Un Tranquillo Interludio
*Disclaimer*
I personaggi
presenti in questa OS sono © Margaret Weis & Tracy
Hickman e la sottoscritta non esercita alcun diritto su di
essi.
Era una bella giornata
d’inizio estate, il sole risplendeva sulle acque del lago
Crystalmir che scintillavano luminose, dando l’impressione di
essere una grande pietra preziosa. I compagni erano diretti a casa
verso Solace, dopo aver accompagnato Flint ad Haven per alcuni suoi
affari: il caldo era soffocante e l’acqua del lago sembrava
offrire un allettante refrigerio a cui molti del gruppo stavano
pensando con bramosia.
«Oh che
darei per farmi un bel bagno ora!» disse Caramon, guardando
desideroso le acque calme che costituivano una grande tentazione.
«Acqua! Che
Reorx mi fulmini se ci metterò piede dentro! I nani non sono
fatti per bagnarsi!» Flint mostrò la solita
riluttanza (che mascherava un bel più profondo terrore )
all’idea di rischiare la sua vita nelle insidiose acque che
già una volta lo avevano trascinato malignamente sul fondo.
«Dai Flint!
Andiamo! Ti ricordi quella volta in cui Caramon ti stava facendo
affogare? È stato davvero interessante, dici che potrei
provare anche io? Caramon puoi fare affogare anche me?
Anche se non proprio
del tutto, immagino che una volta affogati non si possa più
dire com’è l’esperienza…
però magari potrei incontrare qualche dio… credi
che ci sia qualche dio quando si muore? Magari il dio degli annegati,
sarebbe davvero interessante conoscerlo!» Tasslehoff come al
solito iniziò ad entusiasmarsi all’idea di provare
qualcosa di nuovo ed interessante, ma Flint non sembrava essere
d’accordo col kender:
«La vuoi
piantare, stupido pomolo di porta che non sei altro? Io in acqua non ci
metto piede!»
«Non credevo
che un mastro nano così temerario e abile, potesse essere
terrorizzato fino a questo punto da qualche goccia
d’acqua!» allettato dal discorso, il sarcasmo
sprezzante di Raistlin non tardò ad arrivare, acuendo
l’ira (e l’imbarazzo) del nano che si vide
attaccato verbalmente su più fronti.
«Chi
è terrorizzato?! Mago da strapazzo, io non sono
terrorizzato! Reorx non ci ha creati per stare in acqua, altrimenti
avremmo le branchie! Perché mai dovrei andare contro la mia
natura e rischiare la vita? Soprattutto in presenza di quel tuo enorme
fratello!»
«Su dai
Flint, è stato solo un incidente, non capiterà
più!» Caramon fece un sorrisino tra il divertito e
il colpevole, mentre dava uno sguardo indagatore al nano ed uno pieno
di desiderio al lago.
In quel momento
sopraggiunsero Tanis, Kitiara e Sturm che si erano attardati lungo la
strada e il mezzelfo diede una rapida occhiata al gruppo: vide il volto
paonazzo del nano, il sorrisino sarcastico sul volto di Raistlin e
l’aria tra il divertito e il colpevole di Caramon e
capiì che tra loro era in corso una disputa. Il kender come
sempre, era al di sopra di ogni malumore.
«Cosa sta
succedendo qui?» chiese Tanis «Perché
siete bloccati in mezzo alla strada a litigare?»
«Ciao Tanis!
Io e Caramon volevamo farci un bagno nel lago, allora ho chiesto a
Flint com’è stato affogare perché
volevo provare anche io un’esperienza così
interessane ma lui si è arrabbiato e Raistlin ha detto che
aveva paura, ma non lui, Flint, anche se non ho mai visto nuotare
nemmeno Raistlin… Caramon ha fatto affogare anche te,
Raistlin?»
«Io non ho
paura dell’acqua!» tuonò Flint,
irrimediabilmente offeso per quella continua sequela
d’insulti alla sua dignità di nano «E
non resterò un secondo di più a spiegare a voi
sciocchi perché un nano non può galleggiare!
Fatevi pure il vostro dannato bagno ma non aspettatevi che mi unisca a
voi!» detto questo, il nano s’incamminò
verso un albero lungo la strada, già pronto a intagliare un
pezzo di legno che stava per estrarre da una delle sue borse, insieme
al coltello.
Kitiara rise di gusto
godendosi tutta la scena e iniziò ad incamminarsi verso le
sponde del lago: «Mastro nano non sai cosa ti perdi, un bel
bagno rinfrescante è proprio ciò che ci vuole
ora! Tanis, chi arriva ultimo paga pegno!» Kitiara
accarezzò il torso del mezzelfo in un modo che mal celava la
vera natura del fantomatico pegno, il che fece arrossire Tanis fino
all’apice delle sue orecchie a punta e mentre la spadaccina
era già in corsa verso il lago, il mezzelfo
riuscì a balbettare una timida risposta:
«Beh…
suppongo che non possa che farci bene una rinfrescata!»
così dicendo corse ad inseguire la sua riccioluta compagna,
che aveva appena terminato di denudarsi per tuffarsi in acqua.
Sturm dal
canto suo, aveva cortesemente girato lo sguardo non appena Kitiara
aveva iniziato a spogliarsi e non accennava a seguire il gruppo in
acqua, mentre Caramon trovò il tempo di criticare il
comportamento della sorellastra.
«Certe volte
Kit è proprio priva di pudore!» esclamò
imbarazzato.
«Come se non
sapessi di che pasta è fatta nostra sorella,
Caramon!» gli rispose di rimando Raistlin in tono irritato,
lasciando il suo gemello interdetto.
«Ma
Raist…»
«Oh insomma!
Vai a fare questo dannatissimo bagno, altrimenti ci toccherà
pernottare sulle rive di questo lago!» Caramon
abbassò il capo in atteggiamento dimesso e decise di non
indugiare oltre, quando ad un tratto, come preso da una consapevolezza
improvvisa, si fermò: «Tu non vieni,
Raist?» chiese al suo gemello, riluttante all’idea
di lasciarlo solo.
«No fratello
mio, non vengo, non intendo ritrovarmi con una polmonite entro
stasera.» rispose Raistlin sospirando.
Consapevole della
salute malferma del fratello, che gli proibiva anche un piccolo piacere
come quello, Caramon si sentì d’un tratto
colpevole: «Allora non andrò nemmeno io Raist,
resterò qui a farti compagnia.»
«Per
l’amor del cielo, Caramon! Sei stato tu ad iniziare questa
stupida storia del bagno, ora va’ in quel dannatissimo lago e
nuota! Io devo esercitarmi con gli incantesimi, mi saresti solo
d’impiccio!»
Alle dure parole del
gemello, Caramon rispose scusandosi: «Ha… hai
ragione Raist, sono uno stupido come al solito! Allora vado
così non ti disturbo!» così dicendo si
diresse verso le rive del lago, pronto ad alleggerirsi degli abiti per
unirsi al gruppo in acqua.
Raistlin vide il
fratello allontanarsi e sospirò sollevato, quindi
s’incamminò verso un altro albero solitario che
sorgeva sulle rive del lago, dopo essersi accertato che nessuno
l’avrebbe seguito.
«Ma
chi voglio prendere in giro? Nessuno qui desidera la mia
compagnia!»
Era trascorso qualche
anno ormai, da quando i due gemelli erano entrati a far parte di quel
gruppo male assortito di compaesani, una raccolta di storie infelici
ritrovatesi in quel villaggio che era una vera delizia per gli occhi e
che sembrava portare nel suo nome la sua essenza: Solace.
Un sollievo, questo
infatti era quel luogo per molti dei suoi abitanti: una piccola oasi di
pace, un rifugio pacifico tra i vallenwood in cui rifarsi una vita e/o
dimenticare quella vecchia. Lo era di certo per il nano, che si
rifiutava di parlare del suo luogo natio e lo era sicuramente anche per
il mezzelfo, il cui dolore era palese sul volto ogni qual volta si
accennava alla patria degli elfi. Anche Sturm era a Solace per sfuggire
ad una vita pericolosa: sua madre era scappata da Palanthas col figlio
dodicenne qualche anno prima spinta dal marito, un cavaliere di
Solamnia decaduto che aveva promesso di raggiungerla non appena avesse
sistemato la sua posizione.
Purtroppo
però Sir Brightblade non dava notizie di sé da
anni, eppure suo figlio Sturm continuava a sperare di rivederlo e
viveva ogni giorno della sua vita da cavaliere, onorando il Codice e la
Misura per essere degno del cognome che portava.
In quel momento il
suddetto giovane aspirante cavaliere si sentiva tremendamente
combattuto: le acque del lago erano invitanti, ma lui non si sarebbe
mai denudato in presenza di una donna, nonostante sapesse che Kitiara
non era proprio una persona che badava alle formalità.
Così il solamnico era rimasto sul ciglio della strada, non
sapendo cosa fare: era improponibile avvicinarsi al mago, i cavalieri
avevano sempre avuto una saggia diffidenza verso gli usufruitori di
magia e questo in particolare, aveva anche un carattere
tutt’altro che amabile, anche se Sturm non poteva negare che
Raistlin avesse un’intelligenza fuori dal comune…
considerando però la lingua tagliente del mago e la certezza
che ne avrebbe fatto largo uso se gli si fosse avvicinato, Sturm
ritenne molto più salutare e piacevole raggiungere il nano,
che per quanto burbero potesse essere, di sicuro non
l’avrebbe sferzato con del crudele sarcasmo.
Raistlin
osservò la scena e contorse le labbra in un sorriso sghembo,
ironizzando sul comportamento del solamnico, ma soprattutto deridendo
se stesso, incapace di ricevere l’attenzione di qualcuno che
non fosse il suo opprimente gemello. E in quel momento era ancora
più palese la differenza tra i due: Caramon era in acqua a
divertirsi e fare caciara con Tanis, Kitiara e Tasslehoff, amato e
cercato da tutti per il suo carattere cordiale e sincero. Lui invece
era l’Astuto, quello che parlava troppo, che diceva le
verità scomode che nessuno vuol sentire… non era
di certo di compagnia! Se poi si aggiungeva anche la sua salute
delicata, che ben pochi divertimenti gli aveva concesso sin
dall’infanzia, l’essere solo era una conseguenza
più che ovvia.
Eppure vedere questa
differenza così profonda tra lui e il suo gemello,
quell’altra parte di sé da cui era stato separato,
gli faceva ancora male.
Riparato
dall’ombra dell’albero che gli celava il viso,
Raistlin si concesse di cedere per un attimo all’invidia,
guardando suo fratello e gli altri divertirsi: persino Sturm era
intento in un discorso che lo prendeva molto, a giudicare
dall’espressione con cui ascoltava e rispondeva a Flint.
Tutti coloro che lo circondavano si stavano relazionando con qualcuno
tranne lui, come al solito.
Il senso di solitudine
gli oppresse per un momento il cuore e Raistlin dette in un profondo
sospiro. Abbassando lo sguardo, ritrovò adagiato sulle sue
gambe il libro di incantesimi che stava studiando; in un attimo gli
occhi azzurri del giovane diventarono due lastre di vetro
impenetrabili: quella era la sua vita, la risposta a tutte le sue
domande, la soluzione per tutti i suoi dolori: la magia. Per essa
avrebbe vissuto e sarebbe diventato forte, non aveva bisogno di
nient’altro al mondo. Quegli sciocchi sentimentalismi
dovevano essere dimenticati, gli avevano solo fatto perdere del tempo
prezioso da dedicare allo studio. In un attimo il giovane mago
tornò ai suoi studi, dimenticando dov’era,
dimenticando le sofferenze del suo animo, per dedicarsi esclusivamente
a ciò che sarebbe diventata la ragione della sua vita.
Il tempo del ritorno
degli dei era ancora lontano, i draghi erano ancora creature della
leggenda e quello che avrebbe costituito il nucleo degli Eroi delle
Lance, in quel pomeriggio d’estate era solo un gruppo di
amici che si godeva un tranquillo interludio di pace.
___________________________________________________________________________________
NDA
Il
mio Agosto 2011 è stato segnato tra le tante cose, dalla
lettura di alcune fanfictions su Dragonlance (e qui non posso non
citare la trilogia di Vania
Major che trovo davvero ben fatta, e il mio
cuoricino sa quanto mi stia facendo sognare [Very very Thanks Vania!]!
*_*
A
furia di leggere, a quanto pare la mia parte egocentrica ha voluto
provare a scrivere qualcosa a riguardo, e complice un pomeriggio al
mare, mi è venuta in mente questa one-shot, ambientata nel
periodo in cui i nostri eroi erano solo semplici abitanti di Solace,
accomunati dalle tragedie delle loro vite.
Chi
mi conosce sa bene quanto io profondamente ami questa saga, eppure non
avevo mai provato a scrivere alcunchè al riguardo, quindi
è stata una bella esperienza per me far capolino in Ansalon
e tentare di descrivere un pezzo di passato dei Compagni.
Ergo,
ringrazio tutti coloro che leggeranno e commenteranno, partecipando al
mio modesto contributo in questo fandom e sperando che sia di vostro
gradimento ^ ^
|