Cave
canem!
Quarto
capitolo ~ Chi fa
falla, e chi non fa sfarfalla
«Quindi
sei stato punito insieme a James?», sussurrò il
pomeriggio seguente Lily, evitando
di guardare il ragazzo stravaccato sulla sedia davanti a lei.
«Però, anche tu… che
bisogno avevi di creare tanto trambusto?»
«Non
fare domande a cui non puoi avere risposta, Evans»,
mormorò l’altro, cercando di
non far cadere la piuma che teneva sospesa sopra il labbro superiore a
guisa di
baffo.
La
ragazza scosse la testa, ma continuò a scrivere il suo
compito di Difesa contro
le Arti Oscure in silenzio. Avevano preso l’abitudine di
studiare insieme - o meglio,
lei studiava, lui si distraeva tutto il pomeriggio, salvo fare in
un’ora quello
per cui lei ne aveva impiegate quattro
- prediligendo
la biblioteca come luogo dei loro ritrovi, a volte allietati dalla
presenza di Remus.
Il povero ragazzo aveva una gran pena di Peter, lasciato completamente
solo in balia
di James che gli impediva di studiare in santa pace a causa delle sue
continue occhiate
assassine - come poteva Codaliscia concentrarsi quando il suo
più caro amico era
in una situazione tanto infelice? -, e quindi il Prefetto approfittava
degli allenamenti
del più vanitoso Cacciatore della scuola per aiutare
l’altro il più possibile in
sala comune, proprio come in quel momento.
Intanto
le ombre della sera si erano allungate sui tavoli e si avvicinava
l’ora di chiusura;
Lily posò la penna sul tavolo e allontanò la
pergamena con aria vagamente disgustata.
«Pensavo
che almeno durante il sesto anno fossimo risparmiati da un tale
massacro, dato che
non ci sono gli esami importanti come i G.U.F.O. o
i M.A.G.O… Eppure, non siamo ancora a dicembre
che già siamo carichi come lo scorso aprile!»
«Ora
non esagerare», la rabbonì Sirius, con aria
serafica. «Nessuno del sesto ha ancora
avuto un crollo nervoso come la piccola Webb».
Kelly
Webb, infatti, Corvonero del quinto anno, durante l’ora di
Trasfigurazione aveva
accidentalmente distrutto il cappello preferito della McGranitt;
attonita dalla
sonora ramanzina che si era dovuta sorbire, era scappata dalla classe
in lacrime
e aveva incrociato Pix, che l’aveva rincorsa senza
pietà. Vitious l’aveva recuperata
sotto shock dietro un arazzo al secondo piano e le aveva imposto di
rimanersene
tre giorni in infermeria, per riaversi dal brutto colpo. La storia
aveva fatto il
giro di tutti i tavoli della Sala Grande quando un Serpeverde del suo
anno le aveva
sibilato all’orecchio qualcosa riguardante molto
probabilmente un cappello da strega
ed il suo improprio utilizzo: si era beccato una sonora sberla davanti
a tutti gli
studenti, tanto che Nevrotica Webb era diventata d’un tratto
la mascotte dei Corvonero
e quando i membri di Tassorosso e Grifondoro la incrociavano in giro
non le risparmiavano
affettuose pacche sulla schiena, complimenti o sorrisi di
ringraziamento. La sua
popolarità aveva subito una notevole impennata.
«Tu
ovviamente hai già terminato tutto, dato che stasera sei in
punizione…», mormorò
Lily con tono rassegnato. Ormai non aveva neanche più la
forza di sentirsi invidiosa
di quella specie di Signore del Tempo (*) che non si vedeva mai
studiare ma che
era impossibile trovare impreparato. La ragazza aveva sentito parlare
delle Giratempo,
ma non era mai riuscita a intravvedergliene una addosso.
«Ho
avuto un incontro decisamente coinvolgente con qualche rotolo di
pergamena e dei
libri, prima», ridacchiò lui.
«Dopotutto, non voglio che tra me e la Foresta Proibita
ci siano dei terzi incomodi».
La
ragazza sussultò e lo fissò spaventata:
«Stai
scherzando, vero? Non andrete davvero
nella Foresta Proibita? Dovrebbe essere illegale, Silente dovrebbe fare
qualcosa
con quel mostro di Gazza, quel…»
«Lily,
calma, tranquilla», la interruppe lui, sorpreso da quella sua
reazione. «Non credo
ci condurranno là dentro, non dopo l’ultima volta,
perlomeno… Ma anche se fosse,
ti assicuro che è decisamente sopravvalutata: non
c’è niente di così terrificante.
Peter affamato è più pericoloso di ogni creatura
che potrebbe vivere in quella selva».
Lei
annuì, ma non lo guardò negli occhi; Sirius aveva
ormai capito che farla alterare
era l’unico modo per alleggerire la tensione, anche se questo
significava sempre
qualche probabile fattura rivolta al suo indirizzo. «Oh, non
mi dirai che sei preoccupata»,
cantilenò, prendendola in giro e rimanendo a studiare la sua
replica.
«Per
voi due? Penso che l’unico che dovrebbe sollevare il mio
timore sia proprio Gazza»,
ribatté lei, fingendosi distaccata. Sirius sorrise e
l’aiutò a mettere a posto la
sua roba, prima di passarle un braccio attorno alle spalle e condurla
verso il loro
meritato pasto.
«Stai
tranquilla per Ramoso… C’è pur sempre
Pix a proteggerlo da quadri impertinenti e
ragazzine elettrizzate».
«Idiota».
*
Gazza
aveva portato i due Grifondoro nel corridoio principale del sesto
piano, indicando
loro le armature che li fissavano senza espressione.
«Dovete
ripulirle. Tutte. Al mio ritorno voglio che risplendano come il
sole».
Sirius
roteò gli occhi al cielo e James sbuffò
sonoramente, ma l’uomo sembrò non badarci.
«Solo olio di gomito, niente incantesimi. E state attenti
agli elmi… Non vorrei
che perdeste una mano come un Tassorosso di mia conoscenza».
Appoggiò
la lanterna che aveva portato con sé sul pavimento di pietra
insieme al secchio
con i detergenti, girò le spalle e se ne andò
zoppicando verso le scale, con il
solito orribile ghigno a deformargli il volto.
«Quella
del Tassorosso se l’è sicuramente
inventata…», borbottò Ramoso,
afferrando di malavoglia
uno straccio unto quasi quanto i capelli di Mocciosus e versandoci
sopra una considerevole
dose di “Ruggi-NO!”, guardando disgustato il
liquido color diarrea di gufo venire
immediatamente assorbito dal tessuto.
«Puoi
sempre provare. Magari sono armature a prova di stupido, captano
l’idiozia altrui
e si mettono in moto per eliminarla», rispose seccamente il
suo ex-migliore amico,
che si era già portato avanti col lavoro.
James
ebbe la fortissima tentazione di afferrare il secchio e tirarglielo in
testa; quella
fugace immagine riuscì a risollevargli appena lo spirito,
quel tanto, perlomeno,
che serviva a tentare di non commettere un omicidio dentro le mura di
Hogwarts.
Lavorarono
in silenzio, di buona lena, per i primi tre quarti d’ora,
lasciando che l’energico
strofinio fosse l’unico rumore di sottofondo. Mano a mano che
il tempo passava,
James approfondiva tra sé e sé il discorso che
voleva condurre con l’altro, calibrando
le domande da porgli. Sirius era permaloso quanto un centauro, quando
ci si metteva,
quindi pregò Merlino che un minimo di savoir
faire di Remus fosse riuscito a contagiare anche il ramo
Potter, dopo sei anni
che si conoscevano.
«Senti,
mi spiace».
«Per
essere un emerito cretino? Sono d’accordo».
Sì,
va bene, al diavolo il savoir faire
e
tutti i francesismi annessi e connessi!
«Mi
spiace della situazione», ringhiò a labbra
strette, rischiando di staccare una placca
di ferro dal suo supporto con una passata troppo violenta.
«Ma dato che sei tu
quello che sta uscendo con la mia
ragazza, non penso di dovermi scusare».
«Ah,
era la tua ragazza? Perdonami, penso di essermi perso il momento in cui
lei ti ha
detto di sì», ribatté l’altro
causticamente. Se Ramoso voleva battaglia, lui di
certo non si sarebbe tirato indietro.
«Be’,
quasi, prima che qualcuno non decidesse di uscirci insieme!»,
alzò il tono di voce
l’altro, buttando stizzito lo straccio a terra.
«E
a me non ha detto no!»
«L’avrai
drogata!»
«Cosa?!»
«Ehi,
voi due!», strillò una voce dalle tenebre. Sirius
e James continuarono a guardarsi
in cagnesco anche all’arrivo di Mastro Gazza, che
passò ad analizzare il lavoro
svolto con occhio critico. «Direi che ancora non ci siamo,
prevedo molte altre serate
di punizione… Parlerò con la professoressa
McGranitt di questo», annunciò, gongolando
come un bambino davanti ai regali di Natale.
«Sai
che roba…», borbottò Sirius, avviandosi
ai dormitori, con James che lo seguiva a
debita distanza. Gli animi erano ancora incandescenti, ma il magico
momento era
stato spezzato e nessuno dei due aveva più voglia di
parlare, preferendo rimanere
ciascuno sulla propria livida posizione.
Quando
entrarono nella sala comune, James lo superò di corsa e si
diresse verso il suo
letto, senza badare al fatto che dal bracciolo di un divanetto spuntava
una ciocca
di capelli rossi ben nota, cosa che invece l’altro non
mancò di notare.
Lily
si era addormentata sul divano, rannicchiandosi come il suo grasso
gatto peloso
contro lo schienale; sul tavolino era rimasto aperto un libro che
Sirius prese in
mano, prima di sedersi sulla poltroncina accanto e distendere le gambe
in maniera
poco consona al galateo a cui era stato abituato fin da piccolo. Chiuse
di scatto
le pagine e dovette soffocare una risata con una mano, vedendo che
faceva parte
della stessa serie che la signora Potter collezionava con cura e che il
marito non
mancava di etichettare spesso come “spazzatura”:
uno di quei romanzetti rosa da
cui solitamente i maschi si tengono alla larga come fossero infetti da
qualche strana
malattia incurabile.
«Non
ti facevo tipo da leggere questa roba, Evans»,
esordì, rimanendo a godersi lo scatto
repentino che fece la ragazza, destandosi di soprassalto.
«Chi…
Cosa… Ah, sei tu», mormorò lei,
passandosi una mano sulla faccia e scuotendo con
forza la testa per svegliarsi definitivamente. «La punizione
è già finita?»
«Sì…
Ma ripeto la mia osservazione: pensavo che l’integerrimo
Prefetto Lily Evans disdegnasse
letture di questo tipo», proseguì lui, ben deciso
a mettere un dito nella piaga
- o magari una mano intera.
Difatti,
lei arrossì paurosamente, non sapendo bene cosa rispondere.
«Non
è mio, è di Mary… Non sapevo cosa fare
mentre ti aspettavo e gliel’ho chiesto in
prestito, tanto per fare qualcosa».
«Mi
stavi aspettando?», le domandò Sirius con un
guizzo d’interesse negli occhi
grigi, solamente per ricevere come risposta un’occhiata di
rimprovero.
«Sappi
che mi sento direttamente responsabile di tutta la faccenda, e non
intendo rimanere
con le mani in mano».
«Quindi
ti proporrai a Gazza come inserviente sostitutiva?»
«In
realtà pensavo più a un supporto di tipo
morale», ribatté lei con tono sostenuto,
«dato che non sono stata io a rifilare un pugno a
quell’altro stupido».
«Già
te ne vai?», chiese Sirius con una punta di delusione,
osservandola alzarsi in
piedi e rassettarsi la gonna. Lei lo fissò e
allargò le braccia, come a voler dire:
“cos’altro potrei fare?”
«Dobbiamo
alzarci presto domattina, se te ne sei dimenticato».
«Lo
so, lo so», si arrese lui, seguendola fino alle scale che
portavano ai dormitori;
la ragazza aveva già un piede sul primo scalino, quando la
richiamò. «Ehi, Evans.
Dimentichi una cosa».
«Cosa?»
Aveva
girato la testa, e Sirius ne aveva approfittato per posarle una mano
sulla guancia
e baciarla.
«Il
bacio della buonanotte. Sogni d’oro, Lily».
*
«Sei
un idiota», sbottò Remus, tagliando con troppa
foga le lumache poste sul tagliere
e rischiando di amputarsi un dito. «Avevi detto
“relazione senza implicazioni”,
e questa non è assolutamente
una relazione
senza implicazioni, razza d’imbecille!»
«Sai,
comincio davvero a stancarmi di tutta la gente che si diverte ad
insultarmi, questi
giorni», rispose piccato Sirius. Era in torto, torto marcio,
e questo lo rendeva
nervoso ed irritabile.
«Be’,
hanno tutti ragione, Felpato! Si può sapere cosa ti
è saltato in mente? Sai meglio
di me-»
«Che
la Evans è off-limits. Senti, non lo so cosa mi è
preso, va bene? Era lì, e io…
Io…»
«L’hai
baciata! Sapendo bene quanto Ramoso sia cotto di lei, hai baciato la
quasi-ragazza del tuo migliore amico!», sibilò
Lunastorta, controllando che nessuna
orecchia indiscreta riuscisse a captare qualcosa nel rumore prodotto
dal sobbollire
dei calderoni.
«Oh,
ma volete piantarla di considerarla tutti la sua ragazza? Non mi sembra
che intorno
al suo collo ci sia il cartello “Occupata”,
“Fidanzata” o “Fregata per sempre da
quell’idiota di Potter”».
Remus
finì di leggere l’ultima parte delle istruzioni e
cominciò a girare la pozione in
senso anti-orario; il suo blu scuro era ben lontano
dall’essere anche lontanamente
paragonabile all’azzurro chiaro che era sicuro ci fosse nei
calderoni di Lily o
Severus, ma aveva smesso di fare delle lezioni di Lumacorno un
eccessivo cruccio.
Pozioni non sarebbe mai stato il suo mestiere, dopotutto.
«Sei
perfettamente a conoscenza di come funzioni tra noi. La donna di un
Malandrino non
può essere toccata da nessuno, tantomeno da un altro
Malandrino».
«Oh,
ti prego», sbuffò Sirius, dedicandosi alle sue
radici di valeriana come se volesse
polverizzarle con la sola forza del pensiero. «È
una stupida regola che si è inventato
Ramoso, e l’ha fatto solo perché in quel periodo
le ronzava attorno Harvey».
«Tu
eri comunque d’accordo».
«Non è la sua donna!»
«Avanti,
è come se lo fosse. Lei è innamorata di
lui».
Sirius
rischiò di compromettere la sua decente carriera da
pozionista scambiando le parti
scartate con quelle buone, ma riuscì a salvarsi in extremis.
«Questa
è la più grossa… fandonia…
che abbia mai sentito in quasi diciassette anni di vita».
«Avanti,
apri gli occhi: l’unica cosa che ancora la frena è
il suo orgoglio, dato che ha
passato mesi e mesi a rifiutare di ammettere con sé stessa
che quell’essere immaturo
potesse davvero amarla».
Felpato
riprese a macinare gli ingredienti pensierosamente: non esisteva che
Lily fosse
presa da Ramoso, no davvero. «Magari non a livello conscio,
ma ti assicuro che è
solo questione di tempo».
«Lunastorta,
con tutto il bene che ti voglio… Sicuro che la luna piena
non cominci ad avere anche
altri generi di effetti, su di te? Non so, un qualche tipo di
minorazione mentale.
Magari ti sta lentamente risucchiando il cervello».
«Non
essere maleducato, Sirius», lo rimproverò seccato
Remus. Era lui il primo a scherzare
sopra la sua condizione di lupo mannaro, ma non quando le frecciatine
si facevano
pesanti e sgarbate. L’altro se ne pentì subito, e
decise di riparare come poteva:
«Scusami.
Ammetto di aver esagerato. È che è tutta questa
situazione… Non so più come
comportarmi».
«Be’,
sappiamo entrambi che Lily è un capriccio…
Potresti finirla qui, così da non arrecare
ulteriori danni».
Remus
si aspettava una risposta, ma il silenzio andrò
prolungandosi in maniera direttamente
proporzionale alla sua preoccupazione. «Perché per
te Lily è un capriccio,
vero?»
Sirius
non sapeva, in tutta onestà, cosa rispondere. La ragazza non
gli era mai andata
particolarmente a genio perché era schifosamente geloso del
suo migliore amico -
e gli costava molto ammetterlo, perché questo faceva di lui
una femminuccia melensa
- e non si era mai curato granché di conoscerla meglio.
Però doveva riconoscere
che era una brava ragazza, dolce, bella, intelligente e sarcastica, a
volte disarmante…
La sera prima l’aveva baciata per una rivincita personale
contro James oppure perché
davvero l’aveva voluto?
«Ci
devo pensare».
«Felpato…»
«Ci
devo pensare».
Lunastorta
scosse il capo e si preparò a versare in una provetta il
contenuto necessario per
riempirla, meditando sul fatto che, se le conseguenze erano quelle, era
meglio non
innamorarsi mai di nessuno.
Tantomeno di una Evans.
(*)
Riferimento al Doctor Who ♥
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