Piccolo peccato, non piangere.

di crisalide
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Piccolo peccato, non piangere.






Sotto ad un cielo di draghi, incubi e distorte speranze avevano fatto della Terra loro dimora, impregnando l’aria
del loro acre odore- sotto questo cielo- il sole non arrivava.
Splendeva lontano, in una corte di nubi.
Se le intemperie di secoli fossero passate sulle mie membra e mi avessero resa terra e roccia, lasciando solo uno
scheletro tra la polvere e il cielo – se questo fosse accaduto- torneresti da me?
Getteresti l’acqua del tuo cuore pesante ai miei piedi e sulle mie membra secche, come fossi un fiore stanco – renderesti
 il mio grembo ancora pesante- per portare tutto via?
Allora la pelle di nuove prenderebbe vita, pallida, pallida vita – e le labbra si tingerebbero del colore del sangue,
accarezzate dalle volute dei capelli annodati dal vento- allora, i miei occhi sarebbero tuoi.
E il ventre si ingrosserebbe impedendo i movimenti più piccoli, sotto a questo cielo, e una vita stanca chiuderebbe
per sempre gli occhi per lasciare posto a nuove membra, nuovi pensieri ed emozioni, nuovi singulti- imbrattati di sangue e sudore.
Lasciarli scorrere, questi anni.
Questi anni di bestie sono trascorsi e passati sotto alle sfumature dei grigi, lasciando ossa sempre più sottili – non più polsi –
come lapidi e parole e tombe.
Sono passati millenni amore, ma i draghi volano ancora alti, nei cieli.
I loro ventri scorrono molli sulla terra rubando la vista del più piccolo raggio di sole, e le stelle ormai, sono scomparse.
Si sono mosse per altri firmamenti.
In questa terra dove gli incubi e le distorte speranze hanno fatto nidi di tenebra, e da essi sono usciti strisciando i loro
immondi figli d’orrore, a corrompere il mondo – in questa terra, non ci sono nemmeno più ossa, ad attenderti.
Solo il fantasma di un’anima a pezzi, in disfacimento e ghignante porta i suoi passi per questi luoghi, urlando al cielo e
strappandosi peccati dalle carni, che carni non sono; piccoli, tenui peccati a formare un banchetto per i corvi, a scatenare
riti sarcofagi tali da straziare la terra, che tremante nel buio singhiozza.
Oh amore, tu dovresti immaginare!
Orge di corrotti con le anime esposte in una nera parata non di sentimento ma di putredine, un puzzo abominevole amore,
ma adatto alle bestie quali siamo! E i denti e le unghie amore, gettati nell’aria come coriandoli, poiché quest’oggi ci uniremo
 in matrimonio, e alla terra fertilità e augurio ritorniamo, o almeno l’umile dono dei nostri cadaveri!





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