Fiaba al contrario
Epilogo
I ribelli morono sempre a vent'anni, pure quanno nun morono.
(dal film: In nome del Papa Re, 1977, Regia di Luigi Magni)
All'inizio quasi non l'hai riconosciuto.
Sarà che non l'hai mai visto vestito così; sono dodici anni che non lo incontri,
ma non lo immaginavi con altro che la divisa di Hogwarts, o al massimo con gli
abiti babbani che ha sempre indossato in ogni momento libero. Invece è vestito
perfettamente da mago, intabarrato nel mantello azzurro allacciato stretto sotto
il collo, neanche fosse vecchio come Silente il vostro primo giorno di scuola.
Nemmeno tu ti vesti così, nonostante tua madre abbia sempre insistito su quello
che chiama "l'abbigliamento appropriato per un giovane mago". Dean? Quasi non lo
riconosci.
Ma forse la colpa è tua; sei diventato miope a furia di leggere scartoffie in
ufficio, e ancora non ti sei abituato agli occhiali abbastanza per ricordarti di
indossarli sempre, come dovresti.
Dunque Dean è vagamente sfocato, mentre ti si avvicina sorridendo e tendendoti
una mano. Gliela stringi con calore e ti chiedi, non per la prima volta, come
sia possibile che sia passato tanto tempo dall'ultima volta che vi siete visti.
E' stato nell'inverno che ha seguito la Battaglia di Hogwarts.
Ti ricordi pochi dettagli, perché allora di certo non pensavi sarebbe stato il
vostro ultimo incontro; siete andati a bervi una burrobirra al Paiolo Magico,
come tante altre sere dopo la caduta di Voldemort. Ricordi che il pub era
incredibilmente pieno, che l'euforia della fine della guerra permeava ancora
l'aria e che brindisi ad alta voce ed allegria si sprecavano.
Decine di maghi che si erano rintanati nelle loro case per oltre un anno, o che
erano fuggiti all'estero, festeggiavano la morte di
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato e la libertà dell'Inghilterra dal suo regime
degli ultimi mesi.
Voi due quella sera vi eravate rintanati in un angolo appartato, incapaci come
sempre di prendere parte ai festeggiamenti generali: era difficile per chi aveva
combattuto e si era ribellato ad un regime, per chi aveva visto gli amici
caduti, tornare alla normalità e festeggiare.
Ricordi che avete parlato, ancora ossessionati entrambi dalla guerra, come se
fosse ancora necessario tenerla al centro dei vostri pensieri.
-Forse ne abbiamo persino nostalgia- ha detto a fine serata Dean con un mezzo
sorriso, e quella frase assurdamente saggia ti ha colpito. Perché era così che
ti sentivi allora, ed è così che ti senti ancora adesso, ricordando la battaglia
e persino l'orrore del tuo ultimo anno di scuola: come se l'evento più grande
della tua vita si fosse irrimediabilmente concluso quando avevi appena diciotto
anni, lasciandoti con un pugno di ricordi che a trenta ancora ti svegliano la
notte, e con una vita mediocre, dopo aver assaggiato tanto di più.
Ma quell'ultima sera Dean ti ha raccontato di avere altri piani, diversi dal tuo
metterti seduto ed lasciar scivolare via gli anni, guardando al passato come
alla più grande avventura.
Dean non ha mai sofferto come te dell'amore per la vita semplice; lui già dodici
anni fa aveva scelto un'altra impresa da tentare.
-Voglio trovare mio padre- ti ha detto, e l'hai sentito a malapena tra uno
scoppio di risa assurdo al tavolo di fianco, e la canzone dell'ubriaco al
bancone del bar.
-Tuo padre?- gli hai chiesto, stupito.
Dean ha annuito. -Il mio vero padre, intendo. Quello che se ne è andato quando
non avevo ancora un anno, e ha lasciato mia madre ad arrangiarsi finché non ha
incontrato Samuel- ti ha spiegato.
Ricordi che l'hai incoraggiato, quella sera. Che l'hai preso poco sul serio,
pensando che avrebbe al massimo scovato qualche vecchio zio a cui fare qualche
domanda; e che forse l'hai anche invidiato, per essere capace di trovare di
nuovo qualcosa di utile ed interessante da fare.
Vi siete salutati quando Tom il barista vi ha invitati ad andarvene, per
permettergli di chiudere finalmente il pub.
E poi vi siete semplicemente persi di vista.
Dopo la stretta di mano, incurante della stazione gremita di gente, Dean ti
tira verso di sé e ti abbraccia forte. Un poco ti imbarazza la sua spontaneità;
non siete più ragazzini. Un po' però ti colpisce il suo odore; pensavi che
l'avresti trovato cambiato in tanti anni, invece è lo stesso, legna ed
inchiostro, come quando le sue dita erano sempre impegnate con la piuma o con il
manico di una scopa.
Non sembra invecchiato come tu ti senti; eppure è cambiato più di te.
-Seamus!- ti saluta dopo un attimo, lasciandoti allontanare della lunghezza
delle sue braccia e tenendoti per i gomiti, per poterti osservare meglio.
-Grazie per aver risposto alla mia lettera!-
Scuoti la testa, concedendoti un piccolo sorriso come a dire che non c'è bisogno
di ringraziarti.
-E' il minimo- rispondi. -Eri il mio migliore amico, no?-
Ti daresti un pugno da solo per quella frase da perfetto idiota. Sembra che
adesso non siate amici; e non è quello che vuoi che pensi.
-Spero di riconquistare quella posizione- ti risponde Dean, sogghignando. Ti
viene spontaneo sorridergli: sembra che sappia ancora quando non prendere del
tutto sul serio te e la tua boccaccia.
-Ti offro un caffè- gli dici, per spezzare il leggero imbarazzo che si è creato.
-Così mi spieghi bene cosa stai combinando-.
Al caffè babbano fuori dalla Stazione Great Victoria sei costretto a tirar
fuori di tasca gli occhiali, perché l'unico menù è scritto con i gessetti
colorati sulla lavagna appesa alla parete.
-Non sapevo portassi gli occhiali- ti dice Dean.
-Non dirmi anche tu che sembro più vecchio, ti prego- gli rispondi con una
smorfia volutamente esagerata. -Mia madre non fa che ripetermelo...-
Dean ridacchia, ed improvvisamente sei a tuo agio, come se scherzare di nuovo
con lui su tua madre vi riportasse addirittura ad un tempo precedente la guerra,
quando eravate ragazzini, prima di diventare eroi.
-Stavo per dirti che ti stanno bene- dice Dean, sorridendoti.
Arrossisci un poco, e speri che non si noti.
-Allora, come posso esserti utile?- farfugli, cercando di riportare la
conversazione su un terreno meno pericoloso.
-Veramente ho bisogno di un aiuto dal tuo ufficio- ti risponde lui, sorridendo
alla cameriera che vi posa davanti due caffè e un bricco di panna.
-Dal mio ufficio?- chiedi, perplesso. Lavori ormai dai sei anni per l'Ufficio
per i Rapporti con i Babbani, distaccamento dell'Ulster. Non vedi cosa possa
servire a Dean, a meno che non sia intenzionato a sposare una Babbana del nord
Irlanda, e in questo caso non sei certo di volerlo sapere.
Dean annuisce.
-Cosa cerchi, di preciso?- gli chiedi.
Dean si stringe nelle spalle.
-Informazioni su mio padre- risponde. -Mi ci sono voluti più di dieci anni, ma
l'ho trovato, Seamus- aggiunge, con gli occhi che gli brillano di emozione.
Per quel che ne sapevate l'ultima volta che ne avete parlato, suo padre è un
Babbano nato e cresciuto a Londra, e non ha nulla a che fare con il tuo lavoro.
Ma vedi che Dean non sta nella pelle all'idea di parlartene, e devi ammettere
che sei davvero curioso di ascoltarlo. Così prendi un sorso del tuo caffè,
scottandoti la lingua, e slacci il colletto della camicia babbana per stare più
comodo.
-Raccontami tutto- gli dici, e d'improvviso, è come se dodici anni non fossero
mai passati.
E' come essere di nuovo ad Hogwarts, la sera in dormitorio, quando parlavate
e sognavate, come tutti i bambini, le grandi imprese che avreste compiuto
girando tutto il mondo, a patto di passare l'ultimo test di Trasfigurazione.
C'erano storie fantastiche di draghi e feroci maghi oscuri, tanto diverse da
come sarebbe stata poi la resistenza sfinita di una scuola controllata da pazzi,
o mesi in fuga per i boschi.
Spesso parlavate delle vostre case e delle vostre vite al di fuori di Hogwarts;
e c'era sempre una piccola parte di Dean che sperava di scoprire un giorno che
suo padre non era la canaglia fuggita alle responsabilità della famiglia, ma un
qualche tipo di eroe incompreso.
Tanti anni dopo, davanti ad un caffè che si fredda, scopri con grande sorpresa
che quella piccola parte infantile e sognatrice di Dean aveva ragione da
vendere.
-All'inizio sono andato in Africa- ti racconta Dean, e già pendi dalle sue
labbra, tu che sei stato al massimo in Scozia, allontanandoti da casa. -Non
sapevo da dove partire; mia madre non sapeva nulla di mio padre. Ho pensato di
poter avere degli antenati laggiù. E mamma una volta mi ha raccontato che mio
padre aveva uno strano modo di parlare. Ma era una falsa pista, l'ho capito solo
dopo. Comunque, è stato dall'Africa che ho smesso di scriverti: ho viaggiato
come Babbano, perché credevo, capisci, di dover cercare tra i Babbani... Ero
completamente fuori strada-.
Ti sei sempre chiesto dove fossero sparite d'improvviso le sue lettere, qualche
settimana dopo il vostro ultimo incontro. Quindi è all'Africa che devi il vostro
allontanamento, benissimo. Almeno lo sai.
-Quindi tuo padre era un mago?- chiedi.
Dean annuisce. -Ci ho messo così tanto ad arrivarci, ed era così semplice. E'
sparito proprio quando Voldemort era al potere, no? Ma solo sei anni fa ho
pensato che potesse essere così. E pensa, è stato merito tuo- dice, tutto d'un
fiato.
-Mio?- chiedi, sbalordito.
-Tuo- ti conferma. -Ho viaggiato per l'Europa, dopo l'Africa, cercando notizie
di cronaca risalenti al periodo in cui se ne andò. Un tentativo disperato; ma
mia madre diceva che era spesso all'estero per lavoro, anche se non sapeva dove,
e pensavo che potesse esserci stato un incidente. Sei anni fa sono tornato in
Inghilterra-.
Improvvisamente colleghi. -Quando è morto tuo padre?- chiedi. -Ero al funerale,
ma tu non c'eri-.
-Quando è morto Samuel- dice, e noti che anche se adesso chiama il suo patrigno
per nome, lo dice con l'affetto di quando era ragazzo e lo chiamava "papà".
-Sono arrivato un giorno troppo tardi. Comunque ho incontrato Luna, te la
ricordi?-
Annuisci. Chi mai, avendo fatto parte dell'E.S., poteva dimenticarsi "Lunatica"
Lovegood?
-Be', lei mi ha detto che Neville aveva appena iniziato ad insegnare ad
Hogwarts, e ho deciso di andarlo a trovare. E ho rivisto la Sala Grande, dopo
tanti anni. E mi sono ricordato di quel che mi hai detto la notte che siamo
stati Smistati-.
Ti sembra incredibile che dopo tutte quelle avventure lui se lo ricordi ancora.
-Che tuo padre non sapeva che tua madre fosse una strega fino a dopo il
matrimonio, ricordi?-
-Io sì, ma non credevo che lo ricordassi tu...- bisbigli.
Dean ti sorride. -Io mi ricordo tutto quello che mi hai raccontato- dice, e tu
per la terza volta arrossisci. Dannazione, perché Dean deve ancora farti questo
effetto?
-Continua- dici, per mascherare l'imbarazzo.
-Ho pensato che mio padre potesse aver fatto la stessa cosa. Non credevo fosse
possibile, ma ho cercato nei vecchi annuari di Hogwarts, e l'ho trovato-.
Dalla tasca del mantello Dean tira fuori una fotografia piuttosto datata di un
ragazzino in divisa da Grifondoro, che gli somiglia incredibilmente, dal modo
nervoso in cui tamburella le dita sulla cornice della foto ai grandi occhi
scuri. Sul suo petto scintilla una spilla da Prefetto.
-Mio padre era un mago- continua Dean, come se gli piacesse dirlo ad alta voce.
-Pian piano ho ricostruito la sua storia. Aveva diciotto anni quando conobbe mia
madre, diciannove quando sono nato io. A vent'anni, i Mangiamorte cercarono di
reclutarlo tramite un suo amico che avevano corrotto. Lui fuggì per proteggere
me e mia madre, e non tornò mai più-.
Sei allibito da quella scoperta.
-Se penso che sei stato in fuga per tutto il nostro ultimo anno, pensando di
essere Nato Babbano...- borbotti, senza riflettere.
-Già- commenta lui. -Mi sarebbe piaciuto risparmiarmi il disturbo e tornare ad
Hogwarts a darti una mano- dice, asciutto.
Lo guardi, sorpreso dal suo tono, cercando di capire se l'hai offeso, ma la sua
espressione è pensierosa.
-Scusa- ti senti in dovere di dire, ma lui scuote la testa.
-Guarda che dicevo davvero- ti risponde. Merlino, non è cambiato per niente, a
sentirlo parlare così.
-Quindi cosa ti serve dal mio ufficio?- chiedi, cambiando velocemente argomento
prima che il discorso diventi troppo personale in tutt'altro senso.
-So che mio padre fuggì a Belfast. Penso che avesse degli amici, qui, ma se
anche sono ancora vivi, non sono riuscito a trovarli. Io credo che sia stato
ucciso dai Mangiamorte, e credo che sia successo qui. Puoi aiutarmi a scoprire
di più, Seamus?-
Non sai bene cosa rispondergli. Una parte di te sa che è normale la distanza che
si è creata tra di voi negli anni, che dopo la scuola gli amici si perdono e che
persino certi episodi che non ti escono dalla testa vanno dimenticati, una volta
finita l'adolescenza. Però vorresti che fosse tornato per vedere te, e non per
inseguire le sue avventure; non sei certo di volergli dare le informazioni che
cerca e guardarlo ripartire a costruirsi una vita altrove, magari per mandarti
un gufo qualche volta, a Natale, dimenticando di nuovo l'amicizia che vi legava.
-Non so a cosa possa servirti il mio aiuto- temporeggi. -Mi occupo di relazioni
con i Babbani, non sono un Auror-.
-La competenza sarebbe degli Auror se si fosse trattato di un mago ucciso dai
Mangiamorte- ti dice, -ma se avessero scoperto la sua identità, avrebbero
avvisato mia madre. Io credo che non sia mai stato identificato; e penso sia
possibile che cercasse di mimetizzarsi tra i Babbani, considerando che ormai da
oltre un anno non viveva nel mondo magico-.
Devi ammettere che ha ragione; e naturalmente, nel caso di un Babbano rimasto
ucciso in un incontro con i Mangiamorte, la competenza è del tuo ufficio per
quanto riguarda le scartoffie da archivio.
-Mi aiuterai?- ti chiede Dean, prendendoti una mano su tavolo, e costringendoti
con quel semplice, antico gesto a guardarlo negli occhi.
E' importante; per lui è assolutamente vitale arrivare in fondo a quel mistero,
e scopri d'improvviso che, come tanti anni fa, questo lo rende fondamentale
anche per te.
-E' il mio lavoro- gli dici, sorridendogli sinceramente, forse per la prima
volta oggi. -E sarà un piacere- aggiungi, -tranne per le ore che passeremo a
riempirci gli occhi della polvere dell'archivio, ovviamente- scherzi.
Quando uscite dal bar, dopo aver finito e pagato il vostro caffè, Dean ancora
ridacchia e tu ti senti improvvisamente pronto ad affrontare una nuova avventura
come non ti capitava da quando avevi diciott'anni.
Prologo
Un mantello e un paio di occhiali sono solo un mantello e un paio di
occhiali.
Ci mettete quindici giorni a scoprire qualcosa su tuo padre.
Ti colpisce più di ogni altra cosa l'efficienza di Seamus, in tutta quella
situazione. Come se fosse una cosa da nulla ti ha procurato un pass per l'enorme
archivio che contiene tutti i rapporti degli ultimi duecentocinquant'anni di
relazioni Maghi-Babbani nel Nord dell'Irlanda. Ti ha presentato ai suoi colleghi
come quello di cui racconta sempre, quando si parla di vecchi ricordi
scolastici, e senza batter ciglio ti ha introdotto alle meraviglie
dell'archivistica magica, che consiste in scaffali confusionari, pile e pile di
rotoli di pergamena divisi rigorosamente per autore del rapporto, ordine
alfabetico della prima parola o umore del responsabile dell'archivio quando li
ha riposti.
Un incubo disordinato in cui Seamus si muove straordinariamente bene, in
effetti.
-Lascia perdere quello scaffale, lì ci sono tutte le pergamene che contengono le
parole Quidditch e draghi- ti dice, ed appoggi il grosso rotolo che avevi appena
preso in mano, chiedendoti come accidenti faccia a ricordarsi una cosa del
genere.
Quando glielo chiedi, la spiegazione è piuttosto semplice, però.
-Non sapevo cosa fare, finita Hogwarts- ti racconta, rabbuiandosi un po'.
-Ancora meno quando te ne sei andato. Non ho mai avuto una materia preferita, o
qualcosa che mi piacesse fare più che tutto il resto. E mia madre continuava ad
insistere che trovassi un lavoro, che non potevo vivere solo dei ricordi della
guerra, e che diciotto anni erano pochi per sentirmi un veterano-.
Sorridi, immaginando precisamente il modo in cui la Signora Finnigan può aver
detto quelle esatte parole, limandosi le unghie con cura e guardando il suo
adorato bambino con un misto imbarazzante di cipiglio severo ed affetto materno.
-Così,- continua a raccontare Seamus, -ho preso il primo lavoro che mi hanno
offerto, e mi sono ritrovato a sgobbare qua dentro per un anno, cercando di
capirci qualcosa. Gli scaffali sono opera mia: prima c'erano delle grosse ceste
che contenevano due o tre argomenti diversi ciascuna. Adesso è tutto altrettanto
incasinato, ma almeno su uno scaffale vedi quello che fai. E finito l'anno di
lavoro in archivio, ho scoperto che mi piace molto lavorare con i Babbani: li
capisco bene, e come potrebbe essere diversamente, con un padre Babbano ed un
miglior amico...-
Seamus si interrompe, e lo guardi mordersi un labbro ed arrossire un pochino.
-Lieto di esserti stato utile- dici, inchinandoti scherzosamente; e per una
volta Seamus non teme che tu lo stia prendendo in giro, e ridacchia.
Vi rimettete al lavoro, tu che guardi in tutti i posti sbagliati, e Seamus che
ti lascia fare mentre mette da parte ad una ad una un buon numero di pergamene,
fino ad accumularne un bel mucchio. Lo osservi mentre si muove nell'archivio del
tutto a suo agio, con la coda dell'occhio per non farti scoprire. Ti sembra
tutto così strano.
Sei stato via dodici anni, dopo tutto; è normale che lui non sia la stessa
persona che hai lasciato quando sei partito. Eppure una parte di te sperava, con
tutto l'egoismo di cui sei capace, di non trovarlo cambiato, al tuo ritorno. Che
tutto fosse ancora com'era, che lui semplicemente fosse rimasto ad aspettarti.
E' una sciocchezza grande come una casa; ovviamente Seamus è cambiato. Non sono
solo gli occhiali, anche se contribuiscono a renderlo più evidente. E' il modo
in cui si muove a suo agio in un ambiente che tu non conosci per nulla, e il
modo in cui sembra cauto con te, quasi se non sapesse più cosa è lecito e cosa
no. Eri il suo migliore amico, ed ora...
-Ho trovato qualcosa- dice Seamus improvvisamente, e ti riscuoti dai tuoi
pensieri abbastanza per renderti conto che stai stringendo in mano come un
cretino il rapporto su un'infestazione di doxy, tanto eri distratto. Lo appoggi
su uno scaffale qualsiasi, senza far caso al fatto che stai di nuovo mettendo
disordine nelle cose di Seamus, e ti avvicini.
Seamus tiene in mano una pergamena che contiene un elenco di date. Curioso, lo
osservi picchiettarla con la bacchetta, ed improvvisamente una trentina di altri
rotoli si sollevano dai loro scaffali e volano verso di voi, tutti insieme.
Seamus si abbassa, come se se lo fosse aspettato, ma tu non fai in tempo; ne
schivi qualcuno, ma quello che probabilmente è il più grosso di tutti ti
colpisce proprio sulla testa, e prima che tu te ne renda conto, tutto si fa nero
attorno a te.
-... Mi dispiace, davvero, Dean? Svegliati, per favore!-
Qualcuno sta implorando, vicino alla tua testa. E' un suono familiare. -Seam?-
chiedi, ricorrendo al vecchio nomignolo senza pensarci.
-Dean? Merlino, meno male, sei sveglio!-
Apri gli occhi con circospezione. Sei in una stanza che non conosci; sembra una
specie di ufficio, ma c'è troppa confusione perché sia un luogo di lavoro, a
meno che...
-E' qui che lavori?- chiedi a Seamus, mettendoti seduto. Lui ti guarda come se
pensasse che stai delirando.
-Ti fa molto male la testa?- ti chiede. -Avrei dovuto avvisarti delle pergamene,
sono stato un idiota. Mi sembrava...-
-Assurdo che io non lo sapessi già?- concludi per lui, con un sorriso. Seamus
sembra sorpreso, ma annuisce. -Mi faceva lo stesso effetto raccontarti dei miei
viaggi- gli spieghi. -Continuavo a guardare i tuoi occhiali, per ricordarmi che
sei cambiato, che è passato del tempo, e non siamo più come una volta-. Sei
partito un po' per la tangente con quel discorso, ma Seamus si limita a
sorridere, come se ci fosse ancora abituato. Poi annuisce.
-Lo stesso è successo a me, mentre ti parlavo del mio lavoro- ammette. -Infatti
quando ti sei tolto il mantello mi sono subito dimenticato, e guarda cosa ho
combinato- dice, amaro.
Scuoti la testa. -Nessun danno- lo rassicuri. -Perché il mantello?- chiedi poi.
Non ci vedi nulla di strano.
-Perché sei cambiato- dice Seamus. -Ti vestivi sempre da Babbano, ti ricordi?
Dicevi che non volevi sembrare uno che si vergogna delle proprie origini-.
-Te lo ricordi?- chiedi, un po' stupito. L'hai detto un pomeriggio, mentre
gironzolavate a tempo perso per Hogsmeade, talmente tanto tempo fa che in realtà
è passata una vita.
-Mi ricordo tutto quello che mi hai detto- risponde Seamus, serio.
E' bello pensare che sia così, ancora dopo tanto tempo.
Ti è mancato, Seamus. Ti è mancata la sua amicizia, anche se allontanarti ti era
sembrata la cosa giusta da fare per salvarla. Quando te ne sei andato, pensavi
di dover rimediare ai tuoi tre errori.
Li rivedi adesso, mentre lo guardi seduto di fianco a te, diverso, ma ancora
lui.
Il primo errore è successo una sera d'estate, prima della tua fuga, quando
eravate ancora ragazzini e siete sgattaiolati fuori da casa sua con una scusa
per ubriacarvi di birra babbana in un pub. Il secondo qualche giorno dopo,
quando Seamus era così in imbarazzo da non riuscire a guardarti in faccia, e tu
hai pensato di far capire a quella testa di legno che andava tutto bene
infilandoti nel suo letto. Il terzo non ti era sembrato un errore, ma qualcosa
di cui entrambi avevate bisogno, poche ore prima che tu fuggissi nei boschi
senza sapere se l'avresti rivisto.
Ma poi un anno di guerra ha semplicemente cambiato tutto, e con la pace Seamus
sembrava una persona diversa, perso e confuso. Hai pensato che fosse colpa tua,
hai temuto di aver oltrepassato un confine necessario per la vostra amicizia. Te
ne sei andato anche per evitare di doverti scontrare con le conseguenze di
quello che era successo, e di rovinare tutto.
Adesso non sei più così sicuro che fosse necessario. Perché la confusione che
provavi non si è schiarita, ma si è trasformata nella consapevolezza che è
Seamus che vuoi, al di là di ogni sperimentazione adolescenziale. E soprattutto
perché sei cresciuto un bel po', e non sei nemmeno più così certo che lui non ti
ricambiasse.
Lo guardi mordersi le labbra; lo faceva sempre, quando si sentiva troppo
osservato. Ti chiedi se sia il momento di fare un passo in un'altra direzione,
molto lontana dall'incontro di due vecchi amici che non si vedono da anni.
Poi Seamus parla. -Vuoi vedere cosa ho trovato?- ti chiede, con l'aria
soddisfatta di quando ha fatto un bel lavoro.
Ti rendi conto che lui non sa davvero cosa ti ha portato lì. Non gli hai detto
che la pista che stai seguendo è vaga, ad essere ottimisti, che hai solo trovato
il nome di tuo padre in alcuni vecchi rapporti di Gazza, e che in uno solo di
quei fogli compariva anche il nome di un suo amico, nato a Belfast. Troppo poco
per cercarlo in quella città; hai abbandonato la speranza di saperne di più mesi
fa, in effetti. La ricerca dall'inizio non era che una scusa per vedere di nuovo
Seamus.
-Dean?- ti richiama lui. -Credo di aver trovato qualcosa, davvero- dice,
strappandoti alle tue riflessioni.
Indica la scrivania ingombra di carte e ninnoli mentre lo dice. Uno dei rotoli
di pergamena, forse proprio quello che ti ha colpito nell'archivio, fa bella
mostra di se in cima ad un mucchio di scartoffie.
Ti alzi e la guardi, senza osare toccarla.
-E' l'unico babbano di colore ucciso dai Mangiamorte nel periodo in cui sparì
tuo padre- dice Seamus. Non ti eri accorto che si fosse alzato, ma gli sei grato
quando ti posa una mano sulla spalla.
Prendi la pergamena. Ti tremano un po' le dita mentre sciogli il laccio che la
tiene chiusa, indugiando un istante. Poi la srotoli, quel tanto che basta a
scoprire il titolo e la fotografia di tuo padre immobile, morto. Tuo padre.
Avevi perso ogni speranza.
Seamus guarda da sopra la tua spalla, e te la stringe un po' più forte quando si
rende conto che sei rimasto immobile, perché capisce al volo come ha sempre
capito. Intontito, srotoli un po' di più la pergamena, e ti trovi di fronte una
serie di sigle e numeri che non capisci.
Seamus raccatta gli occhiali dalla scrivania e li indossa, prima di mettersi a
tradurre quei dati per te.
-Ha dato loro del filo da torcere- dice, indicando un codice che per te non
significa nulla. -C'era un Mangiamorte morto vicino a dove hanno trovato il
corpo- ti spiega.
Annuisci. Improvvisamente hai le due cose che volevi, la storia di tuo padre tra
le mani e il tuo miglior amico con cui condividerla, e non sai bene che fartene.
-Vuoi vedere le sue cose?- chiede Seamus, indicando un altro paragrafo. -Questa
sigla significa che aveva con sé una foto di un bambino sconosciuto- aggiunge.
-Pensi che…?- chiedi.
Seamus picchietta la riga con la bacchetta, e quella scompare, coperta dalla
riproduzione di una piccola foto tascabile.
-Sono io- dici, sorpreso. La foto è uguale a diverse altre che sono da sempre in
casa dei tuoi, hai persino lo stesso pigiama che indossi in quella che tua madre
tiene sul comodino. -E' davvero lui- sussurri.
-Mi dispiace- dice Seamus, ancora alle tue spalle, prima di spostare la mano
attorno alla tua vita e di abbracciarti, stringendo la tua schiena contro il suo
petto, confortandoti in silenzio.
Chiudi gli occhi per un istante. E' troppo.
E' perfetto. E' quello che desideravi quando eri un ragazzo. Un padre di cui
andare fiero e un migliore amico disposto a diventare qualcosa di più.
Ti giri e baci Seamus sulla bocca. Non ti chiedi se sia quello che vuole, se
stai rischiando di rovinare tutto; non hai più i dubbi che ti avevano messo in
fuga. Vi siete sempre capiti.
Sei stato sciocco a pensare che su questo dettaglio non foste in sintonia;
quando Seamus risponde al tuo bacio, e muove le mani sulla tua schiena come se
stesse chiedendoti di non fuggire di nuovo, sai cosa significa.
Che è quello che significava allora, perché non siete poi cambiati così tanto.
Non in quello che conta.
Un mantello e un paio di occhiali sono solo un mantello e un paio di occhiali.
... E vissero per sempre felici e contenti
Parlate tutta la notte, perché avete tanti anni di separazione da colmare,
tante cose di cui discutere. Tanto da recuperare.
Il vostro passato si dispiega come una strana fiaba per bambini, ed
incredibilmente, come solo nelle fiabe succede, tutti i fili sembrano tornare ad
unirsi, come se ogni strada vi avesse portato a quel punto. E forse è proprio
così che è stato, o forse sembra solo possibile, mentre vi guardate in modo
sempre uguale e nuovo insieme.
Poi ci sarà tempo per i progetti; non mancheranno nuovi dubbi e decisioni
difficili, e tutte le cose che in fondo separano le fiabe dalla realtà di ogni
giorno, dal caffè della mattina, dai calzini da lavare, dalla polvere degli
archivi e dall'odore dei colori ad olio. Siete sempre gli stessi ragazzi; dovete
scoprire che uomini siete diventati.
E tutto il resto comincia da qui.
Note Noiose:
1) La storia del padre di Dean è stata raccontata dalla Rowling, la si
può trovare sul sito ufficiale nella
sezione Extra.
2) La stazione di Great Victoria è una delle principali stazioni
ferroviarie di Belfast. Ho immaginato che Seamus fosse tornato a vivere in
Irlanda; non sappiamo se sia originario dell'Irlanda del Nord o dell'Eire, ma
visto che alla Coppa del Mondo di Quidditch sembra un accanito tifoso della
squadra irlandese, e che questa viene citata in associazione con quelle
dell'Inghilterra, della Scozia e del Galles, penso sia plausibile che ci stiamo
riferendo, di fatto, all'Irlanda del Nord in quanto quarto stato della Gran
Bretagna. (Calice di fuoco, pag. 59)
Questa fic ha partecipato al contest "Only
Slash", indetto sul Forum da Only_Me, ma giudicato da Joey Potter,
classificandosi prima, con questo giudizio:
Prima classificata
Fiaba al contrario; di Miki_ tr
• Grammatica: 20/20
• Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
• Originalità: 5/5
• Gradimento personale: 15/15
• Inserimento della citazione e dei prompt scelti: 10/10;
• Eventuali punti bonus: 3/3;
Totale: 63/63
Dean e Seamus sono due personaggi marginali, spesso ignorati o relegati a mere
comparse anche dal fandom; grazie a te hanno acquistato tutto un loro splendido
carattere: sono ricchi, vivi, reali e forti.
Sulla grammatica, come hai visto, niente da segnalare, il che è sempre cosa
buona e più che giusta; il tuo stile e corretto e fluido, sempre adatto a quello
che racconti.
Mi sono sentita una grandissima ignorante, perché non ero assolutamente a
conoscenza della storia del padre di Dean, quindi devo ringraziarti per avermi
aperto al bel mondo degli “extra” della Rowling! Il punteggio massimo
nell’originalità è dato soprattutto dall’aver cercato qualcosa di così
inflazionato di cui, scommetto, in pochi sanno l’esistenza.
I prompt sono inseriti perfettamente amalgamati con il testo: ho amato
particolarmente il significato , per niente banale, che hai dato a “occhiali”:
sono il segno del tempo passato, della distanza, del cambiamento.
La storia è davvero piacevole e succede sempre così: davanti a cose così belle
non so mai commentare degnamente.
Hai fatto uno splendido lavoro, Miki. |