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SOGNI
D’ORO
CAPITOLO
1
UNA
GIACCA SULLE SPALLE
“Takashi-kun! La
cena è pronta!”
Touko-san si
affacciò alla porta della cucina, scrutando nel corridoio buio e tendendo
l’orecchio per sentire eventualmente i passi del quindicenne che scendeva le
scale per raggiungerli.
Ma stranamente, né
il ragazzino né il suo gatto sembravano averne intenzione.
“Takashi è già
sceso?”
Shigeru-san l’aveva
raggiunta dallo studio, incuriosito per quel silenzio.
La donna scosse la
testa: “Non mi risponde… Che stia male?” rimuginò, preoccupata, ripensando alla
faccia pallida che il ragazzino, che ormai amava come un figlio, aveva una volta
tornato da scuola: da quando era andato a vivere con loro, si erano resi subito
conto di quanto fosse fragile di salute, spesso costretto a letto da febbre e
violenti raffreddori.
Scambiatasi
un’occhiata col marito, si asciugò le mani nell’ampio grembiule che le copriva
le gambe e s’incamminò su per le scale che portavano al piano superiore: l’unico
rumore che si sentiva era il loro passo svelto sul parquet di ciliegio.
Di sopra, non c’era
alcuna luce, tranne quella che filtrava dalla carta di riso della porta della
camera occupata da Natsume, e il silenzio che udivano non era rassicurante:
“Takashi-kun, tutto bene?” chiese la donna, avvicinandosi.
Ancora nessuna
risposta.
“Takashi, rispondi,
per favore.” anche Shigeru-san sembrava preoccupato.
Ma non si udì nulla.
Con un cigolio
improvviso, la porta si aprì un poco e, dallo spiraglio, i due coniugi videro
uscire Nyanko-sensei, con l’espressione assonnata e il pelo tutto arruffato;
Touko-san s’inginocchiò ad accarezzarlo sulla testa mentre lui, mordendole
gentilmente la manica del vestito, la trascinava dentro la camera.
Vedendo ciò che
c’era dentro ad aspettarla, la donna si sentì stupida ad essersi preoccupata in
quel modo.
Takashi era seduto
alla scrivania, con la testa sul quaderno di giapponese, profondamente
addormentato e la finestra aperta che faceva entrare nella stanza il vento
fresco dell’autunno ormai imminente.
Doveva essere
crollato di ritorno da scuola, mentre finiva i compiti, o almeno tentava di
farli.
"Ah, mou... Guarda
che pasticcione... Sta rovinando tutto il quaderno dei compiti." gemette la
donna con un sorriso materno, mentre prendeva il gatto tra le braccia: "Anche tu
ti eri addormentato, eh?" gli disse, accarezzandogli il pelo, "Povero caro, deve
essere proprio stanco." mormorò, spostando poi lo sguardo sul biondo appisolato.
Poggiato contro lo
stipite della porta, Shigeru sorrise, prima di staccarsi e passare alla moglie
la propria giacca: “Mettigliela addosso e lasciamolo dormire ancora un po’. La
cena non scappa mica.” disse lui, raggiungendo il ragazzino immerso nel modo dei
sogni; con affetto, gli scompigliò i ciuffi dorati.
Poi, scese dabbasso,
seguito dal micio a breve distanza, lasciando la donna in compagnia del figlio
adottivo.
Lei restò un attimo
a fissarlo, sentendo le labbra incresparsi in un tenero sorriso.
Da quando aveva
incontrato Takashi Natsume, quel giorno, mentre vagava tutto solo per la strada
di ritorno da scuola, con quell'aria cupa e triste, era stato tutto un
susseguirsi di piccoli miracoli, di piccoli sorrisi gentili che lui gli
rivolgeva di sfuggita, di fiducia totale nei loro confronti malgrado tutto
quello che doveva avere passato e di risate, che avevano cominciato ad allietare
quelle quattro mura, ogni volta che Takashi era in casa o invitava qualche
compagno di scuola a casa.
E poi, da quando
erano corsi in ospedale dopo aver ricevuto la notizia dell'incidente in
montagna, non lo aveva mai più visto così incupito come quel giorno: in quel
momento, l'espressione che gli illuminava il volto mentre dormiva era di pura
gioia, le sembrava la cosa più bella del mondo e Touko-san sperava di poterla
vedere ancora, una volta che lui si fosse svegliato.
Per lei, era un
figlio e, come madre, desiderava solo che fosse felice, dentro e fuori i suoi
sogni.
Lo osservò ancora
per qualche istante, intenerita, poi si chinò e poggiò le proprie labbra sulla
sua testa spettinata, lasciandovi un bacio affettuoso: “Sogni d’oro, Takashi-kun.”
sussurrò, accarezzandogli la guancia prima di scendere dabbasso.
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