when you crash in the clouds
Capitolo 16
No doubt in my mind (where you belong)
soundtrack
I giorni sul
calendario sfilavano velocemente tra i turni in libreria, sempre piena
per la corsa ai regali di Natale, e le giornate a casa di mia madre.
Per quanto Allison tentasse di farmi studiare - sembrava essere sempre
la più grande e responsabile tra i due - finivamo sempre
per metterci a fare altro. Una volta era la musica, un'altra un film,
trovavo sempre la scusa per stare lontano dai libri e sempre più
spesso vicino a lei. D'altronde era inevitabile, con lei si stava
troppo
bene, irradiava luce e calore naturalmente, nonostante le giornate buie
e fredde che ci stavano accompagnando verso le feste.
Mi ero messo in testa l'idea di farla divertire e farle recuperare tutte le
uscite che si era persa negli anni passati, fossero esse a base di
amicizia o qualcosa di più. Non potevo portarla in nessun club
visto che non era maggiorenne e mia madre si era premunita di
confiscarle i documenti falsi, per evitare che finisse in altri
guai. Inoltre gli scagnozzi del suo boss non si erano fatti vivi ma
portarla in discoteca poteva esporla ad una certa visibilità
restando il fatto che in quel business era abbastanza conosciuta ed i
locali notturni erano di sicuro il primo posto dove l'avrebbero cercata.
Al di là di questa insignificante impasse, cenette e serate di
cinema non ce li levava nessuno. Avevamo svaligiato la videoteca
più grande di New York ed il cinese sotto casa mia, insieme ai
vari fast food della zona, erano tornati ad essere i fornitori
ufficiali delle mie cene, a parte le rare occasioni in cui Allison
riusciva ad averla vinta e la lasciavo mettersi ai fornelli. Per quanto
se la cavasse molto bene in cucina, non mi andava giù che si
sentisse in obbligo di fare alcunché, come se mi dovesse
qualcosa.
Tuttavia a mezzanotte, massimo l'una, mia madre aveva preteso che la
riaccompagnassi a casa, come la più moderna delle Cenerentole e,
quando questo non accadeva, il mio telefono si riempiva di chiamate a
profusione. Credevo che si fidasse di me, lo aveva sempre fatto;
incominciai ad avere il dubbio che non si fidasse di Allison: magari le
avrebbe anche fatto piacere se tra noi ci fosse stato qualcosa, ma
aveva il timore tutto materno che avremmo bruciato le tappe. In questo
riconoscevo le sue ansie di quando io e Michael uscivamo per i primi
appuntamenti con le ragazze, quando fu lei stessa a consegnarci un
preservativo perché, a suo dire, non ci teneva a diventare nonna
a 40 anni. Non si fidava perché lei stessa si era scottata e non
avrebbe mai permesso che accadesse lo stesso ai suoi figli, naturali o
d'adozione: perché era questo, in fondo, Allison.
In tutto questo il mio coinquilino, Aidan, se ne stava beatamente fuori dai coglioni.
Non mi fu possibile però, purtroppo, tenergli tappata la bocca
troppo a lungo. A seguito dell'ennesima serata trascorsa insieme ad
Allison, dopo che mia madre era venuta di persona a prenderla (la
responsabilità che sentiva su di lei era a volte eccessiva),
trovai Aidan sulla soglia di camera mia, braccia conserte, a scrutarmi
con fare circospetto. Non osai nemmeno controllare, ma immaginavo che
stesse anche battendo il piede a terra.
"Ora mi spieghi una volta per tutte che cazzo state combinando tu e Miss Femme Fatale ..." esordì.
Come antifona era certamente delle peggiori.
"Senti Aidan, non incominciare" feci per scansarlo, ma mi si
piantò davanti, imperterrito, e, nonostante lo sovrastassi di 10
abbondanti centimetri, non riuscii a lasciarmelo alle spalle. "Eh no
Tyler, se pensi di passarla liscia anche stavolta ti sbagli di grosso"
minacciò, senza il tono scherzoso che lo contraddistingueva
solitamente e che non avrebbe intimidito generalemente nemmeno un
bambino. Ma possibile che nessuno sa farsi i cazzi suoi? Non dico
sempre ... ma ogni tanto non guasterebbe.
"Va bene la privacy e tutto il resto" sospirò "mi
interessa fino ad un certo punto con chi ti vedi e lo sai, ma ne
converrai che con quella ragazza le cose sono un tantino diverse. E
siccome ho imparato a voler bene a tutti e due, non voglio che finiate
nella merda perché avete giocato troppo col fuoco"
Fu a quella parola ... giocare ... che non ci vidi più e
scattai: "giocare...giocare...ma è possibile che non sappiate
dire altro? Tu, mia madre, persino mia sorella di 10 anni! Siamo due
persone adulte e vaccinate, Allison è molto più matura di
molte persone di mezza età che conosco, e sappiamo quello che
facciamo"
Lo portai nel salone e lo feci sedere sul divano per spiegargli come
stavano le cose tralasciando però i detagli più personali
che riguardavano la storia di Allison ... e in parte anche me.
Naturalmente, dopo un momento di serietà assoluta, non sarebbe stato Aidan se non avesse iniziato a sparare cazzate.
"Ma tu ..." insinuò "cioè voi..."
"Cosa?" domandai, pur sapendo a cosa alludesse. Iniziò uina
serie di ceni del capo più o meno compensibili e assertori, che
avrebbero avuto, secondo lui, lo scopo di farmi capire meglio a cosa si
stesse riferendo. Non capivo, visto che eravamo soli e non in luogo
pubblico, perché non si decidesse a fare nomi e cognomi, e a
dire le cose come stavano. Continuai a fare l'indifferente,
finché non sbottò ... lui: "Oooh, insomma, gliel'hai data una
bottarella si o no?"
Mi chiesi se fosse consapevole della volgarità che emanava o fosse un difetto di fabbrica ormai irrecuperabile.
"Allora?" incalzò ... e lui era quello che non voleva sapere niente di me.... belle ultime parole famose....
Con lui non mi ero mai fatto scrupoli a parlare delle mie conquiste,
tutte quelle che mi ero portato a letto finivano più o meno
anche nel suo letto la notte dopo, ma da quando si trattava di Allison
su moltissime cose avevo cambiato prospettiva. C'era soprattutto,
costantemente, della ritrosia ed un certo pudore a parlarne. Era come
se mi avesse restituito le mie priorità e la mia scala di
valori e di moralità.
Tentennai per più di un po', finché il maschio di scimmia
Bonobo che era in me non prese l'iniziativa senza conscultarmi e fece le
scarpe al mio Homo Sapiens.
D'altro canto Aidan, che era un maestro in questo genere di
conversazini diceva sempre che per l'uomo è naturale parlare
della propra vita sessuale con gli altri amici, si tratta secondo lui,
di un mero retaggio antropologico: UOMO=PISELLO=CHIODO FISSO PER IL
SESSO.
"Due volte per la verità, quando tu non
c'eri" Alla fine confessai un po' turbato ma maggiormente divertito.
"Vedo che non hai perso tempo ...bene bene! Separate o nella stessa
sera? No perché amico, se è la stessa sera vale come una
sola"
"E scusa chi l'ha detta questa cosa...due goal segnati nella stessa
partita non fanno per uno..." lo corressi e mi stupii di me stesso per
la grande genialata di risposta che avevo sfoderato.
"Ma
due round fanno parte di uno stesso match bello mio ... è
così che funziona. Ma in ogni caso sono contento per te" commentò
soddisfatto Aidan, dandomi una pacca sulla spalla
"Vuol dire che tu funzioni e lei ha apprezzato"
"Altroché ..." commentai, senza neanche curarmi di
abbassare il tono della voce "ehi! ma che cazzo mi fai dire,
coglione?!" Aidan iniziò a ridere perché per quanto
quelle cose che gli avevo confidato fossero vere, era riuscito a
farmi entrare nella sua trappola ed ormai era troppo tardi.
"Dai dai...ora devi dirmi tutto! Ha lavorato in quel cazzo di posto
...come si chiamava ... il Don Hill....non può non essere una
forza a letto. Dimmi, l'hai fatta lavorare un po'?"
"Che cosa stai dicendo?" chiesi, disgustato, da ciò che aveva appena detto. Meno male che aveva detto di volerle bene ...
"Lavoretto di mano?" "No!" "Di bocca?" "No!"
"Ci sono...le hai fatto TU un lavoretto di lingua.." affermò, come se avesse fatto la scoperta del secolo.
Cercai di mantenere la calma e un certo grado di ironia per quanto
aveva detto, perché altrimenti gli avrei spaccato la faccia.
Oltre che un minimo
autorità, naturalmente.
"Siamo in piena recessione, la disoccupazione è alle stelle ... niente lavoretti!"
Girai i tacchi e me ne andrai a chiudermi nella mia camera. "Guarda che
ti ho visto sai...ho visto che hai abbassato lo sguardo, quando ho
detto la parola lingua ... lasciatelo dire, amico mio, sei un signore!"
E così dicendo si allontanò, continuando a blaterare per
cazzi suoi che era quello il motivo del mio successo con le donne, che
lui non ci sarebbe mai riuscito ed altre stronzate simili.
In ogni caso, aver troncato lì quella conversazione si era
rivelato la classica vittoria di Pirro. Infatti, nonappena poteva
cogliere l'occasione propizia, si rifaceva sotto con le sue domande
inopportune e anche piuttosto sconce.
"Ascoltami bene Aidan" sbottai all'ennesimo attacco, la mattina della antivigilia di Natale "e ascoltami bene
perché parlerò una volta sola: non tollererò
più che ficchi il naso in faccende TANTO private. E pretendo
rispetto per Allison ... ha molta più dignità di tutte
quelle battone che frequentano l'università e che dopo un
bicchiere offerto sono già in bagno a farsi scopare"
Ci misi davvero poco a pentirmi per essere stato tanto rude nei suoi
confronti, quasi non provassi per lui un affetto molto vicino a quello
che provavo per mio fratello. Ma Allie era al di sopra di
tutti, anche al di sopra di Michael.
Ma lui, incredibilmente, sembrò non curarsi della mia sfuriata;
al contrario, si dimostrò incuriosito dal mio atteggiamento
severo ed il suo sguardo indagatore iniziò a farmi una bella
radiografia come solo lui era in grado di fare, con quel sopracciglio
destro alzato più dell'altro e gli occhi allucinati. In
più, sotto quei baffetti appena accennati e il pizzetto a
capretta che si ostinava a portare, non riusciva proprio a nascondere
un ghigno furbo di chi la sa lunga.
"Ti saresti mica innamorato davvero Tyler?" chiese, incredulo delle sue
stesse parole. Mi aveva sempre detto che ero uno dal cuore facile, che
si faceva prendere subito dal batticuore e stronzate simili, ma il tono
delle sua domanda era persino diverso stavolta: anche lui aveva capito
che stavolta ero andato ben oltre le menate sentimental-adolescenziali
in ero solito buttarmi. Tuttavia non sapevo come rispondere; temevo,
infatti, l'arma a doppio taglio che avrei forgiato con le mie stesse
mani, rispondendo. "Tyler" continuò "sai che di me puoi fidarti.
Il gioco è bello quando dura poco ... io di solito lo faccio
durare un po' di più, lo ammetto, ma ora sarò serio"
Potevo stare davvero al sicuro con lui? Sì, in più di un'occasione me ne aveva dato prova.
"Sì Aidan, la amo" confessai tutto d'un fiato "ma le cose sono complicate ..."
L'espressione che aveva assunto cambiò, specchio della mia,
nonappena il mio tono di voce divenne più grave, serio ed
impassibile. Non era più il tempo degli scherzi.
"Io credo in fondo che niente sia complicati. E' il genere femminile ad
essere il vero problema" dichiarò, orgoglioso della sua
rivelazione "mi rendo conto che Allison è un po' l'eccezione che
conferma la regola, ma credimi ... nascoste da qualche parte ha un paio
di ovaie pronte ad esplodere in ogni momento!"
E addio momento serio, ma come potevo sperare del resto che con Aidan
sarebbe durato più di cinque minuti. Così, per
riguadagnare la sua attenzione e un po' di concentrazione da parte mia,
passai al vaglio, scandaglaindole con metodica precisione, le due
settimane trascorse da quando io ed Allison ci eravamo conosciuti, per
così dire, più intimamente; con l'aiuto di Aidan tirai
fuori tutti i articolari, anche quelli che all'apparenza potevano
sembrare insignificanti e che, a guardarli bene, diventavano dei grossi
cartelloni pubblicitari con tanto di scritta luminosa. Passeggiate mano
nella mano per Central Park, sigarette rubate direttamente dalla mia
bocca, le mie spalle usate come cuscini mentre si guardava un film e,
dulcis in fundo, le lunghe battaglie a colpi di solletico, perfette per
far aderire i nostri corpi in maniera quasi scandalosa, soprattutto in
virtù del fatto che la signorina mal sopportava i suoi vestiti e
puntualmente finiva col rimanere in coulotte e maglietta.
"Senti ma ..." si insinuò Aidan nel bel mezzo del mio riepilogo " in queste due settimane non avete più ..."
Scossi ampiamente la testa.
"Niente di niente?" proseguì il suo interrogatorio "non dico un home run, ma almeno arrivare in 2°/3° base ...?"
"Quando dico niente è niente, Aidan, mettitelo bene in testa!"
"Va bene, va bene!" si arrese, sventolandomi davanti agli occhi un Cleenex bianco in segno di resa.
"Ma lei sa cosa provi?" soggiunse, facendosi pensieroso "Ti sei dichiarato insomma?"
"sì..." tentennai, ricordando non solo la mia dichiarazione, ma
anche il bacio ed il morso che mi ero beccato in meno di un minuto, con
la faccia gonfia ed insanguinata ed il freddo che spezzava le ossa che
non erano state già fracassate dai gorilla di quella bettola.
"Ma?" proseguì lui, capendo subito che non c'era ancora un lieto fine in quella storia.
"Ma lei ha detto che non può darmi quello che voglio,
perché non è quello che vuole lei" spiegai. "Però
ha detto anche che se ci va di stare insieme ... in quel senso ...
possiamo farlo e al mattino non ci sarebbe nessuna conseguenza"
"Cioè ..." intervenne Aidan, sconvolto " come si dice, chi
ha il pane non ha i denti, bello mio. Hai la donna perfetta davanti a
te, cazzo! Non vuole una relazione seria ma non ha problemi a venire a
letto con te. Se solo tu ...."
"...se solo non fossei innamorato di lei, già"
"Veramente stavo per dire ... se solo tu non fossi così
coglione. Cioè, veramente, come si fa a dire di no ad una
proposta simile!!!"
Evidentemente abbiamo concetti diversi di moralità, caro Aidan.
Non potrei concepire sesso senza amore e, per quanto quella notte fosse
stata la migliore della mia vita, quanto sarebbe stata straordinaria se
lei avesse provato per me quell'amore che io avevo per lei.
"E quindi cosa sei per lei!" mi domandò.
"Non me lo chiedere ..." risposi, onestamente impacciato e desolato.
Pensai però che forse sarebbe stato meglio dimostrarsi forti;
non tanto perché non avrebbe compreso il mio stato d'animo, cosa
di cui peraltro ero convinto, o perché sarei stato compatito,
cosa che detestavo; ma perché, in fin dei conti,
masochisticamente stavo bene nella mia bolla personale, immerso nella
beata illusione di un rapporto perfetto ma che a conti fatti non
esisteva nemmeno nei miei sogni.
"Ma poi scusa ..." mi ripresi, con fare sostenuto "sappiamo benissimo
come stanno le cose tra noi, siamo due persone mature ... ci dobbiamo
per forza omologare? è roba da ragazzini del liceo ... cicci
cicci, pucci pucci ... ma mi ci vedi così? No, decisamente non
fanno per me!"
"Parli come un nerd che fa finta di essere disgustato dall'amore
perché in realtà non se l'è mai filato nessuno"
"Ok" annui, sarcasticamente, come se con la sua accusa avesse colto nel
segno, preparandomi invece a sferrare l'attacco che lo avrebbe ucciso
moralmente "... innanzi tutto, l'ultima ragazza che ha accettato di
stare insieme a te - e non parlo di sesso Aidan, fa attenzione - era
Sarah Cohen, al terzo anno di liceo, ed è durata una settimana,
ora più ora meno"
Vidi che tentava di rispondere ed obiettare, ma gli tappai la bocca,
pronto per la stoccata finale "e tuo fratello Bill, l'unico esemplare
maschio della tua numerosa famiglia in età da relazioni
sentimentali è fidanzato con la stessa ragazza da quando ....
tipo dal 2000?"
"1999" rispose, freddi ed impassibile, prendendo il sandwich che si
stava preparando mentre parlavamo e sparendo dalla mia vista,
sconsolato.
"Millenovecentonovantanove" ripetei, divertito e soddisfatto per la
rivincita."Non prenderla come un'offesa" gli dissi, passando davanti al
suo angolo-letto, dove fingeva di ascoltare musica da un iPod
evidentemente spento "ma non puoi certo definirti un guru delle
relazioni moderne"
"Tu glielo vuoi chiedere" mi disse Caroline, nel bel mezzo
della conversazione che stavamo avendo, a proposito del progetto
di portare Allison a visitare i musei di New York durante le vacanze di
Natale.
"Veramente gliel'ho già chiesto, ha detto che viene" risposi,
anche un po' seccato dal fatto che fossimo ancora a quel punto.
"Tyler!" mi richiamò lei, con insistenza. Ok, lo ammetto,
effettivamente mi ero un po' distratto. Eravamo a cena da mia madre per
la vigilia di Natale e la famiglia di Leslie si era unita a noi per i
festeggiamenti. C'era persino la zia Sarah, che la mamma aveva
appioppato a Les pur di togliersi di torno lei ed il suo profumo allo
Cherry. Mancavano solo due persone all'appello: mio padre, che per
queito vivere mia madre invitata e lui per altrettanto quieto vivere
declinava ogni anno l'invito, ed Allison, che a quanto ne sapevo, si
era barricata in camera sua dalle 5 e mezza di quel pomeriggio e alle 9
non si era ancora degnata di scendere. La mia mente vagava al pensiero
di quanto bella sarebbe stata e valutava in una scala da 1 a 1 milione
quanto sarebbe stata grave la mia sincope alla sua vista.
"Che c'è?" chiesi a mia sorella, riprendendo le redini della mia
attenzione e alzandomi per trovare altro da fare oltre che pensare a
lei. Tirai fuori il pacchetto che avevo nella mia giacca e,
stringendolo forte, andai a metterlo insieme agli altri regali sotto
l'albero. Lo aveva fatto lei quest'anno insieme a mia sorella,
innescando una battaglia sulle decorazioni da usare che la videro
uscire vincitrice dopo almeno 8 anni di supremazia da parte della
piccola di casa.
"Abbiamo cambiato discorso almeno 5 minuti fa Tyler...stai dormendo in piedi per caso?"
No, sto pensando all'amica tua veramente,
avrei tanto voluto rispondere. Ne convenni che non era il caso di
aggiungere benzina al fuoco delle sue teorie su una mia relazione
segreta con Allison di cui lei era una fervente sostenitrice.
"Stavamo parlando di Allison e del fatto che non mi dice mai niente su di te..."
"Ma cosa dovrebbe dirti di me? Sei mia sorella, dovresti conoscermi meglio di lei ..."
"Ma parlo di voi, stupido! A volte sei proprio ritardato ..."
sospirò, come se con me avesse perso ogni speranza. Ho perso
ogni speranza con me stesso da solo, cara sorella.
"Ma non c'è niente da dire su die noi, te l'ho già detto:
è un'amica. Come mai Allison non ti ha ancora tirato una bella
cuscinata? Scommetto che la esasperi continuamente..."
"Sì sì, come ti pare" commentò, sorvolando
sull'accusa che le avevo rivolto "Ma lo vedo come la guardi e come lei
guarda te, le facce sceme che fate quando te la nomino e quando ti
nomino ... o come diventate rossi"
"Scusami" la interruppi " ma siamo sicuri che hai 10 anni?"
Lei sorrise divertita, ma io non ero ami stato così serio.
"Comunque, secondo me me tu glielo vuoi chiedere..." mi ripetè.
Ma ancora non avevo capito. "Ma chiederle che cosa?" Non amavo
nasconderle niente, ma non sapevo come avrebbe reagito Allison e
così preferivo mantenere il gicoo, anche se iniziava a darmi
noia.
"Di mettervi insieme, ovvio. Non credo che a lei dispiacerebbe,
dovresti vedere com'è brava ad indagare sul tuo conto! Io e
mamma ci facciamo sempre un sacco di risate quando state al
telefono ..."
"E quindi secondo te a lei piaccio?" le domandai a fatica, mordendomi
la lingua per aver parlato più del dovuto, per aver fatto
intendere che da parte mia c'era un certo interesse.
"Secondo me sì ... e non tu preoccupare" aggiunse strizzandomi l'occhio "con me sei in una botte di ferro!"
Mi chiesi se per caso non fosse in realtà sorella di Aidan e non
mia, per via della lingua lunga; io la lingua pungente e la battuta
pronta non sapevo nemmeno dove avessero casa, di solito.
Soprattutto non ero sicuro fi poterle affidare i miei segreti,
ipotizzando che quelle rivelazioni venissero da Allison stessa, che si
era magari confidata, fidandosi ciecamente di una bambina di 10 anni
che sembrava un angelo ... ma non lo era per niente.
"Però io farei in fretta se fossi in te" proseguì la mia
piccola saggia "non vorrei che troppo ad aspettare si stufi e finisca
per scappare con il primo Damon Salvatore che incontra per la strada"
"Il primo chi? Chi è questo Damon?" domandai un attimo perso e anche leggermente nel panico.
"Un bonazzo qualsiasi" sbuffò, come se quel Damon fosse
Gesù in persona ed io non avevo idea di chi fosse "uno con gli
addominali scolpiti e la faccia da schiaffi"
Sorvolando sul linguaggio usato da Caroline, non c'erano dubbi su chi
le avesse insegnato quel nuovo vocabolario, qualcosa mi fece capire che
si trattava di qualche celebrità, qualche attoruncolo a cui
bastava togliersi la camicia per alzare gli incidi d'ascolto. Qualcuno
che, evidentemente, condivideva le attenzioni di mia sorella e di
Allison.
"E questo Damon piace anche ad Allison?" mi accertai, preoccupato.
"Tyler, Damon Salvatore piace a tutte!"
Ero ufficialmente nel panico. In una scala da 1 a 10, 100 per mia
sorella, che a 10 anni aveva il corpo di una bambina e le turbe
ormonali di una 40enne. Avrei dovuto guardare più spesso la TV
con lei...
e 1000 per Allison, che ancora una volta non avevo capito e a quanto
pareva non stava aspettando altro che una mia mossa, lei che di
sentimenti non ne sapeva niente. Era un'ovvietà che puntualmente
avevo omesso. Datemi un muro per fracassarmi la testa, vi prego, almeno
avrei una scusa per giustificare tutto il suo vuoto.
Mia madre venne a chiamare mia sorella. Les aveva esaurito tutti gli
argomenti di conversazione con mia zia, e ora stava iniziando ad
appiccicarsi a lei. "Caroline fai vedere alla zia i tuoi ultimi lavori,
da brava, non lasciare che la mamma sia accusata di omicidio natalizio"
Ridemmo entrambi. "Vengo con te" la incoraggiai "avviandomi verso le
scale "così vado a vedere se per caso Allison nonsia stata
inghiottita dal gabinetto"
Ma non appena alzai lo sguardo, la vidi scendere le scale, bella come
non l'avevo mai vista. Splendida e pura come le statuette di porcellana
del '700, la pelle candida come il latte ed il calore che, leggero
e timido, si diffondeva sulle sue guance, aveva quasi paura di
rovinare quel pallore delicato. Una principessa, una fata, una dea.
Eppure niente era di troppo, niente era pesante o fuori luogo. C'era
rifore ed equilibrio nella scelta del suo vestiario, un semplice ed
alegande abito a palloncino, la cui fantasia a scacchi mi diceva che
c'era il tocco di mia madre in quella scelta, fissato con Burberry e le
sue linee. Niente tacchi per lei quella sera: da quando aveva potuto
smettere di indossare i trampoli del suo mestiere, ai piedi aveva solo
ballerine o scapette da tennis, alla riconquista di una adolescenza che
ancora faceva parte di lei, seppure in cassetti della memoria che
faceva ancora fatica ad aprire.
"Sei bellissima" non potei far altro che constatare e lei arrossi a
quel complimento. Certo si trattava di una bellezza mai convenzionale,
talvolta anche aggressiva, ma non c'erano dubbi a riguardo.
"Ce ne hai messo di tempo ..." commentò Caroline, che saliva le
scale tenendo per mao una già barcollante zia Sarah, che non si
curò di Allison neanche per un attimo. Speravo ardentemente che
facendole mangiare qualcosa, gli effetti dell'alcool su di lei si
sarebbero attenuati prima di cena.
Allison si limitò ad annuire, un po' imbarazzata.
"Ne è valsa la pena però ..." la incoraggiai e notai le
sue guance imporporarsi di nuovo, oltre a quel sorriso accennato a
testa bassa, che adoravo.
"Anche tu sei bellissimo stasera" disse, e la mia risposta si
limitò ad un sorriso timido e ad una mano tra i capelli. Avrei
potuto fare di meglio, ringraziarla, ma era il meglio che mi veniva con
Allison davanti. Come hai fatto a farmi diventare così, piccola
gattina impertinente? Quale maga hai corrotto per farmi una fattura
così potente?
Che poi non capivo cosa potesse rendermi così bello come lei
paventava: giacca e cravatta neri, camicia bianca ... niente di
così straordinario."Comunque" mi ripresi e cambiai argomento
"quella che ci ha sorpassati poco fa insieme a Caroline era zia Sarah,
l'alcolista di famiglia"
"Non avete paura a lasciarla sola con Caroline?" domandò in apprensione.
"Nooo....al limite si può accasciare sul letto di Caroline priva di sensi, ma credimi non farebbe male ad una mosca":
Nonostante l'avessi rassicurata, mentre scendevamo le scale Allison
continuò a voltarsi indietro per controllare che al piano di
sopra fosse tutto tranquillo. Voleva bene a Caroline, almeno quanto
gliene volevo io.
Le presentai il resto degli ospiti e nessuno obiettò o ebbe
qualcosa da ridire su quella ragazza sconosciuta che viveva con Leslie
e Diane. L'avevamo presentata come una mia amica proveniente
dall'Indiana. Agli altri stava raggiungere le proprie conclusioni. Che
avessero pensaro male o bene non mi importava, dal momento che non ci
sarebbero state altre occasioni per incontrarsi.
Allison dal canto suo era nervosa, e muoversi in mezzo a degli
sconosciuti, recitare la parte della ragazza educata e per bene che
aveva dimenticato ad Indianapolis, la rendevano impacciata. Era una
brava ragazza, ma nonostante fosse cambiata molto, aveva ancora poca
dimestichezza con il bon ton, soprattutto quando alzava le sue difese
in situazioni di impaccio.
Passata la cena indenne, con la zia che ogni tanto ne sparava una delle
sue, ma ormai nessuno più si scandalizzava conoscendo il
soggetto, tutti si spostarono in salotto per il dopo cena, a base di
pettegolezzi o discussioni di politica ed economia che nella notte di
Natale avrei evitato volentieri. Allison inoltre, pur non mostrandolo,
aveva una voglia matta di allontanarsi da tutta quella gente.
"Vuoi andare sopra?" le sussurrai ad un orecchio, mentre l'aiutavo ad
alzarsi da tavola. "Sì ti prego" rispose, quasi implorando. Era
il momento giusto per restare da soli e parlare. Tuttavia,
poiché avevo notato gli sguardi furtivi di mia madre durante
tutta la serata, avevo bisogno di crearci un alibi. "Caroline!" la
chiamai, sperando che ci avrebbe coperti a sufficienza "vuoi venire di
sopra con noi, andiamo a vedere il DVD dello Schiaccianoci..."
Caroline corse immediatamente via dal salotto, correndo per le scale
senza dire una parola e con un sorriso innocente che ne sapeva una
più del diavolo. Mentre noi, calmi, avevamo appena messo piede
sul corridoio del secondo piano, dove c'erano la sua stanza e quella di
Allison, la vedemmo correre come un razzo fuori dalla stanza di Allison
con quella che probabilmente era la custodia di un DVD e corse a
chiudersi in camera, non prima di averci fatto l'occhiolino ed
averci augurato la buonanotte. Che peste!
Entrammo allora in camera di Allison e io mi allungai sul letto a peso
morto, distrutto dal tour de force culinario che avevamo portato a
termine poco prima. Allison mise un po' di musica allo stereo e venne a
stendersi accanto a me, poggiando la sua testa sul mio torace. Era il
momento. Anche la canzone
che c'era in sottofondo sembrava essere fatta apposta per l'occasione.
Il mio cuore iniziò ad accelerare i suoi battiti e sentivo la
gola riarsa di botto.
"Che c'è? Sei nervoso?" chiese Allison. Mi chiesi se per caso
non avesse letto la mia mente, ma molto semplicemente accostandosi al
mio torace aveva solo sentito il mio cuore battere forte. Presi un bel
respiro e sputai il rospo: "Cosa stiamo facendo?" domandai. Lei,
ovviamente non capì. "Cioè ... so che ne abbiamo
già parlato ma ... vorrei capire ... cosa c'è tra noi
due?"
"Non so, non ne ho idea" rispose lei senza riflettere neanche per un
istante "ma che importanza ha?". Forse per lei non aveva importanza, ma
per i miei nervi era un'informazione vitale. "Voglio dire" riprese"io
sto bene con te, tu stai bene con me?"
"Sì" risposi, senza ombra di dubbio sì. E l'omino del mio
cervello saltava di gioia all'idea che anche lei stesse bene con me.
"Perfetto" sentenziò lei, pensando di poter chiudere lì
il discorso. E per un attimo lo pensai anch'io: le sue labbra aperte in
un sorriso, i suoi occhi vivaci nello scrutarmi, le sue gambe che, per
girarsi e rivolgersi a me, si erano intrecciate con le mie, e le mani
che non la smettevano di giocare con le mie, erano per me la peggiore
distrazione che potesse capitarmi.
Ma mi imposi - e lo imposi anche al mio fratellino con una certa fatica
- di riprendere il controllo e un certo contegno così proseguii.
Non avevo certo finito io.
"Non siamo obbligati a metterci un'eticherra. Lo capisco, lo accetto."
Non lo capivo e non lo accettavo, ma se era il prezzo da pagare lo
avrei fatto pur di averla per me. "ma ho bisogno di sapere che ... come
posso essere sicuro che domani mattina non avrai cambiato idea..."
Vidi la sua espressione cambiare, man mano che scandivo con attenzione
le mie parole. La vidi farsi seria, staccarsi da me, distogliere lo
sguardo. La vidi tirarsi su e pensare ed io la seguii a ruota,
mettendomi a sedere accanto a lei.
"Senti" iniziò "non posso darti ciò che vuoi ...
perché non ho la minima idea di cosa sia." In tutti i suoi
difetti, la sincerità era il migliore. Feriva, ma almeno apriva
gli occhi. "Guardo le persone attorno a me e non ci capisco niente ...
cosa provano marito e moglie tra loro? E un fratello e una
sorella? Due ragazzi che al parco si baciano su una panchina? Due
amici? Quanti tipi di amore ci sono e come si distinguono ... io non ne
ho la più pallida idea."
Mio Dio. Quella testolina era ancora tanto incasinata. Non dava a
vederlo, ma c'era una bella confusione. E quanto ancora se lo sarebbe
tenuto dentro se non le avessi parlato?!
"Quello che non posso dare a te, Tyler, non posso darlo né a me
stessa né a nessun altro" mi disse. "Ma una promessa posso
fartela" aggiunse "non ci sarà mai nessun altro a cui
darò il permesso di amarmi"
Persi un paio di battiti, come minimo. Era come una confessione d'amore, forse anche meglio.
"Perché?" domandai, tentando di trattenere le lacrime.
"Esiste
davvero l'amore o è solo una montatura che facciamo finta ci
vada bene per non rimanere soli? Non lo so, ma sento che quello che tu
provi per me è sincero, onesto. Ho bisogno di un amore
così"
Sai
che ti amo, amore mio. L'hai capito e lo vuoi. Nel tuo cuore c'è
confusione, ma se me lo permetterai ti aiuterò a capire meglio
come va il mondo. Non c'è solo il marcio...
Presi la sua mano e la
baciai, piano. Poi, con entrambe le mani, mi appropria del suo volto,
baciandone ogni angolo, lasciando per ultime quelle labbra che sapevano
dire le parole più più profonde, che avevano colpito
diritte al mio cuore.
Mi presi tutto il tempo
del mondo per venerare quella labbra, con una delicatezza che forse
neanche un artista mette davanti alle sue opere. Ed il tempo
sembrò regalarci se stesso, fermandosi, concedendoci la lentezza
necessaria per approfondire e apprezzare ogni gesto, ogni tocco, ogni
flebile carezza.
Mi alzai ed interruppi
quei baci controvoglia. Dovevo chiudere la porta a chiave se non
volevamo essere interrotti. Spensi anche la luce; neanche un passo al
buio e mi ritrovai Allison addosso, che aveva arpionato le braccia al
mio collo, e le sue mani scorrevano morbide tra i miei capelli. Sentivo
le sue labbra sorridenti sulle mie e entrambi ci lasciammo andare a
delle risatine, quasi sciocche, quando veramente a fatica ci lasciammo
cadere per terra, perché era troppo buio per raggiungere il
letto. Ma quando la vista sembrò abituarsi, ritrovai i suoi
occhi e lei ritrovò i miei, entrambi luccicanti di emozione. Ci
stavamo ritrovando ancora e forse nessuno dei due se lo aspettava.
Dal salone, sebbene in lontananza, si percepiva il tintinnare di cristalli ed un vociare festoso.
"Buon Natale" mi disse,
regalandomi l'ennesimo bacio. Qualcosa mi diceva che quella notte non
sarei tornato a casa a dormire. Qualcosa mi diceva che quella notte non
avrei dormito. Punto.
NOTE FINALI
Chiedo
venia per il mio immane ritardo. Ma come ho già spiegato sul
gruppo di FB, il primo finale non mi piaceva per niente.
Spero che questo vada meglio. Qualcosa mi dice che è così.
Le cose sono un po'
incasinata, ma Tyler ama troppo Allison per tenersi strette le sue
ragioni e lascia vincere Allison pur di non perderla. Chissà
dove li porterà tutto questo.
Per ora vi lascio questo
capitolo e credo che prima di un mese non ci risentiremo. Spero inoltre
di potervi portare la prossima volta anche una piccola sopresa... non
vi dico nulla però
Fatevi sentire numerosi
à bientot
Federica
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