Lavoro nella moda capitolo 10
Per la quinta volta si ritrovava ad allargare disperato quel maledetto
colletto della camicia; ora troppo stretto, ora troppo avvinghiante.
Si ritrovava in una situazione nuova; sia fisica che mentale, e
ciò poteva portarlo ad avere seri dubbi sulla sua più che
eroica persona. Riusciva ad avere caldo, a sudare vergognosamente per
la rabbia e l'ansia contribuendo solo ad innalzare il livello
d'umidità nella stanza.
Quelle odiose e immotivate vampate di calore accentuavano invece la
brutale differenza fra lui e l'atmosfera creatasi nella stanza: un gelo
innaturale, un'improvvisa freddura concentrata tutta nell'unico brivido
che scese lungo la sua schiena, probabilmente un blando avvertimento
del pericolo.
Ed Alfred, il vicedirettore, cercava in tutti i modi di non distogliere
lo sguardo dal viso di Ivan ed il suo sorriso; smorfia che mutava di
tanto in tanto solo per lasciarlo parlare e avvelenare così
l'aria della sua vocetta infantile.
- 150 Persone, Brajinsky.-
Il russo inarcò un sopracciglio, sedendosi più
compostamente sulla poltroncina e riuscendo a canzonarlo solo con un
semplice gesto della mano.
- 150 persone erano necessarie. Si sta attuando una fusione, ciò è inevitabile.-
Sentirlo parlare poi, era anche peggio. Ivan aveva un tono assurdamente
innaturale, cozzava con la sua persona ma dava benissimo l'idea di
pacato terrore. Gli ricordava tanto uno di quei film horror che
venivano annoverati fra i più paurosi non per l'impatto: ma
grazie ai rimasugli di inquietudine che lasciavano nella mente.
Si alza infine, l'americano; capisce che deve andarsene da quel posto
assurdo, comprende che non era lì con lui che doveva stare. E
allora perchè, si era trattenuto tanto?
- In futurò vedrò meglio i cambiamenti che si
apporteranno.- Raccoglie quelle due scartoffie mai usate dal tavolo,
trova quei due secondi in cui è impegnato in quel semplice gesto
liberatori.
-Jones. Ricorreggi: Vedremo i cambiamenti. Insieme.-
Ed evitò di rispondere a quella specie di matrioska con la
sciarpa facendo appello a quel buonsenso che fino ad allora non si era
mai fatto vivo. Saluta distrattamente, si avvia stranamente mesto alla
porta lasciandosi alle spalle un saluto appena accennato.
Quando fu sulla soglia, gli giunse ancora quella stridente vocetta, ma più flebile di prima.
" Così tanta paura di far parte della Russia, Da?"
Quel nuovo inizio l'aveva spiazzato.
Probabilmente il mondo odiava l'idea che lui stesse pacifico e
tranquillo collaborando per quell'azienda attuando il compito
assegnatogli: il contabile.
Ma ovviamente no, l'infausto destino pretendeva che svolgesse ogni
altro mestiere a detta sua frivolo ed addirittura idiota; o molto
più semplicemente non adatto a lui.
Il segretario.
Ludwig avrebbe preferito rifugiarsi ed accamparsi nella foresta
amazzonica armandosi unicamente di due fiammiferi piuttosto di
impararsi quelle cavolo di collezioni (ancora doveva capire a cosa si
riferiva il verbo "Collezionare" in quel contesto), di colori e
stilisti e ancora giornalisti che avrebbero affollato la sua testa
unicamente per scoprire i mirabili segreti dell'Artista.
Già, perchè era proprio per lui che lavorava e si sottoponeva a quell'assurda tortura.
Ma il lavoro era il lavoro.
Se prima il suo capo era un celato demonio austriaco ora si presentava
un grande artista ansioso di uccidero a forza di urli e "LUDWIG!"
campati per aria.
E quasi non aveva dormito, pensando a cosa avrebbe dovuto fare il
giorno dopo, borbottando di come quell'italianotto da strapazzo si era
permesso di schioccargli un bacio sulla guancia approfittando di una
sua distrazione, appena prima di andarsene.
Aveva poi sorriso -una strana smorfia incredibilmente emotiva- ,
gridando da lontano un "Signor gigante, lei punge!". Quindi ora, il suo
capo gli diceva anche quando doveva farsi la barba o meno.
Lasciando perdere il fatto che alla fine si era dato davvero una
passata di lametta, certa gente si prendeva delle libertà che
per i suoi standard erano anche sopra la soglia del sopportabile.
Ludwig s'irrigidiva, o arrabbiava, si vergognava di quei semplici
contatti umani; e più ci pensava, più la sua mente
elaborava pensieri diversi e contorti che lo danneggiavano -secondo la
sua mera opinione.
Ma ora non era tempo di rammaricarsi, c'era da capire come sopravvivere in quella nuova giungla.
In quel momento, camminava deciso verso la sua scrivania presentatagli
il giorno prima. Si ricordava la strada, aveva una buona memoria, e
prima raggiungeva il suo posto di lavoro, prima poteva risolvere gran
parte dei suoi problemi collegati al nome "segretario".
Ricambia malamente i saluti degli altri, ignora volutamente l'urletto
disperato di Romano appena lo vede in lontanaza. Il tedesco in quel
momento era così sovraccarico che se probabilmente il
meridionale si sarebbe avvicinato troppo l'avrebbe fulminato
sedutastante.
Ormai sapeva com'era fatto, preferiva non capire il perchè di
quell'astio verso di lui, ma almeno poteva lasciarlo lavorare in pace.
Giunge alla scrivania -ampia, tiene un intero muro e angolo. Da quella
porta finestra a vetri riesce a vedere due uffici, uno dei quali
disordinatissimo e rassomigliante ad un magazzino: lì ci stava
sicuramente Feliciano.
Era un posto soleggiato, un vero inferno di abiti e scartoffie, di
matite penne ed altro. Il tutto accumulato con maestria sulla
scrivania, coprendo l'unico oggetto utile e di minima importanza, quale
il telefono.
Ludwig poi si siede, accomoda le proprie cose e nota con terrore una
cosa come 15 post-it appollaiati sullo schermo del computer.
Prende un gran respiro, e con una sola punta di curiosità prende
il primo che gli capita sottomano e lo rigira fra le dita.
" Prendi un Caffè di quelli forti, portalo a Feliciano prima che
arrivi ma NON spostare nulla di quello che trovi sulla scrivania.
è buono, ma di mattina un vero disastro. Ti spiegheranno tutto più tardi,
Liz."
Oddio. Il suo capo aveva la dipendenza da caffè? Era sì
titubante, ma avrebbe sicuramente fatto quel picco gesto. Dopotutto
glielo raccomandava Elizaveta, una ragazza quantomeno normale rispetto
ad altri.
Dato che era appunto arrivato in anticipo, si ritagliò un po' di
tempo per leggere quei preoccupanti appunti lasciati dai neo colleghi.
Alcuni gli davano il benvenuto, altri gli raccomandavano di trattare
bene Feliciano, di non arrabbiarsi e di andarci cauti. Era un po'
sbadato -ripetevano- ma sapeva ciò che faceva. Se d'un tratto lo
investiva l'estro creativo diventava un insopportabile personaggio,
lunatico come pochi e decisamente pretenzioso.
Se per qualche strana ragione chiedeva un costume di un gigantesco
pomodoro doveva assolutamente averlo entro fine giornata.
Ora Ludwig si spiegava perchè non avesse già un
segretario, un qualcuno che badasse alle sue richieste lavorative - e
da quello che aveva capito, anche personali.
Il tedesco si appunta mentalmente quello che deve ricordare, bolla due
punti rossi e pericolosi. La mattina, ed i momenti follemente ispirati.
Ovviamente quei post-it gialli andavano ribadendo che era molto facile
affezionarsi a lui, ma molto più difficile sopportarlo.
Ludwig era anche un uomo d'armi, si ricopriva di pazienza ma pure di
buon senso: se gli avessero chiesto bruscamente l'impossibile, lui non
avrebbe fatto nulla per accontantare richieste stravaganti e
assecondare comportamenti sclerotici a vita.
E un'altra cosa.
Da quello che aveva capito, lui Feliciano non lo conosceva ancora bene. Assolutamente.
Perchè pareva quel sciocco e frivolo ragazzo, un latinlover nato
ed una persona buona e fin troppo gentile ed ingenua. L'italiano
però sapeva quello che voleva, rimaneva si un bambino troppo
cresciuto ma nel campo dell'arte era il Re incontrastato: meglio non
contestarlo in nessun modo.
E Ludwig sospira, dinnanzi a quegli avvertimenti di pericolo e ben poco
rassicuranti, si prepara a quella stranissima esercitazione che
prevedeva anche scavare nelle abitudini di un Vargas e cavarci fuori un
qualcosa che lo avrebbe aiutato a sopravvivergli.
Dopotutto lui aveva installato nel cervello un flusso di obbligo e dovere che gli portavano a fare bene ogni cosa.
Anche quello era un lavoro.
E come tale doveva essere considerato.
Il tempo passava, gli uffici si riempivano di nuovo.
Bella, la sua nuova "vicina" accomunava le tipiche caratteristiche di
una bevitrice incallita in gonnella, ridente ma non troppo fastidiosa.
L'aveva salutato con un ampio sorriso e posto due o tre domande di
circostanza; ed anche se poi aveva taciuto, il suo sguardo presagiva
una vera e propria intervista con lei appena avesse avuto un briciolo
di tempo.
Ed era in quel momento che suonavano le 8:30, lui aveva appena finito
di spulciare l'agenda di Feliciano -piazzata senza pretese sulla
scrivania quella mattina, solo in sua attesa- trovandola
disordinata e quasi scomposta; contenente ogni tipo di carta o
scarabocchio: pezzi di stoffa, disegnini, dediche (addirittura!) carte
di caramelle e quant'altro.
La cosa che più lo inquietò era un lascivo " LUDWIG "
scritto in stampato il 4 Ottobre. Cosa che decise di non trascrivere, e
che a dire il vero riuscì ad imbarazzarlo.
Andò poi velocemente a prendere il caffè -il secondo
della giornata a dire il vero; dato che il primo preso si era
già raffreddato da un pezzo. Attese il suo capo quasi con ansia,
stupendosi di come la sua opinione mutava di continuo.
Prima quasi aveva imprecato per il suo pazzesco ritardo, ora avrebbe
preferito che si fosse preso 5 minuti per chiacchierare con qualcuno.
Ma non si poteva ignorare la voce di Francis al centralino, che sinuosa
annunciava l'Italiano e lo salutava.
Quindi si prepara davanti al suo ufficio, caffè caldo in mano e sguardo puntato sull'entrata ed il corridoio.
Poi lo vede arrivare.
Aveva le mani così infagottate e piene, non sapeva nemmeno
più dove mettere ciò che disperatamente cercava di
trattenere a sè persino ficcandolo sotto le ascelle ed il mento.
Vedeva poi solo la metà destra del viso, la testimonianza della
sinistra si riduceva al ciuffo ricurvo.
-Ludwig!-
Si limitò a questo, mentre entrava nella stanza sorpassandolo.
Il tedesco lo raggiunge, lo guarda storto mentre abbandona tutto sul
già sovraffollato tavolo, e si limita a porgere il caffè
con un pacato "buongiorno".
La faccia dell'italiano era un po' vuota, ancora sonnolenta. Afferra il
caffè, lo beve poi in un solo sorso, mordendosi il labbro poi
perchè ancora scottava. Scuote la testa, fissa il caffè e
poi il suo segretario con una mezza smorfia.
-Te lo abbuono, dopotutto è il primo giorno.-
La faccia dell'altro interlocutore si rabbuiò, il biondo
strizzò gli occhi semi-basito e ricollegò il
cervello appena in tempo per rispondere.
-Ah.-
Bella risposta, davvero.
Complimenti Ludwig!
- Meglio che ritorni al lavoro. Buona Giornata. - Questa era già
meglio. Prende un respiro, si volta, e non fa in tempo a vedere
l'italiano che appoggiato al tavolo incrocia le braccia e ridacchia,
mordicchiando distrattamente il bicchiere vuoto del caffè.
E via, finalmente sull'ottica lavorativa.
Si siede, guarda intensamente il computer. Comincia a classificare i
vecchi impegni, interpreta le faccine felici o scontente disegnate
accanto agli appuntamenti e cerca in qualche modo di mettere a posto
gli orari, scartoffie di copertine e si organizza di come spendere il
suo budget mensile nello shopping di vestiti ed altro.
Poi, la prima telefonata. Il tedesco risponde, con la solita frase da
imparare a memoria come una litania << Buongiorno, ufficio di
Feliciano Vargas,come posso aiutarla?>>.
Una richiesta, da recapitare il giorno stesso. Ludwig intelligentemente
mette il attesa il cliente e preme il tasto per mettersi in
collegamento con l'Artista.
Nulla, non risponde.
Aspetta i 10 squilli, poi già in ansia si alza e raggiunge la porta a vetri del suo
locale. Sta per bussare, quando L'italiano da dietro l'entrata lo ferma
alzando semplicemente una mano, dedicandogli una mezza occhiata.
Pareva intento a fare un qualcosa di incredibilmente vitale, arricciava
spesso il naso e si mordeva il labbro. ma per quanto il suo impegno
fosse ecatombalmente importante, Ludwig doveva fare il suo lavoro. Si
fa coraggio ed entra, finalmente ricevendo un po' d'attenzione da parte
dell'altro.
- Ludwig, perfavore!- ed un "sciò" con la mano, mantenendo un espressione neutrale e concentrata solo su ciò che faceva lui.
Il tedesco palesemente sconfitto, corre indietro e quasi si tuffa sulla
cornetta, pregando che il richiedente non abbia messo giù.
Grazie al cielo aveva lasciato solamente un cliente indispettito ma
facilmente gestibile; si fece dare il nome, disse semplicemente che
Vargas era impegnato e spostò l'appuntamento per due giorni dopo.
Ecco. Fatto.
Ora avrebbe dovuto solamente minacciare Feliciano di decidersi ad
ascoltarlo o rispondere ad una chiamata, ecco. La cosa che però
più lo face imbestialire e lo sorprese, fu una mano leggera
posata sulla sua spalla.
Una mano sporca già di pittura e più piccola rispetto alla sua. -Ludwig, Perchè mi disturbavi?-
Disturbare. Lui ovviamnete, era entrato nel suo tempio privato per mettersi a fare l'ammaestratore di elefanti o il giocoliere.
- Dovevo solo avvisarla di una chiamata. -
-Dammi del tu.-
-Err...Dovevo avvisarti di una chiamata.-
Mh. Pareva quasi un discorso logico; il primo avuto con lui in quella mattinata così strana e nuova.
- Ah. Ma Ludwig, perchè non me l'hai detto prima?-
Ora capiva, perchè in uno di quei fantomatici post-it gli avevano chiesto pazienza.
Pranzo. L'orario della piccola pausa, in cui il piano quasi si svuotava
e lui poteva finalmente tirare un sospiro di sollievo e rilassarsi un
poco di più.
Non scendeva, il tedesco. Avrebbe mangiato più tardi quando
aveva finito quegli stramaledetti orari e gestito meglio i soldi
dell'altro -dati dall'azienda, ovviamente. Così vede tutti
scendere, li sente passare dietro di lui e dargli una pacca sulla
spalla, magari sogghignando o sussurrando un "Buonafortuna". Ne aveva
bisogno, decisamente.
Come di consueto, non poteva certo passare alcuni minuti in pace senza
che qualosa lo turbasse. Si ritrovò infatti, faccia a faccia con
Francis, bellamente appoggiato sul tavolo mentre mangiucchiava un
qualcosa di indefinito.
- Lùdwig!-
-Francis.-
Parve titubante, poi si decise a parlare. - Come va, con il nuovo
lavoro?- Aveva un'espressione strana, quasi fosse un tasto dolente.
-Bene.- Mentì in parte Beilschmidt, guardandolo bene in viso per
la prima volta. Non gli sfuggì quel mesto sorriso, e lo sbuffo
prima di prendere una sedia ed appostarsi vicino a lui.
-Ascolta, Lùdwig.-
Pareva serio, ma il tedesco non riusciva a conferirgli
l'austerità che meritava, se lo chiamava a quel modo. Poi,
continuò. -Ti sei mai chiesto, perchè Feliciano prima non
avesse un segretario?-
Si, se lo era chiesto. Ovviamente la risposta se l'era data da solo:
licenziato per esasperazione. Lui aveva pazienza, ma qualsiasi altra
persona ci avrebbe pensato due volte prima di iniziare ad amare quel
lavoro.
- Feliciano non ne aveva uno perchè semplicemente si limita a
licenziare.- un sorriso, nel vedere lo sguardo basito di Ludwig. - Li
licenzia, non per cattiveria. Si dispiace terribilmente quando gli
capita di doverlo fare; ma non riesce a lavorare con qualcuno che non
lo capisce. Hai potuto constatare anche tu, che è una persona
impossibile quando lo vedi al lavoro.
Ebbene, se un qualcuno detesta il suo modo di fare, lui ovviamente lo
sa. E non vuole che continui a lavorare per lui soprattutto
perchè a volte il suo carattere degenera; in particolar modo
quando si sente ispirato.-
Bene, il francese gli aveva fatto un bel discorso, articolato e tutto.
Però a cosa volesse giungere, non lo sapeva a dire il vero.
- Devi sapere che Feliciano è una persona davvero particolare.
Hai avuto l'opportunità di conoscerlo al di fuori di qui, e sai
qual'è il suo vero carattere.
Quando si immedesima nella sua arte però, deve essere
accontentato; come un bambino.- Prende una breve pausa. - C'è
della gente che ucciderebbe per il tuo posto, sai?- Qui il il tedesco
si sente un po' minacciato, ma inizia ad apprezzare quella
storiella, quelle poche informazioni che infine risultano anche
importanti. Relativamente importanti, diciamo.
- Tantissima gente ha provato a lavorarci assieme. Eppure lui, non
vuole nessuno. A parte quando sceglie personalmente, come nel tuo caso.
Capita davvero raramente; io mi sentirei quasi onorato.
L'ultima volta che ha indicato un suo possibile collaboratore, è
stato agli inizi della sua carriera, quando era appena giunto qui
dall'Italia con suo fratello.-
Ludwig ascolta, forse si imbarazza un po'. Poi però giunge il dubbio: dov'era quella prima scelta dell'Italiano?
-Il resto forse non dovrei raccontarlo io. Storie tristi, affari non miei.
Ma il punto, non è questo.
Ti parlo perchè lo conosco: se ha scelto te, un motivo ci deve
pur essere. Non ti conosce da molto, ma probabilmente ha visto in te un
qualcosa che gli è sicuramente piaciuto. Per cui ti prego, abbi
pazienza e non abbandonarlo.-
Lì l'atmosfera si fa gravida di significati, ciò che ha
detto Francis riesce a colpirlo ma anche a farlo iflettere, e si chiede
perchè il destino l'abbia fatto incontrare con quel pazzo
artista, che in lui ha visto qualcosa di buono.
Poi ovviamente, quel momento così sensato e significativo deve essere perforza rovinato. -Poi si sa, che gli Italiani a letto se la cavano.-
L'ultima cosa che Ludwig voleva sapere in quel momento.
Borbotta, saluta il francese, che lascivo gli passa una mano fra i
capelli e ritorna al suo posto. Diamine a lui, i suoi discorsi sensati
e le uscite inopportune.
Le sorprese, si sa, sono granchè migliori di ogni altra cosa.
Non c'è l'attesa, ma rimane quell'unico momento in cui si riceve
e si apprezza allo stesso tempo. Il modo più veloce per stupire,
e avvicinarsi ad una persona.
Per questo Feliciano si era presentato a Ludwig ancora tutto intento a
lavorare tenendo in mano un piccolo piattino e due o tre fette di pizza
sopra di esso. Una bottiglietta d'acqua nella mano destra, il cibo
nella sinistra, un gran sorriso mentre gli si avvicinava. Posò
il tutto sul tavolo, godendosi contento lo sguardo incredulo del
tedesco, e permettendosi anche un goffo abbraccio.
Sms-
By: Gilbert
To: Ludwig. Ore: 23:40
"Fratellino, aspettami. Sto arrivando."
Note dell'autrice:
Omh...Il ritardo, lo so.
Ma alla fina il capitolo c'è, quindi esultate (?) O similia, fate quello che volete insomma.
Come ben potete vedere, in questo
capitolo si inizia a lavorare, e Feliciano diventerà un gran
isterico quando inizierà a vedere abiti disegnati in aria,
ispirandosi al massimo.
Ci tenevo a presentare questo aspetto
del suo carattere, e ho impiegato di più di ciò che
volevo. Il resto, lo metterò nel capitolo successivo.
Okay.
Passo ai mille e mille grazie. Grazie a chi legge, mette nei seguiti, preferite o ricordate.
Grazie a chi spreca anche solo un
pensiero per la storia, negativo o positivo che sia. Mi raccomando; se
avete qualcosa da dire, o altro, lasciate un commentino :) Fa sempre
piacere. -messaggio subliminale, fine-
Ringraziamenti:
McBlebber: Grazie, sei stata davvero gentile a commentare, mi sono commossa :')
AdelineMad: Oh, i tuoi commenti mi fanno sempre piacere! Sono contenta che tu abbia apprezzato il capitolo! Spero ti piaccia anche questo.
H2o: Oh, grazie *^* Non so come rispondere, sono lusingata! Grazie davvero!
Cuore_di_ciambella: Sei stata gentilissima! Onorata della tua recensione, felice che ti piaccia!! Grazie ancora!
Revy21: Oh!l'ispiratrice della lotta col purè!! Grazie anche a te!
lampaina: Ma quanti complimenti. Oddio, mi sciolgo! Grazie Grazie Grazie! Spero il capitolo ti piaccia!
hanta97: Si, Bella è belgio :) E ancora grazie, mi fanno molto piacere i tuoi post!
Adieu: Grazie a te! Mi commuovi! Spero ti piaccia anche questo capitolo, e grazie ancora!!
Baci, Blacket.
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