One shot classificatasi quinta a pari merito al contest "Multifandom Prompt Contest" indetto da alister_ sul Forum di EFP e vincitrice del Premio Fluff. Prompt scelto: Filastrocca.
Promessa.
Da che ne avesse memoria,
c’erano sempre stati molti dissensi tra lui e suo padre,
anche se futili, per la maggior parte. Dopo la morte della moglie,
Giuseppe Salvatore si era dedicato con ancora più impegno e
dedizione di prima ai doveri che sentiva di avere nei confronti della
neo-fondata Mystic Falls e dei suoi abitanti, finendo però
per sfogare la frustrazione e il dolore per una tale perdita sul figlio
maggiore. Negli ultimi tre anni, quindi, i litigi tra i due si erano
fatti via via più frequenti, e non era raro che sfociassero
in violenti scontri come quello della sera precedente. Per questo era
di cattivo umore, Damon, mentre passeggiava all’ombra dei
grandi platani della tenuta in quel caldo pomeriggio di fine maggio.
“Three, four,
knock at the door”.
Damon veniva spesso accusato di una totale mancanza di
senso del dovere e rimproverato di dedicarsi a giochi infantili, che
non si addicevano alla sua età, e che sottraevano tempo al
suo compito di prepararsi al futuro di uomo d’affari e di
membro del Consiglio dei Fondatori che sin da piccolo era stato
designato per lui.
“Five, six,
pick up the sticks”.
Eppure ci aveva provato, a diventare motivo di orgoglio per suo padre,
ma il suo carattere ribelle era quanto di più lontano da
ciò che Giuseppe avrebbe voluto che lui fosse: mite,
obbediente e ligio ai propri doveri – proprio come suo
fratello, gli veniva ricordato di continuo.
Talvolta, Damon si sorprendeva ad essere geloso di Stefan, ma quel
sentimento durava appena qualche minuto, e lui finiva puntualmente per
pentirsene e arrossire dalla vergogna.
“Seven, eight, lay them straight”.
Stefan era circondato da balie incapaci di comprendere appieno il suo
animo sensibile e bisognoso di qualcuno che riempisse, almeno in parte,
il vuoto lasciato dalla madre. Era stata proprio lei, a far promettere
a Damon di prendersi cura del fratello. Sempre, aveva
insistito stringendogli la mano tra le sue e sforzando un ultimo
sorriso, debole e spento rispetto a quelli caldi e rassicuranti che la
malattia le aveva rubato.
“Nine, ten, a big fat hen”.
Cercando di tener fede a quella promessa, aveva scoperto in Stefan
qualcosa di cui non avrebbe più potuto fare a meno, sebbene
non fosse consapevole, fino ad allora, di averne avuto bisogno. Erano
la complicità e l’affetto incondizionato.
“Eleven, twelve, dig and delve”.
A poca distanza da lui, Stefan saltellava faticosamente sulla gamba
sinistra, cantilenando a bassa voce le parole di una filastrocca.
All’improvviso, sembrò accorgersi della presenza
del fratello maggiore, e si bloccò.
“Vuoi giocare con me?” domandò,
riparandosi con la mano gli occhi dal sole.
Damon lo osservò. Aveva la fronte imperlata di sudore, i
capelli disordinati e i vestiti sporchi di terra.
“Esther si arrabbierà per come ti sei
conciato”, lo rimproverò.
“Hai riconosciuto la filastrocca?”
“Certo che l’ho riconosciuta!” disse,
facendo dei segni sull’erba con la punta delle scarpe.
“È quella che ci ha insegnato la mamma”.
“Allora vieni?” lo incalzò di nuovo il
più piccolo.
“Va bene”, acconsentì quello, facendosi
condurre per mano fino al punto in cui Stefan si trovava poco prima.
“Mi dispiace che papà ti abbia sgridato,
ieri” esordì ad un tratto. “Sei ancora
triste?”
Damon non gli rispose. “Sei pronto?”
sviò.
Stefan sembrò esitare appena, ma poi sorrise, annuendo.
“One, two, buckle my shoe”.
***
“Ti ho detto di lasciarmi in pace”,
ripeté stancamente Stefan per l’ennesima volta.
Lo aveva finalmente trovato in una zona poco a ovest di Atlanta dopo
che per giorni lui, Alaric ed Elena lo avevano cercato per tutta la
Georgia. Era lì, infatti, che nelle ultime settimane erano
stati ritrovati numerosi cadaveri: misteriosamente uccisi da qualche
animale, scrivevano i giornali.
“Elena sarà qui tra poco. Cosa le
dirai?” gli chiese in tono di sfida.
“Non voglio vederla”.
Damon rise. “Sei un pessimo bugiardo, Stefan. E lo
sai”.
“Sai cosa so, Damon? So che lei non è qui
perché tu
non hai voluto che ci fosse. Perché hai già visto
quello che posso diventare. E sai che, adesso, non sono più
quello che lei ha incontrato. Tu vuoi proteggerla, Damon. Da
me”.
Rimasero in silenzio a fissarsi per qualche istante.
“Non cercarmi più” ribadì,
sparendo.
Lui restò fermo, in mezzo a quel vicolo. In sottofondo, i
rumori della città, le parole dei passanti, i clacson delle
auto. Tra questi suoni, all’improvviso, distinse due voci
recitare una filastrocca.
Si ricordò di un pomeriggio passato a giocare nel giardino
della tenuta in cui era cresciuto.
Si ricordò di un bambino, che prendeva per mano il fratello
maggiore.
Si ricordò della stanchezza, dopo ore passate sotto il sole.
E mentre gli riecheggiavano nella testa le parole di una vecchia
promessa, capì che non si sarebbe arreso fino a quando non
fosse riuscito a riportare indietro
Stefan.
Te lo prometto, mamma: mi prenderò cura di lui. Per sempre.
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