Chi
non si è mai chiesto: “Perché i momenti più belli se ne vanno sempre?”; “Perché
le cose migliori sono sempre brevi?”; e “Perché le persone a
cui tieni sono sempre quelle che non rimangono?” ..ecco, io quest’ultima
domanda me la sono posta spesso.
L’altro
giorno stavo svuotando le tasche di un paio di jeans da mettere a lavare; e
l’ho trovata. Da quanto tempo non la vedevo, quella
fotografia; una sua fotografia, in bianco e nero; di mio fratello. Pensavo
fosse passato, ma quella morsa allo stomaco diceva l’esatto contrario.
Per
me, mio fratello, era una persona speciale; la migliore. Con quel caratterino
che ci rendeva così uguali e così diversi; quanto mi manca. Con quel suo
sguardo: dolce, caldo, furbo, intelligente; certe volte
persino superiore e strafottente. I capelli scuri, tra il mosso e il
riccio; che mi sembravano sempre arruffati: quanto adoravo passarci le dita in
mezzo. La bocca sottile,
che adorava curvarsi in sorrisi carezzevoli, e anche finemente
cattivi o perfidi. Gli occhi, color cioccolato, erano magnetici; magnifici.
Iniziavi a guardarlo e non avresti mai smesso. In particolare era buffissimo
quando non capiva qualcosa, allora scuoteva il capo (come nei cartoni animati)
e ti guardava, ad occhi spalancati; morivo dal ridere.
Quante
lotte di occhiate quando non eravamo d’accordo su qualcosa, stringevamo gli
occhi e ci fissavamo: quello sguardo malvagio era stupendo. A parte il fatto
che lui era sempre stupendo.
Gli
occhiali dalla montatura nera stavano perfettamente sul naso, sotto le folte
soppracciglia che accentuavano le sue occhiate. Sembrava proprio un
intelligentone con quel modello rettangolare: mentalmente
lo paragonavo ad Einstein o Beethoven. Altre a Mozart. Era molto alto, aveva
quattro anni più di me, ed una serietà che i ragazzi
di oggi si sognano. Al collo, ricordo, che portava sempre una catenina d’oro;
chissà perché, questa cosa mi ha sempre incuriosito.
Lo stimavo tantissimo: anche se tutti lo credevano diverso da quello che era.
Lo ritenevano esageratamente:
- Serio,
- Severo,
- Perfezionista,
- Impegnato
….alcune
volte incurante degli impegni altrui; falso. Era tutto falso!!!!
Certo, era molto serio e poteva apparire molto distaccato, e quando faceva qualcosa si impegnava per farla al meglio; ma non era quella
la persona che conoscevo io; era una persona generosa, e disponibile con tutti,
non sopportava a lungo chi si comportava da stupido. Gli piaceva la
tranquillità e difficilmente iniziava un discorso per primo: ma volendo sapeva
interloquire alla perfezione, era molto divertente e aveva sempre la cosa
giusta da dire. Logicamente adorava parlare di musica;lui
la studiava.
Sapeva
suonare un sacco di strumenti: clarinetto (primo fra tutti); sassofono, soprano
e contralto; e pianoforte (chiesto dal conservatorio)….gli
mancavano solo tre anni e poi avrebbe finito, avrebbe realizzato il suo sogno;
diventare musicista. Era bravissimo a suonare, lo ascoltavo sempre volentieri;
suonava musica classica o jazz ed io non mi perdevo un suo concerto: che fosse
della banda o un duo con il suo amico pianista o altre occasioni; ed alla fine ero entrata a far parte del piccolo coro che
lui dirigeva.. era un bravissimo insegnante, mi aveva insegnato come potenziare
la voce (metodo che aveva appreso al coro del conservatorio in cui cantava..
era un baritono, eccellente).
Era davvero molto severo certe volte, specialmente in questo
campo; ma gli passava quasi subito: forse perché non abbiamo mai litigato sul
serio.
Altre
volte le piccolezze se le dimenticava e questa era una
buona cosa che io non ho mai imparato. Gli volevo bene, e gliene voglio ancora. Sapevo che presto se en sarebbe dovuto
andare, i musicisti per sfondare devono girare il
mondo, o quasi; per questo non si legava a nessuno, non molto; aveva solo il
suo migliore amico. Una sola volta aveva avuto la ragazza, non ricordo nemmeno
perché si fossero lasciati (a parte il fatto che non erano
compatibili di carattere). Piuttosto di legarsi a qualcuno aveva preso a fare
sport, kung fu..anche se nelle ultime settimane aveva
smesso anche quello a causa degli impegni. Usciva per
svago pochissime volte, in estate un po’ di più quando non aveva gli esami.
Parlavo tranquillamente con lui, ed andavamo
d’accordissimo. L’unica cosa su cui non ero d’accordo era questo, per me doveva
uscire di più o comunque prendersi ritagli di tempo
suoi. Ma questo discorso finiva sempre senza risposta.
Ma oltre ai ricordi belli quella foto portò anche
ricordi tristi;
se n’era andato. E non per il suo
sogno.
Come
se fosse ieri, ricordo tutti i dettagli.
Erano
le otto e mezza quando è uscito per andare a suonare,
anche io ero uscita più tardi. Verso le undici quella telefonata: era mamma.
-Guarda
che Gerardo ha avuto un incidente, stiamo andando in ospedale; raggiungici là!-.
Fu
come se qualcuno mi avesse tappato le orecchie e fatto una doccia fredda: i
rumori intorno a me erano tutti ovattati, lontani e mi venne freddo, il cuore a
mille. Di scatto chiesi un passaggio alla mia amica, mi sarei disperata dopo.
Per tutto il tragitto continuavo a rivedere la sua faccia; a sentire la sua
voce, normale; elegante; con la custodia del sassofono in mano; mentre salutava
e se ne andava.
I
respiri mi uscivano pesanti e soffocati, mi faceva male; ma dovevo resistere.
Appena
arrivai all’ospedale non aspettai la mia amica, mi
precipitai all’entrata. Chiesi all’infermiera dietro al vetro della reception:
era così tranquilla. Mi disse di arrivare al quinto piano e di girare a destra
per la sala operatoria. Non aspettai l’ascensore, feci le scale di corsa; la
mia amica non si lamentò, e per questo la ringraziai. Non guardai se stava
arrivando qualcuno, svoltai di botto; mi fermai davanti alle porte che davano
sul corridoio della sala operatoria. Dall’altra parte vidi i miei genitori:
seri, tristi; quanta pena mi facevano. Poi lo sguardo mi cadde sulla porta in
fondo; in alto il lampeggiante rosso che indicava che la sala era occupata.
Lui
era là dentro. Mi si strinse il cuore.
Quando
entrai i miei mi guardarono, mia madre mi abbracciò,
ed io non riuscii a non chiedere:-Che cosa è successo?-; parole sconnesse,
giungevano alle mie orecchie, frasi che mi rimasero impresse nella memoria come
se fossero incise a fuoco nel mio cervello.
-Era
in macchina-.
-Un’auto
non ha rispettao il rosso-;
-Andava
molto veloce ed il guidatore era ubriaco-;
-L’ha
preso in pieno sulla fiancata-;
-L’ha
spinto nell’altra corsia-;
-L’altra
macchina l’ha tamponato sul davanti-;
e la frase finale..
-Non
si sa ancora niente-;
ci risedemmo tutti quanti.
La
mia amica si sedette in parte a me, zitta; mi guardava; ma mi fece il favore di
non disturbare i miei pensieri. Ero nervosa, continuavo a battere il ginocchio.
Nel tempo che seguì arrivarono anche:
- il
migliore amico di mio fratello,
- i
miei zii,
- i
miei cugini
- e le nonne.
Ma
mi accorsi di loro solo in parte; non mi importava
niente in quel momento se non di mio fratello.
Passarono
tre ore (non me ne resi conto, lo avrei potuto aspettare in eterno), quando
uscì il medico. I miei si alzarono in piedi andandogli incontro; altri si
alzarono, rimanendo al loro posto; Stefano, il suo migliore amico, era teso
quasi quanto me (erano diventati quasi fratelli); io mi alzai spostandomi in
avanti…. Avrei preferito morire.
-Ha lottato-.
-Ha
tenuto duro fino alla fine-.
-Troppe
emorraggie-.
-Ha
perso tantissimo sangue-.
-Il cuore non ha retto-.
..No,
impossibile! Non è mio fratello, lui era forte, avrebbe retto! Non mollava mai!..
-Mi
dispiace. Non ce l’ha fatta-.
No….era morto!!
No….
Gerardo era morto!!
Il
medico si allontanò triste. Mia madre pianse; mio padre l’abbracciò,
con gli occhi lucidi; sentii i miei cuginetti fare delle domande, ma non li
capivo, non li sentivo; non volevo sentire più niente!!....
Io e Stefano ci scambiammo uno sguardo; non c’eravamo mai
sentiti così vicini.
Mi
sentivo fuori dal mondo; mi sentivo come se qualcuno
mi avesse spremuto cuore e cervello: di nuovo quella scena…. Lui che saluta ed
esce di casa, e non sa che non ci tornerà più…. nemmeno io.
Un’ora
dopo entrai nella sala dell’intervento: lui era lì;
sdraiato sul lettino, un telo bianco lo copriva fino alle spalle. I pantaloni
erano sporchi e strappati, dovevano avergli tolto la maglia perché le spalle
erano nude; il volto rilassato, gli occhi chiusi, i capelli arruffati come al solito; sembrava proprio stesse dormendo, ma qualcosa
dentro di me si faceva consapevole della realtà.
Non
si sarebbe più svegliato, per sempre addormentato, in pace.
A
testimoniare tutto quello che era successo dei graffi sul viso. Volevo urlare,
ma non potevo; volevo piangere ma non ci riuscivo: gli
toccai una mano che usciva da sotto il telo sporco di sangue; era gelida. Basta, fu la botta finale;
mi misi a piangere.
Mi
appoggiai al viso quella mano così familiare, ma che adesso non mi apparteneva
più…. Mi era stata rubata!!!! Lo guardavo, non
riuscivo a staccargli gli occhi di dosso, non volevo lasciarlo andare, non
potevo farlo andar via. Gli toccai con la punta delle
dita i lineamenti del volto, i capelli; il mio addio, il mio saluto.
So
solo che rimasi là così per molto tempo. Poi, lo baciai sulla fronte e mi
allontanai, finchè le nostre mani non si staccarono.
Tornai
alla foto, stavo di nuovo piangendo: in modo contenuto, silenzioso; ma non mi
sarei abituata facilemente alla sua assenza. Anche adesso mi manca: non passa giorno che non guardi una sua foto, che non veda un
suo video, che non ascolti una sua canzone, che non legga un suo messaggio.
Certe volte mi fermo ancora davanti alla sua stanza della musica; non è stato
spostato niente.
Stefano
viene ancora a trovarmi, usciamo anche insieme; ma
molte volte si rimane ancora in silenzio: al suo pensiero, alla sua
Memoria.
Perché
le persone migliori, quelle a cui vogliamo più bene,
se ne vanno?! Non lo so, ma certe volte questa cosa mi fa morire.
A
chi mi fa questa domanda; non rispondo.
Non
la conosco, o meglio….la conosco, ma non esistono
parole per spiegarla.
Ne lei, ne le sue conseguenze; ne le sue cause….
in love memory of Jerry!!!!