PROLOGO
PROLOGO
Quella sarebbe
stata sicuramente ricordata come la notte della caduta di Lord Voldemort.
O almeno così
riportavano i titoli dei quotidiani più in vista del mondo magico, quel mattino.
Fu la prima cosa che Ginny lesse facendo colazione, e d'altra parte era
impossibile non accadesse, perché era scritto a caratteri cubitali sopra una
foto assai strana di Harry Potter in piedi e trionfante davanti al cadavere di
Voldemort.
"Ma...mamma...
cosa è questa fo--" non terminò neanche di parlare che Molly Weasley eruppe in
una risata allegra, entusiasta, quasi euforica.
"Oh, non temere
Ginny cara, è solo un fotomontaggio. Harry non potrebbe mai assumere quel... oh
oh..." rise ancora, mentre si avviava al piano di sopra, borbottando qualcosa
che suonava molto come 'Quei fanfaroni sono in ritardo'; probabilmente si
riferiva ai gemelli che erano in ritardo per l'apertura del negozio.
La ragazza
osservò la madre salire le scale, quindi fece spallucce e riprese a bere il
proprio succo di zucca, leggendo l'articolone sulla sconfitta di Voldemort,
argomento a cui era interamente dedicata tutta La gazzetta del profeta,
quel giorno.
Dopo qualche
minuto di lettura, sentì la porta della cucina, quella che dava sul giardino sul
retro, aprirsi. Alzò lo sguardo e sorrise nel vedere Hermione rientrare, mentre
leggeva anche lei la sua copia del profeta. "Hai letto?" chiese. Hermione
si avvicinò al tavolo e prese posto di fronte alla rossa. "Si si. Veniamo citate
anche noi, visto? Ora i nostri nomi saranno famosi in tutto il mondo magico
come, se non più, quelli di tutti i maghi presenti alla battaglia, stanotte..."
Lanciò una veloce occhiata all'orologio da polso, quindi sbadigliò. "Io sono
esausta. Abbiamo festeggiato fino all'alba, ho dormito appena tre ore e poi mi
sono dovuta alzare alle otto per andare dai miei genitori a dar loro la lieta
novella. Ho raccontato loro tutta la situazione, erano in pensiero, e ai babbani
non arrivano i nostri quotidiani, quindi per quel che ne sapevano loro, potevo
anche esserci rimasta secca. Erano giorni che non davo loro mie notizie, siamo
stati sul fronte di guerra con Harry per tre giorni e tre notti. Tu te ne eri
accorta? Per me il tempo è volato, non me ne ero affatto resa conto." Ginny
scosse un po' il capo. "No, neanche io mi ero accorta di nulla... E come avremmo
potuto? Quando sei in pericolo di morte, i giorni sembrano ore..." Hermione si
ritrovò perfettamente d'accordo.
"Gli altri dove
sono?" Anche Ginny guardò l'orologio. Erano le 11.30 e si ritrovò sorpresa a
pensare che stranamente aveva dormito meno del previsto, per essere una che era
stata sveglia per tre giorni e tre notti ed aveva passato l'ultima notte a
festeggiare con tutta la famiglia a Grimmauld place n°12, ormai ex sede
dell'ordine della fenice e nuova casa di Harry Potter.
"Dormono ancora
e nessuno ha intenzione di svegliarli... anche se ho sentito tua madre tirare
giù dal letto Fred e George, poco fa. Si meriterebbero anche loro un po' di
riposo, poverini, ma d'altra parte il negozio non va avanti senza di loro."
"La gamba di Ron
come sta?" disse improvvisamente Ginny, dopo qualche minuto di silenzio in cui
lei aveva finito di consumare la sua colazione.
Hermione si
rabbuiò, quindi scosse un po' il capo. "Al mio ritorno da casa dei miei, ho
fatto un salto al San Mungo, dove ho parlato con tuo padre e mi ha spiegato la
situazione. Ora Ron è in isolamento, il veleno di Nagini si è propagato in
fretta... non c'è nulla da fare... probabilmente l'amputeranno... Io, te e tuo
padre siamo gli unici a saperlo per ora." la voce andò scemando, e alla fine
della frase si portò una mano sulle labbra, per sffocare un gemito. Si alzò e si
congedò dall'amica, correndo al piano superiore, verso camera sua. Aveva bisogno
di stare un po' da sola, per sfogarsi.
La rossa non
disse nulla, nè provo a fermarla. L'aveva immaginato. Era stata lei a prestare
il primo soccorso al fratello e sapeva bene che probabilmente si sarebbe
arrivati a questo, non per nulla frequentava il terzo anno all'accademia per
guaritori di Parigi, la più famosa e rinomata al mondo.
Fece un sospiro,
quindi decise di controllare il bollettino di guerra. Andò all'ultima pagina e
cominciò a scorrere la lunga lista di nomi. Le vittime tra i mangiamorte erano
tantissime, ma anche l'ordine aveva subito un duro colpo. Gli occhi cominciarono
a pizzicarle, mentre individuava i primi nomi di conoscenti, le scene della
morte di alcuni di loro le ritornavano in mente, fresche e nitide come appena
accadute. Fortuna volle però che nessuno dei suoi parenti o amici stretti ci
avesse rimesso la vita. Sapeva bene fosse un pensiero piuttosto egoistico, ma in
quel momento non le importava. Ora era a casa, con le persone più importanti
della sua vita vive e vegete, solo questo era importante, in quel momento.
*
Uscita dalla
doccia si avviò nella camera dove dormivano lei ed Hermione, passando davanti a
quella di Harry fece un sorriso nel vederlo ancora ronfare beatamente. Erano le
quattro del pomeriggio e nessuno si era azzardato a vegliarlo. Probabilmente
avrebbe dormito ancora molte ore, ed andava bene così, era quello che si era
meritato il riposo più di tutti, aveva combattuto a testa alta fino alla fine,
coraggioso, impavido, e la sua forza aveva salvato ancora una volta il mondo
magico da Tom Orvoloson Riddle.
Entrò in camera,
i capelli rossi gocciolanti lungo la schiena, il corpo avvolto in un grazioso
accappatoio di morbido cotone rosa. Aprì l'armadio, rovistò un po', quindi andò
sul classic casual, prendendo un paio di jeans chiari ed una canotta rosa.
Indossò tutto, insieme a semplici scarpe da ginnastica, quindi legò i capelli in
un'alta coda sulla nuca, lasciandoli leggermente bagnati per stare più fresca.
Lasciò Grimmauld Place a cavallo della sua Comet 560 ed uno zainetto in spalla,
diretta verso il San Mungo per il tirocinio. Ora che la guerra era finita non
aveva più scuse per sottrarsi a questo.
Alle sedici e
trenta esatte, con le lancette dell'orologio che spaccavano il minuto, entrò
nell'edificio ospedaliero. Ripose il proprio zaino negli spogliatoi, quindi
indossò frettolosamente il camice e cominciò il giro pomeridiano. La prima
stanza a visitare fu ovviamente quella di suo fratello che, aveva appena saputo,
avevano spostato al terzo piano, nel reparto di Ferite e morsi da creatura
magica. In stanza trovò il padre ad attenderla.
"Ciao papà."
disse avvicinandosi ad Arthur Weasley e dandogli un piccolo bacio sulla guancia.
Si sedette a bordo letto e prese una mano di Ron tra le sue. Erano fredde eppure
sudate.
"Hermione te
l'ha detto?" chiese la voce stanca del padre, che ancora non aveva dormito.
"Si, papà. So
tutto" rispose atona. "Senti, perché non vai a casa? La mamma vuole vederti, e
penso debba essere avvisata da te delle condizioni di Ron... e poi hai bisogno
di riposo... guardati, come sei sciupato..."
L'uomo annuì in
direzione della figlia. "Si... aspettavo te. Lo lascio in buone mani. Tornerò
domani mattina."
Si salutarono,
quindi la ragazza tornò a guardare il fratello. Rimase un po' con lui, stirava
continuamente il lenzuolo con le mani, gli accarezzava il viso, scostandogli
ciocche ribelli di capelli rossi dagli occhi, gli teneva la mano tra le sue. Non
riusciva a stare ferma e guardarlo, impotente, soffrire in silenzio, sotto
l'effetto di tranquillanti e narcotici. Infine dopo quei minuti, che in realtà
le sembrarono ore, uscì dalla stanza, richiudendo la porta alle proprie spalle,
dopo avergli sussurrato che sarebbe tornata più tardi e che doveva prima finire
il turno. Non era sicura lui potesse sentirlo, ma non voleva farlo sentire solo,
così tutto quel tempo aveva parlato con lui come fosse stato sveglio e attento.
Camminò a lungo
per il corridoio, persa tra i suoi pensieri, quando sentì la voce di William
Thompson, il primario, spezzare la quiete del reparto. Stava urlando e lei si
affrettò verso la fonte di quelle urla, la stanza 210. Entrò, senza prendersi la
briga di bussare, ed osservò il medico, in compagnia di due infermiere, inveire
contro un paziente.
"NON MI
INTERESSA, LEI NON USCIRà DI QUI FINCHè NON AVREMO FATTO I DOVUTI ACCERTAMENTI!"
stava dicendo l'anziano uomo, che non aveva mai visto così fuori di testa come
in quel momento, era sempre stato un vecchietto gentile e pacato. Cosa stava
succedendo? La risposta ai suoi dubbi giunse subito, quando il suo sguardo, nero
come il petrolio, incontro quello azzurro ghiaccio del paziente. Cosa ci faceva
Draco Malfoy, il braccio destro di Lord Voldemort, in quell'ospedale? L'aveva
visto lei stessa cadere a terra privo di vita. questo perché era stata lei a
ferirlo a morte.
Indietreggiò di
qualche passo, allungando indietro una mano verso la maniglia, il più lentamente
possibile per non attirare la loro attenzione, per non attirare la SUA
attenzione.
"Ah, Ginevra!"
fu la voce di Thompson a tirare l'attenzione di tutti gli astanti sulla rossa,
che arrossì di botto e cominciò a sudare freddo. Sentì lo sguardo glaciale di
Malfoy puntato su di lei, ma non osò voltarsi verso di lui per accertassi fosse
vero. "Vieni avanti, Ginevra. Tu che sei la mia migliore allieva. Ho saputo di
tuo fratello, sono molto addolorato... " accennò a Ron frettolosamente, come per
ingraziarsi la sua allieva prediletta. A Ginny questo non sfuggì.
"Si... ehm...
posso... fare qualcosa, professor Thompson?" chiese titubante, sapendo
perfettamente di stare firmando la sua condanna a morte.
"Ragazza mia, ho
piena fiducia nelle tue capacità, di strega, come tutti abbiamo potuto leggere
sui giornali" disse con un sorrisino compiaciuto, neanche fosse merito suo "Ma
soprattutto nelle tue capacità di guaritrice. Sei la studentessa più brillante
del tuo corso, nonchè la tirocinante più in gamba. E' per questo che vorrei
assegnare a te lo studio del caso del signor Malfoy, qui presente." indicò il
biondo "Vi conoscete già?" chiese poi osservando lo sguardo intenso con cui
Malfoy stava squadrando la rossa.
"Oh ehm non
proprio ecco..." balbettò lei, ma fu interrotta dal biondo.
"Certo che ci
conosciamo. Se sono qui lo devo a lei!" la sua voce strascicata provocò uno
spasmo involontario alla ragazza, che fece un risolino nervoso.
Thompson lo
guardò un attimo, ma poi non vi diede peso. "Beh, non me ne meraviglio, dato che
lei ora dovrebbe stare sei metri sotto terra, ed è qui per puro miracolo."
sbottò acido il primario, che si voltò poi verso Ginny con un sorriso amabile.
"Vede, Ginevra. Sul torace di Draco Malfoy vi sono i chiari segni
dell'incantesimo che lei, da brava seguace di Silente, dio l'abbia in gloria,
nonchè appartenente all'ordine della fenice, gli ha scagliato. Ora però noi ci
chiediamo come possa essere sopravvissuto ad una fattura di cotal potenza, che
ha distrutto tutto ciò che lo circondava ed avrebbe dovuto uccidere anche lui.
Bene, Ginevra, Malfoy si è GENTILMENTE OFFERTO come cavia. Le affido il compito
di studiare il caso. Direi che può cominciare..." uno sguardo all'orologio, poi
un altro amabile quanto falso sorriso. "Adesso!"
Detto questo si
congedò dai due ed uscì dalla stanza, seguito dalle due infermierine, che fino
all'uscita lanciavano occhiate di apprezzamento al nuovo paziente, squittendo
come due... stupide, Ginny non riusciva a definirle altrimenti.
La porta si
chiuse. Erano soli. Ginny gli dava le spalle, non sapeva che fare, nè cosa dire.
Sapeva solo di essersi ficcata nella situazione più assurda della sua intera
esistenza.
...
continua...
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