Tell me a story into that goodnight.

di DK in a Madow
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I got a really bad disease, now.


 

Sento che potrei vomitare il cuore da un momento all'altro.
Non so dove mi trovo. Non so come mi chiamo.
So soltanto d'esser completamente sola.
Mi hanno insegnato che se qualcuno sta male bisogna soccorrerlo, dargli aiuto, sollevargli la testa e farlo respirare o chiamare con urgenza un'ambulanza.
E invece??
Io sono sola, ho questo cuore a pezzi, in cerca di una cura.
L'insicurezza ha preso il possesso di ogni mia cellula e liberarmene sembra impossibile. Il dolore che sento è talmente forte che quasi ne ho dimenticato il motivo.
Sollevo leggermente la testa, gli occhi nascosti dietro un velo di lacrime.
 
Christian è andato via.
Per me è come se fosse già morto, soffocato nella fabbrica di morte per eccellenza.
"Vado in guerra", ha detto.
Lo diceva da tempo che un giorno sarebbe andato al fronte, a macellarsi i piedi nel fango della trincea e il cuore nel sangue dei compagni morti.
Ormai è partito e io non ho avuto il cuore per salutarlo in stazione; magari non mi perdonerà mai di avergli negato l'ultimo gesto d'amore, ma di certo non capirà mai quanto mi sarebbe costato sostenere il suo sguardo nostalgico supplicarmi un addio.
Lentamente mi guardo intorno, facendo ruotare le orbite gonfie di pianto nel cranio svuotato dalla stanchezza.
Sono in camera mia, già. Devo essermi addormentata sul pavimento, rannicchiata attorno al mio stesso ventre. Guardo la sveglia sul comodino. Segna le sette del pomeriggio; Christian avrà già preso l'aereo che da New York l'avrebbe portato in Afghanistan.
Sollevo lentamente un braccio appoggiandomi al letto alla mia sinistra, cercando di mantenermi sulle ginocchia. Abbandono il mio peso sul materasso e gli occhi si soffermano su una cornice di legno sul comodino, quella che Christian mi aveva regalato un mese fa per San Valentino. Il suo volto sorrideva raggiante nella foto che lui stesso aveva messo in quella cornice. C'ero anche io in quello scatto. Stranamente non facevo schifo, mi piaceva quella foto. Avevo pianto di felicità quando me la regalò. Il ricordo mi ha fatto risalire le lacrime e con la disperazione che mi attraversa i polsi, tiro un pugno in quel quadro che ormai è un monumento alla memoria di un amore morto sotto le bombe.
 
"Addio Christian"
Avrei dovuto dirglielo.
E invece sono qui, sepolta in un letto, con il cuore a pezzi e fissando il soffitto cerco tra mattoni e vernice una cura a tutto questo.
Non è la storia finita a farmi del male, ma il ricordo che ne porto dentro e finalmente realizzo che l'unico modo per guarire sarebbe perdere la memoria. Potrei esultare se riuscissi a dimenticare e invece trattengo con le mani un mal di testa incalzante, una specie di ulcera sanguinante nel cervello.
Impotente.
Eppure ho sempre reagito di fronte a qualunque situazione, ma di fronte all'addio di Christian il coraggio è venuto meno e solo il Signore, che non ho mai pregato, sa quante strade ho cercato per scappare, per nascondermi. E ci sono riuscita.
Ma il prezzo è stato caro; il prezzo era Christian.
"Addio Christian, io sono malata. E se tu sapessi che cosa ho saresti sorpreso. D'amore e vigliaccheria non si guarisce. E purtroppo ne sono malata."
Sono impalata nel mio letto, afflitta. Il dolore che mi consuma. In questo momento sono il peggior pericolo per me stessa.
Non conosco il mio nemico e il mio nemico sono io.





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