Cosa
diavolo ci faceva, lì? Non riusciva a ricordare. Non
ricordava neanche le cose semplici.
Doveva
concentrarsi, per farlo. Doveva ritirarsi nel suo piccolo angoletto,
ascoltare ciò che la testa voleva dirgli. Ci
provò. Non ci riusciva.
C’era
solo una canzone. Una chitarra. Note, una dopo l’altra.
Dov’era?
Un vicolo, un vicolo cieco. Sporco. Chiuso.
Straordinariamente
chiuso: claustrofobico.
Gli
vennero in mente le parole, ma non erano sue. Erano di qualcun altro.
Si chiese perché le sentisse dentro la sua testa.
Flying so high, trying to
remember
how many cigarettes did I bring
along?
Si
svegliò da quel tremendo dormiveglia in tempo per sentire la
voce della moglie.
-
Tra poco piangerà di nuovo, Jack.-
-
Lo so, Angela, lo so. Forse sarebbe meglio non addormentarsi.-
Angela
sorrise debolmente.
-
Ho sonno - mormorò.
-
Allora dormi. - replicò lui.
-
Si vede che hai sonno anche tu, se dici una frase contraddittoria dopo
l’altra. - ridacchiò lei.
Si
girò a guardarla. Non era facile, dalla posizione scomoda
che era la poltrona accanto al lettino di Michael, ma ci
riuscì. Era stanca. Quel tipo di stanchezza che si incolla
addosso, inumana come una pellicola di plastica. Quel tipo di
stanchezza che distorce le immagini e i suoni.
-
Dormi. - sussurrò Jack, cercando di essere più
convincente. Era difficile. Sperò che, attraverso alla
pellicola di plastica, Angela potesse scambiare davvero la sua
stanchezza per convinzione.
Con
non poca sorpresa, la vide annuire.
Si
chiese come avrebbe fatto lui, a non addormentarsi.
Non
ebbe risposta, perché si addormentò sul serio.
When I get down I'll jump in a
taxi cab
driving through London town
Si
trovava a Londra. Era già stato a Londra. Era chiusa, piena
di vie strette. Era claustrofobica.
Ecco
perché si sentiva così: chiuso dentro qualcosa
che non poteva conoscere. Costretto a non respirare.
to cry you a song.
Gli
ci era voluto un po’ per sentire ancora quella canzone,
vibrare dentro di sé, nel proprio subconscio, troppo tardi
per dimenticarla, troppo presto per andarsene. Era dentro di
sé, era ciò che pensava, era tutto ciò
che aveva nascosto lì e non era mai riuscito a tirare fuori.
Si costrinse a concentrarsi su qualcos’altro. Su quella
strada in cui si trovava.
Sui
cadaveri chiusi in quei bidoni della spazzatura. A giudicare dagli
insetti doveva essere rimasto poco di loro.
Erano
lontani, vecchi, in bianco e nero, quei corpi senza vita.
Quello
era il punto. Tremava. Pensava che quelli una volta erano uomini.
Vomitò.
Non
era spaventato. Era disgustato.
E
pensare a se stesso gli faceva sentire ancora quella canzone.
Well, I'm a glad bird
Si
agitò, nel sonno.
Closing my dream inside its
paper-bag.
Cercò
di non pensare al significato di quelle parole.
Qualcosa
era chiuso in uno dei cassonetti. Si agitava, come lui.
Tentò di avvicinarsi.
Pensare
a ciò che avveniva attorno a lui, ecco cosa doveva fare.
Si
immaginò aprire quel cassonetto.
Non
ci voleva niente.
Però
poi qualcosa lo guardò dalla fessura del coperchio.
Thought I saw angels
Conosceva
quell’occhio. Finalmente. Era un amico.
Zack
Addy.
but I could have been wrong.
Il
bambino aveva cominciato a piangere. Piano, molto piano. Non gli
badò: il cadavere di Zack Addy lo stava ancora fissando.
Guardò
altrove.
Cosa
volevano dirgli?
Search in my case,
can't find what they're
looking for.
Waving me through
to cry you a song.
Iniziò
a correre. Non sapeva dove. Non sapeva perché.
Sapeva
solo che tutto quello lo spaventava a morte.
Voleva
andarsene, chiudere quella porta che non aveva mai aperto. Scappare.
Tremava.
La
canzone era sempre più forte. Anche il pianto. E il vicolo
non c’era più.
It's been a long time --
Era
una stanza. No, un’auto.
Meglio
ancora: una scatola.
still shaking my wings.
Odiava
quel posto. Gli ricordava quell’istante passato in
un’auto, sottoterra. Senza aria.
Well I'm a glad bird
I got changes to ring.
E
la cosa più strana, era l’essere arrabbiato con se
stesso. Perché aveva paura, perché tremava.
Era
orgoglioso, troppo. Voleva essere se stesso, non quello che gli altri
vedevano.
Non
c’era ancora riuscito.
Luce.
Troppa luce.
Troppe
lacrime. Troppi suoni.
Lights in the street,
peeping through curtains
drawn.
Rattling of safety chain taking
too long.
-
Oddio, Jack, mi dispiace! E’ il mio cellulare. Pensavo di
riuscire a trovarlo in tempo per non svegliarti. - Angela lo
guardò ancora. Stava frugando dentro la borsa.
Lui
cercò di alzarsi, ma non era sicuro di essere sveglio.
C’era luce, lacrime e quella maledetta canzone.
-
Non hai neanche sentito Michael piangere. Mi dispiace che fossi
così stanco. - aggiunse la moglie.
Il
bambino continuava a strillare. Aveva sonno anche lui.
Jack
lo guardò e qualcosa si mosse dentro di lui, veloce, forte,
improvviso e caldo.
-
Ehi - sussurrò - Ehi, calmati. E’ tutto ok. - e lo
prese in braccio.
Era
piccolo, e fragile. E aveva una voce potentissima, per urlare in quel
modo, concluse Jack.
- Lights in the
street, peeping through curtains drawn. Rattling of safety chain taking
too long. The smile in your eyes was never so sweet before -- Came down
from the skies to cry you a song. - canticchiò
. Michael strepitò per qualche altro secondo, poi nella
stanza ci fu solo silenzio.
Angela
lo interruppe, ma lui non la sentì. Pensava a
qualcos’altro. Si ricordò di quando si erano
chiesti se sarebbero stati dei genitori normali. Loro, che lavoravano
coi cadaveri. Loro, che avevano visto cose tremende, una dopo
l’altra.
Lei
che era andata avanti, che aveva lasciato tutto dietro. Lui che aveva
ancora gli incubi.
Ma
non era vero. In quel momento si sentiva padre più di quanto
non lo fosse mai stato prima.
-
Cosa? - chiese ad Angela.
-
L’hai fatto smettere di piangere - la
sentì rispondere.
-
Perché ho pianto io. -
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