Controllo
di routine
“ ..Aaand
the worms ate into his braaiin...”
Scorpius
chiuse lungamente gli occhi, con la fronte contratta e le mani
poggiate sulla scrivania a dita allargate, come se stesse cercando di
penetrarne la materia. Era impossibile anche solo immaginare di
studiare, con quel chiasso infernale. Ci voleva pazienza. Molta
pazienza.
La
gente normale, e nemmeno tutta – lui no, per esempio
– magari
canticchiava, sotto la doccia. Alcuni modulavano semplicemente una
melodia fra le labbra strette, oppure ne mormoravano le parole,
magari cantavano e si facevano scappare qualche acuto stonato, ma
tendenzialmente finiva lì. L'altra gente intorno poteva
ringraziare
lo scroscio dell'acqua per la salvezza dei propri timpani e la
preservazione del proprio gusto musicale. Ma non lui.
Perché
James Sirius Potter, un bel tipo di fenomeno zoologico, sotto la
doccia non cantava, no. Lui si sgolava. Strideva
come un gabbiano preso a sassate, come un Elfo Domestico che stesse
tirando infinite testate a una parete incandescente.
Incamerava nei polmoni tutto il fiato che poteva – e non era
poco,
perché il ragazzo Potter aveva da sempre la peculiare
abitudine di
urlare anziché parlare, e Scorpius ormai era definitivamente
convinto che la sua capienza polmonare fosse la stessa di un gigante.
Non era mica normale che uno andasse in giro parlando sempre con quel
tono di voce micidiale. Sembrava che avesse un Sonorus sempre
attivato, e non solo sulla voce: era rumoroso da morire.
In
quel momento James stava allegramente massacrando la canzone di un
gruppo rock Muggle che Scorpius aveva già sentito un paio di
volte a
casa Potter, se non ricordava male. Non era sicuro di riconoscerla
correttamente però, perché volume a parte James
era stonato come un
Avvincino.
Non
era la prima volta che gli capitava di assistere a un simile scempio
– frequentava abbastanza regolarmente quella casa da
più di cinque
anni, ormai – ma era la prima volta da quando lui e James
avevano
iniziato quella loro cosa. Se almeno Albus fosse
stato lì
avrebbe potuto aiutarlo a sdrammatizzare, ma il suo migliore amico
era andato a cena dagli zii insieme al resto dei familiari: l'aveva
accolto al camino cinque minuti prima col mantello già in
mano e
genitori e sorella assiepati attorno.
“ James
sta facendo la doccia,” aveva annuncio laconico, con
espressione
eloquente.
I
Potter sembravano un po' nervosi ed emozionati mentre uscivano,
certamente all'idea che il loro bambino appena diciassettenne,
recentemente dichiaratosi omosessuale, si stesse avvicinando al
misterioso mondo del sesso tra uomini. Il signor Potter non aveva
nemmeno preso male il fatto che il candidato prescelto fosse lui,
Scorpius. Mai quanto suo padre, in ogni caso, che ad ogni accenno al
nome di James continuava ad essere sul punto di fumare dalle orecchie
ed emetteva qualche sibilo inquietante.
“ ...Don't
help them to carry the sto-o-oone...”
James
stoccò mostruosamente e Scorpius diede un altro lungo
respiro.
Pazienza. Ci voleva molta pazienza. Si era seduto alla scrivania
nella pia illusione di studiare un po' nell'attesa, e non era
possibile, ma lui era una persona acuta, una specie di vero e proprio
genio naturale a detta dei professori, e figurarsi se non poteva
sopportare un ritardato. Soltanto, si domandò se davvero
intendeva
passare mesi, forse anni con quella persona lì. Quel tizio
casinista, spaccone e così fastidioso per le orecchie.
Lo
scroscio dell'acqua si interruppe mentre Scorpius cogitava su questo
sinistro quesito e il giovane Slytherin diede un sospiro di sollievo.
Un attimo dopo la porta della stanza si aprì e James fece la
sua
comparsa, con un terrificante accappatoio arancione drappeggiato
addosso e i capelli, per una volta disciplinati e attaccati alla
testa, che gocciolavano lungo il suo collo. Vedendolo seduto alla sua
scrivania ebbe un moto di leggera sorpresa, poi sorrise e Scorpius
cominciò a trovare molto semplice la risposta alla domanda
che si
stava ponendo un attimo prima.
C'era
qualcosa di oggettivamente speciale nel sorriso di James Sirius,
qualcosa che Scorpius aveva dovuto sempre riconoscere già
prima,
quando lui e il fratello maggiore di Albus non andavano affatto
d'accordo, non si piacevano, non si trovavano simpatici e non
potevano stare nella stessa stanza senza incavolarsi l'uno con
l'altro. James sorrideva in un modo che faceva sembrare il suo viso
un po' troppo smilzo una fonte di calore. Era un sorriso di una
schiettezza disarmante, spontaneo, ampio, con un tepore genuino che
non poteva non contagiare. Faceva migliorare l'umore a guardarlo e
dava sempre l'impressione che nella stanza si fosse accesa una luce.
“ Ehi,
Sgorbius,” lo salutò, con un tono contento a
dispetto del
soprannome che gli aveva appioppato pochi giorni dopo che si erano
conosciuti, al suo primo anno. “Non sapevo fossi
già arrivato. Sei
in anticipo?” domandò, avvicinandolo mentre si
strofinava il
cappuccio sulla testa. I suoi capelli ritornarono istantaneamente al
loro caotico stato abituale.
“ Sei
tu che sei in ritardo, come al solito,” replicò lo
Slytherin con
un ridicolo tono compito che gli sfuggì suo malgrado.
“I tuoi sono
già usciti,” aggiunse, ed era un po' strano. Erano
in casa da
soli: non era mai successo prima.
James
annuì come se niente fosse, esitò per un secondo
e poi si piegò su
di lui e gli diede un bacio veloce, a stampo, a mo' di saluto. Si
strofinò le mani sulle braccia, incrociandole, e si sedette
sul
letto.
“ Ho
comprato un paio di pizze da scaldare a cena e della
burrobirra,”
annunciò vago. “E, ehm, può darsi che
più tardi passino Lorcan e
Sander,” aggiunse molto velocemente, quasi come se
così la cosa
potesse passare inosservata.
Scorpius
aggrottò la fronte: erano dieci giorni che progettavano di
passare
quella serata da soli. Aveva praticamente dovuto minacciare di
suicidarsi per convincere Draco a dargli il permesso di cenare a casa
Potter e soltanto l'intercessione di un'ormai rassegnata Astoria aveva
permesso il raggiungimento dell'obiettivo. Suo padre era
comunque stato di umore pessimo per tutta la giornata e gli aveva
giurato che se non fosse tornato entro mezzanotte precisa lui
avrebbe, parole sue, portato a termine il glorioso progetto di Lord
Voldemort cancellando la genia dei Potter dalla faccia della terra.
Ed
ecco che ora spuntavano fuori i gemelli Scamandro a guastargli i
piani. Tutto l'entusiasmo accumulato negli ultimi due giorni
sembrò
evaporare dal suo stomaco. James dovette accorgersene dalla sua
faccia – Scorpius aveva occhi d'un grigio piuttosto chiaro ed
estremamente espressivi, quasi trasparenti –
perché sbuffò
rimbalzando sul materasso, mentre arretrava per poggiare la schiena
al muro.
“ Senti,
lo so, ok?” affermò allargando leggermente le
braccia. “Ma oggi
pomeriggio al camino Lorcan mi ha detto che il nonno Lovegood non sta
bene e che i loro genitori sarebbero andati a passare la serata con
lui, per aiutarlo. Erano preoccupati e...beh.”
Scorpius
annuì con le labbra serrate ma James si accorse
immediatamente che
la sua spiegazione non l'aveva minimamente rabbonito: quando passi
anni a non andare d'accordo con qualcuno, sei abituato a capire
subito quando ce l'ha con te e Scorpius, in quel momento, era
inequivocabilmente irritato. Per di più sapeva benissimo che
i
gemelli non erano molto simpatici a Scorpius, che riteneva Lorcan un
invadente seccatore e Sander un perfetto alienato mentale, e questo
non era nemmeno del tutto falso. Però Lysander era anche uno
dei
suoi migliori amici e James tendeva a non degnare di considerazione
il dettaglio che fosse un po' schizzato.
“ Cosa
volevi che facessi?” insistette James. “Che dicessi
loro di
arrangiarsi?”
Scorpius
storse il naso senza rispondere. Se fosse stato al suo posto e
Francis o Albus avessero avuto qualche noia probabilmente avrebbe
semplicemente proposto agli amici un pranzo insieme l'indomani. Ma
James era diverso da lui e lui era troppo intelligente per non
rendersene conto. Non che questo cambiasse il suo stato d'animo.
“ Prepariamoci
da mangiare,” affermò, alzandosi dalla sedia di
James e decidendo
saggiamente di soprassedere.
Il
Gryffindor storse il naso.
“ Quanta
fretta, Sgorb,” osservò scherzoso.
“Siediti un attimo qua e
levati quell'espressione schifata dalla faccia,”
suggerì,
tendendogli la mano. “Anzi, magari te la levo io,”
aggiunse con
un sorriso di sghembo.
Scorpius
sbuffò con condiscendenza.
“ Figuriamoci,”
borbottò.
James
intuì che in realtà non aveva soprasseduto per
niente e cercò un
diversivo.
“ Sono
anche nudo,” gli fece notare, abbandonando le braccia lungo i
fianchi.
Scorpius
riuscì con encomiabile padronanza di sé a non
battere ciglio
nonostante il leggero surriscaldarsi del suo corpo. Aggrottò
appena
la fronte.
“ Siccome
ho un quoziente intellettivo molto altro avevo immaginato che non
portassi una tenuta da Hit-Wizard sotto quell'accappatoio,
Potter,” commentò ironicamente.
James
lo omaggiò di un altro sorriso che spezzava le gambe.
“ Controlla,”
lo invitò, indicandosi.
Scorpius
non riuscì a trattenere una sommessa risata e
sbuffò, prima di
percorrere i pochi passi che lo separavano dal letto di James e
lasciarsi cadere su di lui andando alla ricerca della sua bocca.
Dopotutto, rimanevano ancora almeno due ore prima che gli Scamadro
venissero a rompere le scatole, e sarebbe stato un peccato sprecarle
facendo cena.
____________________
La
canzone che James sta cantando è “Hey
You”, dei Pink Floyd.
La
shot è collegata a un progetto molto più ampio,
una long fiction
che sto scribacchiando da qualche tempo, incentrata su questi bei
tipetti, di cui mi sono perfettamente invaghita. Spero risulti
piacevole alla lettura.
|