Silent night
Prompt: Cena di famiglia
Spoilers: Nessuno spoiler, la ff si ambienta poco dopo l'inizio della
quarta serie, ma non fa nessun riferimento esplicito a nessun avvenimento di
questa.
Disclaimer: I personaggi (tranne quelli introdotti da me) non mi
appartengono, sono di Jeff Davis. Criminal minds appartiene alla CBS. Questa
storia non è a scopo di lucro.
Note: Storia scritta per un contest natalizio per il Criminal Minds
Forum con il prompt su citato. Fa riferimento ad alcuni avvenimenti
della longfic in cui il mio personaggio originale è stato
introdotto, 'My life has just begun'.
Silent night
Una sonora
risata scosse quella stanza calda e accogliente, dove dodici persone avevano da
poco finito la loro cena della Vigilia. Henry aveva ancora una volta provato ad
esprimere qualcosa con le parole che a poco più di un mese non era ancora in
grado di pronunciare, finendo così per formulare dei versi striduli e
variamente articolati che divertivano la madre e tutti i presenti.
Quando il
silenzio calò di nuovo, Jennifer raccolse un tovagliolo per asciugare le labbra
del suo piccolo pargolo, sotto lo sguardo vigile della ragazza che aveva di
fronte, alla quale sorrise amorevolmente, concentrandosi poi sul suo bambino,
mentre un assonnato Jack cominciava a fare pressione sui genitori per aprire i
regali. «Vi prego! Vi prego!» continuava a gridare, appeso alla manica del
padre.
«Non è
ancora il momento, manca un’ora a mezzanotte.» lo riprese la madre,
sollevandosi dalla sedia per portar via qualche piatto. Come se fosse stato un
segnale convenuto anche le altre donne scattarono sulle gambe per aiutarla.
La ragazza
seduta di fronte a JJ si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, spostandosi
alle spalle della sua sedia e abbassando il capo. A tutti era chiaro come quei
gesti volessero esprimere un certo imbarazzo da parte sua nel trovarsi in
quella situazione.
«Il lato
positivo dell’essere uomini.» disse Dave distendendosi meglio sul suo posto,
allontanandosi di poco dal ripiano per rifiatare dopo l’abbuffata. Un sorriso
beffardo dei suoi era posato sulle sue labbra, rivolto alle colleghe in piedi.
«Non vi
farebbe male aiutare.» rispose Prentiss, muovendosi intorno al tavolo, fino a
raggiungere la giovane alla quale posò delicatamente una mano sulla spalla con
la scusa di sporgersi a prendere un vassoio semi vuoto dal centro della tavola.
La nuova
agente lasciò andare gli occhi verso il viso della mora collega, sorridendole.
Capì perfettamente come quel gesto in realtà volesse essere una rassicurazione:
non era da molto che aveva cominciato il suo nuovo lavoro alla BAU e stava
cominciando ad ambientarsi, lontano da casa sua e dalla sua famiglia.
Si riscosse
dai pensieri e si aggiunse anche lei con le altre ad aiutare la padrona di casa
a sparecchiare la tavolata.
In breve,
tutto era tornato in ordine ed ognuno si era sistemato, intento ad occupare il
tempo che li separava dalla mezzanotte: gli uomini intorno al tavolo parlavano di
sport, tutti tranne uno che era invece intento ad osservare la libreria di
quella casa; JJ si era allontanata con Will per cercare di mettere a dormire il
piccolo Henry, l’ora della nanna era passata da parecchio; Haley, Emily e
Penelope invece erano rimaste in cucina intrattenute da un capriccioso Jack.
La giovane
neoprofiler li osservò prima di afferrare il suo cappotto dall’appendiabiti e
uscire dalla porta che dava sul giardino. Fu investita dal freddo non appena
mise piede fuori, abbandonando il caldo tepore dei termosifoni accessi
all’interno della casa. Si strinse nel caldo tessuto invernale facendo qualche
passo in avanti.
Il suo capo
era stato così gentile ad invitarla a quella cena per la Vigilia di Natale.
L’indomani sarebbero stati tutti impegnati con le rispettive famiglie, ma quel
momento se l’erano voluto riservare per loro ed era onorata di essere stata
compresa anche lei. D’altronde non aveva alcuna famiglia da cui correre, se non
dopo un lunghissimo viaggio che il lavoro non le avrebbe permesso di compiere.
Era ancora troppo presto per potersi permettere dei giorni liberi extra e
nell’eventualità di un caso doveva farsi trovare pronta.
Si fermò
poco lontano dalla casa, osservando il fumo formarsi davanti al suo viso a
causa del suo respiro caldo che si infrangeva contro l’aria gelida. Sollevò gli
occhi al cielo, chiudendoli e godendosi quel momento in silenzio.
«C’è
qualcosa che non va, Nicole?» sentì domandare improvvisamente alle sue spalle,
rimettendosi dritta e incontrando gli occhi del giovane collega che l’aveva
raggiunta fuori.
Scosse il
capo in fretta e parlò con un lieve imbarazzo, «No...no, tutto bene. Stavo
solo...» cominciò a dire, ma non seppe come continuare.
Il magro
ragazzo fece qualche passo verso di lei, alzando gli occhi verso il cielo a sua
volta, gesto che l’agente Liardi subito imitò. «Potrebbe nevicare...» constatò
lui «La neve si forma quando nell'alta atmosfera il vapore acqueo, a
temperatura inferiore a 0 °C, brina attorno ai cosiddetti germi cristallini
passando dallo stato gassoso a quello solido e riesce a raggiungere il terreno
senza fondersi.» cominciò a spiegare gesticolando, «Questo accade quando la
temperatura al suolo è minore di 2 °C e negli strati intermedi non
esistono temperature superiori a 0 °C, altrimenti la neve fonde e diventa
acquaneve o pioggia. Tuttavia, vista la bassa umidità di questa sera e l’aria
estremamente gelida potrebbe nevicare anche con la temperatura lievemente più
alta di quella standard.»
«Sarebbe
fantastico...» disse lei prima di bloccarsi sentendo lo sguardo di lui su di
sé. Abbassò gli occhi verso i suoi, «Non ho mai avuto un ‘bianco Natale’.»
spiegò imbarazzata.
Reid sorrise
timidamente, senza aggiungere altro ma continuando a guardarla, così vicino a
lei. «In Italia la mezzanotte è passata da un po’.»
La donna si
chiese come facesse a sapere che si era allontanata proprio perché il pensiero
della sua famiglia dall’altra parte del pianeta non riusciva ad abbandonarla.
Poi capì che doveva essere una cosa abbastanza comprensibile e prevedibile. «Mi
hanno chiamato poco prima di metterci a tavola.» confessò riferendosi ai
genitori.
«Ti
mancano?» domandò e Nicole si prese qualche istante per rispondere.
«Mentirei se
dicessi di no, è il primo Natale lontana da loro. Però è giusto così. E poi, ho
passato una fantastica serata con voi.» esclamò passando da uno sguardo
corrucciato ad uno sereno e sorridente.
Spencer
arrossì lievemente, portando le mani nelle tasche del cappotto scuro che
indossava al quale si strinse sollevando le spalle per il freddo e per
l’emozione suscitatagli da quell’affermazione. «È…è molto diverso da come si
festeggia in Italia?» incalzò ancora.
«Credevo la
risposta fosse tra le tue conoscenze di base.» scherzò lei, giocherellando con
la punta della scarpa contro il morbido suolo del giardino, «Comunque no, solo
più presepi, meno canti in strada e meno vischi.» arricciò le labbra in quella
constatazione, portando anche lei le mani in tasca.
Sembrava
quasi che tutto il mondo li avesse abbandonati li fuori. Si sentivano soli, ma
questo non li rendeva nervosi. Al contrario, erano particolarmente a proprio
agio, nonostante il loro rapporto, fino a quel momento, aveva avuto solo
episodi ancora privi di una spiegazione razionale. Nessuno dei due aveva mai
espresso il desiderio di chiarire quello che era avvenuto durante il primo caso
che li aveva visti affiancati, forse per la mancanza di coraggio che poteva
caratterizzare entrambi. Ma si trovavano spesso a scambiarsi qualche sguardo o
timido sorriso. O momenti come quello.
Dopo un
prolungato silenzio, Nicole riprese a parlare. «Domani...hai il volo per Las
Vegas?» domandò sentendosi quasi troppo invadente.
«Grazie al
fuso orario riesco a recuperare qualche ora, andrò a trovarla in clinica.
Le...le fa piacere quando passiamo le feste insieme.» lei sorrise nel sentire
l’emozione nella sua voce. Sua madre doveva essere una persona speciale tanto
quanto lui, «Tu invece?» Reid rigirò la domanda.
Liardi
sollevò le spalle, «Giornata tranquilla in casa. Leggerò qualcosa, fisserò
l’albero di Natale.» elencò non essendo nemmeno lei ben certa del programma che
l’avrebbe aspettata. Si sentiva come se il collega stesse per dirle qualcosa in
merito alla giornata di Natale, ma poi lo vide esitare e cambiare discorso.
«Jack sta
impazzendo per aprire i regali.» disse.
«Comprensibile
per un bambino. Se Henry potesse parlare si unirebbe di certo al coro!»
Risero delicatamente
entrambi, venendo poi distratti da dei lievi fiocchi bianchi che cominciarono a
cadere nel poco spazio libero tra di loro. Nicole rimase a bocca aperta per
qualche istante, prima di alzare la testa verso l’alto per rendersi conto che
quella era proprio neve.
«Te l’avevo
detto...» disse Spencer guardando a sua volta il cielo. Quei fiocchi
risplendevano come stelle a contrasto con il cielo scuro, ma invece di essere
ferme precipitavano con leggerezza sui loro visi. Stette a guardarli per pochi
istanti, portando poi lo sguardo sul volto della collega. Era raggiante. Una
luce splendente le illuminava gli occhi e un sorriso quasi più bello di quanto
non fosse in qualsiasi momento le disegnava delle piccole rughe agli angoli
delle labbra. La vide uscire la mano dalla tasca e stenderla davanti a sé nel
tentativo di raccogliere la neve sul palmo, ma non appena abbassò gli occhi la
vide sciogliersi per il contatto con la pelle calda.
Rimase
lievemente delusa, rialzando poi gli occhi verso il ragazzo e incontrando i
suoi fissi sul suo viso. Notò un rossore colorargli le gote, facendosi poi
catturare dai piccoli fiocchi candidi incastrati tra i suoi capelli. Con
delicatezza fece un passo in avanti, allungando una mano e sporgendosi sulle
punte. Con le dita afferrò uno di quei piccoli gruppetti di neve, notando gli
occhi spaventati di lui seguirla in tutta l’azione. Ma ancora una volta la
sostanza bianca a contatto con le sue mani si dissolse.
Quasi come
un gesto automatico anche Spencer si ritrovò a toglierle i fiocchi che le si
stavano accumulando sulla testa, rendendosi conto solo in quel momento di
quanto fossero vicini. Nicole gli stava sorridendo, imbarazzandosi per un
momento e facendosi così cogliere nel timido atto di mordersi il labbro
inferiore.
Non riusciva
a capire cosa stesse accadendo, era solo certo che gli stava piacendo. E anche
la ragazza si trovava nella stessa identica situazione, annegata in un tepore
confortevole.
«Spencer!
Nicole!» gridò una voce alla loro destra, che li portò a voltarsi di scatto.
Fecero qualche passo indietro che li portasse ad assumere di nuovo una distanza
di sicurezza, e videro che il piccolo Jack correva affannato verso di loro. «È
ora! È ora!» continuò fino a raggiungerli, lanciandosi letteralmente tra le
braccia della donna che si era piegata pronta a prenderlo. Lo sollevò fino a
portarlo al suo fianco, mentre Reid alle sue spalle consultava l’orologio.
«È passata
mezzanotte.» annunciò smarrito risollevando lo sguardo verso Liardi che lo
guardava con altrettanto stupore. Non riuscivano a capire come potesse essere
passato tutto quel tempo senza che se ne fossero minimamente accorti.
«È ora di
aprire i regali! Ma mamma e papà hanno detto che se non siamo tutti presenti
non posso...» continuò il bambino abbassando il capo deluso.
La ragazza
gli sorrise, accarezzandogli il viso. «E allora andiamo dentro a scartare tutti
i tuoi bellissimi regali!» esclamò cominciando ad incamminarsi verso
l’ingresso. Dopo aver fatto un paio di passi, si voltò a guardare Spencer, che
si mosse a sua volta per seguirli.
«Anche tu
domani sei con la tua mamma e il tuo papà?» domandò il bambino alla donna che
una volta raggiunta dal collega ricominciò a muoversi.
«Il mio papà
e la mia mamma sono lontani.» rispose semplicemente con delicatezza.
Il volto del
piccolo Hotchner si corrucciò, «E come fai?» chiese ancora allargando le mani
davanti a sé.
Nicole
sollevò lo sguardo, spostandolo da quello del bambino a quello del ragazzo
insieme a loro. «Sai tenere un segreto?» domandò poi a Jack, che scosse vigorosamente
il capo in segno affermativo, così che lei proseguì abbassando il tono della
voce. «Tutti voi siete la mia nuova famiglia.» esclamò sorridendo.
Avevano
quasi raggiunto la porta di casa, quindi la ragazza si abbassò lasciando che il
piccolo corresse dentro allegro, poi si rimise dritta e salì i gradini del
portico, fermandosi in cima e voltandosi verso Spencer.
«Buon Natale
Spencer...» disse stringendo le mani l’una dentro l’altra davanti a sé.
Anche lui si
fermò in basso, dondolando sulle gambe e sollevando gli occhi verso di lei,
«Buon Natale Nicole...»
Si sorrisero
dolcemente, osservandosi immobili per qualche altro istante prima di rientrare
in casa, dove Jack, improvvisamente esuberante, continuava a correre e a
gridare entusiasta attorniato da tutti.
L’agente
Liardi fu investita dal calore che però questa volta non era prodotto dal
riscaldamento domestico, ma dalla presenza di quelle persone che ormai erano
entrate a pieno diritto nella sua vita.
Si rese
conto che quella poteva essere senza alcun dubbio annoverata tra le più
classiche cene di famiglia a cui avesse mai preso parte.
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