Strade

di Lyla Vicious
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L’orologio segnava le quattro del mattino quando Matt, in preda a un incubo, si svegliò di soprassalto.
“Vivienne! Vivienne!” iniziò ad urlare ancora non completamente ridestatosi.
Si scorse un altro movimento nella stanza dopo molto, moltissimo tempo.
“D-dove mi trovo?” Viv si alzò di scatto sulle mani.
Il ragazzo, incredulo, accese la luce.
“Vivienne! Amore, ti trovi in ospedale, hai dormito per tre lunghi mesi, ma ora sono così felice che tu sia tornata a parlare, ti amo tanto e non ti ho mai abbandonata da quando sei entrata in coma.” Si chinò per baciarla sulle labbra, che avevano finalmente ripreso il loro normale tono scarlatto.
Lei si scansò di colpo.
“Ma tu? Tu chi sei? Come puoi approfittare così di una ragazza senza conoscerla, razza di maniaco!”
Matt era incredulo: non si ricordava più di nulla, nemmeno di lui, dell’amore che si erano dati, dei baci che si erano scambiati, della loro storia: ”Vivienne, ascoltami, io sono Matt, il tuo ragazzo, stiamo insieme da due anni, ricordi? Io non ti farei mai del male, ne andasse della mia stessa vita, lo giuro!”
La ragazza lo fissò con sguardo interrogativo, gli occhi vuoti, era più silenziosa del solito. Corrugò la fronte perfettamente liscia: ”Mi dispiace, Matt, non ricordo…ho perso la memoria…e ho così male alla testa…”
“I-in discoteca.…ad ottobre….sei caduta in mezzo alla pista…ti abbiamo portata all’ospedale con un’ambulanza…Non ricordi proprio?” si sforzò lui.
“Proprio no, mi spiace, e adesso che giorno è?” Chiese lei totalmente scombussolata.
“Il 23 gennaio, e ora aspettami che vado ad avvisare qualcuno, ok? E non provare neanche per un secondo a lasciarmi di nuovo.” Mascherò la tristezza e la preoccupazione con uno dei timidi sorrisi che solo a lei concedeva.

Poco tempo dopo un’infermiera tutt’altro che assonnata entrò dalla porta della stanza, sempre aperta.
“Si è svegliata finalmente signorina Glemmer! Come sta?”
“Tutto bene, la ringrazio, anche se…” Annui la ragazza.
“Anche se penso che abbia perso la memoria.” Dichiarò Matt ormai rassegnato all’evidenza, temeva che la sua ragazza non sarebbe stata mai più la stessa.
“D’accordo, lo riferirò al dottor Thompson, per adesso le porto qualcosa da mangiare: dopo tre lunghi mesi vorrà di certo mettere qualcosa sotto i denti.”
E la ragazza si volatilizzò per poi ritornare qualche minuto dopo con un piccolo vassoio di plastica.
“Tenga, buon appetito.” quindi uscì dalla camera.
Viv mangiò di gusto, non toccava cibo solido da mesi.

Masticava velocemente un boccone dietro l’altro e guardava Matt sempre con il solito punto di domanda impresso nella sua mente.

Chi era quel ragazzo? E cosa ci faceva lì? Proprio non ricordava che il suo nome, il resto era sfocato come i colori dell’alba che stava timidamente facendo capolino dalle veneziane della stanza d’ospedale.
Rimase a lungo a contemplare il buio asettico attorno a lei, l’unico spettacolo disponibile oltre a quel ragazzo semisconosciuto che si era addormentato come un bambino proprio accanto a lei, appoggiato a un guanciale sul pavimento.
Non provava neppure un minuscolo barlume di ciò che lui sentiva nei suoi confronti.

Matt in cuor suo sperava di rivedere la Vivienne pazza, la Vivienne solare, la Vivienne artistica, la Vivienne spensierata, la Vivienne ribelle, lo spirito libero che aveva unito a sé.
 
  




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