le loro corse
giornaliere, e se ne stanno fermi, come assopiti, aspettando
pazientemente che
qualche conducente accenda il loro motore per ripartire nelle prime ore
del
mattino, quando il sole ancora non accenna a fare la propria gloriosa
comparsa.
Altri sono invece ancora attivi, in attesa di ripartire verso
chissà quali
località; nonostante l’orario, ci sono ancora
molte persone che popolano la
stazione, ognuna con la sua storia, la sua meta, le sue aspettative e i
suoi
rimpianti, le gioie e i dolori della partenza, alcune si lasciano alle
spalle
affetti e salutano con la tristezza nello sguardo, altre partono per
trovare,
al loro arrivo, i loro cari ad accoglierli con un caloroso abbraccio.
Occupano
soprattutto la parte ovest della stazione, lasciando quella est
praticamente
deserta. I binari di quella parte sono quasi tutti in disuso, usurati
dal
tempo, percorsi che ormai nessuno si accinge a perseguire.
L’unico treno su
quei binari è malandato e arrugginito, coperto da scritte e
disegni fatti con
bombolette colorate dai ragazzi bisognosi di esprimere se stessi, un
gigante di
metallo così imponente quanto inutile, buono solo come
riparo per i senzatetto
esclusi dalla società.
Il
mio binario è quello al centro, ancora vuoto, pronto ad
accogliere il treno che arriverà fra pochi minuti. Non
l’ho scelto perché devo
scendere ad una specifica fermata, né perché
è il più economico –non ho nemmeno
avuto l’accortezza di comprare i biglietti- ma soltanto
perché è al centro
della stazione, e divide perfettamente la parte est e la parte ovest,
la parte
triste e quella più popolata, un sottile varco di ferro fra
la solitudine della
morte e la spensieratezza della vita. Trovo tutto ciò
estremamente
affascinante.
Dove
porti, non mi interessa. Voglio solo potermene andare
lontano da qui, il più lontano possibile. Guardo impaziente
il grande orologio
bianco di fronte a me, pregando le lancette di girare più
veloce. Non sopporto
questa attesa. Mia madre potrebbe essersi accorta che quello dentro al
mio
letto è solo un cuscino. Potrebbe essere diretta qui per
trascinarmi a casa. A
questo pensiero, avverto una sensazione di nausea alla bocca dello
stomaco. Come
potrebbe prenderla quando scoprirà che sua figlia
è scappata di casa senza un
motivo apparente? E papà? Scommetto che si
sentirà abbandonato dall’unica
alleata che aveva. Ma credo che lui capirà più di
chiunque altro il motivo per
cui ho deciso di andarmene. Anche se non so se mi perdonerà.
Mia
sorella aveva già capito tutto. Da qualche giorno si
comportava in un modo stranamente dolce con me, e ieri sera, per la
prima
volta, mi ha abbracciata e mi ha baciata sulla guancia. È
stato un gesto
talmente improvviso che non ho saputo come reagire. Forse non stava
nemmeno
dormendo davvero quando mi sono alzata e sono uscita di soppiatto, ha
lasciato
che me ne andassi senza nemmeno fermarmi e provare a farmi ragionare. E
per
questo la ringrazio dal profondo del mio cuore.
So
di stare scappando. Ma non è vigliaccheria, anzi, io lo
reputo un atto veramente coraggioso. Forse mi sbaglierò,
comunque preferisco fuggire
che vivere ancora la vita che facevo. Voglio andare in un posto dove
nessuno mi
conosce e costruire la mia esistenza da sola, mattone dopo mattone,
anche se
sarà faticoso, anche se dovrò sputare sangue,
anche se la realtà mi prenderà a
calci nel culo, potrò sdraiarmi esangue ma con il sorriso
sulle labbra, perché
sarà stato tutto frutto delle mie sole scelte. Non voglio
più vivere la vita
che gli altri hanno costruito per me, oppressa dai pregiudizi e dagli
stereotipi, una vita vuota atta a riempire l’insensata e
crudele piramide della
società nei ranghi più bassi.
Mi
dispiace per papà, perché dovrà
soccombere per sempre
alla mamma senza più nemmeno una complice che gli allievi il
dolore ascoltando
un po’ di
musica in macchina con lui.
Mi
dispiace per mia sorella, perché vivrà la vita
che la
mamma ha già deciso per lei, senza poter sgarrare.
Mi
dispiace per Hanna, perché non potremmo mai riservarci
quei momenti in cui ci estraniavamo dal mondo e facevamo qualcosa di
insensato.
Ma
ormai sono qui, e non torno indietro.
Mi
alzo in piedi, il mio treno arriverà a momenti. Stringo
la borsa nera sul mio fianco destro, e mi sorprendo di come tutte le
cose che
prima mi sembravano indispensabili ora sembrano così futili,
e di come sia
riuscita a far entrare la mia vita qui dentro. Ci sono tre paia di
jeans, due
felpe e due maglie, il mio cellulare rigorosamente spento e al quale
cambierò
numero non appena sarò arrivata, il portafoglio contenete i
miei risparmi e
–mamma si incazzerà ancora di più-
alcuni soldi che ho rubato a casa. Ho anche
il mio libro preferito, quello che non mi stancherò mai di
leggere, e il mio
mp4, perché senza la mia musica sarei perduta. Ho portato
anche la macchina
fotografica con memorizzate ancora le foto di Hanna e me,
l’unica cosa che mi
lega ancora al passato. Appena arrivata mi libererò anche di
questo stupido
taglio di capelli che mi ha sempre imposto la mamma, me li
taglierò da sola
molto corti, e me li tingerò di nero, il mio colore
preferito. Penso che un
cambiamento fisico aiuti un cambiamento spirituale e di vita.
Non
resterò in contatto con nessuno, nemmeno con Hanna, ci
ritroveremo solo se lei avrà il coraggio di inseguirmi.
Il
treno è arrivato. Faccio un lungo respiro, e parto a
passi veloci e decisi.
Non
mi volto indietro.
*******
Penso di dover spendere qualche
parola per questa sottospecie di obrobrio partorito dalla mia mente.
Semplicemente, ho intenzione di descrivere problemi o situazioni non
esattamente felici di ragazzi e ragazze della nostra epoca come
l'anoressia, problemi psicologici e sociali ecc. Le storie saranno
ovviamente inventate, spero di cogliere il punto cruciale di ognuna, ma
penso di pretendere troppo essendo una scrittrice in erba.
Parlando di questo primo capitolo, mi è stato ispirato da
un'illustrazione di un'autrice che mi piace particolarmente, kana, e ho deciso
di buttare giù una storia. Personalmente, mi sono spesso
fermata a immaginare come sarebbe prendere un treno senza una
destinazione precisa e di rifarmi una vita completamente nuova in quel
posto, ma mai l'ho realizzato perchè, fortunatamente, la mia
vita più o meno mi piace. Ma non tutti hanno questa fortuna
e c'è chi vive una determinata situazione in modo peggiore
di altri, chi è preda di una forte depressione e
insoddisfazione potrebbe benissimo decidere di voltare pagina e
iniziare da zero.
Questo capitolo è abbastanza corto, spero che gli altri
saranno decisamente più lunghi. Il titolo della storia
è il titolo di una canzone dei Three Days Grace,
appunto "Life starts now".
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