CApitolo unico Numero 2455
Numero 2455
Pian piano cominciò a riprendere
coscienza. Prima il rumore. Lamenti, urla strozzate, imprecazioni. E dopo,
colpi violenti, esplosioni, raffiche lontane di armi leggere. Poi gli odori.
Odore penetrante di disinfettanti, dolciastro di decomposizione e soprattutto
un odore di bruciato, legno, plastica, qualsiasi cosa, ma molto, troppo
penetrante. Era sdraiato su qualcosa di rigido, duro. Cercò di rimandare l' apertura
degli occhi più che potè. Ma qualcuno cominciò a scuoterlo con violenza. "Sveglia,
il riposo e' finito. Sveglia!". Alla fine si fece forza e si rassegnò ad
aprire gli occhi e, come temeva quello che vide non gli piacque affatto. Un
grosso, sgradevole infermiere lo stava scuotendo. Il grembiule sudicio di qualsiasi
cosa ma specialmente di sangue. Attorno, brande, come quella su cui era
disteso, a decine. Su di esse corpi, vestiti come lui, una informa divisa
grigia, casacca e pantaloni, in molti casi lisa, stracciata, sporca. Uomini,
donne, feriti, fasciati. Alcuni fuori conoscenza, altri urlavano, si
lamentavano. Cos' era quel posto, che ci faceva lui lì! Ma soprattutto chi era
lui? Subito giunse una dottoressa, aspetto stanco, in disordine. "Alzati!
Alzati! Ora stai bene, vieni con me!". Confuso, rimesso in piedi quasi a
forza dall' infermiere che lo sorreggeva e quasi lo trascinava appresso alla
dottoressa. Erano sotto un' enorme tenda adattata a ospedale da campo, ma la
struttura, per le condizioni in cui era ridotta ne doveva aver passato delle
belle. Giunti in un angolo dove era allestito una specie di ufficio, una
scrivania, un paio di sedie ed uno schedario arrugginito, l' uomo fu messo
letteralmente a sedere dall' infermiere che subito dopo se ne andò, richiamato
da altri compiti. Davanti alla dottoressa che controllava chissà cosa sulla
scrivania, cercò di raccogliere le idee ma più si concentrava e più si sentiva
confuso. "Cosa ricordi?"- esordì la dottoressa. "Niente,
esattamente niente!" E prima che potesse aggiungere altro, "Bene,
meglio così. Chi ricorda cose terribili, chi non si libera da traumi violenti,
sei fortunato, dammi retta! Ti hanno portato quì letteralmente a pezzi, ma con
un miracolo ti abbiamo rimesso a posto". Come fortunato! Svegliarsi in
questo inferno, senza sapere chi era, cosa gli era capitato. Se era lì, era
perchè era stato ferito (praticamente a pezzi!), ma quanto gravemente? Ora non
sentiva nulla ma non poteva sapere quanto tempo era passato dal suo ricovero
ne' cosa gli potevano avere fatto. "Ma io chi sono!" - chiese con
voce angosciata. "C' e' una guerra, questo lo sai?". "Una
guerra, che guerra? Contro chi?". "Vedo che non e' rimasto proprio
nulla. Meglio così, credimi. Chissà a cosa hai assistito e cosa hai passato per
capitare qui! C' e' una guerra, totale, cruenta. Il nemico e' spietato e non fa
prigionieri. Tu non sei un combattente. Hai la divisa da lavoratore, significa
che non sai usare un' arma o che non l' hai voluto fare. Non mi importa, tanto
al dunque sei sul campo di battaglia, come tutti gli altri. Ora sei guarito,
quindi ritorni al lavoro". "Ma io chi sono - chiese l'uomo con voce disperata- come mi chiamo, cosa devo fare?". Con
l'aria insofferente di chi vuole liberarsi da una seccatura la dottoressa
rispose "E che ne so io? Hai un numero, 2455, e per me quello sei. Cosa
fai? Tutto quello che ti ordinano, visto che non sei un combattente. Se 'là
fuori' sei prezioso, la tua vita vale meno di zero per me. Mi limito a
recuperarvi come mi ordinano. Per ogni combattente che muore, ne muoiono cinque
di voi. Ma e' stata una vostra scelta e ora fuori di qui!". L' uomo fece
appena a tempo a verificare che effettivamente aveva un numero stampigliato
sulla giacca, 2455. Ma questo non gli diceva nulla, anzi contribuì ad aumentare
il suo senso di angoscia. Entrò un militare che lo apostrofò rudemente e lo
costrinse a seguirlo all' esterno. Una giornata grigia, un' aria pesante, i
rumori di una battaglia non molto lontana. Gruppi di lavoratori trasportavano
casse, scavavano trincee, rimuovevano macerie. Era quello ciò che lo aspettava?
"2455! 2455!" Capì che qualcuno si rivolgeva a lui, in tono
perentorio e spazientito. "Sei ancora rimbecillito dalle ferite? Muoviti,
c'e' bisogno del lavoro di tutti!". Era un sergente di fanteria che lo
aveva apostrofato. Lo costrinse a salire in fretta su un camion assieme ad
altri come lui e a parecchi militari armati. Qualcuno gli aveva messo in mano
una tazza d' acqua ed una fetta di pane. Bevve avidamente l' acqua ma mise
prudentemente in tasca il pane con un gesto istintivo che lì per lì lo
sorprese. Forse cominciava a ricordare qualcosa? I suoi compagni di viaggio,
tutte figure anonime, anche loro contrassegnate da un numero, sguardi persi e
rassegnati. Stranamente erano presenti in gran numero anche donne, ragazze, ma
anche loro con la stessa divisa stazzonata, sudicia, altri numeri. Mentre
procedevano, attraversando un fitto bosco, cominciarono a rendersi conto che
rumori della battaglia si facevano via via più forti . Brutto segno. All' improvviso
un carro armato sbucò da dietro un cespuglio e prima che potessero minimamente
reagire, una cannonata centrò il muso del camion. L' uomo fu sbalzato a terra
dall' esplosione mentre attorno a lui ricadevano terra, rocce, pezzi di camion
e di persone letteralmente smembrate. Per fortuna si erano salvati altri, oltre
a lui e i militari superstiti sparando all' impazzata, consentirono a tutti i
sopravvissuti di trovare un riparo dietro una roccia. L' uomo si vide mettere in
mano una pala, sbucata chissà da dove, e assieme ad altri due lavoratori, fu
costretto a scavare una trincea sotto il fuoco nemico. Ma il terreno era
abbastanza morbido ed il lavoro procedeva spedito. Dopo poco, purtroppo, quasi
alla fine dello scavo, i suoi due colleghi furono falciati da una raffica di
mitra proveniente da una macchia poco distante. A mala pena si salvò gettandosi
nella trincea che aveva appena finito di scavare. Subito arrivarono anche i
militari che, al sicuro dello scavo, poterono eliminare il nemico che aveva
sparato poco prima. Un attimo di riposo. Accanto a lui, una ragazza, ancora
sconvolta dagli eventi, piangeva silenziosamente. Con sua stessa sorpresa, la
mano gli andò alla tasca e recuperò il pezzo di pane. Mangiò senza rendersene
conto, quasi solo per recuperare le forze in un breve momento di pausa. Che
durò pochissimo. Il sergente di prima radunò tutti i lavoratori e li condusse
in una zona che definì relativamente sicura. In quel luogo, assieme ad altri
giunti chissà da dove, ricevettero l' ordine di tirare su dei muri di
protezione per riparare delle istallazioni che sarebbero state costruite sui
territori da poco conquistati. Con una fatica tremenda, assieme agli altri, l'
uomo portò avanti il lavoro. Per fortuna la frenetica attività, il continuo
rischio ed una stanchezza profonda, gli impedivano di ragionare sulla sua
misera situazione. La notte li trovò esausti, sdraiati direttamente a terra,
caduti in un sonno profondissimo dopo la solita scarsa razione di pane e acqua.
Durante la breve refezione aveva fatto una scoperta sconvolgente. Nessuno di
quelli attorno a lui ricordava più il suo nome, la sua storia, cosa era
successo e come era cominciato tutto. Alle prime luci dell'alba furono
svegliati e dopo una lunga marcia, costretti ad arrampicarsi sul versante di
una ripida collina. Molti militari con armi di tutti i tipi li accompagnavano.
Si fermarono sul ciglio. Sotto di loro, il campo di battaglia, terribile,
desolato, seminato di buche, di macerie. Nessuno parlava, nessuno faceva
osservazioni, battute. Le comunicazioni erano limitate ai necessari ordini
militari. "Tutto ciò è totalmente disumano. - pensò l'uomo - Da quanto va
avanti questa guerra? Possibile sia stata in grado di ridurci tutti così? E se
non ricordiamo nulla, per cosa combattiamo? Che faremo se dovesse finire e
avessimo la ventura di restare vivi? Saremmo capaci di tornare ad una vita
normale di pace e tranquillità?". Un ordine secco e perentorio lo riscosse
da questi pensieri terribili e pericolosi. I soldati, a parte uno sparuto
gruppo, si erano gettati all' attacco di un ancora invisibile nemico. Un
consistente numero di carri armati copriva la manovra. All' improvviso dalle
buche emersero armi di tutti i tipi. Il nemico si era ben mascherato ed ora
bersagliava gli attaccanti facendo vere stragi. I carri armati ottenevano buoni
risultati, decimando il nemico ma anche essi, molti dei quali colpiti, pagavano
caro il loro coraggio. Durante una pausa della battaglia i lavoratori in cima
alla collina vennero dotati di borse di attrezzi e guidati da militari, furono
costretti a scendere sul campo per tentare di riparare i mezzi corrazzati che
potevano essere recuperati. L' uomo si chiese cosa dovesse fare. Non ricordava
di aver mai riparato un mezzo meccanico in vita sua. Figurarsi un carro armato.
Fu con estrema sorpresa che davanti ad un mezzo danneggiato, si vide prendere
gli attrezzi giusti e fare perfettamente le necessarie riparazioni. Come sapeva
queste cose? Chi era stato o, peggio, cosa gli avevano fatto? Terminarono
appena a tempo poichè appena furono riportati in cima alla collina, giunsero
degli aerei nemici e la battaglia si riaccese cruenta, ma loro furono
allontanati, condotti altrove, per ordine chissà di chi e chissà a fare cosa.
L' uomo fu molto soddisfatto di potersi allontanare da quell' inferno. Si
sorprese a provare un senso di contentezza, di soddisfazione. Ma allora poteva
provare ancora qualche sentimento, forse non tutto era perduto. Riconobbe la
strada che avevano percorso, stavano tornando alla base. Giunti, si accorse che
tutto era cambiato. Gli edifici erano diversi, più grandi, più moderni. Di
certo si era sbagliato. Quella non era la base da cui erano partiti solo poche
ore prima. Per le strade si muovevano mezzi armati dall' aria estremamente
minacciosa con grossi cannoni, lanciarazzi e militari equipaggiati con armi
dall'aspetto estremamente letale. Giunti davanti ad un magazzino, i lavoratori
furono fatti scendere. Si poterono lavare, riposare e furono forniti di nuove
divise, sempre di colore grigio ma più accurate, di tessuto più fine. La
vacanza durò poco perchè quasi subito furono imbarcati su un grosso elicottero
da trasporto truppe che decollò nuovamente, diretto in prima linea. L' uomo non
ricordava di aver mai volato prima di allora e con curiosità guardava dal
piccolo finestrino il terreno che scorreva sotto di loro. Non sembrava granchè
danneggiato dalla battaglia ma lo colpì il fatto che non sorvolarono mai, durante
il lungo tragitto insediamenti di civili, ma solo istallazioni militari. Che
fine aveva fatto la gente? Poi gli venne in mente che la gente magari erano
loro. Che la guerra aveva raggiunto un tale livello di intensità da richiedere
il coinvolgimento di tutti. Ma le case, i bambini, gli animali? Dopo un brusco
atterraggio furono fatti scendere in un vasto spiazzo. Mentre i militari si
disponevano immediatamente a difesa della zona, un ufficiale disse ai
lavoratori che dovevano piazzare lungo una linea, una serie di armi pesanti che
necessitavano di opportune strutture per poter essere messe in opera e che loro
dovevano costruire nel minor tempo possibile. Iniziarono immediatamente, mentre
i materiali affluivano come d' incanto. Alcuni portavano i pesanti materiali,
altri costruivano le strutture, in fretta, sempre più in fretta. Purtroppo all'improvviso,
si fece vivo il nemico. Disposto a tutto per bloccare la loro iniziativa,
impegnò nella battaglia, truppe, mezzi corrazzati e alla fine giunsero gli
aerei. I lavoratori sotto quella gragnola di colpi, schegge, esplosioni non si
fermarono un momento. Quelli che cadevano venivano immediatamente rimpiazzati
da altri portati lì con elicotteri che facevano continuamente la spola fra la
base e quel posto. Alcuni venivano abbattuti ma continuavano ad arrivare. I militari
contrastavano sempre più efficacemente il nemico che sembrò perdere forza. Alla
fine del lavoro, l' uomo, stremato, ferito, si lasciò cadere al riparo delle
strutture stesse che aveva costruito, in stato di semi incoscienza mentre
attorno continuava ad infuriare cruentissima la battaglia. Poi, d' improvviso
il silenzio. Lentamente si tirò su a sedere e potè osservare in una atmosfera
piena di fumo la distesa del campo di battaglia. Sul terreno martoriato dalle
esplosioni giacevano ovunque relitti di mezzi militari squarciati dalle
esplosioni amici e nemici e poi macerie a vista d' occhio. Era per quello che
combattevano? Non più di mezz' ora prima quella era stata una verde vallata con
boschi e ruscelli ed ora..... Mentre tiravano su le tende per il comando,
sentirono dire dagli ufficiali che la guerra si stava mettendo bene. Il nemico
era in difficoltà e si stava ritirando su tutti i fronti. Le nuove terribili
armi avrebbero deciso il corso degli eventi. La mattina del giorno seguente,
arrivarono. Di lucente metallo, impressionanti, letali. Non si capiva bene cosa
fossero, se fossero vivi o solo sofisticatissimi congegni, ma trasudavano
malvagità e incutevano vero terrore. L' uomo li sentì chiamare cyborg. In grado
di scovare, inseguire e distruggere qualsiasi cosa si muovesse e non stesse
dalla loro parte. L' uomo fu incaricato di rifornire le loro armi e fu contento
solo quando alla fine del lavoro, potè allontanarsi da loro. Qualcuno gli disse
che anche il nemico aveva sviluppato quella tecnologia e che erano stati fortunati
a non averne incontrati. Nel pomeriggio si spostarono in una zona che era stata
definita strategicamente importante. Lì i lavoratori, in una atmosfera di
apparente calma furono costretti a scavare profonde trincee e postazioni per
armi pesanti, sotto il freddo sguardo dei cyborg che intanto controllavano il
perimetro. All' improvviso si scatenò l' inferno. Spari, esplosioni, strani
raggi distruttivi mietevano vittime da tutte e due le parti. Incuranti di tutto
ciò i lavoratori furono obbligati a spostarsi in quell' inferno per riparare
tutto ciò che poteva essere recuperato ed utile per combattere. L' uomo,
sporco, intontito dalle esplosioni, ferito dalle minute schegge che volavano da
tutte le parti, perse la cognizione del tempo e continuò a lavorare
imperterrito, con il pensiero che un colpo, una esplosione più vicina, al
massimo lo avrebbero solo liberato da quella tortura. Riprese conoscenza mentre
lo sollevavano per caricarlo su una barella. Aveva dolori dappertutto e temeva
di chiedere cosa gli fosse successo. Lo posarono a terra accanto ad altri
feriti. Attorno, un gran movimento di mezzi, militari e cyborg, che ormai
sembravano onnipresenti. Qualcuno gli disse che si avviavano a quella che sarebbe
stata con molta probabilità la battaglia finale. Ricoverato sotto una tenda, semiincosciente,
a mala pena avvertì i rumori inconfondibili di una battaglia che avveniva non
molto lontano da lì. Lo scontro proseguì per molte ore, mentre fuori dalla
tenda sentiva passare nuove truppe, nuove armi da inviare sul campo. Ogni tanto
passavano medici e infermieri per verificare se qualcuno di loro fosse
migliorato quel tanto da consentire di rimandarlo in battaglia. Poi di nuovo il
silenzio. L' uomo, a fatica, vincendo nausea e debolezza, riuscì ad alzarsi e a
trascinarsi dolorante, fuori dalla tenda. Pian piano in lontananza potè scorgere
le truppe che tornavano. Mezzi danneggiati, cyborg malconci e le truppe con
molti feriti. Ma il messaggio che portavano faceva passare in secondo piano la
loro miserevole condizione. Avevano vinto, avevano vinto la guerra! Il nemico,
distrutto, semplicemente non esisteva più, se ne erano liberati per sempre e
questo anche sugli altri campi di battaglia. La notizia colpì la gente del
campo come una mazzata. Ognuno reagiva con diversi atteggiamenti a seconda
delle esperienze vissute e delle proprie aspettative. L'uomo si trovò a
piangere silenziosamente. Quante ne aveva passate. Almeno di quello che
ricordava. Ora avrebbe potuto riposare. Lo avrebbero potuto curare. Avrebbe
forse recuperato la sua memoria. Lo aspettava un futuro incerto ma di sicuro
migliore di quello attuale. Non sarebbe stato più 2455, non più solo 2455,
avrebbe avuto un nome, un futuro, come tutti, un futuro diverso in cui
finalmente ricominciare a crescere a progredire............... lentamente tutto
iniziò a sbiadire, poi buio, poi..... nulla.
LA BATTAGLIA E'
VINTA. GAME OVER
Il ragazzino sollevò le dita
dalla tastiera, dopo l' ennesima partita di Heart of Empire. Quel gioco l' aveva
proprio stregato. Si alzò dalla sedia davanti al suo PC e corse dalla madre che
lo aveva intanto chiamato per la colazione. Si sbrigò a mangiare. Non vedeva l'
ora di rimettersi a giocare. Questa volta avrebbe preso i rossi e sarebbe
subito partito dall' epoca dei cyborg. Le armi sarebbero state da subito più
potenti e micidiali. Lo scontro con il computer più difficile e impegnativo.
Impaziente si rimise alla tastiera e, fissati i nuovi parametri, dette inizio
alla partita. Per prima cosa, dovevano essere creati i lavoratori, che
recuperavano le risorse, costruivano case e strutture. Poi le truppe e poi, la
battaglia cominciava..........
L' uomo prese coscienza di sè
all' improvviso. Era in piedi accanto ad una imponente struttura assieme ad
altri suoi simili. Ci vollero alcuni secondi perchè capisse che la voce che
sentiva, si stava rivolgendo a lui. "2455, 2455, che fai dormi? Muoviti e
vai al lavoro!". Mentre i suoi piedi sembrarono muoversi da soli, l'uomo
si chiedeva "2455 e' il mio nome? Possibile? Non ricordo nulla, non so chi
sono, cosa mi e' successo?". E mentre continuava a porsi queste domande
iniziò a svolgere il nuovo incarico a cui era destinato, almeno per ora.
Raccogliere la legna per le palizzate.
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