Silence in
our love
Era bello.Primo pensiero di Marisa.
Così Marisa pensava osservando i dolci pettorali del suo
uomo.
Attendeva con impazienza che un delicato sospiro li
scuotesse. Osservava. Attendeva ed osservava.
Il viso cereo bagnato dai raggi di luna.
La bocca pallida semiaperta.
Era maledettamente bello.
Marisa si concentrò osservando i suoi occhi chiusi.
Quanto le sarebbe piaciuto immergersi ancora in
quell’uniforme mare ametista. No, si ricorresse non uniformi, ma infranti da una lucente
macchia nera.
“Apritevi” la supplica non osò sconvolgere le labbra di lei
ed assieme a quelle il silenzio.
Protese la mano bianca verso l’inguine del ragazzo lì
accanto. Assopito lui .
Assopita ogni minima reazione.
Marisa si raggomitolò sul fianco intrecciando nelle sue dita
i fili argentati che componevano la chioma di cui il suo uomo andava tanto
fiero, e che ora originava
elaborati ricami sul cuscino.
Sorrise fra se e se pensando a quanto spesso gli aveva
chiesto di tagliarsi i capelli o quanto meno legarli.
Lo aveva fatto anche l’altra sera.
Altro piccolo, grande errore.
Avrebbe fatto meglio a tacere.
A lui non era andato giù. No, Signore.Non gli era andata
proprio giù.
Lo stava nuovamente assillando. Si arrogava il diritto di
comportarsi da mammina.
Di decidere della sua persona.
E lei si era comportata di nuovo da stupida.Lo aveva fatto
ancora. Fino in fondo. Per provocazione. Lei amava provocare e lui adorava
essere provocato.
Si eccitava, dopo, e fare la pace era sempre così bello.
Così maledettamente bello.
Proprio come lui.
Per questo ora Marisa attendeva ,nel silenzio della notte,
che il petto di lui fremesse ancora una volta.
Era così bianco pensò.
Solo quel piccolo punto rosso.
Non al centro del torace ma più a sinistra, dove i suoi occhi
non andavano.
Dove si rifiutavano di andare.
Marisa si chiese il perché.Lo aveva dimenticato e ora si
interrogava a proposito delle sue stesse azioni.
Tragicomico.
Kafkiano.
Per quale assurdo motivo non avrebbe dovuto guardare?!
Era così bello quel rosso.
Così maledettamente bello.
Si protese fino a trovarsi sopra di lui. La posizione che
preferiva.
Osservò il rosso. E quel nero proprio al centro.
Come le sue pupille.
Come un macabro fiore.
Si soffermò a lungo lì, dove il proiettile si era
conficcato.
Lì dove brillava il segno di una delle sue tante arroganze da mammina nei riguardi
di lui.
L’ultima.
Marisa proruppe in un grido ed il silenzio e la notte ne
furono infranti.