ghost

di hipster
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Londra, 13 dicembre 1852.


Una luce schermata fece capolino dalla finestra del piano superiore dell’enorme villa dei Trevor.
Nulla di strano, pensò il cocchiere. Le signorine si stavano preparando per il grande ballo che si sarebbe tenuto dagli Stenford. 
Lo stesso ballo a cui - così si mormorava in città – il signor Harry Stenford avrebbe chiesto la mano della signorina Phoebe.
Tutti volevano quell’unione, tutti tranne Phoebe.
 
Alla luce della candela Phoebe piangeva.
Si era rinchiusa in camera con la scusa dei preparativi ma in realtà voleva solo sparire. Non voleva sposarsi; non con quell’Harry.
Aveva sempre immaginato il suo matrimonio come il coronamento del suo sogno d’amore, e anche se non aveva ancora trovato qualcuno da amare, sapeva che Harry non era l’uomo giusto per lei:
era più vecchio di lei di dieci anni, lo aveva visto si e no cinque volte in tutta la sua vita; gli era sempre sembrato un uomo scorbutico, cinico, razzista; il suo unico interesse era il denaro, l’avidità lo consumava ed era la stessa avidità a suggerirgli un matrimonio con Phoebe.
Nel buio della sua camera Phoebe pregò Dio e Satana di farla morire, sparire, rapire, qualsiasi cosa le impedisse di diventare la futura signora Stenford.
Forse uno di loro la ascoltò, perché quando sua sorella Cathy bussò alla porta Phoebe non c’era più.





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