Data di creazione: 5-10 maggio 2006.
Un grazie ai miei beta: Diana (Kimber), Laura (LilithTheFirst), Daniela (Izumi) e Davide (DK86).
Il primo capitolo di questa fanfiction è liberamente ispirato a Swing Time (Follie d'Inverno, 1936) con Ginger Rogers e Fred Astaire; l'idea della storia è partita dalla visione del film, il resto è venuto da sé. Per chi fosse interessato, una piccola presentazione-gif è reperibile a questo indirizzo.
Buona lettura!
Vostra,
CharlotteDoyle
P.S.: chi rintraccia i riferimenti nascosti vince una borsa di studio per Hogwarts. Tutti i misteri dietro ai nomi di questa fanfiction saranno svelati nel capitolo finale.
1. A fine romance
“E’ che non ne hai
il coraggio,” disse Ginny.
Hermione si voltò verso
l’amica, con aria confusa; questa stava sistemandosi il vestito da
damigella davanti allo specchio, e quasi sembrava ignara del fatto di aver
appena parlato: un’espressione assai poco convinta si nascondeva
malamente nel suo sguardo. Erano sole nella stanza, avevano fatto tardi
apposta pur di perdersi la maggior parte della vestizione della sposa,
cominciata appena alle sei di mattina. Al momento, erano talmente prese dalla
loro preparazione da non essersi scambiate più di qualche parola.
Cos’era questa storia del coraggio?
“Che cosa?” disse
Hermione.
“Non ne hai il
coraggio,” ripeté Ginny.
“Il coraggio di fare
cosa?”
“Non hai il coraggio di
baciarlo.”
“Ginny? Che razza di
storie sono queste?”
“Lo sai benissimo,”
disse Ginny. “Ti aspetti che lo faccia lui, che sta messo peggio di te,
perché tu non hai-“
“-il coraggio?”
disse Hermione, gli occhi spalancati.
“Esatto. Bei Grifondoro
che siete tutti e due.”
Hermione sospirò, e
scostò lo sguardo.
“Oh, davvero, Gin,”
disse. “Non capisco come ti vengano in mente certe
cose.”
“Cosa intendi per
‘certe cose’?”
“Il fatto che io mi
aspetti… che so, che Ron mi baci,” disse Hermione (le ultime
parole in una corsa precipitosa), facendo di tutto per non incontrare lo
sguardo dell’altra.
“Oh, quello! Be’, tu
sei carinissima quando vaghi con la mano sotto il tavolo per afferrare la
sua.”
Hermione arrossì
vistosamente.
Forse per la vergogna di un
risultato tanto scarso. Due settimane a Privet Drive, due alla Tana, e tutto
quello a cui erano arrivati era tenersi per mano. Patetico.
Ginny continuò, facendo
finta di niente. “Per questo adesso ti giustifichi dicendo a te stessa
che tu la tua mossa l’hai fatta, così tocca a lui
baciarti.”
“Questo è un
discorso stupido e ingiusto.”
“Infatti. Ma altrimenti
dovresti dire: ‘non lo faccio perché non ne ho il
coraggio’”.
“Ginny!”
“Eh?”
“Se pensi di incastrarmi
con i tuoi giochetti psicologici…”
“I miei giochetti
psicologici? Vorrei ricordarti che qui dentro la manipolatrice sei tu,”
disse Ginny.
“Manipolatrice?
Io?”
“Per gli affari degli
altri, poco ma sicuro. Certo, però, ancora non sei riuscita con mio
fratel-“
“Oh, basta,
smettila!”
“Sei una fifona e non
riesci a prendere in mano la situazione. Magari non lo vuoi
neanche!“
“Lo voglio,
invece!”
La porta in quel momento si
aprì; un volto dall’aria canzonatoria si affacciò
all’interno della stanza.
“’Lo voglio’
cosa, Hermione? Stai facendo forse le prove per il tuo matrimonio con
Ronniekins?” disse Fred.
Ginny guardò la faccia
strabiliata di Hermione e si mise un pugno in bocca per non ridere.
Hermione le lanciò
un’occhiataccia, e poi tornò a Fred, indignata. “Tu non
potresti entrare qui dentro, ci stiamo vestendo.”
“Oh, ma io non ho
intenzione di entrare,” rispose Fred amabilmente, “e comunque voi
dovreste essere già pronte da un bel po’ di tempo; mi ha mandato
mamma a chiamarvi, perché non siete da Fleur?”
Le due ragazze non risposero e
guardarono da un’altra parte.
Fred scosse la testa. Disse:
“Siete veramente delle streghe.”
Istantaneamente due cuscini lo
colpirono in faccia.
“Ehi, era solo… una
constatazione!” protestò lui.
Si affacciò allora anche
George.
“Dài, Gin, fallo
per Bill,” disse.
“E Hermione, tu fallo
per-“
Hermione fulminò Fred con
lo sguardo, andò alla porta e gliela chiuse in faccia. Lei dopotutto
sarebbe potuta andare; era pronta, e pure si sarebbe svegliata prima se avesse
voluto, se solo Ginny non le avesse proposto di fare altrimenti. La più
piccola dei Weasley ancora non era riuscita ad accettare Fleur in famiglia,
nonostante tutto, e al momento Hermione non poteva far altro che starle
accanto, non tanto per Fleur, quanto per Harry.
Erano due settimane che cercava
di mettere pace, e invece... Ginny era insofferente. Harry era insofferente.
Lei e Ron litigavano.
Be’, forse questa era
semplice routine.
Anche se da un po’ di
tempo si sarebbe aspettata altro.
“Gin,” disse.
“Sì?”
“D’accordo, ci
vado.”
L’amica sogghignò.
Hermione parve non farci caso, e lentamente uscì dalla stanza, finendo
per trovarsi in un corridoio desolato. Solo, dal piano di sotto una gran
confusione.
Le mani le tremavano,
così le strinse in due pugni. Prese un gran respiro e corse fino al
piano di sopra. Irruppe nella stanza con tanta foga da far sobbalzare Ron sul
posto.
“He-
Hermione…”
Lei si avvicinò
silenziosamente, lo sguardo deciso. Oh, sì, lui era molto alto, ma lei
portava i tacchi quel giorno. Poteva farcela.
Si fermò proprio davanti
a lui. Poteva farcela.
Ancora in silenzio, si sporse in
avanti per raggiungere il suo viso, ma Ron, sorpreso e terrorizzato, fece per
ondeggiare indietro.
Hermione si bloccò. Lo
guardò con occhi fiammeggianti, e ancora si sporse verso di lui, e
ancora lui si scostò un poco, guardandola quasi come se fosse
pazza.
Era inutile.
Hermione si
ricompose.
“Ehm…?”
Hermione sorrise. Alzò le
braccia, come a mo’ di illustrazione, e disse: “Ecco, volevo
sapere cosa pensi del vestito. Mi sta bene?”
Ron, abbastanza perplesso (per
non dire scioccato), preso alla sprovvista da una domanda così poco da
Hermione, la guardò un poco e poi riuscì almeno a balbettare:
“E’... è molto carino.”
Molto carino.
Gìà era
qualcosa.
Ron inghiottì a forza, e,
visto che Hermione continuava a fissarlo, sentì come il dovere di
parlare ancora.
“Ti sta bene,
sì.”
“Bene,”
ripetè meccanicamente Hermione. Molto lentamente, girò sui
tacchi e fece per uscire.
Che conversazione folle! Avrebbe
fatto bene a dire a Ginny di impicciarsi degli affari suoi, pensò,
mentre afferrava lo stipite della porta con una mano.
“Aspetta!” disse
allora Ron.
Hermione si voltò,
chiudendo la porta con uno scatto. Il ragazzo si avvicinò un
poco.
“Voglio dire, è
magnifico,” disse.
Con un altro passo le si
parò davanti.
“Er…” disse
Hermione.
“Il vestito,” disse
Ron. “E’ magnifico. Tu… tu sei
magnifica.”
“Grazie,” disse
Hermione con appena un filo di voce.
Era come se improvvisamente
fosse stato illuminato con la spiegazione delle azioni di Hermione di poco
prima. Qualcosa lo aveva scosso? Si era improvvisamente svegliato dal torpore
con il quale aveva convissuto per sedici anni? Cosa stava
succedendo?
Be’, dopotutto c’era
da aspettarselo. Nelle ultime settimane, negli ultimi giorni, sin dalla morte
di Dumbledore, si erano avvicinati sempre di più, si trovavano sempre
più a loro agio l’uno con l’altra…
No, ok, queste cose già
si sapevano.
Fatto sta che adesso lui le
stava prendendo il viso tra le mani, e quindi, per esclusione, cosa sarebbe
potuto succedere dopo?
Uno scossone dietro alla
schiena. Parecchio violento. Hermione aveva immaginato che il suo primo bacio
con Ron sarebbe stato stravolgente, ma non fino a questo punto.
Solo che il bacio non
c’era stato. La porta dietro di lei si era aperta, e lei era andata a
sbattere contro di lui, testa contro testa, e sì, forse a quel punto le
loro labbra si erano toccate, ma-
“Ron?”
Harry era entrato nella stanza,
solo per ritrovare i suoi amici distesi per terra (effetto domino!), prima una
sopra l’altro e un momento dopo subito separati, i volti in
fiamme.
Mai quanto il suo.
“Hermione,” disse,
come a notificare anche la sua (ingiustificata) presenza.
Disse: “Scu…
scusate…”
“Fermo!” dissero i
due insieme, balzando in piedi.
“Che cosa hai
pensato?” disse Hermione.
“Sì! Lei era solo
venuta per-“ disse Ron.
“E ci hai buttato a terra
perché eravamo dietro alla porta!” disse Hermione, e
assicurandosi che il vestito stesse ancora a posto, fece per guardare male
l’amico appena arrivato. “Avete una mania di entrare senza
avvertire…!”
“Ehi,” disse Ron,
“anche tu prima-“
“Oh, finiscila!”
disse Hermione.
“Finiscila cosa? Comunque
non stavamo facendo niente, Harry,” disse rivolgendosi
all’amico.
“Infatti, proprio
niente,” disse Hermione a Harry; poi, a Ron: “Finiscila cosa,
finiscila e basta!”
Ron rimase in silenzio per un
poco. Poi scosse la testa, sconsolato.
Hermione uscì lanciando
un’altra occhiata malevola a entrambi i ragazzi, e sbattendo la porta
dietro di sé.
Harry assunse un’aria
mortificata.
“Davvero non sapevo che
lei fosse qui, mi dispiace,” disse.
Ron agitò una mano come a
voler rassicurare Harry, e allo stesso tempo voler cacciare qualcosa
nell’aria. Poi, si sedette sul suo letto e affondò il viso in
entrambi i palmi.
Disse: “Sono un caso
disperato, lei era venuta qui per…”
“Per?”
“Non lo so, sembrava
intenzionata a… e io non capivo, non lo so, sono davvero un
imbecille…”
Si scoprì di nuovo il
volto e fissò l’espressione di Harry. Non sembrava molto
felice.
Sì, doppiamente
stupido.
Ginny e tutto il
resto.
“Lascia perdere,”
disse. Si alzò e prese a lisciarsi il vestito, un poco stropicciato
dalla caduta.
Dài, forse era un inizio.
Forse un poco l’aveva baciata. Giusto così, toccata e fuga. O, in
quel caso, toccata e caduta.
“La inviterai a ballare
oggi?”
Ron si voltò nuovamente
verso l’amico. Sospirò.
“Che ne so, non lo so. Che
posso saperne?”
“E’ una cosa che sta
a te decidere.”
“Sì, certo,”
disse Ron. “Sai, forse dovresti ballare tu con lei.”
“Che?”
“Sì, be’,
perché altrimenti… mamma non sa niente, lei potrebbe pensare di
farti ballare con Ginny. Che ne so.”
“Non è quello di
cui stiamo parlando adesso,” disse Harry.
“Sì invece, di cosa
stiamo parlando?”
“Non stiamo parlando di me
e Ginny. Stiamo parlando di te e Hermione.”
“Sì, io e
Hermione… Hermione ed io… siamo tuoi amici,
Harry.”
“Tu stai fuori di
testa!”
Harry si alzò e
uscì dalla stanza. Ron si buttò sul letto (il vestito nuovamente
stropicciato).
Sono un vero cretino.
Così scostante ultimamente Harry, e tirare pure fuori Ginny? E seccarlo
con le sue paranoie su Hermione?
A che servono gli
amici?
Lasciamo perdere. Non fosse
stato per tutto quello che gli era successo… sarebbe anche
andato.
Ma adesso?
Sgusciò fuori anche lui e
prese a scendere le scale.
“Harry?”
chiamò.
Ginny si affacciò dalla
sua stanza e disse: “Ha incontrato Fred e George ed è andato ad
aiutarli con i fuochi d’artificio.”
“Bene,” disse Ron,
volendo intendere tutto il contrario. “Tu cosa fai ancora lì
dentro?”
“Tu cosa fai ancora
lì dentro?” ripetè la sorella, con aria indignata.
“Cosa faccio qua dentro? Cerco di riparare ai danni da te causati, ecco
cosa faccio!”
“Hermione?” disse
Ron tra sé e sé. Poi, più forte: “Mica starà
piangendo?”
“Quanto sei
insensibile!” disse Ginny.
“Sta
piangendo?”
“Non sono affari
che-“
“NON STO PIANGENDO E NON
HO INTENZIONE DI FARLO!” disse la voce secca di Hermione
dall’interno della stanza.
Ginny si girò verso di
lei e le rivolse qualche parola a bassa voce.
Prima Harry, pensò
Ron. E proseguì per le scale.
“E’ solo entrato
Harry, Gin, e non è successo niente. Fine della
storia.”
“Mio fratello è un
imbecille,” disse la ragazza.
“Senza alcun
dubbio.”
“Ed è anche colpa
di Harry!”
“Macchè, è
stato un caso. E quella mania che hanno…”
Strinse i pugni e fece quasi per
stritolarsi le mani.
“Proprio non ti viene da
piangere?” disse Ginny.
“Figurati. No!
Perché questa storia del piangere ora?”
“Così se viene
mamma possiamo dirle che abbiamo avuto un problema. E possiamo scaricare la
colpa su Ron,” disse Ginny.
Hermione
sospirò.
“Sai, certe
volte-“
“Oh no,” disse
Ginny. “Non osare dire che sono peggio di mio fratello, sei tanto buona
e cara, ma proprio non sono interessata a pomiciare con
te.”
“Il fatto è che
preferirei vedervi insieme piuttosto che battibeccare continuamente,”
disse Harry. “Anche se ho lasciato Ginny.” (Classica battuta piena
di nobiltà d’animo, cos’era diventato tutto d’un
tratto?).
“D’accordo, ma
ecco-“
“Lo so che ti piace, Ron.
Vuoi il mio permesso per poterla baciare o... o fare qualsiasi altra
cosa?”
“No, be’, forse
sì; in realtà-“
“Cosa?”
“Ho fatto di tutto. Lo sai
che ci ho provato,” disse Ron. “Semplicemente, non è il
caso. Non ora. Forse, più avanti…”
“Neanche sappiamo se ci
sarà un ‘più avanti’!”
Rimandi sempre le cose
importanti perché ti viene più facile, gli avrebbe detto
Hermione. Sei così pigro!
“Va bene, cosa dovrei
fare?”
“Vai e baciala,”
disse Harry.
“Ehi, mica
puoi-“
“Me lo hai chiesto tu, di
dirti cosa devi fare. E io dico: vai e baciala.”
“Ma
io-“
“E’ che non ne hai
il coraggio.”
“Che
cosa!?”
“Non hai il coraggio di
farlo,” disse Harry.
“Non è vero,”
disse Ron.
“Non hai il coraggio di
fare questo.”
Oh my.
“Certo che ce
l’ho!”
“Allora fallo,”
disse Harry.
Ron rimase in silenzio per
qualche secondo, l’espressione vuota.
“Certo,” disse
poi.
Disse: “Adesso ci
vado.”
E sparì dalla vista di
Harry.
Con il ragazzo i giochetti
psicologici funzionavano ancora bene come negli anni Trenta.
Ancora una porta aperta con
foga.
“Ron!”
esclamò Ginny.
Il ragazzo fece un mezzo
sorriso, e lanciando occhiate significative alla sorella cercò di farle
capire che voleva rimanere solo con Hermione. Ginny non diede segno di aver
afferrato.
“Che cosa vuoi?”
disse Hermione, secca.
“Ehm,” disse lui.
“Veramente vorrei… scambiare due parole con
te.”
Ginny schioccò la lingua
e si alzò.
“Oooh, quanto si è
fatto tardi!” disse, facendo finta di guardare un orologio da polso
inesistente. “Bisogna andare da Fleur!” (Fleur!
Phlegm?)
“Hai ragione,
Ginny,” disse Hermione. “Mi dispiace, Ron-“
Ma Ginny era già
all’uscita della stanza, e sorrise all’amica come a volerla
minacciare.
Disse: “Be’, in
caso raggiungimi quando avete fatto!”
E, chiudendo la porta dietro di
sé, li lasciò uno davanti all’altra, soli.
Per poco.
“E non fate niente
sul mio letto!”
Sbam.
Hermione e Ron si fissarono
vagamente imbarazzati.
“Chi è Edward
Everett Horton?”
“Ah, lascia stare,
Charlie, togli quel cartellino, tanto non viene,” disse
Arthur.
Ron si era avvicinato a Hermione
e non diceva niente. La ragazza, d’altra parte, pure rimaneva in
silenzio, quando in un momento come un altro avrebbe protestato
certamente.
Presa lui la mano di lei, ora
seduti vicini (vicini), non riuscivano a far altro che guardarsi le
ginocchia.
Non ne hai il
coraggio.
No, forse non ce l’aveva.
Perché l’avrebbe tirata avanti per così tanto tempo
altrimenti?
Bei Grifondoro che
siete.
Non si trattava di quello.
Quello era… per dire, tutto il resto. Sempre pronti per le battaglie,
per le sfide, per la guerra… oh no, forse non tanto pronti per la
guerra.
Se mai ci sarà un
‘più avanti’…
“Ops!”
Prendere l’iniziativa
nello stesso momento, prendersi uno spavento; finire per scontrare le teste
una con l’altra, e visto quanto erano dure tra tutti e
due…
“Scusami, io
non-“
“Scusami tu,
davvero…”
Di nuovo staccati, i problemi
ricominciavano?
“Ti ho fatto
male?”
“No, no, non è
niente,” disse Hermione, massaggiandosi la fronte con una mano.
“Come diavolo sei arrivato a darmi una testata se sei alto due spanne
più di me?”
“Che ne so, magari mi sono
abbassato un poco,” disse Ron.
“Perché?”
Perché.
“Senti.”
“Sì.”
“Prima, quando Harry ci ha
mandato a terra…”
“Ci trovavamo dietro alla
porta,” disse Hermione.
“Sì,” disse
Ron. “Dietro la porta. Be’, io avrei
voluto…”
“Sì?”
“Lo sai,
insomma.”
“No, non lo
so.”
Detto da lei sembrava
più che altro uno scherzo. Era uno scherzo.
“Hermione,” disse
Ron, ancora, tentativamente.
Hermione sospirò e
portò entrambe le mani sulle ginocchia, guardandosele per un poco,
respirando con forza. Poi si voltò verso Ron.
“Non so di che cosa tu
stia parlando, sono stanca e oggi mi sono già fatta abbastanza
male,” disse.
“Ti ho fatto male?
Veramente, voglio dire-“
Fifona.
Lei agitò una mano per
far segno che no, ancora, non era niente.
Ron si passò le mani sul
viso e non aggiunse altro. Sospirò, e poi assunse un’aria
seccata.
Hermione allora gli prese una
mano e se la poggiò sulle ginocchia.
“Ascolta, semplicemente
non è il caso,” disse. “Ci ho provato oggi e lo sai, ti sei
pure tirato indietro – e non far finta di non capire – ma magari
oggi non è la giornata adatta. Magari,
domani…”
Ron si tirò su e fece per
lamentarsi.
“Ma hai detto la stessa
cosa anche ieri!” disse.
“Sì, ma ieri era un
caso diverso,” disse lei.
“E
l’altroieri?” disse lui.
“Era una giornata
squallida e lo avresti fatto solo per distogliermi da-“
“E il giorno prima
ancora?”
Hermione lo guardò
inferocita.
“Ah, davvero, non ti
ricordi che sei stato tu a non volerlo?”
Ron si passò una mano tra
i capelli, un po’ vago. “Be’, aspetta, l’altro giorno
era…?”
Hermione sbuffò.
“Era giovedì, e ti eri svegliato…“
Cominciò a perdersi in un
racconto completo della giornata, quasi ringhiando, i pugni all’altezza
delle spalle. Ron non aveva idea di come avrebbe finito per sbottare alla
fine, ma era semplicemente stupenda. Magnifica. Forse…
“… e allora tu hai
detto-“
Come c’è da
immaginarsi, non riuscì a terminare la frase. Ron le aveva chiuso la
bocca con la sua; un bacio di appena qualche secondo, ma abbastanza lungo per
stordirla al punto di farle perdere la parola.
Neanche lui parlò
inizialmente. Il silenzio regnava all’interno delle quattro pareti;
solo, in lontananza, le prove di uno swing senza fine.
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