Minerva
Minerva McGranitt camminava ormai da ore nelle sue stanze. Le
facevano male le gambe, ma come al solito la sua mente era troppo più forte del
corpo per lasciare campo libero ad un banalissimo dolore fisico. Solo così, lo
sapeva, poteva sperare di tenere sotto controllo la morte che da quasi un giorno
ormai le opprimeva il petto… Era diventata la Preside di Hogwarts, e avrebbe
preferito morire piuttosto che farlo.
Silente era stato ucciso. L’uomo che le era stato accanto per
tutta la vita se ne era andato per sempre. Le regole le avevano imposto di
convocare Harry Potter nello studio che ora le apparteneva, ed era stata abile a
dissimulare la disperazione che si era impadronita di lei nel momento in cui
aveva sussurrato al gargoyle di guardia una di quelle solite, stupide parole
d’ordine che tanto divertivano Silente.
Eppure, nonostante le regole, nonostante Hogwarts, nonostante
tutte le persone che avevano bisogno della sua forza e della sua guida in quel
momento tanto delicato, dopo aver parlato con il ragazzo aveva lasciato lo
studio di Silente più in fretta che aveva potuto. Non sopportava l’idea di
vederne il ritratto appeso al muro, tra quelli degli altri presidi defunti della
scuola.
Erano passati quasi due giorni, da quando era morto, lo avevano
sepolto, ma lei continuava a non potere accettare quella morte: aveva consolato
i ragazzi – Potter, poi, era così prostrato… – ma non riusciva a consolare se
stessa, e nemmeno a pensare ad un qualsiasi conforto.
Quando il corpo senza vita era stato portato nel castello, non
aveva permesso a nessuno di avvicinarsi; era stata lei, con le mani tremanti ed
il cuore in frantumi, a prepararlo per la sepoltura; ed era stata lei, infine,
sopraffatta dai ricordi di anni ormai troppo lontani, a sigillare con un ultimo
bacio le sue labbra adesso fredde come il ghiaccio.
Albus.
E ora, dopo aver recitato il ruolo impostole dalle regole cui
aveva dedicato la vita, ora giungeva il momento di abbandonarsi al dolore.
Non dovevi lasciarmi, non adesso. Un vaso si infranse sul pavimento, ma
non gli diede peso. I ragazzi – i tuoi ragazzi, Albus… Potter, Weasley,
la Granger – erano disperati e sconvolti, pieni di repulsione per il fatto che
il colpevole della morte di Silente, l’uomo che l’aveva tradito, fosse proprio
quello di cui lui più si fidava. Severus Piton. La disperazione della McGranitt
aveva invece un’origine diversa. Hai imbrogliato tutti, Albus, ma non
me…Severus non avrebbe potuto ucciderti, se non fossi stato tu a volerlo.
Già, Severus. Non poté fare a meno di domandarsi dove si
trovasse, e si trovò a sperare che fosse al sicuro. Stavi diventando debole,
lo vedevo…Ma come hai potuto chiedergli tanto? Con che coraggio gli hai chiesto
quest’ultima dimostrazione di fedeltà, sapendo che gli avresti rovinato la
vita? Si appoggiò al davanzale della finestra, esausta, e guardò fuori. La
tomba di marmo bianco era là, immobile nel rosso del tramonto, a custodire la
parte migliore di lei.
Albus.
Non si era mai sentita così sola, così debole. Una parte della
sua mente impediva agli occhi di staccarsi da quell’ultimo segno che le restava
di lui, ma fu violentemente costretta ad allontanarsi dai vetri quando un gufo
le planò incontro a tutta velocità. Minerva McGranitt osservò per lunghissimi
istanti la lettera, con gli occhi pieni di lacrime. Il nome del destinatario era
scritto in inchiostro verde smeraldo, una grafia che gli anni le avevano
insegnato a riconoscere tra migliaia di altre.
Alla mia dolcissima Minerva,
Preside di Hogwarts e fedele compagna di vita.
Sue stanze.
Pianse, e quelle prime lacrime furono incredibilmente dolorose.
Ma trovò, da qualche parte, la forza di un sorriso: tipico di Silente, riuscire
a far arrivare una lettera proprio quanto lei ne aveva così bisogno.
Dolcissima. Compagna di vita. Aprì la busta con quelle parole che
le danzavano davanti agli occhi, aspettandosi qualche riga di addio. Ma anche in
quello, come sempre, Albus Silente era stato più originale di ogni aspettativa,
come sempre l’aveva sorpresa.
"Se ancora non ci avessi pensato, Minerva cara, ti suggerisco
il mio Pensatoio… Non temere, Fanny ha ciò di cui hai bisogno. Tuo per sempre,
Albus."
Il bacile di pietra era nel solito armadio, e Minerva McGranitt
lo posò sulla scrivania sotto gli occhi impassibili della fenice. Con un gesto
della bacchetta aveva fatto scendere un telo sui ritratti appesi al muro,
compreso – con una morsa al petto – quello di Silente. Aprì quindi la vetrina,
dove centinaia di bottiglie di ricordi la guardavano, ma non aveva la benché
minima idea di quale scegliere: erano una diversa dall’altra, ma nessun segno
distintivo permetteva di riconoscerne il contenuto o anche solo il periodo. Si
lasciò scivolare sulla poltrona, delusa, e guardò Fanny che le rispose con
fredda indifferenza.
« So come ti senti. Manca anche a me.» La fenice inclinò la
testa di lato, apparentemente incuriosita. Minerva, nonostante una parte della
sua mente continuasse a credere che nessuno avrebbe mai potuto alleviare il suo
dolore, si ritrovò a parlare con quello splendido animale che, per primo, aveva
dato segno di interesse per lo stato in cui il suo cuore si trovava. E le parlò
tanto a lungo da dimenticare le difficoltà che aveva avuto nell’orientarsi tra i
pensieri di Silente.
« Ho passato la mia vita con lui, Fanny, tutta la mia
vita. Quanti anni sono passati… Lo amavo molto, sai? E anche lui… Ma è
diventato Preside, e non poteva più avere una famiglia. Mi credi,» le disse,
accarezzandole la testa, « se ti dico che non ho smesso di amarlo neppure un
giorno soltanto?» A quelle parole la fenice si staccò dal trespolo e volò in
cima al caminetto. Tornò dopo qualche istante, lasciandole cadere tra le mani la
bottiglia che reggeva nelle zampe. Non era molto grande, ma aveva l’aria di
essere molto preziosa: e non si trattava soltanto dei rubini che aveva
incastonati, era… Fanny ha ciò di cui hai bisogno.
Il liquido argenteo iniziò a vorticare nel Pensatoio, e quando
la McGranitt si immerse nei ricordi di Silente rimase senza parole. Come aveva
fatto a sapere con tanta precisione ciò di cui lei avrebbe con tanta intensità
avuto bisogno? Doveva aver impiegato mesi a riempire quella bottiglia… Non aveva
tralasciato nemmeno uno dei momenti che in tanti anni avevano trascorso insieme,
nemmeno uno, compresi i piccoli gesti di tenerezza che non le aveva mai negato
anche nei momenti meno opportuni. Le riunioni con gli altri professori, le
discussioni sui provvedimenti disciplinari, le lotte per l’Ordine… Quei ricordi
erano il modo di farle sapere che ogni volta che aveva accarezzato la sua mano
apparentemente per caso, non era stato affatto per caso; le stava dicendo che la
dolcezza delle sue parole con lei non era figlia della sua innata gentilezza, ma
era voluta con ogni briciola del suo essere; il più piccolo sorriso era stato
per lei, soltanto per lei, per il sole della sua lunga vita.
« Immagino che tu stia piangendo, adesso, Minerva. Che cosa
direbbero i tuoi studenti se ti vedessero in questo stato?» La McGranitt
trasalì: chi aveva parlato? Si guardò intorno, ma non c’erano altri ricordi…
«Sono qui.» Si voltò, e vide Silente che rideva. Fece per corrergli
incontro, ma si fermò di scatto: era un ricordo, lo capiva dalla sua
consistenza…ma come faceva a sapere che stava piangendo? « Un piccolo
incantesimo di mia invenzione… Se ti avessi lasciato soltanto ricordi, ti
saresti rifugiata qui a nascondere la tua tristezza, non è forse così? E così ho
pensato di lasciarti anche un messaggio…»
Minerva McGranitt non credeva ai propri occhi. Sapeva che
modificare un ricordo era possibile, naturalmente, ma a questo livello…? Era
sinceramente stupita, ma temeva si trattasse dell’ultimo scherzo.
« Oh, so bene quanto sei razionale… Non mi sto prendendo gioco
di te. Solo…» Guardò l’immagine di Albus Silente rabbuiarsi un poco. «
Temo di non avere avuto il tempo di dirti queste cose di persona, Minerva, se
sei in questi ricordi.» Minerva asciugò rapidamente una lacrima dal viso, ma
sentiva il proprio cuore gemere. Che cosa sarebbe stato della sua vita, ora,
senza di lui?
« Ogni attimo passato con te è stato il più bello, Minerva. Non
hai idea di ciò che ho passato, in questi anni, a starti vicino senza poterti
stringere, senza poterti baciare… Non avresti dovuto spingermi ad accettare la
presidenza, amore mio, e io non avrei dovuto darti ascolto. Ci siamo condannati
al dolore con le nostre stesse mani.» Non riusciva a muoversi, di fronte
alla portata di quelle parole. Si erano amati, sì, tanto tempo prima, e si erano
amati intensamente; sapeva che tra loro non era mai finita, ma sentirlo da
lui…Sentire quell’ultima confessione, ben sapendo che adesso davvero non c’era
più alcun futuro…
Albus.
« Non piangere, Minerva cara, era necessario e tu lo sai meglio
di chiunque altro. Vorrei darti le risposte che cerchi, ma non posso farlo. Mi
dispiace. Spero di essere riuscito a darti un estremo bacio prima che tu abbia
visto tutto questo. Se invece non è così… Ti domando perdono, e ti chiedo di
ricordare sempre che era però il mio ultimo desiderio. Salva Hogwarts, Minerva:
tu sola sai che cosa significa, perché soltanto tu ed io l’abbiamo anteposto a
tutto. Mi avrai sempre al tuo fianco, ti sosterrò qualsiasi decisione tu prenda.
Perché fino a che potrò vivere nel tuo cuore, amor mio, vorrà dire che ancora
non sono morto. Addio.»
Il turbinio argenteo si dissolse, e Minerva McGranitt era di
nuovo seduta alla scrivania che era stata di Silente. Smaterializzò la tenda che
aveva steso sui ritratti. Albus Silente, i capelli e la barba chiari come la
luna che illuminava la stanza, le sorrideva dietro gli occhiali a mezzaluna e le
fece l’occhiolino. Per la prima volta da quando la pietra bianca era stata
definitivamente posta sul suo sepolcro, Minerva riuscì a sorridere. Depose un
bacio leggero su due dita, e le fece scorrere sulla cornice. Poi, decisa a fare
qualsiasi cosa pur di salvare il mondo magico dal Signore Oscuro, uscì dallo
studio con un solo pensiero fisso nella mente. Un pensiero che l’avrebbe sempre
resa forte. Un pensiero che non l’avrebbe mai abbandonata.
Albus. |