Love actually is all around
DIGLI
CHE SONO I CANTANTI DI STRADA
CON
UN PO' DI FORTUNA, PER L'ANNO PROSSIMO
MI
FIDANZERO' CON UNA DI QUESTE RAGAZZE...
MA
PER ORA LASCIAMI DIRE,
SENZA
SPERANZA NE' INTENZIONI,
SOLO
PERCHE' E' NATALE-
(E
A NATALE SI DICE LA VERITA')
PER
ME, TU SEI PERFETTA
E
IL MIO CUORE STRAZIATO TI AMERA'
FINCHE'
SARAI COSì:
BUON
NATALE
Camminò sconsolato, aveva detto che si
doveva difendere e invece aveva distrutto da sé tutte le sue
protezioni, rendendosi patetico donando la più commovente e sincera
delle dichiarazioni a chi non avrebbe mai potuto ricambiarlo.
Glielo aveva confermato, era il povero
Mark, innamorato di lei che
fingeva di odiarla per non destare sospetti, per non fare la figura
dell'idiota che va dietro alla moglie del suo amico.
Se
anche si fosse impegnato, se anche si fosse denudato in mezzo al
centro della città scrivendosi con la vernice sul petto sono
uno sfigato non avrebbe potuto
rendersi più patetico.
Sentì
una presa delicata che gli afferrò il braccio interrompendolo dai
suoi pensieri, fermandolo e costringendosi a girarsi. Incredulo la
vide, affannata per la breve corsa, bella più che mai mentre gli
posava le mani sul volto e si avvicinava veloce a lui.
Era
forse morto? Cosa stava succedendo?
Peter
in quel momento era decisamente l'ultimo dei suoi pensieri, mentre
con il cuore che scoppiava letteralmente nel petto sentiva le labbra
che troppe volte aveva sognato e altrettante scacciato dai propri
pensieri appoggiarsi sulle sue.
Un
bacio breve come una carezza appena accennata, eppure quel semplice
contatto gli colmò il vuoto che aveva dentro.
Tu per me sei perfetta
Ora i
suoi sorrisi radiosi sarebbero stati rivolti a lui? Quelli che lei
dedicava solo a Peter?
Peter,
il suo migliore amico. Dannazione, doveva pensare anche a lui, da
quando gliel'aveva presentata, da quando aveva capito che il suo
povero cuore straziato
l'avrebbe amata, aveva cercato di fare girare tutto in modo che Peter
non avrebbe mai sospettato nulla, per non causargli un dolore.
Bhe,
forse l'addio al celibato qualche doppio fine lo aveva...
Però
per mesi, anni aveva finto di odiarla, di non sopportarla, non solo
per difendere sé stesso ma per difendere anche il suo migliore
amico.
E ora,
in dieci minuti, aveva permesso che il nemico sparasse a raffica su
tutti e due.
Però
quel sapore di zabaione che gli era rimasto sulle labbra, il volto di
lei ancora accanto al suo che lo fissava... ne valeva la pena. Forse
avrebbe dovuto capire prima che per lei valeva la pena qualsiasi
cosa.
Poi
lei si allontanò, e vide meglio i suoi occhi. Da lontano aveva tutto
più senso.
In
colpa verso di lui e forse verso suo marito lo lasciò andare,
sistemandogli il bavero della giacca con uno sguardo inequivocabile
grazie, ma io ora devo tornare da
lui
gli appoggiò le
mani sul petto e la vide che studiava le sue espressioni, cercando
una risposta. Lui rimase impassibile mentre leggeva quelle di lei
come un libro aperto
forse se ci fossimo incontrati
prima... forse sarebbe stato bello.
E poi
si allontanò, ritornando verso la casa dove l'attendeva il suo
legittimo compagno
grazie, ma io ora devo tornare da
lui
la
vide scomparire dentro l'uscio, prendendo nota di quello che aveva
capito non appena si era staccata da lui, o che forse aveva sempre
saputo
-basta,
adesso basta- si promise, tornandosene a casa.
C'erano
molti significati in quella frase, ma tutti riportavano a quello più
importante: se ne sarebbe andato, l'avrebbe dimenticata.
Non si
sarebbe fatto vivo per un po', l'avrebbe dimenticata.
Avrebbe
detto addio al suo migliore amico pur di non doverla più incrociare
per tutto il resto della sua vita, l'avrebbe dimenticata.
Non
aveva ancora un piano, eppure quando arrivò a casa appoggiò quegli
sciocchi cartelli dietro alla porta e si fece strada
nell'appartamento raccogliendo scatoloni e valigie, radunandovi
dentro tutte le sue cose.
Gli
tornò in mano quella dannata videocassetta da cui era nato tutto,
alla fine non l'aveva presa. Si vergognava forse?
Accarezzò
l'idea di portarla via con sé, ma poi la lasciò sul pavimento vuoto
ormai al centro della stanza, non avrebbe sennò resistito alla
tentazione di guardarla, e non sarebbe mai guarito dalla sua
malattia.
All'alba
l'appartamento era praticamente spoglio, solo i mobili ormai svuotati
e il vecchio televisore erano la prova che quella un tempo era casa
sua.
Portò
tutto nel garage, caricando le cose più importanti in macchina e
lasciando le altre per quando avrebbe avuto tra le mani un futuro più
concreto, un posto dove metterle. Poi, partì lentamente, in quella
mattina di Natale che avrebbe voluto cancellare dalla storia, diretto
al motel più lontano che la mancanza di sonno gli avrebbe concesso
di raggiungere, deciso dopo essersi riposato di riprendere il suo
cammino senza meta. L'avrebbe dimenticata.
Si
rannicchiò nel letto, fingendo di dormire.
Lei
amava Peter, era veramente felice con lui; insieme ridevano e
affrontavano complici la vita, avevano quel genere di rapporto che
tutti decretavano come perfetto e che sarebbe potuto durare per
sempre.
Erano
sei mesi e passa che si erano sposati, eppure lei si sentiva ancora
la sposina dei primi giorni, non un litigio aveva intaccato la loro
serenità.
Eppure
percepiva che qualcosa di molto più grande l'aveva fatto.
Nonostante
si fosse sposata, nonostante Peter le aveva fatto una dichiarazione
coi fiocchi in mezzo al ponte di Brooklin, al tramonto, nonostante
tutto aveva la certezza che poche ore prima si era sentita amata come
mai nella vita. Per me, tu sei perfetta.
Mark,
quello che la odiava (o almeno così aveva creduto per un sacco di
tempo) e che a stento le rivolgeva la parola, quello con cui si era
sforzata più che mai di mostrarsi gentile senza sapere che ogni suo
tentativo in quel senso era una sofferenza in più per lui.
Quello
da cui era andata una mattina, offrendogli la sua amicizia non solo
per il bene di Peter, quello che le era rimasto accanto mentre lei
scopriva il suo segreto più profondo.
Guardando
quel video non vedeva più sé stessa che ballava tra le braccia di
suo marito, ma vedeva con gli occhi di lui. Gli occhi straziati
di lui.
E si
sentiva un'intrusa in quello sguardo, come se stesse leggendo un
diario che non era suo ma che parlava di lei.
-ma tu non parli mai con me... sei
amico solo di Peter!-
aveva tentato di
giustificare a sé stessa, come a negare di capire quello che aveva
visto
-senti ho un
impegno per pranzo... colazione. Trovi da sola la strada, vero?
E se ne era andato,
impacciato e ferito dalla consapevolezza che ora lei aveva.
E il mio cuore straziato ti amerà...
si rigirò insonne
sotto al piumino, scoprendo che il cuscino era bagnato dalle lacrime
che non si era accorta di aver pianto.
La mattina si
svegliò con due vistosi cerchi sotto agli occhi, entrò in cucina
cercando di sorridere al marito che stava bevendo il suo caffè,
aspettandola
-buongiorno amore,
cosa c'è, sei stata sveglia come una bambina a pensare ai regali?-
le chiese posandole un bacio sulla fronte
-eh già- bofonchiò
lei aprendo il frigorifero e servendosi un bicchiere di succo.
-Mark non mi
risponde, volevo chiedergli se passavamo noi a prenderlo per andare
al pranzo da Henry e Nicole. Chissà cosa ha fatto ieri sera, magari
non si farà neanche vivo- ridacchiò immaginando la vita da
scapolone dell'amico.
-già, magari non
verrà- si scoprì a sperare. Ma d'altro canto una parte di lei
voleva vederlo, vedere come reagiva dopo quello che era successo la
sera prima, imparare da lui come nascondere le cose per fare in modo
che nessuno si fosse accorto di niente.
Adesso si sentiva a
disagio, un po' per l'insonnia un po' per le troppe domande senza
risposta vagava per la cucina come uno zombie, chiedendosi se
sembrasse abbastanza naturale sedersi in una determinata posizione.
Aveva paura che
quella notte qualcosa era cambiato definitivamente, e si trovò ad
attendere con ansia l'arrivo di Mark nella casa dei loro amici,
arrivo che non avvenne mai
-quel disgraziato,
lui e i suoi colpi di scena: chissà che storia ci racconterà quando
ci spiegherà perchè non è venuto- rise Peter con cameratismo
mentre erano seduti sul divano a sorseggiare il brandy. Erano le
cinque di pomeriggio, e lui né si era fatto vedere né aveva
risposto al telefono, che risultava staccato testardamente.
Juliet seduta sul
bracciolo si sentiva come su una poltrona di aghi, mentre osservava
attorno a lei e si comportava come davanti ad un copione.
Basta, la
situazione doveva finire: doveva vederlo, da sola, e sentirsi dire
che si sarebbe presto assopita quella sensazione e che tutto sarebbe
tornato alla normalità.
-forza Peter,
andiamo a farci due tiri al bigliardo!- gli propose Henry
stiracchiandosi
-ehm, amore? Non ti
dispiace se io inizio ad andare? Stasera siamo a cena da mia sorella
e non abbiamo preso niente, magari riesco a trovare un market aperto
e a prendere almeno una bottiglia di vino- propose incerta, sperando
che lui non sollevasse obiezioni
-ma che angelo mia
moglie -rispose invece dandogli la sua benedizione- sei sicura che
non ti dispiace andare da sola?
Lei afferrò la sua
giacca prima che potesse cambiare idea
-no, ho mangiato
troppo e due passi mi faranno bene!- mentì salutando tutti -ci
vediamo a casa!
Scendendo di corsa
i gradini della casa cercò di calcolare quanti isolati la
dividessero da l'appartamento di Mark, e senza la speranza di trovare
un taxi disponibile il pomeriggio di Natale iniziò a incamminarsi a
passo svelto.
Non appena fu
abbastanza lontana, sicura di non essere più vista, si affrettò
ulteriormente iniziando a correre tra le vie, sbagliando un paio di
volte ma recuperando la strada giusta. Arrivata al portone salì a
due a due i gradini e poi affannata si attaccò al campanello, non
ricevendo nessuna risposta
-Mark! Mark apri!-
lo chiamò sbattendo le mani sulla porta- Mark andiamo su! Apri!-
provò ancora, senza risultato.
Pensò febbrilmente
a una soluzione, ormai era arrivata fino a lì e non poteva andarsene
senza una risposta convincente, non avrebbe retto una serata intera
sotto lo sguardo inquisitore della sorella in quelle condizioni.
Sollevò lo
zerbino, frugò nel portaombrelli, armeggiò con lo stipite fino a
che scoprì una piccola chiave nascosta in un sottovaso.
Entrò nella casa
afferrando immediatamente che c'era qualcosa che non andava: c'era un
silenzio irreale, e non c'erano tutte quelle cianfrusaglie che
c'erano l'ultima volta che era stata lì; per la verità non c'era
niente di niente.
-Mark?- provò,
titubante.
Se ne era andato.
Una folata di vento
chiuse la porta alle sue spalle, rivelando i cartelli che lui aveva
fatto per lei
e il mio cuore straziato ti amerà
finché non sarai così
li prese in mano,
inginocchiandosi a terra. Non era vero, lui se ne era andato. Mark se
ne era andato.
Si asciugò le
lacrime che inspiegabilmente le bagnarono le guance, e capendo che
non avrebbe mai avuto nessuna risposta uscì, richiudendo la casa e
nascondendo la chiave dove l'aveva trovata,
Ora doveva cercare
un market aperto.
Scese i gradini di
quella casa dai mattoni bicolore sentendosi tradita.
Si era svegliato
nel primo pomeriggio, non che avesse dormito molto, e si era rimesso
in viaggio. Ora sapeva dove stava andando: a Edimburgo. Quella era la
sua meta, lì poteva ricominciare da capo, li avrebbe finto che
Juliet non fosse mai esistita. Aveva sempre amato quella città così
diversa da Londra, e lì avrebbe ricominciato la sua vita.
Ogni chilometro che
faceva era una tentazione a invertire il senso di marcia, era una
visione troppo deprimente vivere una vita intera senza Juliet, senza
Peter, ma immaginò che prima o poi sarebbe passata, quindi si
trattava solo di tenere duro. Il telefono sul sedile del passeggero
si illuminava a ripetizione, segnalandogli quante volte l'amico lo
stesse cercando, ma non se la sentiva ancora di parlargli: una volta
arrivato in città e trovato un albergo dove sistemarsi
provvisoriamente gli avrebbe scritto un messaggio dicendogli che
stava bene, poi una volta trovata una casa e un lavoro lo avrebbe
chiamato raccontandogli il suo ultimo colpo di scena.
Gli avrebbe detto
che era successo tutto troppo in fretta, e che sarebbe tornato un
giorno a salutarlo come si deve, promettendogli una bevuta.
Infine avrebbe
lasciato passare i mesi, rispondendo vago alle sue telefonate e
facendogliene qualcuna di circostanza: se tutto andava come doveva
andare quando si sarebbero scambiati gli auguri l'anno successivo
sarebbe stata una telefonata imbarazzata come tra vecchi compagni di
scuola che si erano persi di vista.
E nel frattempo
Juliet, Juliet, Juliet gli martellava nella mente e dentro al petto.
Cosa stava facendo?
Aveva preso la sua scomparsa come un sollievo? Probabile. Lo aveva
mai pensato? No, non voleva saperlo. L'avrebbe dimenticata.
Una volta trovato
un appartamento che lo soddisfacesse e un lavoro che glielo
permettesse tornò di soppiatto nella sua vecchia casa una notte, con
un furgoncino sgangherato preso a noleggio che non aveva neanche
l'autoradio.
Dopo aver caricato
i suoi ultimi averi si ricordò di avere lasciato in casa uno stereo
portatile, lo stesso che aveva utilizzato quella notte da
dimenticare.
Entrò, registrando
immediatamente nel suo campo visivo la famosa cassetta abbandonata
sul pavimento, distolse lo sguardo e afferrò lo stereo,
richiudendosi la porta alle spalle e salendo sul furgoncino.
Poi ritornò sui
suoi passi, tormentato, riaprì la casa e prima di cambiare idea
raccolse la cassetta, mettendosela nella tasca del giaccone.
Uscendo vide i
cartelli sparpagliati per terra e li diede un calcio, facendoli
sbattere contro la parete disordinati.
Quei dannati
cartelli.
Entrò
nell'appartamento che era stato il suo rifugio quegli ultimi mesi
percependo che c'era qualcosa di strano: mancavano due dettagli
fondamentali, la videocassetta sul pavimento che non aveva mai avuto
il coraggio di riguardare e lo stereo dietro la porta.
Inoltre i cartelli
che spesso si passava tra le mani erano sparpagliati malamente,
qualcuno aveva distrutto il modo ordinato con cui lei li conservava.
Chi era entrato lì
dentro?
Uscì accostando la
porta non curandosi di chiudere a chiave, e oltrepassato il ballatoio
suonò al campanello della vecchia vicina di casa
-signora Green sono
io, Juliet- l'avvisò alzando la voce
-oh, cara, hai
bisogno?
Ultimamente si
erano incontrate spesso, la ragazza aveva spiegato che tornava di
tanto in tanto nella casa dell'amico per dare una pulita e
controllare che tutto fosse in ordine
-è stato qualcuno
qui ultimamente?- gli chiese indicando l'appartamento dirimpettaio
-ma certo, Mark è
tornato qualche sera fa, non vi ha detto niente? Ecco, guarda, io non
l'ho visto ma mi ha lasciato un biglietto nella casella della
posta...
Lo cercò con le
mani titubanti della vecchiaia in mezzo a una pigna di posta e glielo
porse
Cara signora Green,
mi scuso se non mi
sono fermato a salutarla ma sono venuto a prendere le mie ultime cose
in piena notte, e non posso perdere troppo giorni di lavoro dato che
ho appena iniziato e quindi non posso trattenermi oltre dato che devo
attraversare il paese più in fretta possibile.
Le lascio la chiave
della mia cassetta della posta, se dovesse arrivare qualcosa che lei
reputa importante la prego di inviarmelo all'indirizzo che le
scriverò qui sotto.
A breve metterò
l'appartamento in vendita, spero che i nuovi inquilini saranno
gentili con lei.
Con affetto
Mark
-ah, non ci aveva
detto che era passato- cercò di giustificarsi lei
-oh cara, forse
perchè non voleva -gli disse argutamente- ti sei segnata
l'indirizzo? Fanne buon uso- le consigliò poi complice.
Fanne buon uso
lo avrebbe gettato, ecco cosa avrebbe fatto una volta tornata a casa.
Non una ma due volte l'aveva abbandonata, e poi veniva a dirle che
l'avrebbe sempre amata?
Baggianate.
Buffonate, come Mark
Le
aveva fatto perdere solo del gran tempo.
Ad Edimburgo era arrivata una strana estate, per niente grigia e afosa come
quella che imperversava sempre a Londra, un motivo in più per
amare quella città che gli aveva concesso un nuova possibilità.
Tornando
a casa dopo il lavoro notò delle valigie abbandonate sul ballatoio,
probabilmente erano in arrivo dei nuovi vicini di casa.
Entrò
e si mise a cucinare, lasciando entrare dalle finestre rimaste chiuse
tutto il giorno una fresca brezza serale, quando il campanello suonò
timidamente.
Spense
il fuoco e andò ad aprire: probabilmente erano i nuovi vicini che
volevano presentarsi.
Si
trovò davanti una ragazza appoggiata al muro che alzò lo sguardo
sentendo la porta aprirsi
-torta
di banane?- gli offrì sollevando una confezione di pasticceria
-Juliet?-
chiese incredulo.
Come
era arrivata lì? E perchè?
-cosa
ci fai qui?- chiese poi allarmato
lei si
fece strada nell'appartamento, non curandosi di portarsi dietro le
valigie che evidentemente erano sue
-cosa
ci faccio io qui? Cosa ci fai tu piuttosto?- il sorriso educato di
poco prima era sparito, lasciando intravvedere la sua irritazione
-cosa ci facevi tu la vigilia di Natale davanti alla porta di casa
mia a dichiararmi amore eterno per poi scappartene dall'altra parte
del paese senza neanche un ciao, come se nulla fosse. Hai un ottimo
tempismo, sai?- gli sibilò arrabbiata.
Mark
la guardò disorientato
-ecco,
io... -tentennò
-ma
poi se fossi stato davvero innamorato di me saresti venuto a trovarmi
quando sei tornato in città per prendere le tue dannate cose, no?
No, non un addio, non una telefonata, non un messaggio -gli mostrò
la sua delusione- niente di niente. E ti sei portato via il filmino
delle mie nozze!- lo
accusò
-tu lo
avevi lasciato lì- si giustificò
-certo,
cosa ti aspettavi facessi, che andassi a casa, prendessi Peter
sottobraccio e gli dicessi “amore guardiamo che cosa ha combinato
Mark, non ti sembra strano che ci sono sempre e solo io nel video?”
Ma non vuol dire che avessi tu il diritto di prenderlo, non dopo che
sei fuggito lasciandomi sola a barcamenarmi con quello che mi avevi
detto!
-lasciandoti
sola?- gli chiese titubante
-esatto,
sola!- Juliet appoggiò la torta incartata sulla mensola vicina alla
porta e con le mani libere lo spinse, sfogando la sua rabbia- sola a
chiedermi cosa era successo in tutto quel tempo, sola a chiedermi da
quanto tempo andava avanti quella storia, sola a chiedermi come
fingere che tutto fosse come prima, sola a chiedermi se mi avevi
davvero amato dal momento che eri fuggito!
Lui
prese coraggio, iniziandole a rispondere a tono
-non
mi sono forse reso abbastanza cretino quella sera? Certo che me ne
sono andato, come facevo a stare ancora con voi, a sentire ancora
Peter che si lamentava perchè non davo abbastanza attenzioni alla
sua bellissima e amorevole moglie? E poi che cavolo era quel bacio,
la consolazione per il povero Mark lo sfigato?
-ma ti
ho baciato!- gli fece notare lei con le lacrime agli occhi
-ma
poi te ne sei andata!
-ma ti
ho baciato! Cosa ti aspettavi che facessi quando poco prima ero
convinta che tu mi odiassi?
-mi
aspettavo che tu avessi il buon senso di non farlo, dopo che mi ero
già esposto abbastanza dicendoti che ti amerò sempre- sbottò lui.
Registrò
il futuro utilizzato al posto del condizionale passato ma al diavolo,
si era già reso cretino davanti a Juliet che una volta in più non
faceva differenza
-ma te
ne sei andato- sottolineò lei con evidente sforzo di trattenere le
lacrime che non voleva mostrargli
-perchè
tu te ne sei andata da lui dopo avermi baciato, dopo che mi ero reso
un idiota cancellando ogni possibilità di poter stare nella tua
stessa stanza!- tuonò come mai gli aveva sentito fare. Vide un paio
di lacrime correre lungo le guance di solito ridenti di Juliet,
pentito di aver reagito così disse, più tranquillo- a proposito,
dov'è Peter? Immagino che ormai sia al corrente di tutta questa
storia divertente...- le chiese andandosi a sedere sul divano con la
testa fra le mani. Sarebbe mai riuscito a dimenticarla?
-non
capisci? Ci siamo lasciati a marzo, dopo che tu sei tornato a
prendere le tue cose, l'ho lasciato- si corresse.
Lui
sollevò lo sguardo
-l'hai
lasciato, cosa vuol dire?- chiese interdetto.
Si
alzò involontariamente vedendo il volto solcato dalle lacrime che
ora scendevano copiose, trattenendosi dall'allungare una mano per
asciugargliele
-che
non poteva più andare avanti così, ero sconvolta, non potevo più
stare con lui- gli spiegò
-cosa
vuol dire?- si ripetè lui
-che
adesso non me ne andrò- sussurrò lei avvicinandosi a lui e
baciandolo debolmente- che ti amo, sciocco maledetto che mi hai fatto
questo- chiarì staccandosi da lui.
Quelle
parole lo colpirono così forte che si sentì ferito, incredulo di
quello che stava succedendo. Lo amava? Lui?
La
guardò, come al solito troppo bella per essere vera. La vide
trattenere il respiro aspettando una sua reazione mentre lui le
asciugava finalmente le lacrime, e realizzò che doveva essere vero.
Juliet,
la sua Juliet l'amava.
E lui
l'avrebbe amata per sempre.
La
strinse e serrò le labbra alle sue, suggellando la promessa.
Nda
ecco qua, mi sono chiesta a lungo come mai questa sezione fosse vuota
dopo l'ingrata fine che regista e sceneggiatori hanno fatto fare a
Mark e Juliet, regalando loro una delle più belle dichiarazioni
della storia del cinema e poi non trattandoli con il dovuto rispetto,
glissando sul finale.
Per
me, non so se si è visto, in un modo o nell'altro dovevano stare
insieme, e ne ho provato a raccontarne uno.
Spero
che qualcuno sia insoddisfatto della mia versione dei fatti tanto a
scriverne una sua, per poterla leggere :-D
Anche
se ovviamente spero che a qualcuno piaccia.
Credits:
le frasi all'inizio, così come altre citazioni
“-ma tu non parli mai con me...
sei amico solo di Peter!-”
e la mitica
“-senti
ho un impegno per pranzo... colazione. Trovi da sola la strada,
vero?”
sono prese dal
film, bellissimo, Love Actually.
Vi lascio con un
link della “famerrima” (passatemi il termine, XD) dichiarazione
http://www.youtube.com/watch?v=zdog01a-CEA&feature=feedf
14/9 era da un po' che volevo farlo, ma stamattina mi sono decisa: in poche parole mi sono resa conto che la loro vicenda
non è ambientata in America come credevo ma in Inghilterra,
quindi per non lasciare questo errore indelebile dovuto più che
al pressapochismo a una mia sincera convinzione ho modificato la
fiction.
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