Automatismo Meccanico

di queenseptienna
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Capitolo 6 - Sesto senso fra ferraglie


- Dunque, fatemi capire. - sbuffò Benedict, mentre Tristan mesceva del tè per tutti - Voi non volete che io riprogrammi Billie. -
- Esattamente. - rispose Pritch –Infatti ho ormai compreso come la sua natura bizzarra non sia dovuta ad un difetto di fabbricazione. Tuttavia è proprio per questo motivo che non posso fare a meno di chiedervi: Cosa diamine c’è dentro il mio robot, che lo rende così diverso da tutti gli altri?! -
- Ssshh… Non è il caso di alzare la voce. - lo redarguì Coole, agitandogli sotto il naso un dito metallico.
Tristan tossicchiò discretamente - Se mi permettete di parlare… -
- Fa’ pure. - concesse l’ingegnere, sorridendogli appena.
L’automa si sedette accanto a quest’ultimo, fissò intensamente gli ospiti ed esordì con tono pacato - So che stenterete a crederlo, ma… io e Billie non siamo dei veri androidi. -
- Dio del cielo! E cosa sareste allora?! Folletti? Elfi? Ho visto io stesso cosa ci sia all’interno di Billie: fili elettrici. Cavetti, circuiti e basta. – intervenne Pritch con fare agitato.
- No, no. – L’interruppe Tristan versando altro tè - Non in quel senso, Milord. Ora cercherò di spiegarmi meglio… Prima di venire al mondo, la nostra essenza non è altro che spirito, immerso in una sorta di Limbo. Chi è più fortunato è destinato a nascere ed a vivere in un vero corpo, umano o animale che sia. Altri invece, come me e Billie ad esempio, non sono destinati a prendere vita. –
- Tutto questo mi puzza di demoniaco. - borbottò il biondo, ma Coole gli diede una gomitata - Sta’ zitto e fammi sentire. E’ molto meglio che al Club. -
- Stavo dicendo – riprese pazientemente Tristan - Che ci è dato di osservare il mondo, ma non di farne parte. Personalmente non ho mai incontrato Billie nella mia esistenza da Osservatore, però ricordo di essermi aggrappato con tutte le forze al desiderio di vivere, fosse pure in un corpo non umano, come questo. –Con un gesto elegante indicò la propria figura, sorridendo. - Billie deve aver deciso di prendere possesso del proprio corpo metallico, mentre spiava me ed il padrone testare le molle del materasso, e di sicuro… -
- TRISTAN! - esplose l’inventore, mettendogli una mano sulla bocca.
I due ospiti si guardarono un po’ a disagio, dubbiosi di aver afferrato del tutto quel concetto così metafisico, ma il robot si liberò dalla stretta di Benedict e continuò –La nostra essenza è più forte del programma che abbiamo in dotazione e per questo possiamo modificarlo a nostro piacimento, ciononostante siamo condannati ad una vita di servitù. Siamo capaci di amare davvero eppure, se abbiamo la fortuna di essere ricambiati, dobbiamo trascorrere i nostri giorni sapendo che, mentre noi vivremo per sempre, eternamente giovani, colui o colei che amiamo sarà destinato ad invecchiare ed a morire, lasciandoci soli. In fondo non si può dire che questa nostra diversità sia proprio una gran fortuna – terminò Tristan con un sospiro.
Benedict lasciò lentamente la presa sul proprio automa, che si girò e gli strinse un ginocchio con affetto.
Pritch serrò le palpebre, più colpito dall’intensità di quelle ultime frasi, che da tutto quello sproloquio sugli spiriti erranti.
Edward inclinò la testa di lato - E tu cosa farai quando Mr. Moore morirà? -
Tristan rispose con un’alzata di spalle - Non vedo perché dovrei continuare il mio ciclo vitale. Basterà disattivarmi ed il mio spirito si riunirà al suo. Tutto qui. -
- Vorrei andarmene. - Michael si alzò in piedi di colpo, nauseato - Ora che ho compreso, se permettete, vorrei tornarmene a casa. -
- Certo, Milord. - sussurrò l’ingegnere – Ma se mi permette un consiglio…ecco, se mai dovesse iniziare a voler bene a Billie, passi con lui più tempo possibile. Anche se fatto di ferro, è una persona. -
Il biondo annuì a disagio e si rimise il cappello in testa, imitato da Edward che gli si affiancò discretamente. Una volta indossati anche i soprabiti, salutarono i loro anfitrioni ed uscirono dall’abitazione, risalendo sulla carrozza elettrica che li attendeva nel cortile.
Una volta in viaggio, Michael si chiuse in un ostinato mutismo che perdurò finché Coole, annoiato, nn lo interruppe chiedendo – Insomma, si può sapere cos’hai? Sei teso come una corda di violino! -
- Teso? TESO dici?! - esplose il conte Pritch - Ma ti rendi conto o no di ciò che è venuto fuori dai discorsi di quell’androide?! Spiriti, essenze incorporee, Osservatori… automi capaci di amare, disattivazioni volontarie e Dio solo sa cos’altro! Io non posso credere a tutti questi farneticamenti! –
- Eppure, a pensarci bene, credo sia proprio la spiegazione più sensata. – Edward si scostò la giacca e, da una tasca interna, trasse la scatola delle sigarette per poi accendersene una.
- Logica?! Mi dici come fa ad essere logica? Billie non è altro che un’anomalia! – ringhiò l’altro, accettando una delle sigarette e trafficando nervosamente con il fiammifero per darle fuoco.
Coole gli sbuffò il fumo direttamente in faccia – Allora, quando sarai rientrato a casa, afferra il tuo robot e violentalo. Ah… e già che ci sei, fagli presente che lo stai facendo perché lui è soltanto una dannata anomalia. Non credo dovrebbe offendersi, di fronte ad una simile affermazione…in fondo non ha un’anima, è semplicemente un oggetto di tua proprietà. -
- Non ci penso nemmeno! - esclamò l’amico inorridito - Non farei MAI una cosa simile a Billie! -
- Ti ricordo che, secondo il tuo ineccepibile ragionamento di poc’anzi, Billie non è una persona ed è quindi inutile che tu abbia tanti riguardi verso di lui. - Edward aspirò l‘ennesima boccata di fumo e Pritch serrò la mascella con violenza.
- Però lui…lui è… speciale. –smozzicò a capo chino - Non gli farei mai del male. -
- Beh, mio caro, sappi che gliene stai facendo con i tuoi discorsi meschini ed egoistici. Ed ora ti auguro una buona giornata, io scendo qui. - Erano arrivati nella zona dove sorgeva la residenza di Coole che, con un colpo di bastone, fece fermare la carrozza per poi scendere, in un gran turbinio di mantello. Quando fu a terra si voltò verso Michael e mormorò - Dai una possibilità a te stesso ed a quell’ammasso di fili. Sono certo che non ne rimarrai deluso. -
- E tu come fai a saperlo? - Mike si affacciò al finestrino, guardandolo male, ma Edward sorrise sibillino.
- Chiamalo sesto senso fra ferraglie. - E dopo quella frase enigmatica, si allontanò.




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