"Mmmh"
Si era svegliato, ne era sicuro. L'unico problema ora era stabilire se
quello in cui si era risvegliato fosse un incubo o il mondo reale.
Non riusciva ad aprire gli occhi, era come se qualcuno gli avesse
calato una patina, qualcosa di caldo e appiccicoso sulle palpebre.
"Mmmh"
Le labbra erano incollate, sigillate quasi, e in bocca aveva il sapore
schifoso del sangue marcio, inutilizzabile per nutrirsi.
Provò ad alzarsi, ma con stupore e un lieve giramento di
testa, si accorse in qualche modo di essere già in piedi.
L'unico problema era che non gli era possibile muovere
alcunché, come se il suo intero corpo fosse attaccato a una
parete.
Il tanfo era insopportabile, riconosceva l'odore, lo aveva
già sentito simile a Berlino nel '45. Odore di corpi
morti in putrefazione.
Ne era come impregnato, penetrava su per le narici. Ne era immerso,
totalmente, come in una gelatina.
Gli sembrava che l'odore arrivasse anche da quella patina che gli
chiudeva gli occhi e la bocca.
Fu in quel momento che iniziò a sentire le voci.
All'inizio pensò che qualcuno fosse entrato nella stanza, ma
poi si rese conto che le voci provenivano direttamente dalla sua testa.
"Aiutami, ti prego"
"I miei occhi, i miei occhi fermo!"
"Dov'è la mia bambina?"
"Padre, Signore nostro
che sei nei cieli, abbi pietà.."
"Devo riuscire… devo vedere…"
Era insopportabile, ma la cosa più insopportabile era che
quelle voci gli impedivano di pensare. Era come se spezzassero il filo
dei suoi pensieri, come se prendessero il posto dei suoi pensieri e
facessero lentamente a pezzetti la sua coscienza. Cominciò a
lottare e le voci smisero di perseguitarlo, ma sapeva che si erano
semplicemente acquattate in silenzio in un angolo remoto della sua
mente.
Poi arrivò un'altra voce, e stavolta era sicuro che a
parlare non fossero stati "gli altri".
"Risvegliati, lurido
verme."
Assieme alla voce gli arrivò un'altra consapevolezza, la
consapevolezza di essere come immerso in una sostanza calda e viscida.
Fino a quel momento aveva semplicemente pensato di essere in qualche
modo legato a una parete, ma ora si rendeva conto di essere quella
parete. Il suo corpo non era più una identità
indistinta e separata, ma oramai faceva parte di qualcosa di
più grande, di gelatinoso e caldo, puzzolente e schifoso,
come quella patina che gli copriva occhi e bocca.
"E' ora che io ti faccia
delle domande. E tu, figlio indegno del tuo sangue, mi risponderai."
"Mmmh!"
"Giusto, ritengo sia
appropriato ridarti una voce, in fondo mi servi. Sarai accontentato."
Delle mani fredde lo toccarono ai lati della bocca, e poi squarciarono
quella patina che gli bloccava le labbra. Era come se la sua stessa
pelle ormai fosse diventata gelatina, un tutt'uno di quella
patina schifosa e maleodorante.
"aaah…" i primi suoni che riuscì a emanare furono
del tutto disarticolati e privi di senso.
"Ora rispondi."
"Chi sei? Anzi no, credo di sapere chi sei, lurida troia."
"Fino a prova contraria
sono io a far le domande, qui. E tu, misero insetto non sei che un
moscerino nelle mie mani."
"Eh eh, va bene. Facciamo così" faceva la voce grossa, ma in
realtà tremava e sapeva bene di non avere grosse speranze.
"Lasciami andare, liberami subito ora e forse chiederò al
Principe di graziarti, quando tutti gli altri tuoi amichetti verranno
ridotti in cenere."
Seguì una risata gelida, la voce era scoppiata a ridere non
appena aveva finito la frase.
"Così
limitata dunque è la tua comprensione del mondo, piccolo
infante? Non comprendi di essere caduto in pieno nella tana
del Dragone, e continui a dibatterti inutilmente tra le sue spire.Ma
non importa, presto ti sarò tutto chiaro."
"Fanculo. Uccidimi."
"Presto, presto mio
caro. Non temere, non morirai. Io ti salverò. Ti
farò un grande dono, verrai finalmente redento e reso degno
del tuo sangue."
"Immagino ti girino un pò i coglioni, eh, vacca psicopatica
del cazzo? Quanti ne sono morti dei tuoi soldatini stasera?"
Finì la frase con un urlo. Qualcosa di freddo e viscido gli
aveva penetrato il costato, e il dolore era lancinante.
"Bada a ciò
che dici. I guerrieri che sono morti stanotte erano santi e devoti a
una giusta causa. Ma non importa. Non potresti comprendere. La morte di
pochi non è che un piccolo contrattempo. Per ogni crociato
caduto, ne risorgeranno altri! Così come il Cristo
è risorto e ha ricostruito il suo tempio dopo tre giorni,
allo stesso modo la spada di Caino risorgerà dalle sue
ceneri e dal suo sangue chiedendo vendetta. La nostra causa
è sacra, e la nostra spada giusta."
Un' altra fitta al petto, la troia aveva rigirato la lama.
"Ora, piccolo Fratello
mio, dovrai rispondermi. Dei codardi come voi,
così occupati a orchestrare tradimenti e pugnalarsi alle
spalle non avrebbero saputo organizzare tutto questo. Qualcuno dei
nostri ha parlato, lo so. Ha tradito, e pagherà col sangue."
"Lurida stronza, ammazzami."
"Vedo che non vuoi
tradire i tuoi compagni, per quanto la vostra causa sia già
persa. Questo ti rende onore. Ti ridarò i tuoi
occhi."
Delle fredde dita armeggiarono con le sue palpebre, e la membrana che
gli impediva la vista fu rimossa.
Ci mise qualche secondo a mettere a fuoco la stanza, ma quello che vide
non gli piacque affatto.
Era un sotterraneo, uno scantinato di qualche fabbrica sporco
e in disordine, con casse sparse qua e là. La stanza era
illuminata da delle candele nere sul pavimento. Ma quello che
più lo terrorizzò erano gli occhi, e in generale
il volto della cosa che lo stava fissando.
I tratti non avevano nulla di umano, se non la forma, ma solo
apparentemente. La pelle era bianca, perfetta e levigata come il legno.
Al posto dei capelli, dalla sommità della fronte partivano
come dei lunghi fili, troppo grossi per essere capelli, anch'essi
bianchissimi. Ciò che veramente lo inquietava
però erano gli occhi, grigi e freddi, a fessura come quelli
di un serpente. Luccicavano in lontananza, simili a due fari in mezzo a
un pozzo, ed erano così scavati nella faccia che pareva di
esser di fronte a un vero e proprio alieno.
"Ora tu mi risponderai."
"Sì…sì…" la sua
volontà si andava spegnendo, era come se quegli occhi lo
avessero spezzato, come una bambolina indifesa.
"Di quanti rifugi vi
hanno informato?"
"Più di una dozzina…di più. Forse
quindici."
"Cos'altro vi hanno
detto?"
"Sapppiamo…tanto, tutto. I vostri rifugi dei branchi. Gli
spostamenti di quelli solitari, e anche il rifugio di qualche anziano.
Sappiamo chi sono i vostri contatti e i vostri alleati, le facciate e i
corrotti che avete pagato."
"Non è
possibile che sappiate tutto, chi è stato a parlare?"
"…"
"CHi è
stato?? PARLA ho detto!!"
"Gian.. Gian Galeazzo. Ci ha detto tutto."
Il volto bianco e alieno rimase in silenzio.
I suoi occhi e le sua labbra, totalmente inespressive, non si mossero
di un millimetro.
Poi si girò e scomparve alla vista, inghiottito nel buio.
"Sei stato bravo, figlio
indegno. Per questo ti ricompenserò."
La figura ricomparve, e portava al guinzaglio qualcosa, come una
bestia…
Con orrore, il prigioniero si rese conto che non si trattava di un
animale bensì di una… persona.
Camminava su quattro zampe, ma le fattezze erano certamente umane, per
quanto mostruose. Era nuda e zampettava come una scimmia, con una
faccia di donna pelata. Teneva la lingua a penzoloni sbavando, ma aveva
tre occhi in fronte, il cranio era decisamente deformato per far spazio
a quell'orribile terzo occhio che lo guardava, fisso. Sul petto non
aveva due bensì tre enormi seni, tutti uniti
assieme e penzolavano in modo osceno, coprendole la parte
inferiore del corpo. Al posto delle mani aveva dei piedi, e
riuscì a scorgere anche che doveva avere almeno quattro
gambe mentre arrancava.
"Paa…p-p-p Padronaaaa…" disse la "cosa".
Quel mostro gli dava il disgusto , e quelle parole appena pronunciate
in un modo così ebete lo terrorizzarono.
"Presto anche tu verrai
redento, stolto. Ti farò vedere la vera luce e la gloria del
Sabbat, trasfigurandoti e riformandoti a miglior vita. Allora la tua
anima verrà illuminata e comprenderai, e mi servirai, e mi
adorerai come un dio. Sono il tuo dio, ora, e ti distruggerò
ricostruendoti in tre giorni."
Le voci stavano ricominciando a perforagli il cranio. "Basta! Basta!"
avrebbe voluto urlare, ma non riuscì ad emettere alcun suono.
Stava risprofondando nella gelatina,in mezzo ai corpi e al fetore.
"Mi appartieni, carne,
sangue, ossa e anima. Ora ti purificherò dai tuoi peccati."
"Ridatemi il mio bambino… per favore…
ridatemi…"
"Aiuto vi prego, aiutatemi…"
"Basta fateli smettere! I miei occhi!"
"E rimetti a noi i
debiti, così come noi li rimettiamo ai nostri
debitori…"
Poi il buio lo avvolse, e la sua coscienza si spense
nell'oblio.
|