Insetto.

di GreenNightmare
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Insetto.
 
L’insetto camminava adagio sul cornicione della mia finestra, mentre la musica metal spaccatimpani come un uragano distruggeva tutto ciò che di ancora vivo trovava in me, e sentivo la follia soffiarmi sul collo provocandomi dei brividi gelidi per tutto il corpo.
 
Riesco a intravedere il buio incombente attraverso il piccolo rettangolo scavato dalla mia prigione, l’acqua e l’apatia mi aggrediscono e io non riesco a fare altro che starmene lì, sdraiata su quel pavimento duro e freddo, a osservare l’insetto che tenta disperatamente di salvarsi la vita arrampicandosi sul cornicione del lucernario, a un passo dalla libertà, senza badare alla pioggia che mi ferisce il volto come pugnali affilati, il temporale è  imminente, e la musica dei System Of A Down rimbomba tra le pareti senza trovare via d’uscita, prigioniera come me.
L’insetto si sposta sul cornicione con deliberata lentezza, muovendo le antenne. Chissà a cosa servono le antenne degli insetti? Salvati, almeno tu che puoi. Fuggi da questa prigione dorata, perché io non posso farlo.
 
Seduta sulla soglia di camera mia, non mi importa di chiudere le finestre anche se il temporale urla rabbioso e sembra provare un po’ della furia e della frustrazione che albergano dentro di me. Fisso i quadri appesi perfettamente dritti, i tappeti folti, il pavimento lucido, vorrei prendere e spaccare tutto e distruggerla questa prigione e i miei aguzzini, e non so più se quelle che mi scivolano sulle guance sono lacrime, sangue, o trucco sbavato. Tutto dentro di me è demolito, bruciato, come una città rasa al suolo dalle bombe. Sono arida e in rovina.
 
L’insetto ora cammina sulla superficie liscia e lucida del mio specchio, che mi restituisce un’immagine pallida e spenta, dagli occhi infossati e le labbra tremanti. Il riflesso tremolante delle antenne, le zampe che si spostano con prudenza su quella superficie scivolosa, mi chiedo a cosa pensa la cimice vedendo il suo doppione dall’altra parte, chissà cosa pensa delle onde sonore così potenti che potrebbero sbalzarlo via da un momento all’altro, tanto forte e rabbiosa è la canzone metal di cui non conosco il titolo che esplode dal mio stereo di terza mano.
Il mio cuore è diventato una massa tremolante di carne e sangue che batte un ritmo sbagliato, zoppicante e stonato, è diventato un organo freddo e inutile, perchè non posso far altro che provare invidia e rabbia per la cimice che poteva scegliere se vivere o morire. La cimice avrebbe potuto scegliere di fuggire e invece si è rifugiata sul mio specchio.  Chi fa una scelta del genere non merita di vivere. La cimice merita di venire affogata nello scarico del cesso di casa mia, perché ha scelto la prigione anziché il cielo. E’ tutta colpa sua se ora morirà. Come morirò anch’io, soffocata dal carcere che mi sono creata io stessa, perché non posso fuggire.  





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