Titolo:My
life is not a Dream.
Fandom: Code Geass
Personaggio/Coppia: C.C., Lelouch
Lamperuge (Li Britannia)
Prompt: # Set Cibo: Pizza (Promt
aggiuntivo: Fontana)
Rating: pg
Conteggio Parole: 1006
Riassunto: [...]Voleva solamente che tutto
quanto andasse avanti, che quel sogno – perché altrimenti non era – non
finisse mai, in quella dolce attesa della persona che forse
le avrebbe portato un po’ di felicità.
Afferrò l’ultimo pezzo di quella gigantesca pizza margherita,
portandolo alle labbra e finendolo con gusto, in un mischiarsi di
sapori unici e decisamente devastanti per le sue
papille gustative non abituate a tutto quel ben di Dio.
Perché l’unica cosa che aveva assaporato nella sua vita era
il sapore del proprio dolore e del proprio sangue.[...]
Note: One Shot, what if?, Introspettivo,
Malinconico
Io mi voglio male. Dannatamente male. È la prima volta che scrivo in
questo fandom (e forse sarà anche l’ultima) e devo dire che nonostante
tutto l’impegno che ci ho messo è uscita fuori una cosa... Strana ecco.
Io credo che in C.C. ci sia molto di più di quello che riusciamo a
vedere (come un po’ in tutti i personaggi del manga e dell’anime). Ed è
proprio per quello che faccio una fatica boia a scriverci sopra. Eppure
mi sono voluta male ed ho voluto unire non uno, ma ben due prompt per
delle iniziative di fanworld. Se questo non significa volersi male non
so cosa sia. Io mi baso sull’anime che stanno facendo vedere su rai 4
(mi son persa le ultime puntate quindi NON so come sia andato avanti).
Quindi se ci sono delle cose che non vanno, non vogliatemi male.
Ovviamente questa fiction partecipa al 150° Challange ed all’iniziativa
un Prompt al Giorno di un paio di mesi fa indetti da fanworld.
Non c’è altro da dire se non di “divertirvi” mentre leggete. Buona
lettura a tutti.
My life is not a Dream.
Lei era lì, seduta sul bordo della fontana, con la pizza tra le mani,
il vento che dolcemente le scompigliava i lunghi capelli, rischiando di
fargliene ingoiare un paio.
Da quanto tempo non si sentiva così serena?
Da quanto tempo quei piccoli gesti quotidiani le erano sembrati
solamente un misero sogno??
Durante la vita di una strega immortale certe cose, alle
volte, sembrano solo dei miraggi.
Sospirò, socchiudendo gli occhi, assaporando la fantomatica pizza
gigante della Ashford che per ben due volte le
era stato impossibile anche solo sfiorare.
Ogni cosa sembrava diversa. Ogni emozione sembrava ovattata
in quel momento.
Posò la pizza sulle gambe, allungandosi un poco sul marmo bianco del
cortile, percependo le goccioline d’acqua andare a bagnare le maniche
della giacca e le lunghe dita affusolate.
Era questo ciò che veniva chiamato senso di beatitudine?
Non lo sapeva e nemmeno le importava.
Voleva solamente che tutto quanto andasse avanti, che quel sogno –
perché altrimenti non era – non finisse mai, in quella dolce attesa
della persona che forse le avrebbe portato un po’
di felicità.
Afferrò l’ultimo pezzo di quella gigantesca pizza margherita,
portandolo alle labbra e finendolo con gusto, in un mischiarsi di
sapori unici e decisamente devastanti per le sue
papille gustative non abituate a tutto quel ben di Dio.
Perché l’unica cosa che aveva assaporato nella sua vita era
il sapore del proprio dolore e del proprio sangue.
Non poteva farci niente. Avrebbe voluto continuare a passare quegli
istanti, immutabili ed ognuno uguale all’altro, lasciandosi trasportare
da quel torpore che lentamente la stava avvolgendo, arrivando fin
dentro le ossa ed indebolendole i muscoli. E mentre il rumore della
fontana continuava a cullarla ed il profumo dolce del pomodoro e quello
alquanto stagionato della mozzarella arrivava alle sue narici, C.C.
desiderava solamente di non svegliarsi.
Voleva godere di quel sole caldo – bellissimo e splendente
sia per gli Eleven che per i Britanni – e di quell’aria
fresca – che riempiva i polmoni di ogni essere vivente
– nulla di più.
Eppure sapeva che quel breve attimo di pace non sarebbe durato a lungo,
non abbastanza almeno.
E lei, che di vite ne aveva vissute molte, sapeva che era la verità.
Se per Lelouch la felicità di Nunnaly ed un mondo privo del concetto
che solo i più forti potessero sopravvivere fossero la cosa più
importante, per lei, una povera ragazza creata dal niente e colma di
troppi ricordi, la cosa più apprezzabile era godere di quella
tranquillità che stava provando. Lì, sul bordo di quella fontana e con
ancora in grembo la carta oleosa che fino a pochi istanti prima fungeva
da contenitore per la sua adoratissima pizza.
Era questo che lui e molti altri ancora non avevano capito. Alle volte
i grandi ideali non sono niente in confronto alla volontà di poter
vivere pochi attimi di serenità. Ma lei non poteva mettere becco nelle
scelte di colui con cui aveva fatto il contratto. L’unica cosa che le
interessava era che lui continuasse a vivere.
Permettendole di vivere a sua volta.
Si alzò lentamente, traballando un poco sulle lunghe gambe esili, il
naso puntato all’insù, il suono ovattato del vociare degli studenti che
andava a raggiungere lentamente le sue orecchie.
Inspirò più aria che poté, tentando di memorizzare tutti i profumi
possibili ed inimmaginabili che le sue narici erano in grado di
cogliere e poi sorrise, tranquilla.
Anche in un sogno certe cose sembrano dannatamente splendide.
Soprattutto in un sogno.
Posò lo sguardo sulle lontane figure malamente contornate dell’istituto
e della miriade di persone che si muovevano come tante piccole formiche.
Forse era questo che aveva cercato per tanto tempo.
E forse era per quello che capiva Lelouch. Capiva perché desiderasse
per la sorella una vita come quella.
La stessa che avrebbe tanto voluto vivere anche lei. Avvolta
da voci allegre e gentili e dai colori caldi di un’esistenza priva di
tutto quel dolore che aveva già dovuto patire.
Chiuse gli occhi, sapendo che di lì a poco tutto sarebbe finito, come
una bolla di sapone che scoppia per un nonnulla. Perché ogni cosa
finiva, prima o poi. E quella consapevolezza, ne era certa, l’avrebbe
accompagnata per sempre, persino in quei bellissimi sogni che faceva
ogni volta che si addormentava.
Ma la speranza non moriva mai perché, in fondo al suo cuore, sperava
sempre in un futuro radioso.
In un qualcuno che avrebbe combattuto per lei, senza mai
arrendersi.
Quando riaprì gli occhi si ritrovò sul suo letto – il letto di Lelouch
– esattamente come aveva ipotizzato all’interno di quel sogno così
bello.
Si guardò un po’ attorno, constatando che lui era lì, seduto alla
scrivania, formulando tattiche su tattiche, in un intricato groviglio
di pensieri che lo portavano sempre chissà dove.
“Ti sei svegliata.”
“A quanto pare.”
“Hai fatto un qualche sogno particolare?”
“Perché me lo chiedi?”
“Ormai ti conosco. Conosco i tuoi stati d’animo, nonostante tu cerchi
di nasconderli.”
Con il ragazzo dai capelli scuri era così. Era dannatamente bravo a
capire i sentimenti delle persone. Anche i suoi.
“Lelouch” l’aveva chiamato, mentre il rumore dei motori cominciava ad
essere dannatamente insistente, facendo vibrare il petto in una sonata
dannatamente fastidiosa “vorresti tornare alla Ashford?”
“Perché me lo chiedi?”
Quando calò il silenzio il ragazzo non disse più nulla, continuando con
tutta quella trafila di piani per poter contrastare Britannia e tutti i
suoi seguaci.
C.C. si limitò a rannicchiarsi su sé stessa, rimanendo seduta e
portandosi le gambe al petto.
Ogni essere umano che aveva incontrato quel suo lunghissimo peregrinare
per il mondo era davvero strano.
Per raggiungere un’agognata libertà e il compimento dei propri ideali
erano disposti a tutto.
Anche a morire ed a far morire migliaia di persone.
Eppure per lei tutto era così semplice, per C.C., che aveva vissuto
troppe vite.
Non le ci voleva poi molto per potersi sentire serena e davvero viva.
Le bastava stare sotto un cielo azzurro, seduta sul bordo di una
fontana, con in mano il suo pezzo di pizza calda e fumante.
Ed il resto perdeva d’importanza.
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