Titolo:
Perfezione
Summary:
Sherlock è “ossessionato
dalla perfezione che sonnecchia in ognuno di noi, in ognuno di noi.”
Pairing:
Sherlock/John
Words:
644
Rating:
Arancione (ci siamo quasi...)
Desclaimers:
Uffà! Piantiamola con
questa storia! Ci dovrebbero pagare per tutta sta fatica, e invece
no! Pure aggratìss! >_>
Notes:
Sul prompt “guanti di
pelle” dello Sherlock Fest. ♥ Perché tanto lo
sappiamo tutti che Holmes ha il fetish per le mani di Watson, sia
nell'ottocento che nel duemila! U.U
Perfezione
“Neurotrasmettitori,
sinapsi elettrochimiche,
catene
sequenziali di acidi nucleici
mi
parlano di te.
Ormoni,
cromosomi, reazioni cellulari,
fattori
neurotrofici di antigeni virali
mi
parlano di te.”
(Subsonica)
La perfezione non
esiste. E' un fatto. E Sherlock credeva nei fatti.
Fino a che non aveva
conosciuto John.
Da allora la perfezione
smise di essere un fatto etereo e distante ed entrò nella sua
quotidianità.
Aveva ricominciato a
pensare alla perfezione quando aveva deciso, nel modo più
lucido e razionale possibile, che le mani del suo coinquilino erano
la cosa più bella che avesse mai visto. Insieme al suo sorriso
e ai suoi occhi. Curioso come John occupasse i primi tre posti nella
sua personalissima classifica.
Fu così che
Sherlock realizzò un pensiero grandioso. Forse la perfezione
non consisteva nel non avere difetti, ma nel fatto che quei difetti
si incastrassero nel miglior modo possibile coi propri.
Il momento fulminante
era stato una mattina, quando uscendo dalla cucina, aveva beccato
John a tentare di infilarsi i suoi guanti di pelle.
«Mi stanno un po'
stretti.» aveva detto, con una semplicità disarmante.
Le dita di John erano
più corte delle sue – erano della giusta lunghezza, in
realtà – ma il palmo era più largo, più
grande. Erano mani da medico, calde e rassicuranti, accoglienti.
Sherlock gli si
avvicinò e gliele prese.
«Domani magari ne
compriamo un paio della giusta misura.» disse, cominciando a
sfilarli piano, dito per dito.
Sorridendo, glieli
tolse e avvicinò le dita alle labbra, baciandole piano.
«Non la conosci,
la giusta misura.» mormorò John, irrigidendole appena
sotto quel contatto.
Sherlock alzò lo
sguardo verso di lui, alzando un sopracciglio.
«Scommetti?»
Fece aderire il palmo
della sua mano al viso e lo baciò ancora. Baci piccoli,
misurati, calcolati. John passò il pollice sulle sue labbra e
Sherlock glielo prese tra i denti, senza stringere. Poteva
distinguere tutto quello che John aveva toccato da quando si era
svegliato. Le sue dita sapevano di caffè e di libro nuovo, o
forse di giornale. Sapevano di John, e un po' dei guanti di pelle di
Sherlock.
John non chiese
spiegazioni. Lo tirò a sé e lo baciò.
Non era un bacio come
quelli che si vedono nei film, quelli finti, coi visi perfettamente
incastrati tra di loro. Era vero, confusionario, improvvisato.
L'aria in mezzo a loro era pesante, la milza gli faceva male e le
fitte gli mozzavano il fiato, e John lo distraeva, e il suo alito gli
entrava direttamente nei polmoni, quasi a voler compensare quello che
gli mancava.
Riusciva ad avvertire
le sue mani, il loro percorso frenetico tra il viso e la schiena.
Voleva elencare mentalmente tutti i processi chimici e biologici che
stavano avvenendo in quel preciso istante, nei loro corpi, ma John
continuava a distrarlo, e sentiva le sue mani che gli
toglievano i vestiti. Ne mancò qualcuno e via via li perse
tutti. Rimasero solo le mani di John, e le sue labbra e il suo corpo
e le budella contorte in quel modo non sapeva spiegarsele, perché
non era possibile scientificamente che si potessero contorcere
co-
«Sta' zitto.»
sussurrò John all'improvviso
«Non ho detto
niente.»
«Stavi pensando.
E' fastidioso.»
Sherlock lo guardò,
sogghignando, e prese mentalmente nota che erano finiti sul divano.
Non che fosse un'informazione particolarmente importante, ma gli
serviva a livello logistico.
Quando John riprese a
baciarlo – in quel modo, accidenti! - smise semplicemente di
pensare.
Quella mattina,
Sherlock compì una scoperta straordinaria.
Scoprì che la
perfezione era scopare John Watson sul divano di casa. Era entrare
dentro di lui e scoprire che non esiste altro posto in cui avrebbe
voluto e dovuto essere. Era sentirlo gemere piano nelle proprie
orecchie, e respirare forte sulle proprie labbra. Erano le sue mani,
che vagavano libere sul proprio corpo. Erano i fuochi d'artificio
nello stomaco, quelli che sentiva quando si baciavano, quando
sorrideva soltanto o erano nella stessa stanza. Erano i guanti di
pelle che gli aveva comprato la mattina dopo.
John era la sua
perfezione. Era un fatto. E Sherlock credeva fermamente nei
fatti.
Notes, again:
Troppo tardi mi accingo
a partecipare allo Sherlock Fest! Che meraviglia! ♥
Comunque... so che
questa cosa si chiama Perfezione anche se ne è lontana
ANNI LUCE!
Il titolo e la
citazione derivano entrambe dalla canzone sonica omonima ♥ (Sì
lo so che ho rotto le palle con Samu & co. Ma io li adoro!! Che
ci posso fare? XD)
A rosmy90
che ha betato il tutto alla velocità della luce. ♥
A Meredith,
sempre.
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