Le avvertenze del caso oggi le
facciamo in versione “fun”.
I
“Muse” ed il loro entourage non mi appartengono. In
compenso mi
appartengono Whiskey, Eva e Bas, Martha, Gunther e Patricia. E
sì, pure il cane
con la lingua ciondolante. E ne sono gelosa.
Non
intendevo offendere nessuno, ma mettiamola così: se Matthew
Bellamy
mi cita per danni, gli stringo la mano. E pure se lo fa Tom Kirk,
ché in questa
storia gli tocca la parte dell’isterica.
Questa
cosa è meno verosimile dell’ipotesi che la Regina
Elisabetta
discenda da una stirpe aliena di draconici, quindi figuriamoci se tento
di
spacciarvela per vera.
Ovviamente
non ci cavo un ragno dal buco, ma un mucchio di sputi in
faccia sì.
Scritta
per
il “Dodici Mesi di Fedeltà. 2nd Year”
Contest
-Whiskey. Doppio.
La mia storia inizia esattamente come si è
conclusa.
Il fatto che sia iniziata così, però,
è sicuramente più
importante del fatto che sia finita così.
Credetemi.
Il punto è che se non fosse cominciata ad un
certo modo, io
non sarei oggi la persona che sono. Anzi. Forse non esisterei affatto.
Non è una questione da poco, vero?
Beh, comunque, non ve la racconterò
dall’inizio, ma proprio
da metà.
Prompt #6 e #7 – “Dodici Mesi
di Fedeltà.
2nd Year” Contest
Doppio Whiskey
-Sei pazza!
-Allora significa che siamo in due.
-No no! Tu sei pazza, io sono maschio!
Questo,
inevitabilmente, mi porta ad assecondarti nella speranza, vana, che tu
faccia
sesso con me!
-…vana.
-Mai avuto dubbi al riguardo!
Lei lo fissa di sbieco, un’occhiata distratta
prima di
puntare di nuovo gli occhi sull’edificio gigantesco che li
fronteggia
dall’altro lato della strada e verso cui marciano con
l’incoscienza spavalda
dei propri – pochi - anni di vita.
-Ripetimi il piano.- insiste lui combattivo.
-Lo sai che non ho un piano!
-Non riesco a credere che tu possa davvero ammetterlo con
tanto candore!- strilla lui, fermandosi di botto sul ciglio del
marciapiede.
Lei si volta ancora, palesemente infastidita, sbuffa il
proprio risentimento e pesta un piedino, calzato in morbidi stivali di
camoscio,
sul terreno. Ma niente.
Cambio di tattica.
-…Bas…davvero…lo sai quanto
è importante per me.- mormora
afflitta, facendo scivolare gli occhi tutto attorno a lui senza dargli
mai la
possibilità di incrociarli.
Ma è vecchia pure questa.
Lui ride, solleva le braccia ai fianchi e punta il petto in
fuori.
-Ahah!- la sbeffeggia – Non attacca, mia cara!
– ci tiene a
precisare.
-Oooh! evabene!- sbraita lei tutto
d’un fiato,
gonfiandosi quasi il doppio di lui. – Resta pure qui a
lamentarti, io vado da
sola!- annuncia.
Riprende la marcia sentendolo borbottare, biascicare
qualcosa in tono stizzito e poi inseguirla a passi svelti e rumorosi.
Lei
sorride tra sé ma non si volta e non si ferma.
Almeno finché non vede la piccola folla raccolta
davanti
alle porte scorrevoli della reception. A quel punto, ammette, la sua
risoluzione inizia a vacillare.
Lui la raggiunge a pochi passi dall’ingresso. Un
gruppo
festante e rumoroso di ragazzi bivacca lì davanti sotto lo
sguardo malevolo di
un portiere vestito di rosso; considerato che loro non sembrano
accorgersi
nemmeno della sua presenza, è facile intuire come rimarranno
fermi sulle
proprie “posizioni” sfidando il rigore della sua
divisa e dell’albergo tutto; passanti
svogliati in giacca e cravatta intercettano le risate dei ragazzi e
sorridono a
loro volta, tirando dritti nell’attraversare il marciapiede e
la strada da un
lato all’altro.
Si mordicchia un labbro. Potrebbe semplicemente limitarsi a
restare lì anche lei, unirsi a quel gruppo ed attendere
pazientemente. E’ certa,
peraltro, che questo sia stato il piano del suo
accompagnatore fin
dall’inizio e sa che, se si voltasse, glielo leggerebbe
scritto in faccia in
un’espressione supplichevole ed esasperata. Questo
però, argomenta con se
stessa, non la porterebbe di un passo più vicina al proprio
obiettivo.
…certo…potrebbe cambiare anche
l’obiettivo. In fin dei
conti, Martha, quando è uscita di casa quella mattina
annunciando che andava al
“Concorde”, ha riso e le ha detto che non avrebbe
concluso niente. Nessuno si
aspetta che lei riesca in quello che si propone. Non se lo aspettano
perché
sanno che non avrebbe senso. Sua madre, Martha, Gunther e
sì, anche Bas che
pure l’ha accompagnata, si aspettano solo che lei arrivi così,
ad un
passo dalla porta, e torni indietro. Perché avanti non ci si
può andare, non
alle sue condizioni.
Non nelle sue condizioni.
-Ma poi, cosa pensi di trovare oltre quella porta, tesoro?
-Non lo so!- ha risposto a sua madre, che sorrideva e che
non ha provato neppure a fermarla davvero.- Ma se non
l’attraverso non lo saprò
mai, no?!
È sempre stato questo il punto. Non ha davvero
importanza cosa
c’è oltre quella soglia, ha importanza il fatto di
arrivarci.
-C’è Eva!- esclama Bas ad un tratto,
strappandola di botto
alle sue riflessioni.
Ruota la testa nella direzione indicata quasi in automatico
– Eva come Martha
costituisce uno dei richiami della sua vita a
cui non le riesce proprio di dire di “no”- e vede
Bas raggiungere la ragazza
bionda, magrissima e strizzata in una gonna microscopica ed una
maglietta
colorata al centro del gruppetto. È la più
piccola – la più bassa, la più
magra, la più giovane – eppure è palese
come gli altri le ruotino attorno,
voltandosi verso di lei in cerca di indicazioni per non rompere le
proprie
disordinatissime “righe” davanti allo sguardo
sempre più minaccioso del
portiere in rosso. Eva affronta quella minaccia con uno stoico
entusiasmo,
contagioso a giudicare dalle risatine e dai gridolini che suscita il
suo
rintuzzare l’uomo con occhiatacce e linguacce degne della
peggiore monella di
strada. Bas le fluttua incontro – “etereo
come l’idiota che è!”, pensa
lei velenosamente – ed Eva li vede entrambi.
-Whiskey!- sbotta illuminandosi di un sorriso meno
artificioso di quello regalato al compassato attendente alla porta.
Spalanca le
braccia in un chiaro invito ad avvicinarsi e, riluttante, lei esegue,
trascinando sulle prime i piedi mentre il suo cuore batte troppo forte
nell’avvicinarsi ancora di più alla porta
dell’albergo.- Whiskey!- ribadisce
Eva, schivando l’abbraccio umidiccio di Bas che le si
è buttato contro.- Che
bello che sei venuta!
-Scordatelo!- borbotta lei, stringendo le braccia al petto.
L’altra le butta le proprie al collo e scuote la
testa,
sfregandosi guancia a guancia contro di lei come un gatto.
-Vuole ancora farlo, eh!- informa Bas in tono canzonatorio,
additando l’amica, rigida contro il corpo spigoloso di Eva.
Lei ridacchia senza dar peso alla cosa. Intorno a loro
è
tutto un fiorire di saluti a voce alta rivolti alla nuova arrivata, un
coro
unanime di “ciao Whiskey” che sa di casa anche se
quella non è mai stata casa
sua.
-Alla fine ti farò ammettere che ti piacciono!-
la sfida
ogni volta Eva.
Lei sogghigna e sbotta: Preferisco sedici ore ininterrotte
di matematica con il Prof. Hoffman!
Nessuna delle due crede veramente all’altra ed
è su quello
che si basa il loro rapporto.
Eva si rimette dritta, sciogliendola dalla propria stretta,
e lei la guarda e poi guarda il gruppetto - di cui è ormai
parte integrante
agli occhi dell’inviperito portiere del “Concorde
– riconoscendo facce e
salutando a mano aperta.
-Come va?- cerca d’interessarsi educatamente.
-Oh, siamo qui fuori da ieri sera, abbiamo freddo, fame e
lui ci odia.- Eva punta il ditino inanellato di tutto punto contro
l’uomo in
rosso che trasale come se glielo avesse schiacciato addosso –
Ma, ovviamente,
niente di niente.
-Quando iniziate a spostarvi?- s’informa Bas,
molto più
pratico.
Eva guarda l’orologio e poi gli altri.
-Mah…fai un’oretta al massimo. Dopo ci
fregano tutta la
prima fila.
-Cazzo! io voglio venire con voi!-
piagnucola lui.
Eva solleva le sopracciglia e lo fissa. Poi guarda lei. Sa
che sta aspettando che dica di sì, che resta lì e
va via anche lei con loro. Ma
non lo dirà.
-Beh, tanto a me non serve più.- risponde invece
allo
sguardo dell’amica.
Eva ride mentre Bas la fissa stralunato.
Lei, risoluta, ruota la tracolla di pelle fin dietro le
natiche, arriccia sulle braccia le maniche della felpa e solleva il
naso
all’insù, fiera e determinata.
-Ditemi “in bocca al lupo”!- ordina.
-In bocca al lupo!- fanno coro Eva, ridendo, e Bas,
incespicando incerto su quelle poche parole.
-Stai attenta, Whiskey.- ci aggiunge affettuosa
l’amica,
accarezzandole un braccio.
Lei annuisce e poi attraversa di nuovo la strada,
allontanandosi dall’albergo, dal portiere in rosso e dalla
folla festante di
ragazzi con i loro striscioni. Di gente che saluta i
“Muse” neanche fosse
davanti ai Santi in Chiesa ne ha avuto abbastanza, per oggi.
***
Di fianco alle altre modelle si vede che lei è
molto – troppo
- più giovane. Il tizio del management è
già passato tre volte ed ogni volta
l’ha fissata con aria sempre meno convinta. Presumibilmente
non si tratterrà a
lungo dall’andarle vicino e chiederle “ragazzina,
ma non dovresti essere
a scuola?!”.
Il chiacchiericcio soffuso che regna nella saletta le copre
in parte i pensieri. C’è un misto di profumi
costosi – a confronto dei quali il
suo D&G “Light Blue” fa la figura
dell’acqua di colonia per bambini! –
odore di trucco e lacca per capelli. Non le dispiace. Le ragazze che la
circondano, sui loro tacchi alti o calzate in ballerine bassissime,
sono tutte
abbronzate, flessuose e morbide, con i seni sporgenti. Adottano pose
languide con
stile, come fossero già davanti alla macchina fotografica e
non in attesa nella
sala conferenze vuota di un hotel di lusso, le loro palpebre si piegano
pesanti
sui visi ed il loro modo di trascinare le parole è studiato
ed elegante.
Tutto questo non la urta come dovrebbe. In altri momenti ha
trovato il mondo della moda squallido e volgare, anche un po’
inutile. Ha
ammirato moltissimo Martha quando ha riso in faccia ad un talent scout
che – “per portarsela a
letto”, ha affermato
lei – le aveva fatto balenare la prospettiva di usare le
proprie curve
prorompenti o quei magnifici occhi verdi su sfondo di seta nera
– una cascata di capelli lunghi,
ondulati,
spessi e setosi – per farsi strada in quel
fittizio gioco di luci. La
concretezza di Martha le ha dato tanto in tutti quegli anni, lei lo sa,
il suo
modo di farsi scudo con l’ironia contro quello che il mondo
esige le è sempre
stato d’esempio.
Però ora, circondata dalle chiacchiere vuote e
dai sorrisi
di plastica delle modelle non si sente male, non è fuori
luogo come dovrebbe e
loro, in qualche modo, la stanno proteggendo e la fanno sentire al
sicuro.
Sarà il fatto che si è infilata
lì dentro senza sapere
ancora bene cosa stesse facendo e che – come ha ammesso con
Bas – un piano proprio
non ce l’ha, per cui trovare il modo di prendere fiato,
riordinare le idee ed
elaborarlo non è così male.
Quando ha visto il cartellone all’ingresso del
“Concorde” le
è venuta quella follia in testa. Un provino per una famosa
agenzia di modelle!
Qualcuna ha pochi anni più di lei, qualcun’altra
ne dimostra comunque di meno.
Ha imboccato la porta sul retro affidandosi al caso, un caso che aveva
l’aspetto di una cameriera distratta rientrata dopo la pausa
sigaretta e che
l’ha condotta fino alla porta della sala in cui si tiene il
provino. In mezzo
alle altre è passata inosservata ma sa che non
durerà in eterno e, mentre siede
su una delle poltrone di velluto e striscia la punta dello stivaletto
sulla
moquette, si domanda anche quanto ci vorrà prima che il
tizio che l’ha puntata
venga ad informarsi.
Alla fine stabilisce che il rischio di aspettare
è pari a
quello di affidarsi ancora una volta alla sua buona stella –
in fondo, pensa,
l’ha comunque portata fin lì – ed
approfitta di un attimo di distrazione del
suo osservatore per scivolare giù dalla poltroncina di
velluto e fino in fondo
alla sala.
Ovviamente non sa ancora cosa farà a questo
punto. In hotel
c’è una certa agitazione, se
n’è accorta, un mucchio di gente che si muove
avanti ed indietro, un mucchio di persone impegnatissime che la
incrociano e la
degnano di sguardi distratti ed indaffarati prima di riprendere a
parlare al
proprio cellulare correndo via. Si fa scudo di una sfrontatezza che
sente solo
in parte e continua a vagare aspettando il momento in cui le
verrà chiesto chi
sia e cosa voglia, nel frattempo tende le orecchie e cerca di captare
“qualcosa
di sospetto”.
-Ma ci hai parlato?
-Con chi?
-Con quello!
-…quello chi?
Si blocca al centro del corridoio, tesa e con un sorriso
carico di aspettativa già sulle labbra.
La prima voce, più roca e sguaiata, riprende a
parlare
velocemente e lei fa un po’ di fatica a seguire nonostante in
inglese sia
sempre stata perfetta, come dicono orgogliosamente
sua madre e
l’insegnante a scuola.
-Ma è mai possibile che in questo dannato posto,
ogni volta,
sia sempre la stessa storia?! Mi devo occupare di tutto io? No,
perché si da il
caso che ormai i tre quarti delle cose tocchino a me e poi sono cazzi
per tutti
se non sono pronte in tempo! E tra quattro ore abbiamo un cazzo di
concerto! Ed
indovina un po’! ancora quei tre idioti non sono manco
tornati dalle prove ed a
me tocca preoccuparmi pure del loro after-show party!
‘Fanculo!
Si sporge oltre la curva che il corridoio disegna in
prossimità degli ascensori.
“…ci siamo”, pensa stordita.
Uno dei due uomini ha in braccio qualcosa, una scatola
enorme che regge a fatica. L’altro è grosso e
sembra arrabbiato, sospetta che
la voce roca e sguaiata fosse la sua; il tipo con lui non sembra
intenzionato a
ribattere allo sproloquio che gli è toccato subire, continua
a camminare
fissando dritto davanti a sé gli ascensori e
l’altro gli va di fianco e preme
per chiamarne uno.
-Non fissarmi con quell’aria!- si decide a
sbuffare il tizio
con lo scatolone mentre aspettano che l’ascensore arrivi al
piano – Ho capito!
Appena porto su questa roba, chiamo!
Quando le porte si chiudono alle loro spalle con un suono
leggerissimo di campanello, lei scatta avanti e punta il naso
all’indicatore
del piano.
Quarto…quinto…sesto…Al
quattordicesimo piano l’indicatore si
blocca. Sciaccia di botto il pulsante e resta in attesa. Ad aprirsi,
stavolta,
sono le porte di fianco, ci entra senza neppure pensarci.
-Che piano, Miss?- chiede educatamente l’addetto
all’interno.
-Quattordicesimo.- risponde sicura, sollevando la testa e
puntando lo sguardo alle porte con aria sdegnosa.
Le sembra il viaggio più lungo della sua vita.
Quando arriva
in cima deve contenersi per non correre semplicemente fuori, temendo di
aver
già perso di vista le sue due inconsapevoli guide. Aspetta
che l’ascensore si
chiuda di nuovo alle sue spalle e poi scatta in avanti, inseguendo la
scia
lontana di quell’inglese dall’accento fortissimo.
Li ritrova ad una svolta, uno
sta uscendo da dentro una stanza con il numero indicato in lettere
dorate, ha
lasciato la scatola, l’altro lo ferma quando fa per mettersi
la chiave
magnetica in tasca.
-No, che poi ti dimentichi di lasciarla alla reception.
Mentre loro tornano indietro lei cammina avanti,
incrociandoli a metà del corridoio senza guardarli. Sola
davanti alla porta il
sorriso è diventato più sicuro.
-Bene!- esclama soddisfatta sfregandosi le mani-
…ora come
entro?
***
-O.k….o.k….o.k….No, non ti
sto prendendo in giro. No, non lo
sto dicendo per compiacerti. No, non intendo proseguire questa
discussione. Sì,
va bene, ciao.
Interrompe la comunicazione e spegne il cellulare in unico
gesto. Un’ora e mezza di silenzio! Con un
sospiro abbandona l’iPhone e
la chiave magnetica sul tavolino tra i divani nella zona living e
registra
distrattamente la presenza dello scatolone che ha affidato ad ora di
pranzo ad
Oliver perché glielo portasse in albergo. La metà
della roba lì dentro non gli
appartiene nemmeno, riflette. Si toglie la giacca e sfila gli occhiali
da sole
da sopra la testa, posando tutto sul mobile TV mentre si dirige al
bagno. Una
sciacquata veloce alle mani ed al viso, si asciuga le dita assaporando
la
sensazione fresca dell’umidità sulla pelle e torna
in camera da letto,
stendendosi con un secondo sospiro, stanco e pieno, sulle lenzuola
profumate di
bucato.
Ad occhi chiusi e mani incrociate sulla pancia
l’unica cosa
che lo avvisa della sua presenza è una sensazione. Solleva
le palpebre per
vedersela ritta ai piedi del letto, l’aria corrucciata ed uno
sguardo
combattivo puntati fieramente su di lui. Si tira a sedere contro la
testata
imbottita e la osserva meglio.
È…carina. Vorrebbe dire
“bellissima” ma si sentirebbe sporco
a farlo. È magra. Tanto magra per la sua
altezza. Con le gambe
lunghissime e sottili che spuntano nude da sotto la gonnellina a fiori
davvero
troppo corta. Una felpa vecchia con il disegno di stelline sbiadite e
sotto una
maglietta leggera, quasi trasparente, attraverso cui non ha alcuna
difficoltà
ad intuire il seno acerbo, piccolissimo. Ha gli occhi enormi ed azzurri
come ne
ha visti poche volte nella sua vita, che gli danno una sensazione
piacevole di
familiarità, una bocca piena e di una tonalità di
rosa delicato, una massa di capelli
ricci, decisamente lunghi e spettinati, che le avvolgono il corpicino
fino a
metà della schiena e cascano un po’ da tutte le
parti in modo disorganico ed affascinante.
E poi ha quell’aria da guerriera bambina che fa sorridere.
-Sei quello sbagliato!- sono le sue prime parole in un
inglese fortemente accentato.
Dominic inarca le sopracciglia, perplesso:
-Prego?- chiede gentilmente.
Lei non sembra intenzionata a rispondergli. Si guarda
attorno muovendosi rabbiosamente, mordicchiando la punta di un dito
mentre si
arruffa i capelli con l’altra mano.
-Aaah.- prova a richiamare la sua attenzione Dom-
Senti…non
so chi tu sia e, credimi, sarei felicissimo di saperlo, ma sei
decisamente troppo
illegale perfino per me…quindi…
Lei si volta ed il suo sguardo è talmente freddo
ed
arrabbiato che Dominic si zittisce quasi d’istinto. Lei gli
punta addosso un
dito e si avvicina minacciosa.
-Dov’è il tuo cantante?!- chiede
inquisitoria.
Lui ci pensa su. Ci pensa su seriamente, mentre fissa il
ditino con le unghie dallo smalto blu scheggiato e scolorito,
perché quella
storia sta prendendo una piega decisamente…
Scoppia a ridere. Ci prova a rimanere serio quando la vede
rabbuiarsi ancora di più, ma proprio non ci riesce. E la
sola idea di Matt alle
prese con quella specie di piccola furia bionda è talmente
esilarante che è
quasi tentato di accompagnarla davvero da lui e vedere di nascosto
l’effetto
che fa. Se lo meriterebbe! Soprattutto dopo la sceneggiata che ha
tirato su
durante le prove.
-Sei troppo illegale anche per lui.- afferma, invece, quando
riesce a riacquistare un minimo di serietà. E gli viene
spontaneo sorriderle,
quasi a mo’ di scusa.- Se vuoi un autografo, vedo di fartelo
fare io e te lo
porto. Oggi non è proprio giornata con Matt.
-Un autografo?- la sente ripetere sconvolta.- Che accidenti
dovrei farmene di un autografo?!- sbotta.- Manco mi piacete!
-…prego?- torna a ripetere
Dominic, inarcando ancora
le sopracciglia sempre più perplesso.
La valchiria quindicenne si fa indietro, marciando
indispettita per la stanza – avanti ed indietro di fronte al
suo letto – e
facendolo sentire vagamente “prigioniero”.
“Per arrivare alla porta devo superarla per
forza…”
La stupidità di quel pensiero lo urta e Dom
sbuffa ed
incrocia le braccia al petto per resistere alla tentazione di afferrare
il
telefono sul comodino, comporre il numero della reception e chiedere
che
vengano a prendere quella pazza e la riaccompagnino dai suoi degni
compari giù
in strada.
-O.k, di mitomani ne ho incontrati nella mia vita, sia
chiaro, ma tu li stai battendo quasi tutti. Se non sei una fan
– inizia con
calma – e non sei qui per un autografo, mi spieghi che ci fai
nella mia stanza,
per favore?
Lei gli getta un’occhiata trasversale e Dominic
prova ancora
la fastidiosa – stavolta – e pungente sensazione di
qualcosa di familiare,
ma riconduce quel fastidio più all’ansia che sente
ad avere una…ma ci
arriverà a quindici anni, quella lì?!
-O.k., basta!- decide rapidamente, tirandosi in piedi di
scatto.- Ora te ne vai da qui.
Quando prova a metterle una mano sul braccio, lei si scosta
come scottata fino a mettere nuovamente l’intera lunghezza
del letto tra loro.
Dom la guarda, mani sui fianchi e tanta pazienza.
-Ragazzina, ho avuto una giornata davvero difficile
e…
-Anche io!- ribatte fieramente lei, puntando il mento nella
sua direzione.
Lui le ricambia lo sguardo, stupito, soppesando
l’affermazione e le proprie reazioni.
-…sì.- conclude cautamente.- Non ne
dubito. Però, sta di
fatto che io tra nemmeno due ore devo andare a lavorare e tu mi stai
portando
via tempo che avrei volentieri utilizzato per una doccia e per
rilassarmi un
po’.
-Sei tu che mi stai facendo perdere tempo!- reagisce lei- Se
mi dicessi dove posso trovare il tuo cantante…
-Immagino che sia nella sua stanza a riposarsi, lui!-
ritorce Dom appena più seccamente.- Ha la
capacità sovrannaturale di rifilare
al prossimo le sue rogne e, a quanto pare, ci riesce anche quando non
sa di
starlo facendo!
-Stronzate! Io devo parlarci!
-Tu devi?!- ride Dom. Ma lei non ride
affatto e
Dominic sospira ancora e si passa una mano sul viso.-
Va bene…- mormora rassegnato - Se ti porto da
Matthew, mi prometti che gli dici quello che gli devi dire e poi te ne
vai in
fretta e buona buona come sei arrivata?- prova a contrattare.
Lei sorride.
-Se mi porti da Matthew,- ribatte
calcando in modo
ridicolo sul nome- sarà lui a non volere che io me ne vada.
-Questa poi…! Muoviti!- ordina infastidito il
batterista,
allungando il passo verso la porta ed afferrando al volo la chiave
magnetica
dal tavolo.- Devo essere impazzito!- borbotta chiudendo il battente
alle spalle
di entrambi quando lei lo segue quasi correndo e tutta un sorriso.
Davanti alla soglia dall’altro lato del corridoio,
la
ragazzina si blocca come intimorita, fermandosi qualche passo
più indietro. Dom
recepisce la cosa a livello inconscio, ma ha le nocche già
sul legno e picchia
delicatamente un paio di volte.
-Beeells!- chiama per essere certo di ricevere risposta.
Nei minuti che ci vogliono per ottenerla, Dominic torna a
guardare la sua accompagnatrice per confermare la sensazione iniziale:
non
sembra così sicura di sé, ora.
-Non avevi detto che non avevi voglia di proseguire la
discussione?- lo canzona la voce beffarda del suo cantante, approdando
improvvisa sulla soglia della stanza.
Dom lo fissa di sbieco e poi torna a guardare la ragazzina.
Matthew si affaccia anche lui e recepisce la sua presenza,
interrogativo.
-Cos’è?
-Un cane.- risponde Dominic con tranquillità. Lo
spinge
dentro di malagrazia, mano puntata al petto, e poi si fa strada con lei
all’interno della stanza.
-Toh, a me sembrava proprio una bambina!- ridacchia Matt,
dirigendosi al mobile bar.
-Che spirito di osservazione!- esclama Dom realizzando che
lei li ha seguiti dentro con una risolutezza nuovamente spavalda.
Eppure è
certo di averla vista vacillare, un attimo fa, di averla vista sul
punto di
voltarsi e scappare…
Matt si sta versando da bere e li osserva divertito.
-Quindi, chi sarebbe?- indaga ancora.
Dominic si trova un posto comodo sul bracciolo di uno dei
divani e scruta la scena da lì. Lei se ne sta a pochi passi
dalla porta di
nuovo chiusa, girando attorno lo sguardo, curiosa ed attenta.
-In realtà non ho nemmeno pensato di chiederle
come si
chiama.- confessa il batterista con semplicità.
La vede voltarsi a sorridergli velenosamente:
-Cosa ti fa credere che te lo avrei detto?- chiede flautata.
Matt scoppia a ridere ed avvicina il bicchiere alle labbra.
-Questo cane comincia a piacermi!- afferma ironicamente
prima di prendere un sorso- Ti prego, chiediamo a Tom se possiamo
tenerla!
-Ne abbiamo già discusso, Matt, ricordi? Ha detto
che non
possiamo adottare fan sperduti in giro per il mondo, specie se
minorenni.
La ragazzina batte ritmicamente un piedino contro il
parquet.
-Non sono una vostra fan, come devo dirtelo?- lo riprende.
-Questa è la parte migliore!- afferma Dom con uno
sguardo
complice all’amico ed additando la ragazza.
-Ma dove accidenti l’hai trovata?- indaga Matthew,
sempre
più divertito.
-Nella mia stanza.
-…e non ci hai fatto niente, vero?
-Matt, sei disgustoso.
È ancora la voce delicata ed insieme sferzante
della piccola
ad interrompere quel breve scambio di battute e la risatina sottile di
Matthew.
-Sai, sei molto simile a come ti immaginavo.- afferma quasi
trionfante.
Lui si volta a guardarla, affatto impensierito, e sorseggia
ancora il vino nel bicchiere prima di chiedere educatamente:
-E come mi immaginavi?
-Stronzo.- è la riposta lapidaria.
Ed è il turno di Dominic di ridere sotto lo
sguardo stupito
dell’altro.
-Oh, Matt, senti com’è carina!
– lo prende in giro
facendogli il verso- Possiamo tenerla?!
- …ah-ah…
-Beh, poco male, ragazzina, - prosegue, poi, il batterista,
pacato - ora sei qui, digli quello che devi dire e poi mantieni la tua
promessa.- esige.
-Che promessa? Volevi parlarmi?
-Certo che volevo parlarti!- sbuffa lei, nuovamente
infastidita.
-Sì, ma scusa…- borbotta Matt
afferrando una sedia e
girandola al contrario per sedercisi ed appoggiarsi allo schienale con
le
braccia, il bicchiere ancora tra le dita che oscilla pericolosamente
sul bordo
di legno scuro - se non sei una nostra fan e non sei qui per un
autografo…che
accidenti ci facevi nella sua stanza?
-Comincio a credere al belldom.- è la riposta
smozzicata che
lei gli concede. Si sfila la tracolla dalle spalle come fosse troppo
pesante
per continuare a sostenere la discussione con quell’onere
addosso e si scorcia
le maniche.- O.k., facciamo le cose semplici, mh?- esordisce in tono
spiccio -
Mi chiamo Whiskey, non sono una vostra fan e tu sei
mio padre.
Il silenzio piombato che li avvolge tutti e tre ha decisamente
qualcosa di familiare per Dominic, per l’esattezza il colore
troppo
trasparente, troppo limpido e troppo irridente di due occhi enormi ed
azzurri
come un cielo estivo.
-…se è uno scherzo, non fa ridere per
niente.- commenta
apatica la voce di Matthew.
***
-Eva ucciderebbe per essere al mio posto.
Matt si passa stancamente una mano sugli occhi, sospirando
da dietro le palpebre chiuse e prendendo poi fiato. “Conta
fino a trecento,
ricorda che è una ragazzina e poi rispondile”, si
ripete mentalmente. Ma fino a
trecento proprio non riesce ad arrivare.
-Chi accidenti è Eva?- domanda atono, senza
voltarsi a
guardarla e senza aprire gli occhi.
La può quasi visualizzare.
Seduta sul divano dove
l’ha piazzata Tom – quando lui e Dom si sono
ripresi a sufficienza dallo shock
per chiamarlo e farlo correre nella sua stanza
– che oscilla quelle
gambette magre avanti ed indietro nella posa composta di una brava
bimba di
città e lo guarda con quel sorrisetto malefico ed ironico
che le ha visto in
faccia nell’attimo stesso in cui ha detto di
essere…Cristo Santo!
-L’amministratrice di un forum di vostri fan su
internet.-
sta rispondendo compitamente. È diventata decisamente
più mansueta dopo avergli
calpestato con nonchalance l’esistenza.- Lei ha
un’autentica adorazione per te.
Penso che darebbe un braccio per essere qui al mio posto.
-Io non credo.- sibila lui, voltandosi di
scatto e
socchiudendole addosso uno sguardo di fuoco.
Whiskey…ammesso che sia davvero
il suo nome, incassa
con una risatina e scrolla le spalle. Se è suo padre ha il
diritto di tirarle
un ceffone?
…ma che cazzo…?! lui non
è suo padre!
-Matt, parliamone seriamente.- interviene la voce alterata
di Tom. Non lo invidia, i casini sono tutti suoi quanto a gestione. Ma
comunque
è quasi certo che l’altro non invidi lui in questo
momento. Finisce il vino in
un sorso solo e si volta.- E’…possibile?
-…che diavolo vuoi che ne sappia?!- strilla. Si
alza di
scatto dalla sedia, allontanandola bruscamente da sé e
facendosi
minacciosamente incontro alla ragazzina, tanto che Dom prova quasi
l’impulso di
afferrarlo prima che faccia qualche cazzata. Si trattiene appena in
tempo-
Quanti anni hai?- la interroga aspro.
-Quattordici.
-Quattordici, significa che dovresti averla
avuta…- fa il
conto Dom alle sue spalle.
-Nel 2000.- risponde Tom per lui.- Tua madre è
tedesca,
vero?- le chiede più gentilmente.
Whiskey li fissa con la stessa espressione che si userebbe
con delle persone molto stupide che hanno appena formulato una domanda molto
stupida.
-Non fate prima a chiedermi chi è mia madre?-
suggerisce.
-Se ce lo vuoi dire e non è un altro modo per
tirarci
scemi…- commenta Dom a mezza voce.
Lei sospira pazientemente e scuote il capino.
…quella cosa del ceffone è ancora
valida?
-Mi chiamo Whiskey Dable.- inizia lei, guardando, poi, Matt
in attesa che dica qualcosa. Lui le ricambia lo sguardo e lei sospira
ancora.-
Mia madre era Patricia Dable e lavorava all’“Old
Dubliner”.- aggiunge.
-…quindi?- domanda Tom quando il silenzio si
prolunga
troppo.
-Quindi sì, potrebbe essere mia figlia.- risponde
Matt.
Se avesse annunciato di essere lui stesso un alieno e di
essere stato mandato in avanscoperta dagli Zeta per verificare la
fattibilità
di un’invasione con tutti i crismi, Whiskey è
quasi certa che avrebbe ottenuto
una maggiore considerazione.
Dominic scoppia a ridere istericamente, rotolando sul
bracciolo che non ha mollato da quando è entrato dalla porta
e scivolando fino
a ritrovarsi semisdraiato tra divano e pavimento. Cosa che, comunque,
non lo
convince dell’opportunità di smettere di ridere,
rimettersi dritto e prendere
quella cosa con un minimo di…serietà? Tom ruota
lo sguardo, spalancato ed
incredulo, da Matt al batterista, alla ragazzina e sembra incapace di
articolare un pensiero di senso compiuto senza che
questo debba
strozzarglisi in un punto imprecisato tra l’ipotalamo e
regioni più razionali
del cervello. Matt non la molla un attimo.
Quegli occhi attenti e vigili, decisamente arrabbiati,
cominciano a metterla a disagio. Whiskey non pensava che avrebbe
provato una
simile sensazione davanti a lui, ma in realtà non aveva
nessuna idea di che
sensazione avrebbe provato. Si decide ad accettare le cose per come
vengono e
spinge giù il groppo che sente in gola, deglutendo a fatica
ma mantenendo la
stessa aria strafottente e derisoria che lui le ha ispirato da quando
lo ha
sentito parlare la prima volta.
“…parlare davvero. Non sei davanti ad
un’intervista
registrata di quelle che Eva e Bas ti costringono a vedere ogni
tanto.”
-O.k.- mormora Matt spezzando a metà quel
silenzio rotto
solo dalle risa di Dominic in sottofondo. Un sottofondo che diventa
soffocato
mentre il batterista s’impone l’obbligo di
trattenersi ed ascoltare quello che
l’amico sta per dire. Lui non si volta nemmeno.- Uscite da
qui.- ordina.
-…come?
Dominic smette definitivamente di ridere, anche se un
sorrisetto assurdo proprio non si decide ad andare via dalla sua faccia
e
Whiskey lo trova quasi simpatico.
Matt si gira verso di loro.
-Hai capito benissimo, Tom, uscite.- ribadisce –
Tu no.-
aggiunge poi allungando una mano ed un’occhiata verso di lei,
che già ha fatto
segno di voler eseguire.- Me la sbrigo io.- aggiunge rivolto al
compagno di
band ed all’amico.
-Te la sbrighi…?!- inizia il manager alzando
progressivamente il tono.
-Tom!
Whiskey ride e loro si voltano di nuovo.
-Ora capisco perché Eva dice che sei un tiranno
autoritario,
oltre che un megalomane arrogante.- afferma pacata.
Matt sorride di sbieco, per nulla divertito.
-Ed Eva è la nostra fan, eh,
quella che mi adora!-
osserva.- Ragazzina, non me frega un tubo delle tue amichette
psicopatiche!- ci
tiene a precisare.
-Neanche a me della tua opinione su di loro.- ribatte
Whiskey facendo spallucce.
Dom soffoca l’ennesima risata nella mano e Matthew
gli
lancia un’occhiataccia.
-Sai, ora che ci penso noto una certa somiglianza.- lo
deride il biondo.
-FUORI!- ringhia Matt, perentorio, additando la porta.
Tom afferra Dominic per la collottola e se lo trascina
dietro mentre procede rapidamente verso l’uscita.
-Matt, non finisce qui!- specifica intanto, trottando
incavolato fino al battente e spalancandolo di malagrazia per
scaraventare il
batterista in corridoio e voltarsi a fronteggiare l’altro.-
Questa cosa è…è…u..un
casino!- sbotta, uscendo subito dopo e chiudendo dentro
Matthew e la
ragazzina.
-Va bene.
Whiskey inarca le sopracciglia e lo guarda. Matthew posa il
bicchiere vuoto sul mobile bar e le va incontro. Recupera al volo la
sedia, la
piazza a mezzo metro dal divano, ci si accomoda a braccia conserte e
gambe
accavallate e le ricambia lo sguardo.
-Cosa vuole tua madre da me?
Di tutte le cose di questo mondo che Whiskey si sarebbe
immaginata di potergli sentir dire, quella proprio non
l’aveva presa in
considerazione.
-…mia madre?- ripete senza capire.
-Beh, non riesco ad immagine nessun altro, a parte lei
o te…ma sei troppo piccola per aver
fatto tutto da sola, che possa
guadagnarci qualcosa da questa storia.- osserva Matt tranquillamente.
Whiskey incastra le dita sulla pancia, appoggia i gomiti al
bracciolo e sui cuscini del divano e gli ricambia lo sguardo.
-Sei incredibilmente e volgarmente prosaico.- nota.
-Sono realista.- obietta Matt senza offendersi.
-Mia madre non c’entra niente.
-Magari non sa nemmeno che sei qui!- ridacchia Matt
scettico.
-Certo che lo sa. Non ho mai fatto niente senza che lei lo
sapesse.
-Che brava bambina! Quindi approva il fatto che tu ti
introduca con l’inganno nelle camere di albergo altrui? A
proposito, come hai
fatto ad entrare in quella di Dom?
-Ho raccontato alla cameriera di servizio al piano che avevo
dimenticato dentro la chiave e che papà
si sarebbe arrabbiato moltissimo
se non l’avessi recuperata.
Lui annuisce, quasi compiaciuto:
-Giusto! Per cui sei qui di tua spontanea
iniziativa…-
riprende poi, spolverandosi con il dorso della mano il risvolto dei
pantaloni e
mettendoci un mucchio di attenzione nel farlo.- …e potrei
saperne la ragione
o…?
Whiskey si stringe nelle spalle ancora una volta. Matt
intercetta la manovra osservandola di sottecchi, torna a sollevare su
di lei il
proprio sguardo e lei lo ricambia con una tranquillità
ammirevole.
-…tua madre cosa ti ha detto?- sussurra a fatica
visto che
lei resta in silenzio. Non sa da dove gli sia venuta proprio quella
domanda e
non un’altra.
Lei sorride, cattiva.
-Che sei esattamente come ti immaginavo!- esclama
allegramente.
-..stronzo.- le fa eco lui in un sospiro.
-Esatto, Matthew!
Fa strano.
Matt ci rimane di sasso. Eppure non è
così assurdo, no? Sarebbe
stato più assurdo se lei lo avesse fatto, se lo avesse
chiamato “papà”. Ma non
ha mai usato il suo nome dall’inizio della loro
conversazione. Mai. Ed ora le
viene così spontaneo mentre lui…
Cosa accidenti si aspettava lui?
***
Si sentiva ancora gasato dal concerto. Dominic, Chris e Tom
li aveva persi almeno un’ora prima, quando erano ancora dalle
parti dell’hotel
con i Bush. Anche lui sarebbe dovuto rimanere con i Bush.
“Sono i Bush!”, si era ripetuto ancora
incredulo. Ogni volta
che Gavin faceva tanto da avvicinarglisi, lui doveva farsi violenza per
non
scappare dalla parte opposta o, in alternativa, per non saltargli al
collo,
mettersi a piangere come una quindicenne ormonalmente instabile e
chiedergli di
sposarlo.
O.k., adesso la cosa la gestiva appena un po’
meglio – lui
aveva fatto i complimenti a loro, quella sera.
Poteva morire felice! –
ma a quanto pareva era il resto che non riusciva a gestire altrettanto
bene.
Tipo…l’alcool. Troppo alcool. Non era ubriaco, no,
ma era brillo. Tanto brillo.
…magari appena appena, quasi
ubriaco, ecco.
Vabbe’, comunque non era tutta colpa sua! Si era
allontanato
solo perché quella tizia carina…quella che era
nel backstage e nessuno sapeva
come ci fosse arrivata, gli aveva chiesto se voleva andare a farsi un
giro con
lei. E lui…un po’ ingenuamente, aveva creduto che
“un giro” equivalesse ad una
scopata e l’aveva seguita. Niente da fare, lei si era
dileguata da qualche
parte quando erano arrivati in quel posto e lui si era ritrovato da
solo a
bere, seduto al bancone del peggior pub irlandese
che tutta Berlino…no
no, tutta la Germania! o il mondo intero! potessero offrire.
-Ragazzino…sei sicuro di stare sulle tue gambe?
Matt si voltò verso il vocione roboante
dell’enorme oste e
gli ricambiò vacuo lo sguardo.
-…sì.- affermò. Poi ci
pensò su meglio, rimanendo dritto
come un fuso giusto per non essere smentito subito.- Credo.- corresse.
-Ed io credo che sarebbe meglio se andassi a casa.-
asserì
l’uomo con studiata lentezza.
Matt piagnucolò un “nooo!”
che avrebbe intenerito un sasso,
ma il bestione – il cui accento era inequivocabilmente
gallese, e qui si apriva
una serie interminabile di interessantissime domande, nessuna delle
quali
riusciva a superare gli strati di fumo ed alcool nella testa di Matt
– lo
ignorò a bella posta.
-L’ultimo e vado a casa!- contrattò
Matt mettendo su la
propria espressione più seria e adulta.
L’uomo rise e scosse la testa. Doveva averne visti
di
mocciosi ubriachi nella sua vita, ma evidentemente giudicò
Matt ancora in grado
di “intendere e volere” e si lasciò
convincere.
-L’ultimo.- acconsentì.- E lo offre la
casa. Dable!- gridò
all’indirizzo di qualcuno di biondo, e magro, e con delle grandi
tette
in una piccola maglietta, che si voltò
verso di loro mentre passava tre
pinte ad una delle cameriere da sopra il bancone.- Pat! Servi il
ragazzino, qui.
Lei aveva anche occhi grandissimi, castani, e capelli ricci,
corti, che le avvolgevano un visino arrossato dal calore infernale di
quel
posto e, magari, da qualche pinta di birra in più che non
arrivava oltre
il bancone.
Gli sorrise in un modo che Matt giudicò
“letale”.
-Ciao, ragazzino!- si sentì canzonare dalla voce
fresca e
melodiosa di lei.- Cosa ti porto?
-Siamo in un pub irlandese…- iniziò ad
argomentare – whiskey
irlandese.
-Giusto.
-Whiskey.- ribadì Matt puntando il dito contro il
legno del
bancone mentre lei rideva del suo tono serio e cerimonioso.- Doppio.
-Oddio! Sei sicuro di reggerlo?
-Svariati bicchieri fa, sì.- ammise Matt.- Nel
caso dovessi
svenire, avrò scoperto il mio limite.
-Allora è una sfida.- sorrise lei, facendogli
l’occhiolino e
voltandosi a scegliergli da bere.
Aveva anche un signor culo. “Buonasera, Sig. Culo,
lo sa che
quei jeans le stanno una favola?”, pensò Matt,
appoggiando il viso alla mano e
godendosi il panorama mentre lei si allungava per raggiungere una
bottiglia
particolarmente in alto. Purtroppo – almeno per la mente
annebbiata di Matt –
si girò in fretta.
-“Pat” sta per…-
s’interessò mentre lei gli versava da bere.
La sentì ridere ancora ed immaginò che
non gli avrebbe
risposto, invece lei gli posò il bicchiere davanti ed uno
sguardo divertito
addosso e Matthew si sentì sciocco,
“piccolo” e fuori luogo. Ma resistette
stoicamente.
-Patricia.
-Oh!- osservò lui.- Hai anche il nome adatto per
lavorare
qui dentro!
-E’ un luogo comune un po’ stupido.-
dichiarò lei, senza
offendersi.
-Non lo diresti se avessi tre cugini, quattro zii ed un
nonno che si chiamano Patrick nella famiglia di tua madre.
La risata che le strappò stavolta gli piacque di
più e si
portò via buona parte del suo imbarazzo. Bevve un sorso
assaporando contro il
palato e la lingua il gusto dolce e fruttato e si appoggiò
al bancone con un
sospiro soddisfatto.
-E tu? ce l’hai un nome, ragazzino?- chiese lei
con un
sorriso brillante.
Matt ridacchiò stupidamente:
-Ragazzino.- rispose.
-Uhm…e non ne hai uno migliore?
Matt scosse la testa con moltissima partecipazione e poi la
guardò con aria seria, indicandola con il bicchiere:
-Non per ora. - Vide Patricia inarcare le sopracciglia sulla
punta di una domanda che non le diede il tempo di formulare, scoppiando
a
ridere vivacemente. – Quando sarò famoso!
– esclamò con convinzione – E
varrà
la pena saperlo, il mio nome!
-Famoso?!
-Io e la mia band.
-Suoni in una band?!- sbuffò lei, mutando il tono
scettico
di poco prima in un piacevole entusiasmo.
Matt annuì, prendendo fiato ed un bel sorso in un
colpo
solo, e poi posò rumorosamente il bicchiere sul tavolo,
ricambiando lo sguardo
che lei gli rivolgeva con interesse completamente nuovo. Patricia
allungò una
mano dietro di sé ed afferrò al volo uno
sgabello, avvicinandolo al bancone e
sedendosi proprio di fronte a lui.
-Suono anche io.- spiegò- Avevo anche una band
quando
abitavo al paese con i miei. Poi l’ho mollata per trasferirmi
qui a Berlino. Tu
cosa suoni?
-Chitarra. Un po’ il piano. E canto.-
elencò asciutto
Matthew, incrociando le braccia e sorridendole. Lei era veramente
carina, notò
concentrandosi finalmente sui suoi occhi accesi e sulle labbra strette
ma
brillanti…umide.
-Suono la chitarra anche io! Ah, mi piacerebbe un sacco
sentirti!
-Beh, abbiamo fatto uno spettacolo stasera.
-Sul serio? e dove?
-Columbiahalle.
-…c’erano…i Bush,
stasera…- la sentì mormorare perplessa.
Rise di nuovo, si nascose nel bicchiere ed annuì,
imbarazzato ma anche un po’ soddisfatto. Non era ancora come
essere “famosi”,
però sembrava un…assaggio interessante.
-Aprivamo il loro concerto.- spiegò dopo.
Gli occhi di Patricia diventarono enormi, puntandoglisi
addosso con un’ansia quasi famelica, e Matt
indovinò da solo quello che lei gli
disse dopo.
-Sono una delle mie band preferite ed io ero bloccata qui!
-Sono anche una delle mie band preferite.
-…no!- sbottò dopo un secondo di
perfetto silenzio - Tu devi
raccontarmi tutto! – lo incalzò, facendolo ridere
ancora. – Com’è Gavin? Amo
quell’uomo! Ha un tale carisma e poi la loro
musica…!
Prima che Matthew potesse anche solo pensare di fermare il
fiume in piena che le parole di Patricia rischiavano di diventare, il
vocione
roboante del proprietario del locale tornò a tuonare sopra
le loro teste.
-Dable!- arringò brusco.- Ci sono dei tavoli da
servire e
delle birre da spillare! Farai salotto più tardi!
Matt intuì che il fatto che l’uomo le
si fosse rivolto in
inglese – così che non ci fossero
fraintendimenti – era chiaramente
“un’accortezza” nei suoi confronti.
Patricia si alzò sbuffando.
-Accidenti…- la sentì borbottare,
contrariata.
-Sembra un negriero.- provò ad intromettersi Matt.
Pat lo guardò e scosse il capo.
-No, però ci tiene che il lavoro venga prima di
tutto.
Senti,- aggiunse poi - sei di fretta? Se puoi aspettarmi, io stacco tra
un’ora…al massimo due…
Matthew si strinse nelle spalle.
-Ti aspetto.
L’immagine del suo sorriso mentre si voltava e
tornava a
servire rimase impressa sul fondo del bicchiere.
***
Whiskey…gli fa…specie
chiamarla così. Davvero. Ma lei
si ostina a non offrire un nome migliore a cui fare appello e lui ha
troppa
fretta e troppa poca voglia di averci a che fare per preoccuparsi di
stare al
suo gioco. E poi spera, inconsciamente, che assecondandola se ne
libererà
prima. Magari subito.
Anche se sul punto lei è stata chiara:
“sono qui per
conoscerti”, ha detto, “sono stufa di sapere che
esisti e basta”.
“Vuoi qualcosa da me?”, è
stata la risposta che ha sentito
dare alla propria voce. Velenosamente, con lo scopo preciso di
allontanarla il più
possibile.
Lei ha scosso le spalle senza farsi ferire o impensierire
dal suo tono. “Niente”.
“Esattamente come fino ad oggi”.
Lei non lo ha detto
– è quasi certo che non lo abbia neppure pensato,
non ad un livello
cosciente – ma era lì. Una frase pesante di quelle
che non passano mai
indolori. Forse dovrebbe addirittura ringraziarla della cortesia di non
averla
pronunciata – pensata – a voce
alta (a “pensieri spiegati”).
…beh, comunque sia, Whiskey, in questo momento,
ha preso
abbastanza confidenza con la sua stanza e con lui da aver deciso di
alzarsi dal
divano su cui l’aveva relegata e di cominciare a gironzolare.
Lui la segue con
la coda dell’occhio ed intanto parla al telefono. Di quello
che Kate gli sta
dicendo non sta capendo una sillaba, si limita a rispondere
mantenendosi sul
più vago possibile per non creare
“incidenti” e continua ad osservarla.
Non somiglia a Patricia. È più magra e
più spigolosa, ha le
gambe più lunghe, i capelli troppo ricci. Gli occhi non sono
quelli di
Patricia. Gli occhi…sono innegabilmente suoi. Ed
è sua anche quell’aria
strafottente, da impunita, quelle mani lunghissime e pallide, dalle
dita
talmente fragili e nervose da sembrare sul punto di rompersi.
Non è sua la bocca, quella piccola perfezione
perlacea e
piena che non ha preso neanche da lei, però, non da
Patricia, le cui labbra
erano strette e disegnate. Era come baciare…come baciare un muro,
qualcosa contro cui schiantarsi e non cui appoggiarsi per trovare
conforto. È
innegabilmente di Patricia il biondo dorato dei capelli…
…perché ci sta pensando?
-E Bingham come sta?
Lo ha chiesto senza una ragione specifica. Il silenzio
improvviso di Kate lo informa di aver appena fatto una gaffe, lei deve
avergli
sicuramente già detto come sta loro
figlio e lui, semplicemente, non la
stava ascoltando.
E Kate è tutto meno che stupida.
-Matt?- chiama lentamente, dopo un momento.- E’
tutto o.k.,
tesoro?
-…sì.- no, e non
ha bisogno di dirlo. Whiskey si è
fermata accanto alla finestra, la luce del sole entra dal balcone e la
colpisce
di traverso, facendola sembrare traslucida, trasparente. –
Kate, sono un po’
preso, mi sa che non ho molto tempo da dedicarti…
-Sì. D’accordo. – la sente
sorridere -
Fingiamo che sia così. Però domani mi dirai la
verità.- pretende senza nessuna
aggressività.
È il bello di Kate, pensa Matt, non è
aggressiva. Solo
troppo intelligente, troppo ironica – ed auto-ironica
– troppo adulta e troppo
donna.
-Buonanotte, Matthew, e buon lavoro, soprattutto.
Sarà
grandioso!- aggiunge con allegria.
Quando lo dice gli sembra sempre possibile. Si ritrova a
sorridere anche lui e preferisce salutarla così.
-Buonanotte, amore, ci sentiamo domattina.
Posa il telefono e si volta.
Lei è ancora lì. Sta proprio di fronte
al vetro, con le
braccia dietro la schiena ed i piedi nudi – gli ha chiesto
prima di togliersi
gli stivali, “ho caldo” ha detto –
qualcosa fuori ha catturato la sua
attenzione ma non sembra concentrata, solo assorta.
-Quindi?- Whiskey si volta subito, Matt si schiarisce la
voce e continua – Che facciamo?- specifica.
-Non saprei. Credevo avessi un concerto.
-Appunto.
Whiskey inclina la testa e spalanca gli occhioni, come a
ritorcergli addosso le sue stesse domande, e Matt sospira ed incrocia
nuovamente le braccia al petto. Senza volerlo si trova a chiedersi se
non lo
stia facendo per paura di toccarla.
-O.k., mi pare evidente che tu non hai idea di quello che
vuoi ed io non ho tempo per decidere cosa fare di te. Sta bene.-
conclude
sbrigativo, distogliendo lo sguardo.
Fissarla negli occhi è troppo complicato, ha uno
sguardo che
somiglia incredibilmente al suo – lo sa!
– e lo usa con la stessa
bravura, rendendosi insondabile, apparentemente innocua ed
incredibilmente difficile.
Matt ne prende atto e si volta verso il telefono
dell’albergo, si piega a comporre il numero della reception
ed aspetta. Lei lo
sente dare disposizioni per le auto, chiede che ne venga assegnata una
seconda
oltre quella che è già stata prenotata ed aspetta
in linea che gli diano
conferma. Poi mette giù e torna in camera da letto.
Whiskey lo segue e lo trova intento a tirare fuori
dall’armadio dei vestiti puliti.
-Cosa stai facendo?
-Mi preparo per andare a lavoro.
-Ed io cosa devo fare?
-Non fare danni.
Raccoglie tutto, apre la porta del bagno e la guarda dalla
soglia.
-Resta qui. Guarda la TV o chiama il servizio in camera e
fatti portare qualcosa. Non credo ci sarà il tempo di
mangiare più tardi e
preferirei che non mi svenissi a metà concerto. Non hai
l’aria di una che possa
saltare i pasti.- la istruisce ignorando volutamente
l’occhiata perplessa che,
nonostante tutto il self-control, lei si è lasciata scappare
a quel
discorsetto.- Pensi di poterlo fare?
-…mangiare?
Matt annuisce come se fosse una risposta sensata ed entra in
bagno chiudendo la porta.
-Fai davvero la doccia prima del
concerto e non
dopo?!- la sente chiedere da dietro il battente.
Se gli capiterà a tiro la sua amichetta Eva, le
farà un
discorsetto che comprenderà il gossip, il belldom ed altre
simili stronzate da
fangirl idiota, pensa aprendo l’acqua e coprendo con quella
il rumore della
televisione.
Quando arrivano nella hall Dominic sgrana gli occhi e Tom,
per poco, sviene in braccio a Chris. In compenso il bassista rimane
impassibile, segno che gli altri due han tenuto la cosa per
sé.
-Chi è quella bambina?- lo sente chiedere Matt.
Liquida la cosa con una scrollata di mani e tira dritto in
direzione delle porte scorrevoli, mentre un paio di bodyguard ben
addestrate si
addossano a lui ed a Whiskey, che lo segue talmente da vicino da
avvertire con
precisione il tocco delicato dei suoi ricci sulla pelle del braccio.
Matt lo
ignora, le getta uno sguardo obliquo per accorgersi che è
comunque spaesata e
che fissa i due omaccioni guardinga, ma lei non dice niente e lui non
ha voglia
di farsi raggiungere dalle domande di Tom o dalla preoccupazione di
Dominic.
Le auto aspettano fuori sul piazzale ed una piccola folla di
fan sta ancora presidiando l’uscita, Matt spinge Whiskey
contro una delle due
macchine dai vetri scuri molto prima che qualcuno possa scattare foto
ed indica
l’altra agli amici che lo seguono.
-E’ pazzo!- sente sbottare Tom mentre Matt
s’infila a sua
volta nell’auto, facendosi spazio sul sedile accanto alla
ragazzina.
La portiera anteriore si richiude sulla massa muscolosa di
una delle bodyguard, l’auto parte lentamente e Matt si
rilassa contro lo
schienale, sospirando e chiudendo gli occhi.
Whiskey, accanto a lui, si piega a sistemare le stringhe
degli stivaletti. Matt solleva appena le palpebre e coglie il suo
profilo
delicato, una smorfia buffa che le arriccia le labbra. Sorride.
-Vuoi sapere come ci siamo conosciuti io e tua mamma?
-Me lo ha detto lei. E comunque non mi interessa.- lei non
lo guarda neppure.
Matt controlla che il separé di vetro li isoli
all’interno
dell’abitacolo e che i due uomini che li stanno accompagnando
all’Olympiastadion non possano sentire.
-Immagino come te lo avrà raccontato.- commenta
ironico.
Whiskey lo guarda inespressiva.- Ti avrà senza dubbio detto
che ero una sciocca
rockstar disinteressata che se l’è portata a letto
e dimenticata il giorno
dopo.
-Tu come ti saresti definito, al posto suo?- Matt si morde
la lingua. Whiskey si rimette dritta contro il suo fianco,
appoggiandosi
indietro allo schienale e sfiorandolo nuovamente con i ricci morbidi.
Matthew
stringe le braccia al petto ancora un volta e la osserva.- Comunque no,
non mi
ha mai detto niente del genere.
-Uhm.
Whiskey resta in silenzio per qualche istante, sbirciando la
strada attraverso il vetro. Si sono lasciati alle spalle
l’albergo ed i fan con
una certa facilità e lei non ha avuto neppure il tempo di
vedere se tra loro
c’erano ancora Eva o Bas. Peccato. Le loro facce al vederla
assieme a Matt
Bellamy sarebbero state sicuramente impareggiabili.
-Perché mi stai portando con te?- chiede alla
fine,
colloquiale e tranquilla.
-Voglio ucciderti e far sparire il tuo cadavere in un
canale, così che tu non possa vendere la tua storia ai
giornali e rovinare il
mio matrimonio.
Whiskey lo fissa scettica ed inarca un sopracciglio. Matt
sorride apertamente stavolta, non sa perché ma sente che la
tensione –
nonostante tutto – sta scivolando via un
pezzo alla volta man mano che
se la tiene vicina e si accorge che lei…
“E’ meno
“pericolosa” di quel che pensi, Matt”,
conclude
divertito.
-Non so ancora che fare con te.- confessa più
banalmente.
-Non devi fare niente con me, così come io non
devo fare
niente con te.- ritorce lei, spiegando la cosa con lo stesso tono che
userebbe
con un bambino un po’ tonto e corredando la spiegazione con
una gestualità
vivace delle mani che lo fa sorridere.
-Va bene. Tu volevi vedere che tipo ero, no?- prova ancora.
-Comincio a credere che in realtà sia tu a voler
sapere
qualcosa da me.- sospira lei scuotendo la testa,
affatto convinta, e
tornando a voltarsi verso il finestrino in cerca di qualcosa di
più
interessante.
Arrivano allo stadio nel più completo silenzio.
Quando la
macchina viene assalita all’ingresso, tra i flash dei
fotografi e le urla dei
fan, Whiskey balza indietro sul sedile con un gesto istintivo e fissa
ad occhi
sgranati quella follia collettiva consumarsi con una ferocia esaltata
che la
sconcerta. Matthew la osserva e ridacchia, ma lei non è
intenzionata a dargli
soddisfazione e gli butta un’occhiataccia prima di recuperare
tutta la propria
compostezza, sistemandosi rigidamente contro il sedile.
L’auto riesce ancora
una volta a fendere la ressa ed approda con tranquillità
all’area più interna
dei parcheggi, dove poco dopo li segue anche la seconda berlina scura
con il
resto dei componenti dei Muse.
-TU!
Matt non sembra particolarmente intimidito, nota Whiskey
mentre vede Tom lanciarsi fuori dalla macchina prima ancora che sia del
tutto
ferma sul piazzale e venire loro incontro a passo di carica. Dom lo
segue da
presso e Chris li guarda da lontano ma, dal modo in cui la scruta, come
se
vedesse un esponente delle specie aliene di cui il suo frontman parla
spesso e
volentieri, Whiskey immagina che il tragitto in macchina sia stato
esplicativo
di chi lei sia e di cosa ci faccia
lì con Matt.
-Tom, non penso che sia utile ora come ora…- sta
provando ad
argomentare il batterista.
L’altro non si ferma e non lo ascolta neppure.
Arriva ad un
passo dal cantante e gli pianta ben saldo un indice al centro del
petto,
punzecchiandolo in modo rapido e cattivo.
-TU!- ribadisce- Avevi detto che ci pensavi tu!-
gli
ricorda.
-Lo sto facendo.- è la risposta laconica di
Matthew.
E lei pensa che avrebbe molto da dire al riguardo ma non
sembra che ce ne sia la necessità perché Tom
sbotta un “ahah!” affatto
divertito e fronteggia Matt, mani sui fianchi ed aria truce.
-Se i giornalisti scoprono questa cosa, sei fottuto, Matt!-
gli ricorda sprezzante.
-Credi davvero che non lo sappia?- domanda lui
retoricamente. E poi fa un cenno con la testa ad indicare brevemente la
bodyguard e l’autista lì vicino che li guardano
senza capire.
Tom si rabbonisce. Dominic, intanto, li raggiunge e gli posa
una mano sulla spalla, rassicurante.
-O.k., ora abbiamo un soundcheck ed un concerto che ci
aspettano.- prova a ridimensionare la cosa. Whiskey vede Chris
avvicinarsi
anche lui, circospetto, e sbuffa un sorriso che soffoca nel palmo della
mano e
che Matthew intercetta al volo, intuendone l’origine e
sorridendo anche lui di
riflesso- Ne possiamo discutere più tardi e con calma.
Whiskey…- continua Dom.
Si mordicchia l’interno di una guancia sospirando subito
dopo, quel nome
stordisce un po’ anche lui.- lei starà buona e non
farà casini. Vero?- prova a
contrattare.
-Guardate che non ho motivi per fare casini.- osserva piana
la ragazzina.- Ci sono i miei amici in mezzo al pubblico e non voglio
certo
mandare a monte un concerto che aspettano da mesi!
-Molto ragionevole.- conviene Dom annuendo con
gravità.
-Almeno ha preso il buon senso da sua madre!- commenta Tom
rassegnato.
-Chi ti fa credere che lo abbia preso da sua madre?!-
ritorce Matt indispettito.
-Principio di esclusione, Bells.- sminuisce Dominic
spingendolo poi verso l’ingresso dello stadio prima che possa
iniziare a
protestare contro il loro manager.
Tom li segue stancamente e Whiskey rimane lì ad
aspettare il
gigante barbuto che sta venendo cautamente verso di lei, studiandola
con
attenzione.
-…lo sei…davvero?- borbotta Chris
quando se la trova
davanti, stringendo gli occhi e scrutando il suo viso- Buon Dio!
– sbotta.- Sei
sul serio…?
Whiskey annuisce. Si porta un dito alle labbra per fargli
cenno di tacere e poi addita di nascosto bodyguards ed autisti con aria
da
cospiratrice.
-Oh….Sì.- conviene Chris. Si
schiarisce la voce e fa cenno
verso l’ingresso dello stadio.- Andiamo?
-Dopo di lei, Mr. Wolstenholme.
***
-Non sembra pericolosa.
Dominic da voce ai pensieri di Matthew mentre, in pausa
dalle prove, se ne sta in disparte tentando invano di affogarsi con un
unico
sorso di acqua da una bottiglietta semivuota e, contemporaneamente,
osserva
Whiskey, seduta su un amplificatore scollegato nel backstage,
scribacchiare
qualcosa su una vecchia moleskine trasandata. Annuisce distrattamente
senza
staccare gli occhi da dosso alla ragazzina e sente, più che
vedere, il proprio
migliore amico lasciarsi cadere a terra, gambe incrociate e sigaretta
già
pronta tra le labbra. L’odore di tabacco bruciato lo riscuote
abbastanza da
solleticare il suo palato, si volta ed allunga una mano.
Dominic gli passa il pacchetto e l’accendino,
dicendosi che
per una volta ha un motivo per assecondare le cattive abitudini
dell’altro.
Matt butta via la bottiglia e si accende una sigaretta.
-Che intendi fare?- gli domanda il batterista.
-Che dovrei fare? La riporto da sua madre e tanti saluti.
Il silenzio del biondo è più difficile
da accettare di
qualsiasi commento, ma Matt se lo fa bastare a forza e ricaccia
indietro il
fastidio che sente montare mentre fuma nervosamente.
Chris si sta avvicinando di nuovo a Whiskey, sembra che lei
gli piaccia – prima lo ha anche detto a Matt, voleva essere
gentile, ma non è
stata una buona idea comunque – la ragazzina solleva gli
occhi su di lui e gli
fa posto sull’amplificatore quando lui glielo chiede. Matthew
vorrebbe sapere
cosa hanno da dirsi, probabilmente lui le sta chiedendo cosa stia
facendo e
Matt si ritrova a domandarsi se non sarebbe più corretto
fosse lui ad andare lì
e provare ad intavolare una discussione con lei. Una qualunque.
-Credi che ci sia lei dietro questa storia?
-Patricia? No.- afferma tranquillamente Matt.
-Come puoi esserne così sicuro, l’hai
incontrata una volta
sola o c’era una storia tra di voi?
Matt schiocca la lingua e lo guarda come se avesse detto
un’enorme idiozia.
-Come poteva esserci una storia tra di noi, Dom?!
E’ tedesca
e vive a Berlino! Quando l’avrei frequentata, me lo spieghi?
-Quindi è stata “una botta e
via”. – conclude l’altro senza
scomporsi alla sua aggressività- Non puoi escludere che ci
sia lei dietro e che
stia…cercando un po’ di notorietà, o
soldi, o…
-Adesso?- ritorce Matt interrompendolo.- Che senso avrebbe?
Lei ha…quattordici anni, Dom, poteva portarmela quando era
una mocciosa, quando
siamo diventati famosi ed io non avevo nessuno accanto! Che senso ha
aspettare
che avessi un altro figlio e che mi sposassi per farmi sapere che ho
una figlia
naturale. Non è neanche la prima volta che veniamo a Berlino
da allora.-
osserva.
-O.k., quindi è una sua iniziativa.- conviene
lentamente
Dominic- E che cosa vuole?
Matt non risponde. Abbassa lo sguardo sulle proprie dita e
sulla sigaretta che si consuma lenta, sfrega appena uno dei calletti
che le
corde della chitarra gli hanno lasciato sulle dita. Il contatto ruvido
da
concretezza ai pensieri, riflette.
-Che c’è?- insiste Dom, afferrando al
volo il sottile
cambiamento nell’umore dell’altro che preannuncia
burrasca.
Il fatto che lui non lo guardi quando torna a sollevare gli
occhi e preferisca, invece, puntarli su Chris e Whiskey, che ridono
assieme di
qualcosa, è già indice di come le sensazioni del
batterista siano più concrete
di quanto vorrebbe.
-Magari cerca la stessa cosa che cercavo io quando sono
andato da mio padre…- mormora strozzato Matt, faticosamente.
L’altro afferra al volo. Sbuffa stizzito e getta
via il
mozzicone ancora acceso.
-Matt.- lo chiama per poterlo guardare negli occhi con
convinzione mentre dice quelle poche parole – Tu e lui siete
ben diversi, no?
Tu nemmeno lo sapevi che lei esisteva, fino a tre ore fa.
-Sì, ma è della sua prospettiva che ti
parlo…
-Mi sembra troppo intelligente per fare considerazioni
così
stupide.- lo interrompe brusco Dominic. Matt si zittisce e lo sguardo
dell’altro si fa comprensivo.- Non darti colpe che non hai,
sua madre poteva
dirti di lei e non lo ha fatto.
Matthew annuisce. Chris si è alzato e sta
salutando la
ragazzina, le da un buffetto su una guancia, lei sorride. Sembra felice.
-E poi non sai nemmeno se è vero…-
prova a dire ancora il
biondo alle sue spalle.
A quell’affermazione scoppia a ridere.
-L’hai vista?!- sbotta, trattenendosi a stento
dall’indicarla all’altro.
Dom sospira.
-O.k., sì, ti somiglia.- acconsente. Matt solleva
un
sopracciglio: “somigliare” non rende nemmeno
l’idea, Whiskey ha i suoi occhi,
il suo sguardo, le sue espressioni…- Va bene. Probabilmente
è davvero tua.
-Sa cose che non sa nessun altro a parte me e Patricia. Non
ho mai raccontato neppure a te e Chris di lei.
Il bassista sorride venendo loro incontro.
-E’ adorabile!- esclama vivacemente quando sono
ancora
troppo distanti perché possa cogliere le parole che Matt e
Dom si scambiano a
voce bassa.
-Io penso che sia davvero la figlia di Patricia. E, quindi,
penso che possa essere davvero mia figlia.
Imbraccia la chitarra rimasta immobile al suo fianco e fa
passare velocemente la tracolla sopra le spalle. Dom lo osserva in
silenzio,
Matthew non sa cosa gli passi per la testa ma probabilmente neanche il
biondo
riesce ad interpretare fino in fondo le sue emozioni in questo momento.
Neppure Matt stesso riesce ad interpretare le proprie
emozioni fino in fondo, in questo momento.
Non risponde a Chris, si volta e torna verso il microfono
lasciando che il suono assordante della chitarra riempia lo stadio
ancora vuoto
ed i suoi pensieri.
***
A Eva non lo dirà mai. Non riuscirebbe
più a reggerla se
solo sapesse quello che sta provando in questo momento. Eppure non
riesce a
smettere di sorridere e non riesce ad allentare la morsa serrata con
cui
stringe tra le mani una delle travi che formano l’impalcatura
dell’enorme
palcoscenico dei Muse.
Prova a darsi una spiegazione
“scientifica” di quello che
sta sentendo: le luci, i suoni sparati “a mille”
direttamente nelle orecchie,
le scenografie fantascientifiche…!
Tom l’ha vista osservare da lontano lo spettacolo
quando i
Muse avevano appena attaccato la terza canzone in scaletta,
l’ha spiata qualche
minuto – lei se n’è accorta –
poi si è avvicinato e le ha chiesto se le andava
di trovarsi un punto di osservazione migliore. Quando lei ha annuito,
sospettosa ed affatto convinta, l’ha portata con
sé fin lassù, appena dietro le
quinte, e l’ha affidata ad uno dei tecnici che sorvegliano
l’esibizione.
-Se hai bisogno di me, scendi e mi vieni a cercare, ok?
È stato gentile, Whiskey credeva che
l’avrebbe odiata ma non
sembra farlo. Le ha sorriso ed ha raccomandato al tipo di stare attento
che non
si possa fare male in qualche modo. Il rischio
c’è, lì dietro è un
autentico
delirio di gente che si muove in continuazione e di persone che non
fanno che
urlarsi ordini ed indicazioni l’un l’altro. Matt un
paio di volte si è affacciato
e se l’è presa con uno dei ragazzi alla consolle
di regia – è poco dietro la
postazione dove l’ha portata Tom – in una delle
pause sono usciti tutti e tre,
Matt, Dom e Chris, ma solo il bassista si è accorto di lei e
le ha sorriso.
Matthew le è sembrato completamente assente, totalmente
assorto in quello che
stava succedendo sul palco, come se la sua testa fosse rimasta
lì anche a luci
spente e chitarre silenziose. E Dom non ha fatto altro che fissarlo
preoccupato.
A lei sembra un buono show. Vorrebbe chiedere a qualcuno se
lo sia, non li conosce abbastanza nonostante i tentativi di Eva di
farglieli
ascoltare a tutti i costi, ma sembrano tutti troppo presi per fare
domande
stupide.
Quindi si gode quella sensazione che le scorre nelle vene,
lungo la schiena, irrigidendola nella postura che ha assunto,
aggrappata al
palco come ad un’ancora di salvezza. Loro continuano a non
piacerle - …crede
– ma c’è qualcosa che riesce ugualmente
a trasmetterle un brivido di piacere a tutto
il corpo. Sarà il suono della chitarra o il rimbombo sordo
della batteria. Sarà
la ritmica gutturale del basso. Sarà che semplicemente
è ferma lì dietro, ad un
passo appena da un sogno fatto di luci e suono, da
un’illusione potente che
romba amplificata da migliaia di teste e voci più sotto.
Riesce a vedere il
pubblico solo in parte, la sua posizione è troppo defilata e
sa – Martha glielo
diceva quando provava per il saggio di danza – che
“se tu non vedi la platea,
la platea non vede te”. Quindi non può muoversi da
lì ma può sentirli tutti:
gridare, saltare e pestare i piedi allo stesso ritmo, battere le mani.
Eva dice che Matt sul palco è in un altro mondo,
una
dimensione in cui si accorge di loro solo distrattamente, con la coda
dell’occhio. Prova a guardarlo e pensa che è vero.
Ogni tanto si volta, si
sforza a dire qualcosa, il più delle volte è
così rigido che è Dom a metterci
una pezza, morbido e gentile si rivolge loro incitandoli. Sorride.
Aveva
creduto che Matthew fosse una bestia da palcoscenico, ma lo
è meno di quanto
possa sembrare quando il suo pubblico corrisponde ad una platea
ristretta di
pochi intimi.
…un po’ si
somigliano in
questo.
Sbuffa. Sposta una ciocca di capelli da davanti al viso ed
aguzza lo sguardo per non lasciarsi sfuggire niente
dei movimenti
scoordinati, assorti ed istintivi cui il cantante si abbandona sul
palco.
Anche a lei non piace essere al centro
dell’attenzione di
troppe persone. Finisce per chiedersi se tutte stiano pensando
esattamente
quello che lei vuole pensino. Si chiede se sia
adeguata, se sia davvero
il posto giusto. Forse per Matt è lo stesso,
chissà. In quel caso, immagina,
sarebbe molto più facile fingere di essere soli
quassù. Mordicchia le labbra,
avvertendole spaccarsi sotto la pressione dei denti e sentendo il
sapore
pungente del sangue.
La chitarra geme sotto le dita esperte del suo proprietario,
il suono lamentevole si perde in uno sfavillio di luci più
mastodontico dei
precedenti ed accompagnato dal rombo dissonante della batteria.
Sorride, Dom
sta solo facendo casino ed è carino
vederlo tutto impegnato e
soddisfatto pestare sui piatti e sui tamburi come non ci fosse un
domani. Anche
Chris sorride come lei, si lascia scivolare in quella jam-session
improvvisata
e la chiude insieme con il batterista. Matt, invece, sfila la chitarra
come se
pesasse quintali e, stordito e stremato, si trascina giù dal
palco in un
accenno rocambolesco di corsetta. Ha il fiatone, considera Whiskey nel
ritrovarselo improvvisamente accanto, sudato ed ansante. Il suo odore
ha qualcosa
di familiare e non riesce a trovarlo fastidioso come vorrebbe,
però si fa
piccola contro il palco perché lui non la sta guardando e,
quando anche Dom e
Chris arrivano, il pensiero che riesce a formulare è solo “sono
un’intrusa”.
-Grandiosi!- li saluta Tom, piombando sulla piattaforma al
loro fianco talmente veloce che Whiskey pensa ci si sia materializzato.
Batte
una pacca poderosa sulla schiena di Matt, ancora curva mentre, mani
alle
ginocchia, tenta di respirare normalmente, poi si volta a sorridere
agli altri
due.- E’ stato grandioso!- ribadisce.
-Sì, grazie, ordinaria amministrazione.-
sminuisce Dom
esibendosi in un piccolo inchino aggraziato che le strappa una risatina.
Ed è risvegliare tutti dalla solita routine. Li
vede
voltarsi verso di lei all’unisono, Matthew di nuovo ritto, e
fissarla come se
dovessero mettere a fuoco la sua esistenza. Ma non dicono niente.
-Andiamo. C’è il party che ci aspetta.-
afferma sbrigativo
Tom, indicando l’uscita dello stadio.
Whiskey si accoda a Matthew, dietro di loro vengono Dom, Tom
e Chris più lentamente. Raggiungono una stretta passerella
che costeggia gli
spalti. È il punto più vicino alle parterre e
Whiskey ha, all’improvviso, una
visione d’insieme dello spazio ellittico ricolmo di persone
che i Muse hanno appena
fronteggiato egregiamente e stregato con la propria musica. Trattiene
il fiato
e si ferma. Non saprebbe dire quanti sono, non saprebbe neppure
immaginare
tanta gente tutta assieme. Il senso di vertigine la assale fortissimo
mentre si
affaccia più vicino possibile alla cancellata improvvisata
che li separa dai
primi gruppetti di fan e si appende alle sbarre con entrambe le mani.
A scuoterla è il suo nome urlato a squarciagola
all’improvviso.
-Whiiiskeyyy!
Sobbalza e spalanca gli occhi. A pochi metri da lei, poco
più in basso, Eva e Bas si stanno facendo spazio tra la
ressa a suon di
spintoni. Eva è la prima a raggiungerla, gridando e
saltando, e si appende come
lei alle sbarre, sfiorando le sue dita in mezzo al metallo gelido che
le
separa. Whiskey sente il sorriso enorme che le sta tirando le labbra ed
un po’ di
ansia scivola via. Stringe le dita dell’amica con tutta la
forza che ha.
-Eva!- ricambia.
Matthew si è voltato a cercarla. Lei non
può saperlo ma è Bas
ad avvisarla.
-Oh mio Dio!- strilla anche lui in
tedesco - Quello
è Matthew Bellamy! Questa pazza ce l’ha fatta, Eva!
Gli occhi dell’amica si sollevano
d’istinto, incrociano
quelli di Matt solo per un momento, perché lui è
completamente disinteressato a
loro e fissa furente Whiskey. Prima che qualcun altro dei presenti si
accorga
di ciò che sta facendo ha raggiunto la ragazzina e
l’ha tirata in piedi,
strappandola di peso dall’inferriata sotto lo sguardo
stupefatto dei due amici.
-Che accidenti stai facendo?- le grida contro.
Whiskey lo fissa spaventata. Matt sembra non accorgersene
neppure, la spinge sempre più lontano dalle sbarre oltre cui
Eva e Bas seguono
la scena ad occhi sgranati. È solo l’intervento di
Dominic e Tom, allarmati, a
riportare la cosa su un piano accettabile. Li separano con discrezione,
allontanando Matt quel tanto che basta perché la sua
presenza non risulti così
minacciosa come la faccia della ragazzina pare testimoniare.
-Cosa credi che sia?!- gli sibila contro lui, comunque. Dom
prova inutilmente a rabbonirlo, ma Matt sembra sordo anche ai suoi
richiami.-
una specie di sfilata? Un gioco?!- la incalza.
-Io…non…
-Adesso basta.- Chris interviene con pacatezza, un sorriso
rassicurante ad entrambi e poi ai due ragazzetti che continuano a
scrutarli dal
basso e che vedono un pezzetto di tutto quello che hanno sempre creduto
andare
in frantumi. Prende Matt per una spalla e lo spinge avanti.- Sei su di
giri,
Bells, andiamo a farci una doccia.
-Whiskey.- la chiama Dom mentre lei, imbambolata, fissa la
schiena curva di Matt sparire per prima oltre le porte degli spalti.
-…mh.- concede breve, scostando il viso per non
dover
ricambiare né il suo sguardo né quello dei due
amici che la chiamano ancora.
Dom le posa delicatamente una mano sulla schiena e lei pensa
che è un contatto rassicurante e si lascia condurre
docilmente oltre la stessa
porta.
***
-Lo sai che non avresti dovuto comportarti a quel modo.
Matt non risponde. Vaga per lo spogliatoio –
momentaneamente
adibito a camerino - come un leone in gabbia, fingendo di cercare qualcosa
che non esiste per il semplice fatto che non ha voglia di affrontare
Chris. Non
ora. Nemmeno se lui sta lì con la sua aria più
paterna ed il suo tono più
conciliante.
Soprattutto se lui sta lì con
aria paterna e tono
conciliante!
Hanno fatto un pessimo show. Lui non ci stava con la testa,
gli altri due hanno fatto fatica a stargli dietro perché
continuava a perdere
battute o a partire per la tangente. Lui odia fare brutti show. Odia
che Tom
finga di non accorgersene e gli faccia complimenti che non sono veri.
Odia che
Dom e Chris riescano a superare la cosa scrollando le spalle, dicendosi
che la
prossima volta andrà meglio e facendo tutto questo senza
neppure sentire
l’esigenza di dirlo ad alta voce. Non è una
questione di perfezionismo, no, è
che se le cose non vanno come devono andare lui non
riesce a staccare.
Non riesce a vivere quella cosa con lo spirito giusto, non riesce a
vivere le
sensazioni giuste.
Sa che è solo colpa sua. Whiskey non
c’entra, lei non ha
chiesto di essere messa al mondo – ma ha scelto di
piombargli nella vita
senza preavviso! – e lui dovrebbe avere la
maturità per fare i conti con
questa cosa senza lasciarsi travolgere da troppe sensazioni tutte
assieme.
Oscilla tra la rabbia e la frustrazione da troppo, ormai, e non
può
semplicemente giustificarsi dicendo che è successo troppo in
fretta e che non
ha avuto il tempo di metabolizzare. È successo comunque. E
lei non ne ha colpa.
-Matthew.
-Lo so.- concede rapido, continuando a non guardarlo ed
afferrando a casaccio dei vestiti puliti prima di puntare alle docce.
Chris non lo perde di vista.
-L’hai spaventata. Lei non ti conosce, Matt, non
sa come
interpretare certi…aspetti del tuo carattere.
-Vuoi dire la mia isteria?- ironizza ferocemente
l’altro,
aprendo completamente il rubinetto dell’acqua e lasciandola
uscire finché
diventi calda.
-Senti. Non vuole niente da te, Matthew, davvero. Ci ho
parlato. È solo…curiosa, forse. Ecco,
“curiosa” è il termine che mi viene in
mente per primo.- prova a spiegare Chris con difficoltà. Ma
di sicuro non gli
si può rimproverare di non starci provando e Matt sospira ma
accetta di
voltarsi a guardarlo, braccia incrociate, appoggiato al muretto umido
della
doccia.- Ma non ti sta chiedendo che un po’ di tempo. Ed io
credo che tu questo
glielo debba. Perché non ti costerà nulla e
farà bene ad entrambi.
-Credi che mi farà davvero bene lasciarmi
trascinare in
questo casino?!- sbotta.
-Sì.
Il tono senza esitazioni con cui lui risponde basta a
sconfiggere ogni ritrosia di Matthew. Allunga svogliatamente una mano,
bagnando
appena la punta delle dita per saggiare con disattenzione la
temperatura, e poi
scrolla le spalle.
-La riporto a casa. Ma niente mi vieta di farci due
chiacchiere
se lei ne ha voglia.
-Ti conviene scusarti.
-Sì, certo.
-E cercare di non essere scostante.
-Non sono scostante!- protesta.
-E non essere aggressivo.
-…quando mai sono aggressivo?!
-Ed evita altri attacchi isterici.
-…c’è altro, papone?
-Bah!
La risata di Matthew è abbastanza serena
perché Chris riesca
a chiudere la porta senza pensieri.
***
-O.k., allora, questo è un aftershow party, qui
ci si
diverte e non si sta con i musi lunghi a fare da mucchietto di polvere
raccolto
in un angolo della stanza!
Sbuffa un sorriso che Dom le ricambia prontamente,
accompagnando il tutto con l’offerta – rincuorante
– di un bicchiere pieno di
qualcosa di colorato che, all’assaggio, sa di succo di frutta
e di limone.
Dissetante, chiaramente nemmeno vagamente alcolico.
-Fai posto allo zio Dom.- le chiede il batterista.
Whiskey si stringe un po’ sul divanetto che ha
occupato
quando Tom l’ha portata di sotto, alla festa che è
stata organizzata nel
backstage ed a cui sono presenti tutti – ma proprio tutti
– tranne Matthew.
Dominic le siede accanto e segue il suo sguardo mentre vaga senza
interesse
sulla sala. La musica si porta via buona parte delle chiacchiere e
delle risate
di sottofondo, ma le attutisce allo stesso modo i pensieri in testa. Ed
è quasi
un bene.
-Regola n. 1 di quando si ha a che fare con Matt.- inizia
Dom senza badare al suo faccino troppo serio. Whiskey si volta a
guardarlo
nuovamente e tanto gli basta. Punta il dito in alto ed inizia a
spiegare- Mai
farsi impressionare. Vedi, lui spiazza la gente apposta. Lo fa
perché così ha
un vantaggio di partenza, non riesce a giocare senza vantaggio di
partenza. È
molto meno sicuro di sé di quanto sembra.
-Sì, lo avevo intuito.- annuisce lei, fissando il
bicchiere
e bevendo un altro sorso.
-O.k. Regola n. 2, non prendere sempre per oro colato tutto
quello che dice. Non è solo che è un bugiardo
patologico, è che aggredisce per
non essere aggredito e, di solito, non pensa mai alle conseguenze di
quello che
sta facendo.
Whiskey ridacchia e Dom le sorride di nuovo, sistemandosi
meglio sul divanetto e passandole un braccio attorno alle spalle per
stringerla
un po’.
-Regola n. 3?- chiede lei.
-…uhm. Regola n. 3, non fargli domande. Mi
spiace, ma
purtroppo, in virtù di quanto detto al punto 2, Matt non
dice mai la verità su
di sé, la devi intuire da sola.
-Ha paura di essere ferito dove fa più male.-
continua lei.
-…temo di sì.- ammette Dom a voce
bassa.
-Regola n. 4, non aspettarti nulla.- riprende Whiskey.- Se
ha paura di farsi male, non sarà disposto a mettersi in
gioco.
-No, non necessariamente.- la contraddice lui, gentilmente.
-Non ho bisogno di una bugia. Non sono venuta qui per
chiedergli qualcosa che non voglia darmi.
-Non lo sto dicendo per questo. Voglio solo spiegarti quello
che tu non avrai il tempo di imparare da sola, quindi so che tutte le
tue
eventuali pretese andranno disilluse e non sto facendo niente per
indorarti la
pillola.- osserva Dom pacato.
Whiskey annuisce. Se quel discorso le ha fatto male, non lo
da a vedere. Incassa e resiste egregiamente, a testa e schiena ben
dritte.
Dom la fissa soddisfatto ed un po’ orgoglioso.
-Senti. Non voleva aggredirti. Era nervoso per altro.- lo
giustifica.
Lei ride.
-Oddio, era un preambolo per arrivare a questo!-
puntualizza, nuovamente pungente.
Dom ride anche lui, per nulla intimorito.
-Nah.- nega.- Però ci tenevo a precisarlo. Il
resto è tutto
vero.
-O.k.- conclude lei, sbrigativa- In fondo quello che ero
venuta a fare, l’ho fatto. Gli ho parlato ed ho avuto modo di
vedere che
persona fosse. Sono a posto.
-Davvero?
-Certo. Potrei anche andarmene, adesso.- riflette a voce
alta. E fa davvero per raddrizzarsi, guardandosi attorno rapidamente
come ad
individuare le uscite. Dom la scruta in silenzio, osservando di
nascosto i suoi
occhi troppo umidi o la piega rigida della sua bocca. Sa che se la
sfiorasse
ancora la sentirebbe tremare appena, quindi non la tocca.- Magari se mi
sbrigo
becco Eva e Bas ancora fuori dallo stadio.
-Whiskey, sono certo che Matt ci resterebbe male se andassi
via senza salutarlo e senza dargli modo di scusarsi.- la trattiene lui.
La ragazzina si volta a guardarlo. Esita e Dom sa che ha
vinto – sa che lei non aspettava altro
– e le sorride.
***
Matt vide per prima cosa la chitarra. Non fu voluto ma fu
istintivo, come se all’interno della stanza
quell’oggetto, e poi
qualsiasi altro, fosse in grado di catalizzare la sua attenzione.
Sentiva
Patricia muoversi cauta in una stanza in fondo al corridoio; la cucina,
pensò,
lei gli aveva detto che avrebbe preparato del caffè e lui le
aveva risposto che
gliene sarebbe stato molto grato. Aveva la testa troppo leggera ed il
corpo
troppo pesante, non voleva addormentarsi ma la sbornia stava facendosi
sentire
più di quanto avesse voluto inizialmente.
È che inizialmente Patricia non c’era.
La chitarra, comunque, era lì. E poi
c’era anche una stanza.
Ingombra di oggetti, con un letto in disordine ricoperto di vestiti
sgualciti,
con i poster dei Nirvana e dei Bush appesi sopra quel letto e di fronte
alla
porta e con una scrivania che spariva sotto un mucchio confuso di
quaderni,
libri, trucchi e profumi. Era la stanza di una ragazza – le
mutandine di pizzo
rosa in bilico, attaccate alla maniglia dell’armadio, un
pupazzo di peluche con
un cuore gigante reduce da un S. Valentino trascorso, la foto con
l’amica del
cuore appiccicata allo specchio con il nastro adesivo –
eppure in quella
confusione indisciplinata Matt si sentì improvvisamente
“a casa”. Sorrise e si
lasciò cadere sul letto, urtando nel farlo un mucchio di cd
sparpagliati sul
materasso, la buona parte dei quali si riversò sulla
moquette in una piccola
cascata sorda. Li raccolse uno ad uno, leggendo le copertine e tentando
di
ripescare nella memoria – annebbiata – ricordi del
loro contenuto. Patricia lo
raggiunse in quel momento e l’odore del caffè gli
sembrò la cosa più buona di
sempre.
-Allora,- esordì porgendogli una delle due tazze
che reggeva
tra le mani e facendosi posto anche lei sul letto, dove si
accucciò a gambe
incrociate – come si chiama la tua band?
-Muse. – le rispose in automatico, bevendo il
primo sorso e
sentendolo scendere a scaldargli lo stomaco.
-E’ carino.- disse lei educatamente. Matt si
chiese
distratto se fosse sincera o lo stesse dicendo per convenzione sociale,
poi se
ne disinteressò subito dopo. Patricia appuntò la
tazza ad indicare la chitarra
e sorrise in quel modo che faceva bene – Avevi promesso di
farmi sentire
qualcosa!- esclamò vivacemente.
Matt scoppiò a ridere e si lasciò
cadere all’indietro sul
materasso, attento solo a non far rovesciare il caffè.
-Dammi tregua! Ricordo a stento come mi chiamo! Figuriamoci
come si suona…
-A proposito! Che ne diresti di presentarti, Mr.
“Saremo
Famosi”?!
Lui ridacchiò, socchiudendo gli occhi in un modo
che lo fece
somigliare incredibilmente ad un gatto arruffato e che le
strappò un sorriso
involontario, lo nascose nella tazza.
-Matthew.- si presentò brevemente.
-Mmmh…mi piace.- convenne lei, assaporandolo sul
palato come
fosse una caramella ed inghiottendolo con un sorso di caffè.
-Ah grazie!
-Non essere sarcastico!- lo riprese lei, allungando un
piedino nudo a dargli un buffetto sulla spalla.- Il mio voleva essere
un
complimento.
-Sì, ma è un complimento idiota.
-O.k., ci riprovo.- sospirò lei diligente.
Posò la tazza
sulle ginocchia, si mise dritta e lo squadrò un secondo con
aria critica.-
Uhm…trovo i tuoi capelli grandiosi.- concluse alla fine.
Matt si tirò su di scatto, con il risultato che
il caffè
saltò fuori dalla tazza, macchiando la sua maglietta ed il
copriletto in uguale
misura e facendo sobbalzare Patricia che lo fissò orripilata.
-Matthew!
-Davvero trovi i miei capelli grandiosi?!- chiese lui, senza
accorgersi minimamente del disastro che aveva combinato.
Lei sbuffò, cercando un pacchetto di fazzoletti
nel cassetto
del comodino e mettendosi poi a tamponare il disastro con
meticolosità; quando
arrivò alla maglietta di Matthew lui la fissò
perplesso ma non glielo impedì.
-Ovviamente no. Sembri un porcospino blu. Credi davvero che
qualcuno potrebbe trovare questa cosa accettabile?- gli
spiegò lei intanto.
-Ah sì, mi offenderei se non mi stessi
palpeggiando.
-Non ti sto palpeggiando, sto cercando di rimediare alla tua
idiozia.- ritorse lei pratica, sbuffando ancora quando vide la macchia
resistere stoicamente ed, anzi, allargarsi con indifferenza in una
chiazza
marrone sbiadito che risaltava splendidamente sul rosso intenso della
maglietta
del ragazzo.- Dille addio.- consiglio indicando la maglia e scrutandolo
da
sotto in su.
-Oh.- Matt sembrò accorgersi solo in quel momento
della
maglietta ma si strinse nelle spalle con indifferenza- Tanto era di Dom.
-Perfetto. Il copriletto invece era mio, quindi tu sei a
posto.- osservò lei, mordendosi le labbra subito dopo
perché le venne
nuovamente da ridere. Soprattutto perché Matt
annuì con tranquillità e riprese
a bere il caffè.
Patricia si mise a sedere composta e riprese anche lei la
propria tazza, rimasta ad aspettarla pazientemente sul comodino.
-Mi verrebbe da chiederti chi è il povero
“Dom”, ma non so
se voglio saperlo.
-La mia vittima sacrificale n. 1.- rispose comunque Matt.
-Spero che lui ne sia informato…
-Da anni. Ho la sua totale acquiescenza a questa cosa. Poi,
per sicurezza, mi sono trovato una vittima sacrificale n. 2,
così lui ogni
tanto può prendersi una giornata di libera uscita. Sai,
può essere stancante
come lavoro…
-Non ne dubito!- esclamò lei ridendo.- Se sei
sempre così!
-No, scherzi! Sono molto peggio. Ora mi sto contenendo.- la
rassicurò lui con molta serietà.- A)
perché sono incapace di intendere e di volere
e b) perché sto cercando di fare colpo su di te.
Patricia annuì, sforzandosi di ricambiare la sua
serietà e
finendo per fare una smorfia davvero poco elegante che fece ridacchiare
Matthew.
-Non so se posso approfittarmi di un povero ragazzo
indifeso.- confessò lei con gravità.
-Approfittati pure.- rispose lui nello stesso identico tono.
Il bussare discreto al battente della porta li distolse
entrambi da un silenzio imbarazzato e troppo carico che si dissolse nel
lieve
colpetto di tosse della nuova venuta. Matt si distrasse piuttosto
velocemente:
“la nuova venuta” era praticamente seminuda
– camicia da notte trasparente e
troppo corta e niente reggiseno – e tutt’altro che
brutta.
-Ciao, Pat.- salutò assonnata in un inglese che
gli fece
intuire che si trattava di una sua connazionale – Hai ospiti?
-Ah, sì.. Jude, lui è Matthew.
Matthew, Jude è la mia
coinquilina.
-Ciao.- ripeté lei, con uno sbadiglio,
allungandogli le dita
per una stretta fugace.- Senti, io me ne torno a letto, ché
domani ho lezione.-
annunciò a Patricia - Non fate casino.
-Ti abbiamo svegliata?- domandò Matt con un
sorriso
affascinante.
-Sì. Tu hai la voce troppo squillante.- lo
riprese lei con
indifferenza, prima di voltarsi ed uscire inseguita dalla risatina
dell’amica e
dallo sguardo ferito ed offeso di Matthew.
-Squillante?!- sbottò.
-Ssssh!- lo riprese Patricia, dito alle labbra e sorriso
nascosto tra le pieghe di quella bocca stretta ed umida.- Non
l’hai sentita?
-…sì…ma come faccio a
suonarti qualcosa se non possiamo fare
rumore?- osservò contrariato.
Lei fece spallucce.
-Volevi davvero suonare qualcosa?
-…beh…potevo volerlo, sì.
Suonare mi piace.
Patricia rise appena, scuotendo la testa e mettendo via la
tazza quasi vuota sul comodino. Si stese accanto a lui e Matt la
osservò per un
attimo e poi decise di fare altrettanto, pancia all’aria e
caffè nuovamente in
bilico sullo stomaco. Aveva sonno e non voleva assolutamente dormire.
Avvertì
il calore di lei contro la spalla e questo lo rilassò.
-“Suonare mi piace” è una
bella espressione.
-Tu, perché hai smesso?- chiese posando la tazza
sul
pavimento.
-Te l’ho detto, non ho più una band da
quando ho lasciato il
villaggio dei miei. Non ho nemmeno il tempo per inseguire i sogni di
quando
sono partita. Tra lo studio ed il lavoro, mi resta appena il tempo per
vivere!
-E non ti manca?
-Forse non era così importante. Può
capitare. Per la maggior
parte della gente non è così importante.
-Già.
In silenzio studiarono entrambi il rincorrersi delle ombre
sul soffitto. Le auto passavano in strada – una ogni tanto,
era troppo tardi,
ed il giorno ancora troppo lontano – non c’erano
“cattivi pensieri” a far loro
compagnia, solo il senso vago di essersi già incontrati in
qualche altra vita o
qualche altro posto dove potevano aver condiviso una camera, fatta
dello stesso
disordine, degli stessi poster e degli stessi cd. Ah sì, e
con una chitarra.
Era una cosa abbastanza distante e soffusa da non essere ingombrante,
però,
insieme, era una sensazione che li faceva sentire meno estranei.
Così come
quelle battute vivaci, come il ridere senza inibizioni o
l’ammettere, tra le
righe, i propri desideri.
-Com’è Gavin?
-Mi prendi in giro se ti confesso una cosa?- La risatina
soffusa che lei gli concesse fu una risposta sufficiente. Matt
continuò con un
sorriso nel tono- Ci ho parlato pochissimo!- la sentì ridere
con più
convinzione, dritto contro il suo orecchio ed agitandosi anche un
po’ - Mi
vergogno da matti anche solo a rivolgergli il saluto e sono la persona
più
goffa ed impacciata del mondo quando me lo trovo attorno!
-Tu?!- sbottò lei incredula, battendogli una mano
sul
fianco.
-Ehi! non farti strane idee, ora sono ubriaco!
-Dio! sei incredibile!- la sentì ridere,
premendosi la bocca
con la manica del maglione per non fare troppo rumore. Si
voltò a cercare il
suo sguardo e lo trovò ad aspettarlo.- Ma dove ti ho pescato?
-In un pub irlandese a Berlino.- rispose lui con calma.
Fu lei a baciarlo per prima.
Dopo aver annuito con solennità ed essersi presa
il tempo di
pensare che aveva gli occhi più belli che avesse mai visto.
***
Whiskey siede di nuovo su una delle casse da amplificazione
che i tecnici hanno scollegato e smontato dal palco. Ha un bicchiere in
mano –
“Dio in cui fingo di non credere dal
lunedì al venerdì, fai che non sia
niente di alcolico” – e ride. Un ragazzo,
che Matt riconosce come
l’assistente alla regia che ha rimbrottato aspramente durante
lo show, le
parla. O meglio, tenta con ogni mezzo a propria disposizione di fare
colpo su
di lei e passa la metà del proprio tempo a riempirla di
complimenti che sanno
di artificioso, falso e studiato perfino a quella distanza. Inoltre,
lui ha
dieci anni più di lei. Incidenter tantum.
-Alex!- saluta Matthew, piombando come un falco sul ragazzo
e ghermendolo, allo stesso modo, con un braccio molto prima che quello
possa
realizzare e cercare di svicolare via – Vedo che socializzi,
eh?!
-Ciao, Matthew.- ricambia per prima Whiskey, sopprimendo sul
nascere un sorrisetto soddisfatto che le rimane all’angolo
della bocca e che fa
lampeggiare d’astio gli occhi dell’altro.
Alex, in compenso, si sente molto fuori luogo e non sa bene
nemmeno perché:
-Ciao, Matt…- borbotta perplesso. Poi guarda la
ragazza e
nuovamente il cantante.- Senti, non è che…- prova
ad ipotizzare, indicando
prima lei e poi lui.
-No!- lo previene Matt con un sorriso bonario- Ma se sapessi
la sua età, sono certo che ti ricorderesti di un impegno
improvviso.
-…dovrei farlo? - Matthew annuisce con
partecipazione. Alex
soppesa con lo sguardo Whiskey, che ruota gli occhi da lui a Matt e
sembra
piuttosto infastidita, e deve concludere che, effettivamente, magari ha
fatto
male i conti- …oh.- sbotta.-
…oh…sì…credo che Greg mi
stesse cercando, in
effetti.
-Appunto.- concorda Matt, battendogli rassicurante una mano
sulla schiena ed annuendo ancora.
-Beh…ci vediamo…piccola.- mormora il
ragazzo, un sorriso
impacciato a Whiskey ed una veloce fuga in direzione del resto della
festa.
Matthew fronteggia tranquillamente l’occhiata
sbigottita di
Whiskey.
-Non posso credere che il tuo istinto paterno si esprima
solo in modalità “padre
geloso-possessivo-iperprotettivo”, Matthew.- osserva
piatta.
-Infatti, non è così. Non è
alcolica quella roba, vero?-
afferma subito dopo, indicando il bicchiere.
-Ah, non saprei. Me l’ha data il tuo batterista.-
risponde
lei candidamente, sbattendo gli occhioni e sorseggiando il drink.
-…s-ssì!- conclude Matt con un
colpetto di tosse, si gratta
la fronte e sospira- Che non è la persona più
affidabile di questo mondo, ma
non mi sembri brilla ed io ho già abbastanza problemi per
stanotte.
-Giusto. Affrontiamo una catastrofe alla volta.- concorda
Whiskey.
Matt si ritrova a sorridere nonostante tutto.
-Non la butterei così sul tragico.- mormora.
Le fa cenno con la mano, invitandola a seguirlo e lei lo fa
prontamente.
-Dove stiamo andando?
-Ti riporto da tua madre. Che altro?
-Oh, è gentile da parte tua. Pensavo avessi di
meglio da
fare.
Matthew le scocca un’occhiata di sbieco ma non
ribatte e la
sua espressione è abbastanza indecifrabile perché
lei scrolli le spalle e se ne
disinteressi.
-Tom, prestami la macchina che hai noleggiato.- ordina
Matthew quando incrociano il manager vicino l’uscita della
saletta.
Lui lo fissa perplesso, poi vede Whiskey e mette mano alla
tasca dei jeans, intuendo quello che l’altro sta facendo.
-Ehi, piccola.- la chiama prima che lei e Matthew escano, le
fa l’occhiolino quando lei si volta e sorride, accennando un
“colpo di pistola”
con le dita.- E’ stato un piacere conoscerti!
Whiskey inarca le sopracciglia in un modo che ricorda
tragicamente Matt ma commenta solo quando sono già nel
corridoio.
-E’ ubriaco!
-Ne dubitavi? Sono le due di notte, era ubriaco due ore fa.
Il buio freddo di Berlino è quasi piacevole
quando escono
sulla piazzola di sosta. Un paio di tizi della security stanno ancora
aspettando che gli ultimi irriducibili si tolgano di mezzo e Matt evita
accuratamente di esporsi troppo a sguardi indiscreti nel raggiungere
una spyder
scura parcheggiata in un angolo. Whiskey è veloce ad
infilarsi al proprio posto
e ad allacciare la cintura senza fiatare e lui la guarda di sottecchi e
si
chiede cosa stia pensando.
Quando escono dallo stadio guidando piano e con attenzione,
la vede cercare freneticamente qualcuno lungo i marciapiedi
semideserti, non ha
difficoltà ad intuire che sta semplicemente aspettando di
vedere comparire i
suoi amici.
-Mi spiace per prima.- si scusa a quel punto.
Whiskey ne prende atto annuendo ma non si volta.
-Immagino di aver perso due fan.- ridacchia Matt.
-No, Eva non ha un’opinione particolarmente alta
di te.
Avrai spezzato il cuore a Bas, al più.
-…è gay?
Lei si volta e lo guarda.
-No, ma per te potrebbe diventarlo.
Matthew scoppia a ridere e scuote la testa, divertito.
-Che cos’è, una specie di fidanzato?
-Hai ripreso la modalità “padre geloso
ecc ecc”?
-No.- risponde con calma, attento alla strada. Si ferma ad
un semaforo rosso e ne approfitta per voltarsi verso di lei.- O.k. Ci
riproviamo?
-…a fare cosa?- chiede sospettosa.
-Ricominciamo dall’inizio? Io sono Matthew.
-…ed io sono sempre Whiskey e sono sempre tua
figlia, anche
se questa cosa ti manda nel pallone.
-Sì, ma se non stai al gioco, rendi tutto
estremamente
complicato.
-Non mi piace giocare quando non conosco le regole!
-O.k.!- sospira Matt, pazientemente.- Ti ho chiesto scusa
per come mi sono comportato e sto tentando di intavolare con te una
discussione
piacevole e pacata, è così strano? Devo spiegarti
qualcos’altro? Devi per forza
pensare che ci sia un secondo fine?!
Lei scuote lentamente la testa e Matt decide di farselo
bastare
ed ingrana la marcia ripartendo.
-Non è un fidanzato.- la sente dire dopo qualche
minuto.-
Però ha una…specie di cotta per me, quello
sì.
-Oh. E a te piace?
-No. Bas è un cretino.- lo liquida lapidaria.
Matt sgrana
gli occhi a tanta franchezza e si volta a cercarla con lo sguardo,
così che
Whiskey si sente in dovere di circostanziare.- Cioè!
è quel tipo di ragazzo che
non ha spina dorsale! Fa tutto quello che gli chiedo!
Tipo…questa cosa, no?! –
comincia infervorandosi man mano ed agitandosi incredibilmente mentre
spiega -
questa cosa che dovevo venire a cercarti, mh?! Lui non
l’approvava mica, sai! Ma
io gli ho chiesto di aiutarmi e lui, anche se non era
d’accordo, lo ha fatto!
Non ha senso!
-Non ti piacciono i ragazzi accondiscendenti, va bene.-
realizza
Matt.
-No!- concorda lei con vivacità.- Che accidenti
me ne faccio
di uno che mi dice sempre sì!
-Beh, ti fai offrire il cinema, la cena, la
discoteca…-
comincia ad elencare Matthew con praticità.
-Sei veramente un opportunista!- osserva lei scandalizzata.
-O.k., o.k., mi rimangio tutto. Niente Bas nella lista dei
futuri ex-fidanzati.
-Appunto!- sbotta Whiskey incrociando le braccia, offesa.
-Va bene. E ad Eva io non piaccio.- riprova.
-Chi lo ha mai detto?!
-…tu…prima…Hai detto che
non ha di me un’alta
considerazione.
-Tu ce l’avresti a conoscerti?
-Whiskey!
-E’ una domanda legittima, sei abbastanza
intelligente da
saper fare dei “distinguo”.
-Sono anche molto soddisfatto che tu sappia
cos’è un
“distinguo”, ma gradirei immensamente se tu
avessi un’opinione migliore di
me!
-E perché dovrei? Sulla fiducia?! Non so manco
chi accidenti
sei!
-Stiamo ricominciando come prima!- sbuffa Matt spazientito.
-Sei tu che lo hai messo in mezzo!
-Questo non è vero!
-Oooh!
-Va bene!- ringhia Matt per l’ennesima volta- Time
out!
In silenzio raggiungono il successivo semaforo rosso. Matt
la vede fissare nuovamente fuori dal finestrino, chiusa in un silenzio
astioso
che le fa brillare gli occhi di una luce violenta. Vorrebbe che non
succedesse,
la trova bellissima anche così…
…la trova bellissima. Avrebbe
voglia di dirglielo, di
scostarle da davanti il viso quel ricciolo che le scende dispettoso
lungo la
fronte e le ricade sul naso e sulla bocca. Vorrebbe che lei glielo
lasciasse
fare, che si lasciasse abbracciare. Sarebbe già tanto
riuscire ad avvicinarsi
un po’.
La tenerezza che prova lo fa sorridere e pensa che, in
fondo, non ha neanche un motivo per essere arrabbiato con lei.
-Hai fame?
-Ho mangiato in hotel.
-…un mucchio di tempo fa.- le ricorda.- Se hai
fame, lo puoi
dire.
La vede esitare e voltarsi lentamente a cercarlo con gli
occhi, indecisa, scrutando attenta la sua espressione per capire come
debba
comportarsi. Si mordicchia le labbra poi annuisce.
-Un po’ di fame, ce l’ho.- ammette a
disagio.
-O.k., scegli tu: cibo vero o schifezze?
Whiskey sorride senza volerlo ed a Matt basta, per ora.
-Schifezze?
-Schifezze! Dove?
-Conosco un posto dove fanno dei waffel buonissimi!- esclama
lei, battendo le mani entusiasta.
-Bene. Indica tu.- la invita Matt ripartendo.
-Alla prossima a sinistra.
***
-Vedo che sul cibo almeno andiamo d’accordo.-
ridacchia Matt
mentre entrambi, dita sporche di cioccolato, seduti in un
caffè, finiscono di
sbrindellare il terzo waffel della serata.
Whiskey ricambia con una risatina soddisfatta e si lecca i
polpastrelli.
-Amo la Nutella!
-Ah sì!- ribatte lui, annuendo.
-Eva dice che hai vissuto in Italia. La Nutella la fanno
lì,
no?
Matt mugugna un assenso a bocca piena e Whiskey ride ancora.
-E com’è?
-La Nutella o l’Italia?
-La Nutella la sto mangiando, Matthew!- osserva Whiskey,
divertita.
-Beh, l’Italia è fantastica.- risponde,
stringendosi nelle
spalle.
-Ci sei stato parecchio, mi diceva lei.
-Sì, come ci può stare parecchio uno
che è sempre in giro
per lavoro. In tutto ci sarò stato cinque anni, sparpagliati
su un arco
temporale pari al doppio. Avevo una casa su un lago, piena di insetti
ma dove
nessuno mi disturbava mai.
-Sembra una cosa figa.
-Aspetta. La casa, gli insetti o la privacy?
-Ci rinuncio.- Lui ride e lei sorride di rimando.-Lo stai
facendo apposta?!- sbuffa fingendosi offesa.
-Un po’. Finiamo la cioccolata ed andiamo?
Whiskey si mordicchia il labbro, scostando lo sguardo per
appuntarlo distrattamente sulla tazza in cui un fondo di cioccolato
fuso si è
condensato appena, limaccioso e poco invitante.
-Era la tua idea fin dall’inizio, vero?
Matt non capisce di cosa stia parlando ed aspetta
pazientemente che lei torni a guardarlo e gli sorrida, impacciata ed un
po’
goffa.
-Non mi hai chiesto dove abito.- gli fa notare.
-…vero.- soffia Matthew, sorridendo appena.- Hai
fretta?
Lei si stringe nelle spalle.
-Se ti prendi anche la cazziata al posto mio…
Matt ride.
-O.k. – la rassicura - Andiamo, dai.
Fuori la città è quasi completamente
silenziosa. Whiskey
getta un’occhiata veloce al display luminoso del suo
cellulare e vede brillare
l’orario – quasi le tre di notte!
– e nessuna chiamata. In realtà sapeva
che sarebbe andata così, Eva e Bas avranno telefonato a sua
madre
rassicurandola che tutto era a posto appena usciti dallo stadio, le
avranno
detto che lei era con…
Il pensiero muore in un sussulto improvviso. Si volta a
guardare Matt, che sembra distratto mentre camminano lentamente lungo
il
marciapiede, costeggiando un piccolo giardino pubblico fatto di
semplicissime
aiuole che si aprono direttamente sulla strada. Infila il telefono
nella tasca
della felpa che ha indossato prima di uscire dal locale, adesso fa
freddo e lei
sente brividi sottili lambirle le gambe completamente scoperte, avrebbe
dovuto
vestirsi con più accortezza.
-Quello che mi da fastidio quando facciamo un concerto
all’estero è che non c’è mai
il tempo di vedere davvero qualcosa.- la raggiunge
la voce di Matthew all’improvviso.
Whiskey annuisce senza nemmeno capire fino in fondo di cosa
lui le stia parlando. Fissa il terreno, su cui i suoi stivaletti dalla
suola
morbida non producono nessun rumore, e gli cammina di fianco in
silenzio.
-A Berlino ci saremo stati…un numero incredibile
di volte!-
sbuffa ancora lui.- Ma mi credi se ti dico che a parte gli alberghi, le
location dei concerti e qualche locale notturno non ho visto quasi
niente?!
-Avete delle giornate piuttosto piene.- osserva lei pensando
a quell’unico pomeriggio passato in compagnia dei Muse.
-Sarà anche che arriva un momento in cui sei in
ritardo su
tutto.- riflette Matt a voce alta- Perfino sulla tua vita.
-E’ per questo non che non hai mai cercato mia
madre?- si
ritrova a domandare d’impulso. Nella sua testa la voce di Dom
ripete
pazientemente la “regola n. 3 delle iterazioni con Matthew
Bellamy.
Lui si ferma. Di lato, lungo il bordo dell’aiuola,
ci sono
un paio di panchine dal legno scrostato. Si dirige da quella parte,
siede sulla
più vicina e la guarda. Whiskey prende fiato solo un
momento, poi lo segue e si
arrampica sulla panchina, sedendosi direttamente sullo schienale e
sporgendo le
gambe in avanti.
-Come credi che vadano certe cose?- le chiede lui.
Si stringe nelle spalle, ostentando indifferenza e
fingendosi più adulta di quanto non sia. Matthew realizza
tutto d’un colpo che
ha quattordici anni ed è cresciuta senza un padre, figlia di
una notte che si è
consumata nello spazio di un’ora o poco più: non
pensa proprio che lei voglia
anche solo chiedersi come vanno certe cose.
-Ti porti a casa una groupie, te la scopi e
l’indomani te ne
scordi.- elenca asciutta.
-Tua madre non è mai stata una groupie.- la
riprende lui,
quasi offeso.
-Sì, lo so. Mi ha detto che vi siete incontrati
al pub.
-Ti ha detto altro?
-Perché me lo chiedi in continuazione?!- sbotta
lei,
infastidita. Arriccia il naso e gli rivolge contro uno sguardo astioso
che lui
fronteggia senza scomporsi.- Ti interessa saperlo perché hai
paura della sua o
della mia opinione?
-Mi interessa saperlo per non dire qualcosa che potrebbe
distruggere ciò che tua madre ha fatto o detto per te.-
risponde Matt con molta
– “troppa”, pensa
Whiskey affannosamente – sincerità.- Ma non sei
obbligata a dirmelo. Ed io non sono obbligato a risponderti.
-Sta bene!- ritorce in un ringhio basso.- Cambiamo
argomento!
Si lascia cadere a sedere accanto a lui, scivolando lungo il
bordo dello schienale – con il risultato che la gonna troppo
corta le si
arrampica sulle gambe – e sistemandosi lì con un
breve saltello scomposto.
Rimessi in ordine i vestiti, Matthew la vede armeggiare in silenzio con
la
propria borsa per tirarne fuori il taccuino ed una penna blu, ritrova
il segno
e prende a scrivere con una grafia sottile e disordinata, occupando per
intero
il foglio con parole minute che lui non può decifrare.
-E’ il tuo diario?- prova a sondare con
discrezione.
-No.- ribatte lei, senza alzare lo sguardo dal proprio
lavoro- E’ una sorta di…relazione scientifica.
-…prego?
Whiskey lo guarda, inespressiva, e si spiega.
-Annoto i risultati di questo incontro, così da
poterli
rileggere a mente fredda e trarne le giuste considerazioni.- Detto
ciò riprende
con indifferenza dal punto da cui lui l’ha interrotta.
Matt fa fatica a non mettersi a gridare.
Nell’esatto istante
in cui lei termina di riferirgli il contenuto del taccuino, il suo
desiderio è
strapparglielo di mano, costringerla a tradurgli tutto quello che ha
scritto
sillaba per sillaba e poi bruciarlo. Qualunque sia il suo contenuto.
Anche se
fosse lusinghiero.
E stai certo che non lo sarà…
Si trattiene a forza. Respirando piano e scrutando il
profilo concentrato di Whiskey per tentare di mettere a fuoco qualcosa
di
diverso dal dolore sordo che sente alla bocca dello stomaco e che
pareva
essersi attenuato mentre erano seduti assieme nel caffè.
“Evidentemente, non era fame, Matt”,
considera ironicamente.
Un sorriso cattivo ed amaro gli tira le labbra e decide che la
lascerà fare a
modo suo. Si chiude nello stesso mutismo immobile della ragazzina e
rimane a
fissarsi le dita mentre lei, progressivamente, prende coscienza di
questo
atteggiamento e si volta a cercarlo di sottecchi.
Matt la vede chiudere il quaderno con circospezione e quando
si gira a vedere la sua espressione la scopre vergognosa ed
imbarazzata. Ne
prende atto, segnandosi mentalmente un punto a favore e sperando che
stavolta
sia lei a voler riprendere la discussione. Anche perché non
sa davvero più come
fare per avvicinarsi senza scontrarsi con il muro di spine che lei si
erige
attorno.
Whiskey fa scivolare il taccuino nella borsa e poi lascia
cadere la penna tra le pieghe di un marasma indistinto di oggetti fra
cui Matt
nota l’iPod, il telefonino ed una maglietta scura, a maniche
lunghe,
probabilmente portata come ricambio.
-…la mamma non parla mai male di te.- soffia
piano Whiskey.
-Sul serio?- la incoraggia allo stesso modo. Non riesce ad
essere arrabbiato ed è contento che il suo orgoglio, una
volta tanto, se ne
stia buono e non gli faccia assumere toni stupidi ed arroganti che
rovinerebbero di nuovo tutto.
-No. Non si arrabbia con me se lo faccio, ma lei non mi ha
mai detto niente di male su di te. E mi ha raccontato tutto
dall’inizio. Quando
le ho chiesto chi fosse mio padre, perché non fosse
Gunther, lei mi ha
raccontato tutta la storia dall’inizio.
-Tua madre pensa che certe cose si facciano in due.-
conclude Matt con un sorriso sghembo.
-Sì.
-E tu sei una ragazzina troppo intelligente per credere che
te lo abbia detto solo per difendermi.
-…
-Però sei arrabbiata lo stesso.
-…non giocare a fare lo psicanalista da due
soldi, Matthew.
Il fatto che lei lo dica più con rassegnazione
che con
ironia lo fa sorridere di nuovo e gli strappa anche una risatina, che
Whiskey
ricambia appena.
-Se non è per questo, perché sei
venuta a cercarmi?
-Non puoi credere che fossi solo curiosa?
-Non lo so. Mi riesce difficile. Io ero arrabbiato quando
sono andato a cercare mio padre.
Whiskey ride più apertamente adesso, ma senza
cattiveria, e per
Matt non è un problema accettarlo.
-Non siamo tutti uguali! E tu avevi un motivo per odiarlo,
no?
-La tua amica Eva è una fangirl.- osserva
Matthew,
immaginando la fonte di quelle considerazioni.
-Oh sì! non sai quanto!
-Non voglio neanche saperlo!- rabbrividisce Matt, provocando
una risata più serena e tranquilla da parte della ragazzina.
Si appoggia
all’indietro contro lo schienale e sorride, puntando il dito
verso la borsa.-
Fammi vedere un po’ che c’è in
quell’iPod.- ordina appena.
Whiskey scuote la testa, facendo finta di spazientirsi, ma
infila la mano nella tracolla e tira fuori lettore e cuffie,
porgendogli,
tuttavia, solo uno degli auricolari.
-Ehi!
-Ahah! Non mollo il mio P-Chan a nessuno!- lo redarguisce
lei, puntando un ditino ammonitorio prima di schiacciare
l’altro auricolare
nell’orecchio ed iniziare a scartabellare tra le cartelle.
Matt si affaccia sulla sua spalla, sbirciando le opzioni che
lei scarta rapida, e si lascia sfuggire una smorfia contrariata.
-Dio! non dirmi che ascolti davvero i
Green Day!
-Certo che sei un bell’impiccione!- sbuffa
Whiskey,
schiacciando a dispetto e facendo partire a tutto volume
“Minority”.
Matt allontana d’istinto l’auricolare
dall’orecchio e la
fissa bieco e dolorante:
-C’è anche della musica vera su
quell’affare?!
Lei non lo ascolta affatto, comincia invece a cantare a
squarciagola, disinteressandosi completamente di lui e
dell’iPod, che Matt non
si fa scappare l’occasione di afferrare e toglierle di mano,
iniziando a rovistare
furiosamente per eliminare quella roba.
-FERMO!!!- lo riprende Whiskey, buttandoglisi addosso.
Matthew riesce ad evitarla un paio di volte, ma lei gli si
arrampica sulle braccia fino a raggiungere nuovamente il lettore, che
si
contendono duramente.
-Non ascolterò del punk!- afferma lui cedendole
nuovamente
l’iPod.
-Benissimo! Ti metto i Placebo!- commenta Whiskey ironica.
-…Cristo! – soffia
Matt d’un fiato - Ti prego! dimmi
che non ti piace quella checca di Molko!
-E’ l’uomo più bello che
abbia mai visto!- afferma
orgogliosamente lei.
Matt la fissa in silenzio, sbigottito, e poi sbotta senza
pensarci:
-Sei lesbica! Tua madre lo sa?!
Whiskey gli tira un pugno.
-E tu sei un cretino! La tua band lo sa?- scimmiotta offesa.
-Ma cavoli! dici che non ti piace la nostra musica ed
ascolti quella roba! Sei troppo…troppo,
per farlo davvero!
-Ma tu giudichi sempre la gente dalla musica che ascolta?
-Sì! Ed il 99% delle volte ci azzecco.
Whiskey sospira stancamente e Matthew ha quasi la sensazione
che lei lo fissi come fisserebbe un bambino piccolo – sconsolatamente
–
poi la vede premere nuovamente sull’iPod e sente le
famigliari note di “Stairway
to Heaven” riempire l’auricolare che ha accostato
all’orecchio.
-Meglio?- gli domanda ironicamente.
-Direi.- si rilassa Matt. Quando prova di nuovo a prendere
il lettore, lei glielo lascia fare e lui sfoglia attento la libreria
musicale.
-Sei un arrogante, saccente e poco rispettoso del prossimo.-
la sente dire. Quasi dispiaciuta.
Lui non ribatte. È tutto vero e non ha voglia di
ammetterlo,
ma nemmeno di negarle quelle verità (poche) che si
potrà permettere di scoprire
stanotte. Scorre i nomi dei “The Clash”, dei
“Nirvana” e dei “Blur” e
sorride.
-Sono tutti gruppi un po’ datati per una
quattordicenne.-
nota pacatamente.
-E’ mamma che mi ha fatto scoprire la musica, per
lo più.
-Spero non i Green Day o i Placebo!- esclama Matt ridendo.
-No, quelli me li ha fatti sentire una mia compagna di
scuola.
-Oh…e questi chi sono?
-Gruppi tedeschi, non puoi conoscerli.
Matt si volta e le restituisce l’iPod, che Whiskey
intasca
nella felpa prima di spingersi anche lei contro lo schienale della
panchina,
reclinando la testa all’indietro verso il cielo buio.
Matthew la imita in silenzio, le note languide della
chitarra
di Page in sottofondo.
-E’ una versione live.- riconosce.
-Sì. Non si sente troppo bene, mi sa.
-E’ perfetta.
-A me piace.
-Piace anche a me.
-…come la Nutella.- sorride Whiskey in uno sbuffo.
-Pensa, adesso abbiamo i waffel, la Nutella ed i Led
Zeppelin
che ci accomunano. Facciamo progressi!
Whiskey ridacchia contro la sua spalla. Matthew si accorge
che è vicinissima, il suo calore gli sfiora il braccio ed i
suoi riccioli gli
fanno il solletico sulla guancia. Di sbieco riesce a vederla mentre
socchiude
appena gli occhi, assonnata, sbadiglia e si stringe nella felpa,
calcando le
mani dentro le tasche sformate.
-Vuoi andare a casa?- le chiede.
-No.
Matthew annuisce.
-Vuoi dormire?- prova allora.
-…un po’. Magari.- borbotta lei,
già intontita, chiudendo lentamente
gli occhi.
Matt sorride, si solleva appena per sfilare via la giacca
dalle spalle e gliela appoggia addosso con delicatezza, coprendo
entrambi
mentre torna a sistemarsi di fianco a lei. Quasi timidamente allunga un
braccio, facendoglielo passare attorno alle spalle, e la sente
irrigidirsi
appena, socchiudere di nuovo lo sguardo e metterlo a fuoco. Ma poi
Whiskey si
rilassa piano, gli si accuccia contro rannicchiando le gambe al riparo
della
giacca e schiaccia il viso contro il suo petto.
-Sei morbida…- pensa Matt a voce alta,
accarezzandole un
braccio da sopra la felpa.
A rispondergli è solo il sospiro quieto della
ragazzina, che
si trasforma presto in un respiro regolare e profondo.
Matt vede la borsa, socchiusa e pericolosamente vicina al
bordo della panchina, la raccoglie per tirarsela in grembo e non lo fa
apposta
quando il taccuino gli scivola in mano quasi da solo. Lo sfoglia,
è interamente
redatto in tedesco salvo qualche breve appunto in inglese che Matthew
riconosce
subito: titoli di loro canzoni. Lo chiude nuovamente per aprirlo sulla
prima
pagina, legge il nome e l’indirizzo di casa scritti in
maiuscolo, ordinatamente.
…Hannerose.
Ridacchia. Chissà…
“Whiskey” le sta meglio, forse.
Sospira anche lui, mettendo via il quaderno e chiudendo
attentamente la borsa. Chiude gli occhi e sente sulla guancia il
pizzicare
delicato dei capelli di lei.
***
Ferma la macchina davanti al vialetto di ingresso di una
casetta di periferia, una di quelle che ricordano un po’ le
periferie inglesi -
…o irlandesi, e non sa perché ci stia pensando ma
sorride – con un muretto
basso, un giardino piccolo e curato, con le siepi di erbe aromatiche
lungo
tutto un lato e perfino un accenno di porticato sotto cui sonnecchia un
grosso
cane dal pelo ispido e l’aria sciocca. Probabilmente dormono
ancora, riflette.
Whiskey, comunque, non pare farsene un problema mentre indossa a
tracolla il
tascapane e spinge sulla sicura per aprire la portiera. Così
spegne il motore e
inforca gli occhiali scuri contro un sole, sorgente, che si preannuncia
troppo
forte per i suoi occhi stanchi.
Whiskey è già in cima alla breve rampa
di tre gradini quando
lei appare sulla soglia. Porta una felpa sformata e di un blu sbiadito
ed i
suoi fianchi sono larghi nei jeans a zampa. Da quella distanza Matt non
può
vederne il viso, gli tocca ricordare a memoria e ripescarlo di fronte a
quell’immagine così diversa è
incredibilmente difficile, è solo quando segue la
ragazzina che vede il sorriso di lei brillare esattamente identico a
come lo
ricordava.
-Ha detto che la ramanzina se la prendeva lui!- sta
dichiarando Whiskey in inglese.
Si blocca con il piede sul primo gradino e le solleva gli
occhi addosso, di nuovo, sentendo il bisogno infantile di sollevare gli
occhiali da sole per studiare meglio l’espressione divertita
ed insieme…materna
con cui lei lo sta guardando.
-Sì, beh, vieni dentro, Matt,- la sente ribattere
- così
posso sgridarti per benino. Non mi piace farlo in piazza.
Whiskey ride e gli scocca un’occhiata da sopra la
spalla ma
poi la sua attenzione viene catturata dalla presenza di un uomo alto,
biondo e
massiccio che si affaccia alla portafinestra del giardino.
-Gunther.- saluta lei, caracollando immediatamente nella sua
direzione. Il resto si perde in un dialogo serrato in tedesco di cui
Matt non
afferra assolutamente nulla.
Patricia lo accoglie in cucina con una tazza e la brocca del
caffè.
-Vuoi?- chiede gentilmente.
-Grazie.
-Ti ha fatto fare la notte in piedi?- gli domanda
versandogli
il caffè e posandolo sul tavolo davanti a lui mentre prende
posto su una delle
sedie.
Matthew getta uno sguardo di traverso all’orologio
a pendolo
che segna le sette e mezza del mattino e sorride. Ha il viso talmente
stanco
che sente la pelle tirare sugli zigomi e riesce a stento a tenere gli
occhi
aperti, immagina che tutto questo sia ben visibile e quindi non nega.
-Diciamo che adesso dovrebbe essere lei a venire a prendersi
la ramanzina da Tom al posto mio!- afferma.
Patricia ride con lui e siede dall’altro lato del
tavolo con
una seconda tazza.
-Sei stato gentile a riportarla a casa.
Gli da fastidio. Il tono casuale con cui lei lo ha detto gli
fa intuire che sia anche vero: è stato gentile a riportarla
personalmente,
avrebbe potuto affidare quell’incombenza a chiunque, rifilare
la bambina al
primo dei propri autisti disponibili e rispedirla indietro come un
pacco
postale. Eppure l’idea che lei lo ringrazi per non averlo
fatto è disturbante.
Così prende un respiro profondo, beve dalla
propria tazza e
sul fondo scuro cerca finalmente una risposta a quelle domande che non
ha avuto
il coraggio di formulare davvero da quando Whiskey è
arrivata, improvvisa come
la pioggia.
Cerca a tentoni le parole giuste per dirlo,
perché non è
sicuro che esistano e non è sicuro, soprattutto, di essere
capace di trovarle
in così poco tempo, ed inizia in modo banalissimo.
-…perché non me lo hai detto?- chiede
scontato.
Patricia assentisce brevemente, ma non pare particolarmente
stupita. Fuori dalla finestra Whiskey è ancora con
quell’uomo biondo e gioca
con il cane mentre lui innaffia le piante. Lei sta dicendo qualcosa che
lo fa
ridere e ride anche lei, con il cane che le salta addosso e le fa le
feste.
-Non credi che fosse giusto che…
-Non ho mai detto che non lo fosse.- lo ferma lei
pacatamente. E Matt sente quell’accenno di rabbia che stava
montando sgonfiarsi
lentamente.- Non c’è stato modo. Non
c’è stato il tempo. In realtà neanche
il
motivo.- elenca asciutta.
-…è mia figlia.
-Sì.
-Come puoi dire che non ce ne fosse il motivo?- insiste. Ma
no, proprio non riesce ad arrabbiarsi. Sarà il fatto che lei
non sta facendo
niente per sottrarsi.
Patricia sospira e beve anche lei dalla propria tazza.
-Non c’era. Stavamo bene, quindi non
c’era motivo per
dirtelo. Stavi bene anche tu.- spiega pazientemente.
-Pensi che non l’avrei voluta?
-Lo avresti fatto?- ritorce senza alcun rimprovero.
Il fatto che non ci siano recriminazione, piccinerie e
cattiverie represse tra loro lo obbliga a farci i conti. E doverlo fare
senza
potersi trincerare dietro il solito scudo di menefreghismo ed egoismo
lo
spiazza, lo confessa a se stesso. Poi però la guarda e
stringe le spalle.
-No. O forse sì, ma non sarebbe stato facile.
- “No” è più
onesto.- concorda lei sorridendo.- Quindi è a
posto così. Non te l’ho tolta, Matt, è
qui.
Sospira. Lo sguardo, nonostante tutto, torna ad appuntarsi
al giardino ed al corpo minuto di Whiskey. Adesso è seduta
sul bordo del
porticato, il cane si è arrampicato dietro di lei e
sonnecchia ancora, a bocca
aperta e lingua ciondolante. L’uomo biondo di nome Gunther
è ancora lì che
annaffia le aiuole.
-E’ tuo marito?
-Compagno.- risponde lei finendo, poi, in silenzio di bere
il caffè.
-Voglio riconoscerla.
Lui lo dice senza alcuna consequenzialità, lei lo
registra
con una passività marmorea.
-No.
Vorrebbe credere che sia il suo solito egoismo infantile,
quel suo ostinarsi a volere solo le cose che non ottiene
immediatamente, a
farlo parlare. Invece resta in silenzio ed è il segno di
come il suo rifiuto
penetri troppo a fondo. Ci mette un po’ a recepire del tutto
“la botta”, quando
lo fa è talmente furioso da non riuscire nemmeno a replicare
come vorrebbe.
-E’ mia figlia…- osserva lentamente, in
un sibilo
trattenuto.
-E’ anche mia, Matthew, me ne sono presa cura fino
ad adesso
e penso che sarai d’accordo con me se mi vanto di aver fatto
un ottimo lavoro.
-Non stiamo discutendo questo!
-Invece sì.- lo contraddice Patricia - Tu hai una
famiglia,-
inizia – una moglie ed un figlio…
-Kate è una persona splendida, non
dirà o farà assolutamente
nulla di male e…
-Kate è la donna più incredibile
dell’Universo,- concorda
Patricia, spiccia – ma non è di lei che mi
preoccupo.
Il fondo di raziocinio incontestabile che sente nella sua
voce è sufficiente a scalfirlo, almeno per un attimo.
-…che vuoi dire?- esita Matthew, sospettoso.
Patricia gli sorride. Scosta una ciocca di capelli corti,
ancora biondi come li ricordava. A parte le rughe sottili sul viso e
quel
fisico appena appesantito dalla gravidanza e dagli anni, lei
è ancora com’era
quel giorno.
-Matthew, la tua vita non è la vita di Whiskey.
Lei non ha
idea di cosa siano i riflettori, le attenzioni dei media, il
gossip…Ha vissuto
in una famiglia normale, ha una madre normale…- si volta
anche lei verso la
finestra e Matt incrocia, nei suoi occhi, la figura imponente
dell’uomo che ora
si sta avvicinando a Whiskey- un padre normale.- conclude a voce
bassa.- Va
bene così.- sottolinea – E’ felice. Tu
cosa puoi offrirle di più?
-...stai scherzando?!- sbotta Matthew con un sorriso
forzato.- Io posso offrirle qualsiasi cosa!
-…abiti firmati? Scuole prestigiose, feste di
compleanno in
hotel di lusso? Cosa, Matt? Che cosa manca a Whiskey che solo tu puoi
darle? Ed
in cambio di cosa? – lo incalza. Continua a farlo con calma,
parlando senza
alzare il tono, senza affrettarsi, ogni singola parola scandita con
precisione
disarmante ad un Matt che la fissa impotente e ferito - Ti rendi conto
che ti
proponi di darla in pasto ad una folla di persone che
reagirà alla sua
presenza…in che modo?! Te lo sei chiesto? Ti sei domandato
come reagirà lei?!
No, non se l’è chiesto. Lo sanno
entrambi.
-Non puoi portarmela via.- soffia fuori, esitante.
-Non lo sto facendo. È qui, la vedi, non le ho
impedito di
venire da te, non le ho mai nascosto chi fossi. Potrà venire
tutte le volte che
vorrà, potrai tenerla con te tutto il tempo che vorrai. Ma
è questa la sua
famiglia.
-Non è giusto!- ringhia rabbiosamente,
guardandola con un odio
talmente sincero da farla rimanere di stucco.
Per un momento, ma poi sorride stancamente e con una
dolcezza infinita.
-Non per te. E nemmeno per me, non lo è stato e
non lo è
ancora. Ma per lei sì.
-Come puoi dire che è giusto per lei?!
È lei che è venuta da
me!- ribatte aspramente.
Patricia annuisce ancora.
-Evidentemente sentiva di doverlo fare.
-Tu non sentivi di dovermela portare, però!
-Diciamo le cose per come stanno, Matt, non avevo idea di
come avresti reagito e volevo che fosse lei a stabilire cosa aspettarsi
da te.
-Cristo Santo, Patricia!
Non c’è altro da aggiungere.
Scuote la testa piano e poi lo guarda. Matt ha lasciato
perdere la tazza, buttato indietro le spalle e non la guarda. Fuori in
giardino
sono arrivati Bas ed Eva, hanno visto Whiskey da lontano e
l’hanno salutata a
piene mani. Sono evidentemente iper eccitati ma lui non capisce niente
di
quello che i tre ragazzini si stanno dicendo tra strilla ed abbracci.
-...ha i piedi ben piantati a terra.- comincia a bassa voce
lui. Patricia sbuffa un sorriso e si fissa le mani.- Ed un caratterino
che te
lo raccomando.
-Quello è tutto tuo.- commenta lei strappandogli
una
risatina.
-Credi che mi odi?
-No.
La sua paura è qualcosa di tangibile e di
delicato, li
riporta indietro, ad una sera di tanti anni prima in cui lei lo ricorda
ragazzino, sbruffone ma talmente spaventato da tutto quello a cui si
stava solo
affacciando da non riuscire a dire al proprio idolo di sempre quanto
fosse
importante stargli accanto.
-…allora va bene.
-…Matt…- La guarda. Lei non lo fa,
persa ancora
nell’osservarsi le mani, che sono un po’ tozze e
rovinate dal lavoro.- non è
solo una questione di egoismo, vero? Non è solo
perché deve fare stare bene
te?- chiede.
-No.
-Allora va bene.- concorda lei, sollevando di nuovo la testa
a ricambiare il suo sguardo.
Si alzano insieme, di tacito accordo, sistemando con
delicatezza le sedie contro il tavolo.
-Mi ha fatto piacere rivederti.- gli confessa Patricia,
avvicinandosi piano.
Matt la abbraccia prima che lo faccia lei e sente le sue
braccia avvolgerlo, calde e protettive.
-Ha fatto piacere anche a me, Pat. Non sei cambiata
affatto.- osserva con sincerità.
-Vorrei poter dire lo stesso di te, Matthew, ma mentirei. E
tu sei sempre stato troppo intelligente per non capirlo.
***
In giardino Eva e Bas non riescono a credere ai loro occhi.
Matthew soffoca un sorriso ed un ghigno tirato si fa strada comunque
sulle sue
labbra. Punta un dito contro Bas, che sussulta e quasi si strozza con
la
propria saliva.
-Tu! non permetterti di svenire o metterti ad urlare come
una ragazzina!- lo redarguisce seccamente- E tu!- continua voltandosi
verso
Eva, ancora abbracciata a Whiskey con la quale stava parlottando a
bassa voce
fino ad un istante prima del suo arrivo- Non le riempire la testa di
cavolate!
Eva sorride ed accenna un saluto militare.
-Agli ordini, mio capitano!- risponde divertita.
-Whiskey…- la chiama Matt, addolcendo appena il
tono. Ma
bada bene di non risultare melenso, è quasi certo che lei
non lo sopporterebbe
e non vuole salutarla “a modo suo”, tra rimbrotti e
punzecchiature.
Lei si fa attenta, sciogliendosi dall’abbraccio
dell’amica e
mettendosi in piedi, in attesa.
-Sai che questa cosa mi costerà una bella
punizione?!-
scherza Matt.
-Sì, come no! Senza tv per un mese, Matthew
Bellamy!-
motteggia lei, mani ai fianchi e gambe larghe, imitando la voce di Tom.
-Probabile.- ritorce lui serissimo.
Whiskey scuote la testa e torna verso la veranda per
recuperare qualcosa dalla propria borsa. Quando lo raggiunge di nuovo
gli sta
porgendo la moleskine.
-Non mi serve. So esattamente cosa pensare del nostro
incontro. – spiega asciutta, facendogli cenno di prenderla.
Matt esegue in automatico, stupito, e poi si ritrova
immobile senza sapere che fare. Patricia alle sue spalle che li guarda
con il
solito sorriso – lo sa – e sua
figlia che aspetta pazientemente
qualcosa.
-Vieni qui.- conclude alla fine, decidendo che non gli
importa
se lei si arrabbierà o gli dirà qualcosa di
cattivo.
Ma non lo fa. gli va incontro a braccia aperte e si lascia
stringere e, nonostante la notte insonne, il casino, le corse, i
litigi, sa di
buono, di pulito e di fresco, in cui Matt si lascia sprofondare
stringendo più
forte che può ed allentando la stretta solo per paura di
farle male.
-Devo dirti una cosa…- sussurra lei piano, in
modo che lo
possa sentire solo lui.
Matthew annuisce senza aprire gli occhi e senza dire nulla,
cullandola piano tra le braccia.
-E’ Hannerose.- dice lei.
Matt sbuffa un sorriso contro i suoi capelli e poi la
allontana da sé, fissandola sorpreso mentre la tiene per le
spalle.
-Sul serio?!- chiede. Whiskey annuisce appena.- E’
un bel
nome.
-…a me fa un po’ schifo.- afferma lei
arricciando di nuovo
il naso.
Matt le da un buffetto sulla guancia e s’infila in
tasca il
taccuino.
-Devo andare.- le spiega.- Ma mi piacerebbe molto sapere che
potrò rivederti.
-Beh, guarda che l’indirizzo ce l’hai,
papà!- commenta lei
ridendo.
Lascia cadere quella parola con la stessa noncuranza di
quella prima volta che l’ha sentita dire il suo nome. Non fa
differenza per
lei, ora lo sa, non era arrabbiata. Semplicemente…
Non ti conosceva, Matt, che ti
aspettavi?!
Quando sorride lo fa con la sincerità di chi
pensa di sé di
essere stato veramente un po’ stupido. Ma questo non lo
dirà agli altri,
proprio no!
-Intendevo dire che mi piacerebbe che venissi a trovarmi
qualche volta.- ribatte.
Prenderla in contropiede, una volta tanto, è
quasi piacevole.
-…oh…beh…se a Kate non da
fastidio…
-Kate ti adorerà e potrete parlare male di me
tutto il
tempo.
-Oh, parlerò male di te con un mucchio di gente,
allora!
-Whiskey!- la rimprovera Patricia.
Ma Matt sta ridendo. La abbraccia di nuovo, di slancio, ed
ottiene in cambio un bacio morbido sulla guancia che probabilmente
resterà un
segreto esattamente come quel nome pronunciato al suo orecchio.
Mentre se ne va inforca di nuovo gli occhiali, ma giusto
perché non ha voglia di avere un ricordo sbiadito di lei
quando si volta a
salutarla prima di entrare in macchina.
***
Dominic lo raggiunge mentre sta osservando i cubetti di
ghiaccio raccolti sul fondo del bicchiere. Se lo rigira tra le dita,
ascoltando
in sottofondo le note languide di una qualche cantante jazz di cui non
sa il
nome. L’amico si arrampica sullo sgabello accanto al suo e si
volta subito
verso il bancone, riservandogli la discrezione educata di sempre nel
non
fissare direttamente gli occhi sulla sua aria spenta e sul suo viso
tirato e
stanco. Sorride sghembo, in uno sbuffo appena accennato, e posa sul
piano il
bicchiere con un rumore sordo. Solleva le dita a chiamare il barman.
-A cosa brindiamo?- s’informa ironico Dom.
-Alla mia idiozia senza fine.
-Giusto. È sempre una buona ragione per bere.-
annuisce
l’altro con gravità eccessiva.
Il barman si avvicina.
-I signori desiderano?- domanda compitamente.
Quando si volta ad incrociare il suo sguardo, Dominic gli
cede la scelta con un cenno.
-Whiskey.- risponde Matt brevemente.- Doppio. - aggiunge con
una risatina.
Fine
Beh…non esattamente.
Non finisce così.
Finisce con me che, vi dirò, odio da matti
volare. E spero
che questo dannato aereo arrivi a Los Angeles da mio padre quanto prima!
“Doppio
Whiskey”
MEM 2011
Note di fine capitolo della Nai:
Se siete arrivati fin qui ed avete ancora
voglia di saperne di più, avete una pazienza encomiabile.
Io ci avevo pure pensato di dividerla a
“capitoli”, ma poi non aveva senso ed io odio le
cose senza senso.
Mentre scrivevo questa storia mi sono
innamorata innumerevoli volte. Chiaramente, quando ho iniziato a
scriverla
amavo già Whiskey. Perché lei è la mia
bambina ed una mamma adora sempre la
propria figlia.
Ma poi è arrivato Bas, con il suo essere
assurdamente ragazzino e deliziosamente stupidotto. Ed Eva, a cui piace
vivere
come non piace a nessun altro. E Martha, che non
c’è nella storia ma nella mia
testa è tutta qui, in carne ed ossa, e dice un mucchio di
cose sagge con il
sorriso di una ventenne un po’ disillusa un po’,
semplicemente, troppo “grande”
per la sua età. E Gunther, certo, il tedesco che non sa
l’inglese e resta
attore muto di una commedia corale.
E poi Patricia. Fuori luogo e fuori
tempo. Fuori tempo massimo sulla vita. La mamma perfetta. La donna che
resiste.
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